Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: Ms_MartyReid    28/10/2012    20 recensioni
- E adesso ho quarant’anni e un giorno ma sono morto già, sono pietrificato, non può essere, lei è fantastica, lei non se lo merita, Lily ride, Lily non muore, Lily è mia, Lily resta con me, se muore lei muoio io, ma tanto io sono già morto, ma se è vero che se muoio io muore lei allora mi conviene vivere ancora un altro po’ perché lei non può morire, lei piange ma mica muore, Lily è la mia vita, Lily è la vita e basta.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Note autrice pre-lettura - che ormai sono un classico nelle mie OS - :

E' sostanzialmente un flusso di coscienza scritto di getto, grazie a non so che ispirazione improvvisa xD
By the way, ci tengo alle vostre opinioni, sono estremamente insicura su questa storia, su cui ho pianto scrivendola D:
Vabbè, basta.
Ciao beeeella gente :')









































Image and video hosting by TinyPic



Just like a ghost

 
Allungo il collo il più possibile e cerco le carte del medico sull’armadio. Ma ci sono un mucchio di fogli e cianfrusaglie e polvere, troppa polvere. Con una manata tiro giù tutto e si alza un nuvolone grigio che mi fa tossire. Piano, cercando di sforzarmi il meno possibile, scivolo a terra. Cerco le radiografie, la ricetta firmata dal dottore, ma dove sono, dove le ho ficcate?! Sembrano scomparse, eppure le avevo messe proprio qui.
Non so neanche come, ma adesso mi sono trovato in mano un quaderno di ricette. Voglio metterlo da parte, fa male guardare la grafia impressa sulla copertina, ma all’improvviso sto tremando e dalle pagine cade un cartoncino. Lo so cos’è, non voglio guardarla. Lo so, a distanza di anni, che fotografia era nascosta in questo quaderno. Lo so e non voglio guardarla, farebbe male, soffrirei. Ma la prendo tra le dita e già ho un’angoscia che mi blocca il respiro in gola. Non voglio guardarla, non voglio guardarla, non voglio guardarla e invece la guardo.
 
E adesso ho dieci anni e una bambina dai capelli rosso fuoco mi chiede se le presto la macchinina per farci andare la sua bambola.
No, un attimo, adesso di anni ne ho tredici e una ragazzina è seduta dietro al bancone di questo bar ed ha un aspetto familiare.
No, ho sbagliato ancora, io ho diciassette anni e accanto al mio sedile, sull’autobus, c’è una ragazza più bella di quella con cui sto e trovo una scusa qualsiasi per parlarle. Lei ride, e io sento la sua risata sotto la pelle, mentre mi fa vibrare le ossa, e mi piacciono così tanto i suoi occhi azzurri con quella luce allegra che le chiedo di ridere di nuovo e lei mi guarda come fossi matto.
Oddio, e adesso?! Adesso mi sento addosso ventidue anni, e la donna coi capelli rossi che ho invitato ad uscire mi sorride, e io come il cretino le dico che la amo da sempre, che non voglio essere suo amico e basta, e lei ride, e allora io la bacio, e il suo sapore buono me lo sento in bocca così forte che decido di amare anche quello di lei, e adesso ho ventitré anni e amo la sua pelle nuda sotto le dita e ora di anni ne ho venticinque e amo il suo modo di grattarsi la punta del naso quando è confusa, amo quelle lentiggini che escono fuori solo d’estate e amo i suoi piedi piccoli e perennemente freddi.
Non so come, ma mi trovo a trent’anni su un altare e lei dice «sì» e allora io non sento più niente, mi piego a baciarla, e il prete mi rimprovera ma noi non lo sentiamo e ci baciamo prima del consentito e i presenti ridono, ma non sento neanche loro.
 
Di colpo ho sessant’anni. Di nuovo. Provo a fare mente locale ma non vedo nulla, e poi mi rendo conto che sto stringendo gli occhi. Li apro ma sono appannati, è tutto sfocato, vedo a stento un’ombra tremolante al posto del mio riflesso nello specchio incassato nell’anta dell’armadio. Mi sono scordato che stavo facendo. Ah, Harry, che cretino, stavi facendo amicizia con Lily sul bus. Ma no, non è possibile, nella foto che stringo tra le mani lei è più grande! Magari no, magari stavi facendo l’amore con lei la prima volta?! No, cercavi le radiografie e la ricetta del medico! E perché, Lily dov’è?! Lei sa sempre dove tengo le carte! Guardo la foto e mi dico che forse è al parco, seduta su quella panchina. Sì, al parco.
E adesso sto già camminando, la serratura scatta, scivolo per le scale ma mi attacco alla ringhiera. Quasi corro manco avessi dieci anni e non sessanta. Ma magari di anni ne ho davvero dieci, chissà, ancora mi vedo davanti il sorriso di quella bambina con le mani piccole e gli occhi grandi.
Oh, sono arrivato.
Mi siedo a questa panchina della foto o la aspetto al bar?! Meglio la panchina, così la trovo prima, devo chiederle delle carte e devo dirle che la amo, forse se l’è scordato mentre faceva la spesa. Oh, ecco la panchina. Sono già arrivato?! Le persone mi guardano, non sono pazzo!, ma forse sto parlando ad alta voce, non lo so, sto cercando di ricordare dove ho messo quelle radiografie maledette! Oh, già, la panchina. Devo sedermi, la aspetto qui, me l’ha detto l’altro giorno che se a casa non c’era era seduta là a scrivere. Lei scrive sempre, mi piace il modo in cui scrive la ‘a’, io la amo, la sua ‘a’. E mi piace un sacco quando scrive il mio nome, lei scrive ‘Harry’ e a me il mio nome sembra il nome più bello del mondo e quando lo scrivo io invece lo odio, è troppo diverso dal suo. Oh, sì, devo sedermi! Perché non mi siedo ancora?! Non è la panchina giusta?! Sì! Sì, lo è, è proprio la stessa della foto... Sì, ora mi siedo. Sono seduto, e ora che faccio mentre la aspetto?! Beh, dato che ci sono mi guardo la foto, da quant’è che non la prendevo tra le mani?! Troppo tempo, mi procura un intenso mal di stomaco ma non ho idea del perché, lei è così bella mentre la stringo fra le braccia e sorride all’obiettivo che dovrei guardarla ogni minuto per ricordarmi perché amo il mondo, che lo amo perché ci vive lei.
No.
Un momento.
No.
Io la odio, questa foto.
Perché la guardo?!
No, non voglio strapparla, me la ficco nella tasca dei pantaloni e singhiozzo come un neonato, perché mi fa male il cuore, batte forte, ma non dovrebbe, sono cardiopatico, Dio mio! E se mi viene un infarto muoio adesso e non voglio morire perché voglio guardare ancora il suo sorriso.
Come quello della foto, ma, un attimo!, mi sono appena detto che odio quella foto!
Perché?! E’ bellissima!
Stringo gli occhi.
Che?!
Dove sono?!
 
All’improvviso ho quarant’anni, è il mio compleanno, viviamo insieme da dieci anni e riconosco i suoi gesti nervosi, e le chiedo cosa c’è che non va e lei scoppia a piangere e si chiude in bagno e grida, grida, grida, e le sue urla me le sento nelle ossa, mi rimbombano dentro, e il sangue mi si ghiaccia e non riesco a muovermi perché lei tira calci contro il muro e sento rumore di specchi infranti e grido insieme a lei, non so perché, non so per cosa, ma mi sento morire pure io, e urlo.
Ho quarant’anni e un giorno, ma io ho smesso di vivere ieri, sono morto appena entrato in mezza età, sono morto quando lei, di sera, è uscita dal bagno con i capelli arruffati e tagli sulle mani, mi ha visto rannicchiato contro la porta, come a volerle dare calore mentre lei era là dentro, rinchiusa, e allora ha ricominciato a piangere e quando io mi sono alzato inciampando sui miei stessi piedi per stringerla e disinfettarle le ferite lei ha sussurrato, senza voce, che il medico le ha detto che è malata, che non se la può cavare, che lei è quell’uno su un milione a beccarsi una malattia rara. E allora è scoccata la mezzanotte. E adesso ho quarant’anni e un giorno ma sono morto già, sono pietrificato, non può essere, lei è fantastica, lei non se lo merita, Lily ride, Lily non muore, Lily è mia, Lily resta con me, se muore lei muoio io, ma tanto io sono già morto, ma se è vero che se muoio io muore lei allora mi conviene vivere ancora un altro po’ perché lei non può morire, lei piange ma mica muore, Lily è la mia vita, Lily è la vita e basta.
E invece muore.
Muore, Harry.
Lei muore quando tu compi quarantuno anni, il giorno del tuo compleanno, magari è colpa tua, magari non nascevi e Lily non moriva, e ne valeva la pena perché lei può cambiare il mondo ridendo, tu sei un essere inutile al confronto. No, aspetta Harry, ma Lily è morta. Che fai, Harry? Sei in ospedale, te la stanno portando via, e tu urli come un pazzo e ti stanno tenendo tre infermieri e tu piangi, gli piangi addosso, sulle spalle, gli macchi i camici bianchi di lacrime di morto, perché ci sei morto pure tu su quel lettino bianco, ci sei morto e sepolto, perché morto lo sei segretamente già da un anno. Smettila di scalciare Harry, calmati! Che fai con quelle forbici?! Mi sto tagliando i capelli, perché a lei i miei ricci piacevano, ci giocava sempre, non voglio sentirmi le sue dita fra i capelli, mi sento già troppo il suo tocco dappertutto, mi sembra ancora di stringerle la mano quando, al funerale, tutti piangono e io all’improvviso mi accascio a terra e piango come un bambino, per quella vita che lei non ha più e che invece ho io, ma io non la merito, magari se mi stendo a terra lei esce dalla bara e ci mettono me, magari funziona. Non lo so, sento che qualcuno mi stringe la mano, qualcuno mi tira su, ma io sono rimasto a terra, steso sul terreno, e da lì non mi alzo più per davvero.
 
Grido, sto gridando.
E apro gli occhi e la foto ce l’ho di nuovo tra le mani e allora un dolore alla schiena mi ricorda che oggi compio sessant’anni e un vecchio che urla deve essere uno spettacolo raccapricciante, perciò la smetto, ma dentro urlo ancora.
La odio, quella foto.
Odio me che sono venuto fin qui in preda ad uno dei miei momenti di follia, voglio finirla qua, e invece no, non posso, perché le sue ultime parole sono state «vivi per me» e io me la sento dentro, Lily, non voglio farla morire due volte troppo presto.
Questa foto la odio perché siamo abbracciati su questa panchina mentre chiediamo ad un passante di scattarcela e adesso lei non c’è più e il mondo non sembra più un posto in cui vale la pena vivere.
Ma me l’ha chiesto lei, di vivere, e allora realizzo che non posso avere dieci anni, o diciassette, o trenta, di anni ne sono passati venti e io peggioro sempre di più, la vedo dappertutto, troppo spesso, sono pazzo, sto impazzendo, niente nella mia testa ha più senso, lo dice pure il medico, lo dicono le radiografie... Le radiografie! Dove sono?! Mi servono!
Ma non voglio alzarmi da questa panchina, voglio aspettare Lily.
Ma Lily non arriverà, me ne sto rendendo conto, mi sta passando l’angoscia, mi sento sommerso da quel senso di tristezza acuta e bruciante che ormai mi è familiare, quando torno alla realtà mi sommerge sempre. Fa male, è una consapevolezza che mi fa venire voglia di gridare e spaccare tutto come lei quel giorno, di perdere la voce mentre mi chiedo perché a lei, perché a lei e non a me, a lui, a quell’altro che sta attraversando la strada, perché proprio a lei. Ma invece non grido e non spacco proprio niente perché oggi compio sessant’anni e sono morto da vent’anni.
E i fantasmi non gridano.
I fantasmi non spaccano cose.
I fantasmi come me sopravvivono e basta, e solo per qualcuno che è più fantasma di loro.

  
Leggi le 20 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: Ms_MartyReid