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Autore: Phoebus    28/10/2012    1 recensioni
1287, nel cuore dell'Italia medievale un amore rischia di sconvolgere alleanze politiche e una famiglia intera. Un amore forte, nato per caso, ma destinato all'eternità.
Al tempo delle dame e dei cavalieri, una giovane ragazza bella e splendente come una vera dama e un'aristocratica non proprio nobile come un cavaliere, incroceranno i loro destini per legarsi nell'anima...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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l sole era già alto quando Lena aprii gli occhi; il cielo sembrava sereno e stiracchiandosi si destò dal letto di Anna, dove aveva dormito beatamente e si incamminò, vestendosi, presso la cucina.
 
 
 
“ehi dormigliona finalmente sei sveglia!” – Anna invece, era in piedi da un bel pezzo e sistemava dei piatti nella credenza e altri utensili di cucina.
 
“già a lavorare tu! Dovrei avere un po’ della tua volontà!” – dormiva ancora in piedi, stava iniziando a capire di essere sulla Terra.
 
“tu hai molta più volontà di quanto credi Lena…- sorrise all’amica -...ieri sera hai dimostrato un coraggio grandissimo…e anche un briciolo di follia direi!”
 
“perché…cos’ho fatto di così folle?!” – prendendo un piatto lo passò ad Anna, aiutandola.
 
“stavi per fare una brutta fine con il Comandante…e sinceramente non so proprio come hai fatto a rispondergli così e a…- le scappò da ridere-…a sputargli!”
 
“beh ci vuole solo mira! Basta prendere bene gli occhi!” – ridevano infrenabili, mentre sistemavano ancora la cucina.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Dopo pranzo Lena tornò a casa sua, a consolare sua madre che si era preoccupata da morire per lei, non vedendola rientrare dalla sera prima. Ma sapeva benissimo che, se non tornava a casa, era perché si fermava a stare da Anna e così non fece troppe storie.
 
“però cerca di non metterti sempre nei guai! Lena, devi stare attenta a quello che fai! So che subiamo cose ingiuste, ma non possiamo farci niente…è la nostra condizione…Sei grande adesso e…sai che siamo sole…tuo padre quando morì mi chiese solo…solo di badare a te…e di renderti felice, nonostante noi non ne abbiamo diritto perché non siamo i tuoi veri genitori…” – mamma Teresa diventava sempre triste quando parlava della loro sfortunata situazione, non avevano nulla. Solo loro stesse e l’affetto che nutrivano l’un l’altra.
 
“mamma…smettila di dire così…-abbracciò la madre con dolce tenerezza-…siete la mia famiglia, tu e papà…anche se non c’è più…e lo resterete sempre…”
 
Lena era stata abbandonata da piccola e quella coppia di paese, senza figli, trovandola sola, piccola e sperduta decise di prendersene cura, con immenso amore.
 
Ed è grazie a quelle persone semplici che crebbe sana e piena di principi e ideali, circondata da amici e guardata bene da tutti i ragazzi del paese; sarebbe diventata sicuramente una buona moglie e un’ottima madre.
 
Aveva avuto un fidanzato, ma fu una storia adolescenziale e senza particolare importanza; poi da un po’ a questa parte Ferdinand, un soldato semplice, aveva colpito i suoi occhi. Ma non era certo un tipo raccomandabile, come le dissero anche Giacomo e Anna: sempre nelle taverne a ubriacarsi e a ronzare intorno ad ogni gonnella.
 
Eppure Lena lo sentiva che da qualche parte…da qualche parte lontana o forse vicina…doveva esserci il suo grande amore…
 
L’amore che fa battere il cuore e che vince ogni ostacolo…doveva solo trovare dove si nascondeva…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il pomeriggio, dopo aver accompagnato la madre da una vicina, decise di fare due passi. Amava camminare nei sentieri di montagna, in quelle stradine isolate e così silenziose, dove se tratteneva il respiro per un attimo poteva sentire il respiro del vento.
 
La faceva sentire libera…senza complicazioni, senza il peso della quotidianità, senza l’ansia di cosa accadrà domani.
 
Erano solo lei e quel meraviglioso posto.
 
E forse non solo lei aveva quest’abitudine…
 
 
 
 
 
I raggi del sole filtravano tra i rami, senza mai riscaldare troppo, c’era ancora qualche macchia di neve qua e là; presto sarebbe nevicato di nuovo. L’aria lo preannunciava.
 
Ma la giovane ragazza non demordeva, amava quei posti, quella magia…quella sensazione di essere un tutt’uno con la natura, di appartenere a qualcosa di più grande.
 
 
 
Questo forse è l’infinito…si ripeteva Lena…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Poi il suo sguardo fu rapito da qualcosa nelle fronde, tra gli alberi…
 
 
 
Una piccola lepre sembrava quasi essersi persa in quell’immensità verde e spaventata guardava Lena, come se lei potesse mai fargli del male.
 
“piccolino…vieni qui…” – si avvicinò all’animaletto tendendogli la mano; inizialmente impaurito si tirava indietro, poi capì che non c’era nulla da temere e anche i suoi occhioni marroni sembravano più tranquilli.
 
Lena si avvicinò un altro po’, giusto per accarezzarlo sulle piccola testolina fredda.
 
“hai freddo lo so…ma cosa potrei mai darti qui…vediamo!” – e iniziò a cercare nella vegetazione qualcosa, magari un ramoscello abbastanza grande da coprire almeno un po’ il leprotto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Poi d’improvviso, senza perché, senza ragione, senza spiegazione, una freccia scintillò nel freddo gelido del bosco…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Una freccia veloce e precisa, dannatamente precisa…che si piantò nel petto del piccolo leprotto.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Una freccia scoccata dall’altro lato del sentiero, venuta da lontano eppure indirizzata così precisamente da far terrore a Lena.
 
La rossa scattò in piedi e, temendo di essere stata seguita, iniziò a guardarsi morbosamente intorno.
 
E anche se così fosse…anche se qualcuno era lì per lei…che c’entrava quel piccolo animale?
 
 
 
 
 
 
 
“c’è qualcuno? Fatevi vedere! O siete così vigliacco da uccidere ogni animale incontriate sul vostro cammino, e poi fuggire via senza mostrarvi? Venite fuori!!” – Lena era arrabbiata e sapeva che qualcuno doveva pur esserci.
 
Continuava a girarsi e rigirarsi, nella ricerca di qualcuno, di quel qualcuno che aveva così freddamente ucciso la piccola lepre.
 
Quando all’improvviso il suo presentimento si rivelò realtà.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“e così ci rincontriamo…” – alla rossa venne quasi un infarto! La figura che le rispose era dietro di lei e voltandosi di scatto la riconobbe subito…come avrebbe potuto non riconoscerla…
 
 
 
 
 
 
 
“ma…che ci fate qui? Mi…mi spiavate forse?” – Lena sembrava imbambolata, davanti a lei il Comandante delle guardie del borgo la guardava con aria soddisfatta e disprezzante.
 
“se mai dovessi spiare qualcuno, quel qualcuno non sareste certo voi!” – e rise pensando a chissà cosa
 
.
 
Rise guardando le vesti di Lena, una semplice gonna fin sotto le ginocchia, un maglione sgualcito e una specie di mantello nero per coprire le spalle. Nient’altro.
 
Il Comandante indossava come sempre quella divisa pesante e austera, con una piccola medaglia all’altezza del cuore e uno stemma con un falco inciso, il segno della casata.
 
Le sue vesti nobili e ricche, intagliate con pietre preziose, contrastavano con la sua povertà d’animo, questo pensava Lena.
 
Eppure aveva qualcosa di intrigante, qualcosa che pur facendo capire la meschinità di quella giovane, attraeva magneticamente.
 
Saranno gli occhi, che nel bianco della neve risplendevano sempre di più…saranno quei capelli neri, sarà quell’aria da sfacciata a cui Lena avrebbe voluto dare proprio una bella lezione!
 
Insomma, qualcosa aveva questo gendarme! E chiunque l’avesse incontrata, finiva col chiedersi cosa fosse, rimanendone irrimediabilmente affascinato.
 
 
 
 
 
 
 
“quand’è che la smetterete di incutere timore? Ora ci mancava che vi mettevate ad uccidere animali innocenti…” – non abbassava lo sguardo la piccola paesana.
 
“con un arco secondo voi cosa dovrei fare? Corteggiare amorevolmente una fanciulla! – parlava sarcastica- In un bosco poi!” – Julia aveva un arco, che prontamente dopo aver visto Lena aveva riposto dietro la schiena; non ne aveva bisogno con lei. Sentiva, quasi istintivamente, di poter abbassare la guardia.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“LENA, LENA!!!” – una voce lontana attirò l’attenzione delle ragazze.
 
Entrambe si voltarono, la mora impugnò una freccia, affilandone la piuma all’estremità portandosela alle labbra; sarebbe stata pronta a colpire nel caso ce ne fosse stato bisogno.
 
 
 
L’ombra lontana si avvicinò sempre di più…era Ferdinand, amico di Lena…
 
Aveva sentito delle voci nel bosco e, dopo aver riconosciuto quella della sua spasimante, volle raggiungerla, credendo potesse cacciarsi nei guai.
 
Lena fu felice di rivederlo e più si avvicinava, più sorrideva all’idea che fosse lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’uomo appena fu vicino la rossa estrasse la spada, intento a difenderla da quel soldato che aveva davanti, da quel gendarme bel conosciuto.
 
 
 
Una spada contro un arco.
 
Un Comandante contro un suo stesso soldato. Non un soldato qualsiasi, ma un traditore.
 
 
 
 
 
Comandante: “ah Ferdinand! Chi si rivede! Il vigliacco traditore! – ma il giovane non rispose, si limitò solo ad alzare la spada e a puntarla in direzione dell’avversario. Erano lontani una decina di metri, ma la prudenza verso quel nobile soldato non era mai troppa-…lascia la spada. Non avresti speranze nemmeno se io fossi a mani nude.”
 
Ferdinand: “no! Allontanatevi da Lena…o ve la vedrete con me!” – in tutta risposta ottenne solo la risata del Comandante, che con abile decisione impugnò una freccia.
 
Il giovane si parò davanti alla rossa, voleva difenderla. A tutti i costi.
 
Comandante: “ti ringrazio per avermi presentato la tua amichetta, ora puoi anche sparire. Del resto è quello che sai fare di più, abbandonare il posto di battaglia per paura. Bene, ora fallo per necessità. Perché se non abbassi quella spada te ne pentirai.”
 
La situazione stava precipitando.
 
Lena: “Ferdinand…lasciala stare, non mi ha fatto nulla…ci siamo solo incontrate per caso…non ha cattive intenzioni…” – la ragazza si mise in mezzo, cercando di far ragionare l’amico, ma a poco valse.
 
Ferdinand: “tu non sai di cosa è in grado il Comandante Volkova…ha fatto in modo di incontrarti e non è un caso…ora gli faccio vedere io chi deve avere paura!” – e ignorando l’amica, Ferdinand stava per lanciarsi sul suo ex Comandante, quando…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
In una frazione di secondo…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La sua spada cadde a terra e la sua mano fu trafitta da una freccia, che la trapassò…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il sangue iniziò a sgorgare dalla calda ferita appena aperta, tingendo di porpora le foglie che erano a terra.
 
 
 
Lena: “come…come è possibile? – rimase incredula, la velocità e la perfetta mira di quella giovane davanti a lei l’avevano sbigottita, la freccia si era conficcata nel palmo della mano; poi volgendosi alla misteriosa ragazza…-…ma perché…perché  l’avete fatto? Perché???” – le urlò contro ma a poco servì.
 
 
 
Ferdinand era accasciato a terra dolorante, Lena aiutandolo fece appena in tempo a seguire con gli occhi quel Comandante; quella ragazza così capace che aveva trafitto l’avversario in un punto tale che, pur riducendolo inerme, non lo uccise.
 
 
 
 
 
Comandante: “potete stare tranquilla, il vostro amico non morirà.” – e, salendo in sella al suo destriero, corse via, perdendosi nei sentieri ormai quasi bui del bosco.
 
 
  
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