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Autore: Dolceamara    13/05/2007    22 recensioni
A forza di vedere le lettere e di seguire con la mano i movimenti della penna impari.
Io imparai anche abbastanza in fretta a dire il vero: mentre gli altri ancora si lasciavano guidare dalla piuma di non so quale animale scrivendo “ Polly ha dieci caramelle”, “Polly è una bella bambina”, “Polly odia i ragni” io stringevo la penna tra le mani e, con un po’ di forza in più, deviavo il suo corso, scrivendo: “Polly ha dieci ragni”, “Polly è una caramella” e “Polly odia le bambine”.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Draco Malfoy | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sappilo.

Se morirai, sarà per mano mia.

No, non mi importano le suppliche di chi ti conosce grazie ad un nome e ad una storia raccontata ai bambini dalla notte dei tempi.

No, nemmeno le mie.

Con questa bacchetta tra le mani e il cuore nella stretta del serpente più velenoso contro il quale tu abbia mai combattuto chiuderò gli occhi sentendo il peso di un corpo cadere a terra.

Il tuo.

Immagino che ora dovrei dare spiegazioni di questa mia apparente follia…

Sì, insomma, ho sempre creduto che la vita non fosse veramente nulla di speciale.

Potete definirla pure una sorta di alienazione, un disagio profondo e malinconico che arrovella le viscere ed eccita le ghiandole salivari di fronte alla parola esistenza…cose così.

Shakespeare mi chiamerebbe “fool”.

Matto.

Un giullare di coorte, un buffone: il che sottintende automaticamente il fatto che io sia pazzo, perché solo un folle bramerebbe a diventare una sorta di pagliaccio menestrello.

Davvero, io nella vita non ho mai visto un gran che.

Ma sì, insomma, ho aperto un sacco di volte la finestra di casa mia (Pansy docet: “guarda fuori! Vedrai la vita vera!Il sole, la natura, tutto che cresce e muta forma” e bla bla bla), ma la finestra di camera mia si affacciava solo su un altro maniero, nero e mastodontico quanto il mio.

E l’architettura non mi ha mai affascinato particolarmente.

L’unica cosa che muta forma appartenente ai miei vicini sono i figli, che da dolci pargoletti son diventati schiopodi senza coda, con tanto di pustole sulla faccia.

Che schifo l’acne.

Me lo ricordo ancora oggi quel foruncolo che mi spuntava di tanto in tanto in quella maledetta fessura tra la guancia e il naso.

Un male assurdo, e un ribrezzo ancora maggiore.

Anche quello a volte mutava forma… Bleah.

Grazie al cielo l’adolescenza me la sono lasciata alle spalle.

Mi sembra tutto abbastanza lontano a pensarci oggi.

Dopo una decina d’anni anche il Big Bang non mette così tanta agitazione.

Sono diventato esperto in babbanologia, vero?

E’ colpa tua, Potter. Mi hai attaccato questo vizio di andare oltre ogni cosa, capire le caratteristiche di un popolo prima di detestarlo.

Cosa che tu però non hai mai fatto, caro mio.

Sei sempre stato bravo a parole… a raccontare il tuo essere grifondoro attraverso novelle a lieto fine, cavalieri che salvano principesse in difficoltà, martiri smaliziati.

Ti ho sempre ascoltato per metà dubbioso e per metà affascinato da quanto vicino a te ero riuscito ad arrivare, da quante parole stavi sprecando per convincere me, Draco Malfoy, a rinnegare il mio nome e a mo di Giulietta e Romeo farmi ribattezzare con il solo nome di amore.

Quante belle favole mi hai raccontato.

Quante storielle Weasley, Paciock, Granger e infine Potter, con qualche accenno a Black.

Vedi Harry, il problema non è il problema… il problema è ciò che sta alle sue spalle.

E tu con questo non hai mai sembrato familiarizzare parecchio.

Non ti sei accorto in tutti questi anni di aver sempre scelto le tue compagnie e amicizie come una sorta di elfo domestico che smista i calzini?

Bianchi, neri, da lavare.

Non hai mai badato a “quello che stava dietro”.

All’inizio mi hai pensato come nero, poi da lavare.

In un qualche angolino del tuo cervello malandato devi anche avermi considerato bianco, almeno per un attimo, ma non ne sono certo del tutto.

Ti sei sempre isolato nel tuo mondo fatto di favole, Potter… ma favole raccontate da altri.

Altri che tu giudichi degni di essere ascoltati.

Ti è mai venuto in mente di chiedere a Lucius Malfoy la sua versione della faccenda?

Hai mai pensato di chiederla a me, prima di esprimerti in tutta la tua anima da crocerossino?

Te la posso raccontare ora se vuoi la mia favola, Harry.

Una volta mi hai accusato di scegliere le mie amicizie secondo il volere di mio padre, senza pensare a cosa realmente desiderassi io.

Tu che scuola hai frequentato da bambino, Potter?

Immagino uno di quegli istituti babbani dove le maestre sono sempre sorridenti e hanno meno di trent’anni. Di quelle dove ti insegnano a fare disegni con le dita, o a costruire bamboline con le palline di cartapesta.

Lo sai come sono le scuole elementari magiche, Harry?

Quelle private? 

No, non lo sai.

Sono grandi, enormi edifici neri divisi in altrettanto grandi camerate, con signore dai 40 ai 50 anni vestite di tutto punto, bacchetta alla mano e incantesimi schermanti sparsi per tutto il corpo come pattuglia.

Probabilmente anche a te sarà successo di innervosirti e provocare qualche disastro da piccolo.

Forse hai trasfigurato tuo cugino in un essere indefinito, oppure l’avrai fatto volteggiare a mezz’aria a testa in giù… cose così.

Io ho fatto letteralmente scoppiare un coniglio.

Era il mio primo giorno di scuola, e sai quanto i bambini possono essere affezionati ai genitori, tanto da non volerli abbandonare mai. Ops, è vero, non lo sai. Scusa.

Ad ogni modo… mia madre mi spinse dentro tra le braccia di una delle maestre, poi si smaterializzò.

Immagino di essermi sentito abbandonato, tradito, o qualcosa del genere.

Fatto sta che quando l’insegnante per farmi smettere di piangere mi mise in mano un morbido, piccolo coniglietto, ero talmente carico di energia negativa che quello esplose dall’interno.

Sì, è uno spettacolo raccapricciante da immaginare. Anche da vedere.

Certo, non fui condannato per coniglicidio, ma mi sentii comunque un assassino.

Nessun bambino aveva mai ucciso involontariamente, e non mi piaceva sentirmi meno bambino degli altri.

Dopo quell’episodio vedere anche una sola goccia di sangue mi dà il voltastomaco.

Mi fa orrore.

No, a scuola i miei compagni non mi piacevano.

Troppe urla, troppe risa, troppi pianti, troppo rumore, senza nessun motivo.

E troppi incantesimi involontari che facevano venire i brividi.

Non immagini il terrore di un bambino in una camerata dove tutti potrebbero in un momento di rabbia mandarti a sbattere contro un muro con i capelli fucsia?

Ed ero sicuro (e dico sicuro) che una bambina di cui ora non ricordo il nome, per vendicarsi della morte del coniglio, avrebbe voluto far esplodere me.

Le maestre continuavano a rassicurarmi (“Nessuno ti odia, Draco, è stato un incidente, lo sanno tutti!”), ma comunque la mattina mia madre doveva inventare ogni volta un nuovo espediente per convincermi ad andare a scuola.

Giù regali su regali, e promesse di altri regali.

Immagino di essere diventato viziato a causa di quel periodo.

Nel mondo babbano come fanno ad insegnare a scrivere, Potter? Non te l’ho mai chiesto.

In quello magico incantano una penna: tu la tieni in mano e quella scrive da sola la frase prestabilita dalle maestre.

A forza di vedere le lettere e di seguire con la mano i movimenti della penna impari.

Io imparai anche abbastanza in fretta a dire il vero: mentre gli altri ancora si lasciavano guidare dalla piuma di non so quale animale scrivendo “ Polly ha dieci caramelle”, “Polly è una bella bambina”, “Polly odia i ragni” io stringevo la penna tra le mani e con un po’ di forza in più deviavo il suo corso, scrivendo “Polly ha dieci ragni”, “Polly è una caramella” e “Polly odia le bambine”.

Dopo un po’ che le insegnanti mi rimproveravano io invece odiavo Polly, ma avevo comunque delle potenzialità.

Un giorno una bambina più bassa e minuta delle altre mi avvicinò, chi lo ricorda il perché, e fu così che conobbi Pansy Parkinson.

La scelse mio padre, vero Potter?

Tiger e Goyle erano i miei compagni di banco, scelti dal caso, e non parlavano troppo, non urlavano, non ridevano senza motivo.

Per me era una ragione più che sufficiente per farmeli amici.

Per quanto riguarda tutta la faccenda di Tu sai chi… se credi che mio padre abbia sprecato i suoi anni migliori a riempirmi la testa di idee strane sull’obbedienza all’Oscuro Signore, la supremazia della razza e generis ti sbagli di grosso.

Mio padre aveva ben altre cose a cui pensare, se permetti.

Capisco che tu non riesca ad immaginarlo visto il poco tempo che hai trascorso con i tuoi genitori, ma non è tanto strano che il figlio cresca con gli stessi ideali del padre.

Io vedevo il mio sempre sicuro di sé, sempre rispettato e temuto: era un modello per me.

Il mio ideale di uomo.

Io volevo essere esattamente così: attorniato da un silenzio reverente.

Ti ho già detto quanto io detesti il rumore?

Per quanto riguarda invece la motivazione per cui mio padre si sarebbe unito alla schiera del Lord… preferirei la sentissi direttamente da lui, anche se non so quanto sarà possibile.

Non sei mai andato oltre l’apparenza Harry, questa è la verità.

Giusto, sbagliato, buoni, cattivi.

Queste sono le uniche categorie che conosci.

Forse hai cominciato quando hai incontrato me.

Oddio, ci siamo incontrati parecchie volte ad Hogwarts… però ti sei incuriosito quando mi sono presentato all’Ordine.

No, decisamente non te lo aspettavi.

Hai iniziato ad interessarti a me come fossi stato l’unica pecora nera in mezzo ad un candido gregge: prima con circospezione, poi con morbosa curiosità, infine con fascino.

In segreto, di nascosto da tutto e da tutti, mi hai rivelato che ti piacevo, e sei stato preoccupato che io fossi schifato dal tuo essere omosessuale.

Il che è stato divertentissimo visto il fatto che l’unico motivo per cui avevo lasciato che tu ti avvicinassi a me era perché sapevo di per certo che tu avevi certi "gusti".

E’ stato divertente anche rassicurarti dolcemente rivelandoti che anche io avevo una certa tendenza verso il fiocco blu, e che tu eri nella mia lista di fiocchi blu preferiti.

Mi sono sentito un po’ come quando una volta a scuola avevo stravolto la frase “La farfalla Dorothy mangia miele a colazione” in “Dorothy mangia la farfalla a colazione”.

No, non avevo il gusto del macabro, mi divertivo soltanto a vedere la maestra inorridire.

Harry… io mi divertivo con te, eppure tu mi piacevi davvero.

La tua bocca… mi sono innamorato della tua bocca.

Quelle labbra che avevano sempre nostalgia delle mie, che lasciavano scivolare il tuo respiro dentro il mio palato e che facevano caldo, finalmente caldo dentro di me.

Le tue mani erano per me più familiari delle mie.

Il tuo petto era il mio.

Ti sentivo così vicino.

Vicino come la Pansy di 6 anni, quando si sporgeva per vedere quale parola quella volta avrei scambiato con un’altra.

Vicino come mia madre quando appoggiava la sua fronte alla mia dicendomi che la guerra, mio padre con una maschera sul viso, gli incantesimi oscuri, erano necessari, non si poteva fare altrimenti.

Vicino come mio padre quando mi diceva che era fiero di me, che sarei diventato un grande mago.

Ti sentivo vicino come se quel batticuore avesse avuto un significato un po’ più potente di un “mi piaci”.

Si potrebbe dire che ti amavo.

Si potrebbe dire che ora soffro come la farfalla mangiata da Dorothy a colazione mentre ti vedo al centro del salone di casa mia, Lord Voldemort che ti annuncia che morirai con dolore, tormentato e annientato poco alla volta, per annullare ogni traccia di qualsiasi incantesimo ti protegga.

No, Harry.

Non ti preoccupare.

Sappilo.

Se morirai, sarà per mano mia.

Nessuna tortura, nessun dolore ti sfiorerà più di un bruciore agli occhi e una luce verde.

Riuscirò a non ascoltare le suppliche e le accuse di tutto il mondo magico quando saprà che sono stato proprio io a toglierti la vita.

Riuscirò a non ascoltare nemmeno le mie, mentre ti chiedo, ti imploro di non affidare a me questo peso.

Tu non hai mai guardato oltre le apparenze, non hai mai indagato troppo a fondo nel cuore delle persone, e non sono sicuro che tu mi ami quanto io amo te, o credo di amarti.

Però se “Draco ama Harry”… sono sicuro di poter scambiare due parole anche adesso.

Sappilo.

Morirai per mano mia.

“Draco ama Harry”.

Soggetto, predicato e complemento oggetto. E’ una frase semplice da rigirare.

Basta scambiare due parole.

 “Harry ama Draco”.

E quando con lo sguardo mi chiedi di farlo, di concederti un sonno più dolce, mi sento come se del sangue di quel coniglio, scoppiato tra le mie braccia, non mi fossi mai ripulito.

 

 

 

End.

 

E’ semplicemente assurda, lo so.

E non ho la più pallida idea di come mi sia uscita… quindi se voleste degnarmi di qualche recensione, giusto per dirmi che forse non ho proprio sprecato il mio tempo, vi sarei immensamente grata…

Perché se nessuno commenta, è come se non si fosse mai scritto. ;)

Un bacio!

 

Dolceamara.

 

  
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