Crossover
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Autore: Registe    27/10/2012    3 recensioni
Seconda storia della serie "Il Ramingo e lo Stregone". Sono passati tre anni dagli avvenimenti narrati ne "Il Castello dell'Oblio", e i membri dell'Organizzazione hanno perduto gran parte dei loro poteri e sono ridotti a vagare per il loro mondo primitivo come vagabondi o ladruncoli qualunque. Auron e Mu invece si sono uniti alla Resistenza contro il Grande Satana, anche se Auron non e' ancora riuscito a dimenticare la breve storia d'amore vissuta con Zachar tre anni prima. Nella Galassia Mistobaan, ancora sotto l'influsso del condizionamento, e' diventato il fedele braccio destro dell'Imperatore. Ma il Grande Satana non intende rimanere a guardare, e tentera' con ogni mezzo in suo potere di riprendersi il suo servitore...
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Telefilm, Videogiochi
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Ramingo e lo Stregone'
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Capitolo 15 - Gli occhi della Resistenza


Shaka

Shaka




“Inutile inseguirlo” sentenziò, osservando il corridoio che lo gnomo con un occhio solo aveva imboccato di corsa “Adesso pensiamo ad andarcene via di qui. Mu sarà in pensiero”.
Per i pochi secondi in cui le loro labbra si erano incontrate, Auron aveva dimenticato tutto: il Grande Satana, la Resistenza, il suo migliore amico, in quegli attimi erano stati solo lui e Zachar, nessun altro. Ma non poteva permettersi altre distrazioni: dovevano uscire di lì prima che arrivassero altri demoni, o peggio, altri generali diabolici.
Lanciò un ultimo sguardo alla testa di quel Killvearn e si mise in cammino, Masamune in mano, felice di sentire i passi della maga dietro di lui. Era certo che Mu, Shaka e Camus lo avrebbero aspettato all’infinito, ma affrettò lo stesso i passi: durante il duello non erano stati i soli a lanciare incantesimi e distruggere le pareti, e dalla finestra erano giunti sprazzi di luce, fulmini in lontananza e soprattutto versi di creature che non avrebbe fronteggiato volentieri nemmeno al massimo delle proprie forze. Il Grande Satana era sotto attacco, e si chiese se Zachar se ne fosse resa conto.
Attaccato da chi, poteva solo fare delle ipotesi.
Di certo non erano stati i tre sacerdoti a fare tutto quel frastuono. Quel Cavaliere della Vergine aveva poteri inaspettati, ma non gli era sembrato il tipo da spaccare tutto con i suoi poteri spirituali.
“Per di qua” le disse, cercando di ricordare la strada che conduceva ai nidi delle viverne.
Che siano i membri della Resistenza?
Difficile
. L’ultima volta che aveva avuto contatti con la principessa Leona, pochi giorni prima di organizzare quel salvataggio, non era stato messo a conoscenza di un potenziale attacco al Baan Palace.
Quando giunse all’ultima svolta del lungo corridoio capì che i suoi dubbi erano confermati. Dove prima vi era una parete scura e spessa, con una sola piccola finestra in alto, adesso vi era il cielo. Il vento soffiava da ogni parte e gli gonfiò l’abito. Sembrava che quel lato del Baan Palace fosse stato colpito dal pugno di un gigante. O forse da qualcosa di peggio, visto che i pochi mattoni ancora in piedi erano anneriti e fumavano; i versi di fuori giungevano ora chiaramente, e fu pronto a giurare di vedere la sagoma di un drago passare lontano alla loro sinistra.
Dai è forte, Matoriv sa scagliare incantesimi potenti ma …questa non è opera loro. Se si trattasse di un commando della Resistenza questo posto adesso brulicherebbe di demoni, mentre invece …
Il Baan Palace tremò proprio in quel momento, e strinse a sé Zachar prima che anche una parte del soffitto cedesse sopra la sua testa; poi guardò fuori.
Non aveva mai visto quella creatura, ma i capelli neri, i baffi e il caratteristico emblema sulla fronte non gli lasciarono dubbi, specie con la Masamune che si era fatta quasi incandescente per l’alto livello di magia di quel punto. Quella figura che volteggiava e con le ali spiegate doveva essere per forza il Cavaliere del Drago … e se il suo avversario aveva spinto il Grande Satana a spiegarlo in prima linea quel duello era ben oltre la loro portata. Prese per mano la ragazza e la trascinò in avanti, rapidi verso il nido delle viverne.
“Aspetta” fece lei.
Rimase lì, immobile, a pochi passi dalla voragine.
“Auron, io so chi sta attaccando questo posto. Quella laggiù è Zam Wesell, il mastino dell’Imperatore Palpatine. Te la ricordi, quella che tu e Mu chiamaste per fermare i piani dell’Organizzazione!”
“Certo che me la ricordo. Vedere padron Marluxia preso a calci nel sedere è stato uno spettacolo memorabile” disse, poi il suo sguardo tornò al duello lì fuori “E comunque il fatto che lei sia qui mi sembra un buon motivo per andarcene subito!”
“Ma non capisci? Lei è venuta qui per riportare me e Mistobaan dall’Imperatore!”
“Allora rettifico: è un ottimo motivo per andarcene subito! Se ci allontaniamo su una viverna con questo trambusto non ci noterà nessuno”.
Una lacrima le scivolò sulla guancia, ed in quell’istante Auron realizzò che piega avrebbe preso il discorso prima ancora che lei pronunciasse il fatidico nome. “E Kaspar? Non posso abbandonarlo!”
Ecco un eccellente motivo per tagliare la corda … “Oh, sì che puoi! Non è quello che lui ha fatto con te?”
“SI', LO SO COSA HA FATTO!” gridò. Altre lacrime si unirono alla prima, poi abbassò gli occhi verdi verso la punta dei suoi stivali e si rifiutò in tutti i modi di incontrare il suo sguardo. Anche la mano, che ancora teneva tra le sue, tremava. “Ma io non posso abbandonarlo laggiù! Lo trattano come un’arma, lo deridono, io DEVO stare al suo fianco!”
“Ed essere un’arma a tua volta? Continuare a dire di sì a questo Imperatore contro la tua volontà? Zachar non negarlo, ricordo tutto quello che mi hai detto al Castello dell’Oblio” la sua voce si addolcì “Tu odi l’Impero Galattico. Odi l’Imperatore, odi i suoi Signori Oscuri, per quanto ancora vuoi andare avanti? Ti posso garantire che se verrai alla Resistenza sarai trattata con tutti i riguardi, e se decidesse che non ti piace … ti aiuterò a trovare un mondo migliore, un posto qualsiasi in cui tu sia felice dove nessuno possa trattarti come uno straccio! Perché ti ostini a torturarti? Perché non dai a Kaspar la punizione che si merita per tutto quello che ti ha fatto?”
“Perché … perché io lo amo. Nonostante tutto”
Rimase immobile.
Una manciata di parole che ferivano molto più della furia del Ryumajin.
“Mi dispiace Auron. Mi dispiace tanto …”
Come poteva amare quel mago? Il bacio sulle loro labbra era ancora caldo. Ed era stato sincero ed appassionato, era certo che lei non stesse fingendo. L’amore di Zachar poteva arrivare davvero a tanto? Kaspar non si meritava una donna come lei.
I pochi progetti di vita insieme a lei esplosero in una nube di fumo.
La ragazza ritirò bruscamente la mano e gli diede le spalle, ma dietro i capelli rossi vide una cascata di lacrime che coprivano un singhiozzo, poi due. “Scusami per prima, non avrei dovuto, ti ho solo illuso …” pianse, muovendo i primi passi lontano da lui, rallentati solo dal cumulo di detriti che era caduto dal soffitto. “Sappi che, nonostante questo, sei molto importante per me. Ma devo tornare da Kaspar; se gli succedesse qualcosa non me lo perdonerei mai!”
Beh, a questo punto non mi resta che una sola cosa da fare …
“Aspetta un attimo, Zachar!” le gridò ad alta voce. Avrebbero potuto sentirlo tutti i demoni, Mistobaan, il Grande Satana e volendo l’intero esercito di draghi del Generale Baran, ma elevò il tono della sua voce per farsi udire da lei anche oltre il rumore di battaglia che si ascoltava dalla loro posizione. Lei si fermò, senza però voltarsi nella sua direzione “Non scappare così. Ho capito …” lasciò andare un sospiro “Ho capito, non temere. Ma sappi che la tua felicità per me viene prima di ogni altra cosa. Se la tua decisione è irremovibile … lascia almeno che ti aiuti.”
A quelle parole lei lo fissò, e riuscì a scorgere i suoi splendidi occhi verdi gonfi e arrossati. Avanzò verso di lei sul pavimento del palazzo che ondeggiava, con l’espressione più arrendevole sul suo viso. Se proprio doveva perderla, avrebbe deciso lui le condizioni.
“Auron … tu vorresti davvero …?”
“Sì” arrivò proprio davanti a lei. Sapeva quanto gli sarebbe costata quella scelta. Ma il prezzo non era un problema, quando si trattava della felicità della donna che amava “Sei troppo importante per me”.
Abbandonò la presa della spada e con un unico, rapido guizzo raggiunse il suo collo candido. Prima che lei potesse allontanarsi strinse tra il pollice e l’indice in modo fermo, seppur con gentilezza, l’arteria e la vena che attraversavano il collo. Non era la prima volta nella sua carriera di mercenario che utilizzava quel trucco. Lesse l’accusa negli occhi di lei, ma prima che riuscisse ad evocare un incantesimo la sua mossa ebbe effetto: Zachar svenne, il suo cervello privo del sangue necessario, e la raccolse con prudenza tra le braccia. Tre anni prima, quando si erano detti addio davanti a ciò che rimaneva del Castello dell’Oblio, lei aveva addormentato con una delle sue magie ed era tornata da Kaspar. Da allora non l’aveva mai dimenticata, si era sempre incolpato di essere rimasto impotente mentre lei si allontanava verso un mondo di sofferenza.
Stavolta non avrebbe commesso lo stesso errore.

 

Mu ispirò con forza, strinse e i denti ed aumentò al massimo la concentrazione. Tenere sollevato il Crystal Wall per tanto tempo richiedeva moltissimo sforzo, soprattutto se la cascata di detriti, mattoni, decorazioni e quanto altro continuava a piovere sopra di loro. Camus aveva proposto di ripararsi per qualche minuto sotto una galleria a nord-est, l’unica che ancora non era franata per il duello del Ryumajin, ma Shaka aveva intimato loro di aspettare lì. Si era chiuso nel suo enigmatico silenzio, sedendosi secondo la posa del fiore di loto, e con la sua placida aura dorata era riuscito a calmare le viverne nel nido che altrimenti sarebbero fuggite lontano.
Poi il frastuono della battaglia finì.
Ebbe timore persino di respirare: in quel silenzio che raccontava di morte, l’unico suono era quello delle ali del Cavaliere del Drago. Un ritmo secco, lento, ma era sicuro che il proprio cuore battesse a quella stessa velocità. Quello era il potere della morte che aveva soggiogato il Tempio ed aveva condotto i suoi confratelli sin nel Nirvana: aveva bisogno del loro coraggio più che mai, perché solo l’idea di quella creatura quasi divina nello spazio intorno a loro lo faceva tremare.
Con lentezza richiamò il Crystal Wall, fissando il cielo ed il suo unico, indiscusso sovrano.
“Eccoli” mandò un grido Camus, riportandolo alla realtà.
“Auron!” corse verso l’amico. Arrancava un po’, e sanguinava in più punti. Ma era vivo. “Gli dèi siano ringraziati!”
“Gli dèi non si sono scomodati affatto per me, Mu. Zachar lo ha fatto” disse, ed il sacerdote riconobbe subito la ragazza dai capelli rossi “Adesso andiamocene”.
A quelle parole Shaka mormorò qualcosa: un paio di viverne, persino più grandi di quella che avevano cavalcato all’andata, si staccarono dal gruppo delle compagne e vennero nella loro direzione, ripiegando le ampie ali nere. Il suo confratello si alzò, e sussurrò qualcosa nelle loro orecchie, passando persino una mano vicino alle loro lunghe zanne. “La furia del Cavaliere del Drago le ha disorientate” disse mentre ne accarezzava una “Ma ci accompagneranno lo stesso fuori di qui”.
Il suo amico aveva una gran fretta di andarsene. Dopo un ultimo sguardo di diffidenza alla creatura alata appoggiò con delicatezza la sua ragazza lungo il dorso pieno di scaglie, poi vi salì sopra con un unico salto. La viverna lasciò che si accomodasse.
Mu sospirò, poco allegro all’idea di un nuovo volo, ma il bisogno di allontanarsi da quel luogo aumentava ad ogni secondo; grazie al suo potenziale magico riusciva ad accorgersi che gli incantesimi che permeavano la fortezza volante si erano rafforzati, e sapeva che nel giro di qualche minuto la magia del padrone avrebbe stimolato la ricostruzione delle torri e delle pareti. E la possibilità di farsi scoprire da quella magia arcana era troppo alta. Si diresse verso l’altra viverna, sicuro che lui ed i suoi confratelli, privi di armatura, non avrebbero rappresentato un eccessivo peso; Shaka si accomodò davanti a lui, continuando a mormorare qualcosa nelle orecchie della cavalcatura.
“Io … non credo di poter venire”.
Camus era ancora lì, immobile nel cortile.
“C’è una persona che ha bisogno di me. Una persona che si è persa nell’oscurità, e che solo la luce degli dèi può riportare sulla retta via”.
Cosa?
“Non posso lasciare padron Vexen qui”.
“COOOOOOOSA?” l’urlo di Auron arrivò l’attimo dopo che realizzò l’importanza di quelle parole “QUEL BASTARDO E’ QUI DENTRO? Mu, tu lo sapevi?”. Lui annuì, osservando la brace nei suoi occhi per poi scivolare nello sguardo blu e profondo di Camus; uno sguardo che però non ammorbidì per nulla il suo amico mercenario. “E CAMUS, TU VUOI SUL SERIO RIMANERE PER QUEL VERME?”
“Sì”.
“Camus, tu stai fuori come un balcone! O peggio, sei ancora condizionato!”
“Non sono condizionato, Auron. Sono perfettamente cosciente di ciò che faccio”
Lui fece per replicare, ma il Cavaliere dell’Acquario sollevò una mano nella loro direzione. Il suo sorriso era placido, indisturbato, rifletteva con la chiarezza del cristallo la sua anima pura; Mu era convinto del fatto che non fosse condizionato, glielo vedeva negli occhi. Ma quella decisione non gli piaceva in ogni caso. Erano giunti fin lì per salvare lui, dopotutto. Fece per supportare Auron, ma la mano di Shaka si pose davanti a lui, poi gli toccò la spalla “Mu, le tue preoccupazioni sono giuste e legittime. Ed anche le tue, Auron” disse, voltandosi verso il soldato.
“Sì, è vero, questo Membro dell’Organizzazione è qui sul Baan Palace, e molto probabilmente è nei guai. So che vi ha causato molto dolore in passato, ma Camus sa qual è la via di un sacerdote: quella di perdonare. Dovresti ammirare la sua decisione, Mu”
“Io …”
“Sono salito sul Baan Palace credendo di dover salvare un mio confratello non solo prigioniero nel corpo, ma anche nella mente. Ero pronto a trascinarlo via con la forza se necessario, per portarlo a casa con noi e pregare i nostri fratelli scomparsi, cercando un modo per restituirgli i ricordi perduti. Ma il Camus che ho trovato è proprio quello di un tempo: una persona mite, gentile, e soprattutto volta al perdono incondizionato. Un sacerdote la cui saggezza era apprezzata persino dal Maestro Dohko, e la cui umiltà superava persino quella del Cavaliere dell’Ariete”
Narratore: “Shaka, dacci un taglio! Se durante questo discorso arriva il Ryumajin nemmeno le Registe riusciranno a farvi uscire tutti vivi!”
“Camus ci sta offrendo una grande prova di coraggio”
“DI STUPIDITA', VORRAI DIRE!” tuonò Auron “SHAKA, TU VUOI LASCIARE QUESTO PAZZO FURIOSO SUL BAAN PALACE, FAMMI CAPIRE!”
“Se questo è il suo volere … sì” disse, continuando ad accarezzare la viverna sotto lo sguardo di tutti “Sta mettendo la sua vita in pericolo per proteggere una povera anima smarrita, un peccatore imbrigliato tra le pastoie del peccato …”
“Padron Vexen una povera anima smarrita? Quello sapeva benissimo cosa stava facendo!”
“Auron, per favore… Io ammiro la decisione del mio confratello. E’ una prova di fede senza limiti, non inferiore a quella che hanno affrontato gli altri nostri compagni; proteggere la vita e l’anima di un’altra persona è un gesto che non andrebbe mai ostacolato”.

Narratore: “Time Out, Shaka! Sei proprio sicuro di questa decisione?”
“Ma certo”
Narratore: “Sicuro sicuro? Hai ancora qualche secondo per rifletterci …”
“Non c’è bisogno di riflettere su un gesto così manifesto di perdono e fede. Lo incoraggio proprio perché è questo lo spirito dei sacerdoti delle Dodici Case”
Narratore: “Non avrai un’altra possibilità …”
“Sono deciso, Narratore”
Narratore: “Nemmeno se ti dicessi che te ne pentirai, in un futuro molto lontano?”
“Come ci si può pentire del fare del bene?”
Narratore: “Contento tu … poi non dire che non ti avevo avvisato, però …”

Camus fece diversi passi in avanti, diretto verso di loro. Si frappose tra le due viverne, regalando prima un sorriso ad Auron, poi uno nella loro direzione. Persino le creature alate si voltarono nella sua direzione, ed una arrivò ad annusargli la tunica consumata e sporca “Shaka, grazie per aver capito le mie intenzioni. Salverò la sua anima, vedrai”
Quello fece un sorriso, ma Mu non riuscì a rispondere. Si vergognava della sua incapacità di comprendere del tutto quel gesto mentre il Cavaliere della Vergine riusciva a vederlo nel pieno della sua purezza: la preoccupazione, la paura, il dolore, tutti quei sentimenti da cui non riusciva a liberarsi erano nel suo cuore e gli impedivano di accettare razionalmente quel gesto.
“Quasi dimenticavo …” disse Camus. Dalle pieghe della tunica estrasse un oggetto rotondo e gelatinoso. Vivo. Lo porse a Shaka con l’abbozzo di una carezza “Prendete questo Occhio di Zaboera. Se sarò ancora vivo, comunicherò con voi”
Se sarà ancora vivo?
“La pace del Grande Satana non è una pace per tutti. Gli uomini hanno dimenticato gli dèi ed hanno chinato la testa ai demoni: dobbiamo aiutarli a ritrovare quello che hanno perso” sorrise, guardando proprio verso di lui “La Resistenza della principessa Leona è l’unica speranza perché la razza umana possa ricordare la propria dignità e la propria forza, l’unica guida verso un mondo che potrebbe appartenere ad entrambi i popoli, non solo all’uno o all’altro. È questo quello in cui hai sempre creduto, giusto, Mu?”
“Tu intendi …?”
“Salvare l’anima di padron Vexen è la mia priorità. Ma se dovessi venire a sapere di qualcosa … qualunque cosa … non tarderò ad informarvi. Se sarà in mio potere vi avviserò in caso di pericolo”.
“Vuoi dunque essere gli occhi della Resistenza?”
“Shaka, tu devi essere l’anima della Resistenza con le tue parole e la tua saggezza” annuì Camus, muovendo il primo passo indietro “Mu, tu devi esserne lo scudo. E tu, Auron, devi per forza esserne la spada. A questa condizione … a questa condizione sì, diventerò gli occhi della Resistenza”.
Camus …
“TU NON SARAI UN BEL NIENTE, PEZZO D’IMBECILLE!” tuonò Auron “TU VIENI CON NOI PUNTO E BASTA! AL DIAVOLO QUESTE CHIACCHIERE AUTOLESIONISTE, TU NON RESTERAI IN QUESTO PALAZZO UN SECONDO DI PIU, INTESI? A COSTO DI LEGARTI SU QUESTA VIVERNA!”
Il mercenario sollevò una gamba e si preparò a scendere dalla cavalcatura, ma in quell’istante Shaka emise un fischio rapido, poi un altro. La viverna si innalzò di colpo sulle zampe posteriori e con un rapido movimento di schiena rimise il soldato vestito di rosso in groppa, lanciando un lungo sibilo ed aprendo le ali. Queste lanciarono una lunga ombra nera quando bloccarono per pochi istanti la luce del sole, poi si mossero e la creatura abbandonò il terrazzo tra le imprecazioni di Auron.
“È ora di andare” sospirò Shaka “Che gli dèi ti proteggano, Camus”
“È proprio necessario?” mormorò Mu. “Davvero non c’è un altro modo?”
“Ci sono miliardi di possibilità davanti a noi, fratello mio. Ma se Camus intende salvare quello scienziato non credo ci siano molte altre scelte. Vedrai …” sorrise, sempre con gli occhi chiusi “… gli dèi non lo abbandoneranno”.
Diede un leggero colpo di gambe, e la creatura sotto di loro fece un ampio giro e si voltò verso l’estremità del cortile; prima che Mu potesse ribattere la viverna si era già librata nel cielo. Nonostante il timore per la grande altezza si guardò indietro: la chioma blu del suo confratello si muoveva al vento che fischiava tutto intorno la fortezza volante, e rimase immobile in quel punto finché non riuscì più a seguirla con lo sguardo e diventò solo un punto indistinto nella massa del Baan Palace che si allontanava sempre di più.
Non confidò a Shaka che il suo unico pensiero, in quel momento, era la sgradevole sensazione che non lo avrebbero mai più rivisto.

 

A meno di un centinaio di metri da loro, il Cavaliere del Drago osservava il punto in cui il suo avversario era scomparso. Alto, minaccioso, con le grandi ali spalancate e la pelle più simile a quella di un drago che a quella di un uomo. Per qualche strano scherzo del destino il Baan Palace mutò la sua posizione proprio in quel momento, e l’ombra del Ryumajin li investì, accompagnata da un vento gelido che lo fece rabbrividire fin nelle ossa.
Se si volta e ci vede sarà la nostra fine …
Non avrebbe mai immaginato che Larxen avesse tanta forza nelle braccia: aveva smesso di scalciare per il solo gusto di buttarlo di sotto, ma continuava imperterrita a restare aggrappata alle corde stringendo con caparbietà la falce di Marluxia tra il mento ed il collo. Il che era molto bello, senza dubbio, ma Axel sapeva che quella scomoda posizione non poteva durare in eterno. Soprattutto quando sotto di lui il gigantesco lago era in attesa, pronto a ghermirlo.
Trattenne persino il respiro quando il dio drago si mosse, richiamò tutte le fiamme che stava creando e cercò disperatamente di mimetizzarsi con qualsiasi decorazione del Baan Palace. Sono un sasso. Sono un sasso.
Il Ryumajin non lo vide.
Con un rumoroso battito d’ali si innalzò verso il cielo, restituendo a quel luogo la luce del sole. Axel non ebbe il coraggio di seguirlo con lo sguardo, felice solo di essere una creatura insignificante di cui evidentemente il Cavaliere del Drago non teneva conto. Persino Larxen era rimasta in silenzio.
“Larxen, sai che non potrà andare avanti a lungo così, vero?”
“Axel, ti lascio due possibilità: o mi liberi della tua esistenza buttandoti di sotto oppure stai zitto e pensa ad un modo per andarcene di qui!”
Le braccia gli facevano male. Strinse ancora di più le dita intorno agli stivali della Ninfa Selvaggia, ma erano diventate insensibili e fredde nonostante cercasse di convogliare tutto il proprio calore in quel punto. Se sotto di loro ci fosse stato un balcone, un tetto, una sporgenza, una qualunque cosa avrebbe persino provato a lanciarsi con il rischio di rompersi un osso o due; purtroppo sotto di loro c’era solo il gigantesco specchio d’acqua, il grande elemento opposto al suo che aspettava solo di seppellirlo sotto i flutti. Poi arrivarono i fischi.
Prima solo un paio, poi una decina. Ed i fischi diventarono ruggiti accompagnati dal rumore ritmico di ali che si aprivano e chiudevano. “Larxen, abbiamo un problema … anzi, più di uno..."
Guardò meglio e sentì il cuore battergli in gola “ABBIAMO UNA DECINA DI PROBLEMI AFFAMATI, LARXEN, FACCIAMO QUALCOSA!”
Le viverne volavano in circolo. Avevano preso il volo da uno spiazzo poco distante di lì, e dopo qualche istante dovevano aver sentito il loro odore perché si stavano avvicinando ad incredibile velocità, puntandoli con i loro occhi arancione. I chackram erano intorno al suo braccio, ma non aveva una mano libera per lanciarli, e di certo la sua compagna non aveva la possibilità di lanciare qualche kunai in quella scomoda posizione. Cercò di evocare il fuoco intorno a sé, ma privo di capacità di movimento venne solo una flebile ondata di calore che il primo mostro superò senza esitazione “LARXEN, DANNAZIONE, VOGLIONO MANGIARCI!”
“SE MANGIASSERO TE MI FAREBBERO SOLO UN FAVORE!” gridò, poi mosse le gambe di scatto “Ma guarda te se devo fare tutto da sola …”
“Cosa vuoi fare?”
“Nessuna lucertola troppo cresciuta si mangerà la Regina della Fuga in Condizioni Estreme per cena, nossignore!”
Il quell’istante mollò la presa.
Axel si ritrovò a lanciare un grido che coprì qualsiasi verso delle creature mentre precipitava nel vuoto ancora aggrappato ai piedi della n. XII, gli occhi fissi al lago che si avvicinava a velocità incredibile.
L’attimo successivo il volo si arrestò di colpo e tutto il suo corpo fu proiettato prima in avanti e poi all’indietro per ritrovarsi sballottato in una scomoda posizione. Si ritrovò a fissare le squame grigie di uno dei mostri volanti ed una delle ali si mosse con tanta rapidità che gli strappò una parte della tunica. Sopra di lui Larxen era distesa lungo il corpo della viverna e si agitava per rimanere ferma, con le braccia strette alla base del collo squamoso e le gambe con lui annesso che ancora pendevano nel vuoto “AXEL, SEI PIU' INUTILE DI UN SACCO DI PATATE!”
Evitò di risponderle e continuò a restarle aggrappato. La creatura cercò di scrollarseli di dosso, deviò dal suo percorso ed iniziò a prendere quota per poi riabbassarsi di scatto, ruotando il collo con furia e lanciando delle grida nei confronti degli altri membri del branco. Il corpo della Ninfa Selvaggia sembrò perdere l’equilibrio, e Axel agitò i propri piedi nel vuoto.
La creatura scese in picchiata diretta contro la foresta, e flesse il collo alle proprie spalle cercando di acchiapparli: il n. VIII evitò un suo morso per un soffio, e sentì lo schiocco dei denti che si chiudevano intorno al mancato bersaglio, ma era troppo debole per evocare anche una sola scintilla.
Poi la sua attenzione fu attirata da qualcosa che stava cadendo in picchiata proprio sopra di loro, qualcosa che emanava uno scintillio rosa alla luce del sole.
Gridò un avvertimento, ma la sua compagna fu più veloce. La vide affidare tutto il loro peso ad una mano sola, che conficcò dentro le squame del mostro, ed estese l’altro braccio per afferrare l’oggetto, che adesso aveva una sagoma molto, molto familiare. Acchiappò al volo la falce di Marluxia e senza esitare fece scivolare l’enorme lama verso il collo della creatura: “Adesso facci scendere, stronza!”
“LARXEN, CREDI DAVVERO CHE TI CAPISCA?”
“Il messaggio mi sembra chiaro e lampante!”
Effettivamente …
Per un attimo ebbe l’impressione che il mostro si sporgesse per morderli, ma la lama rosa non gli lasciava molta possibilità: provò a cambiare rotta, facendogli risalire lo stomaco in gola, ma per quanto agitasse il collo non riusciva ad arrivare alla mano che impugnava la falce, ben protetta dal lungo manico verde. Larxen continuò a tenersi stretta, e dopo un po’ l’animale cedette: l’andatura rallentò, la discesa si fece molto più regolare e Axel pensò che forse, forse, quel giorno gli dèi erano stati davvero di ottimo umore

  
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