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Autore: DreamsHolder    29/10/2012    0 recensioni
[Last Days]
Il racconto del film "Last Days", regia di Gus Van Sant, ispirato alla morte del cantante e chitarrista dei Nirvana, Kurt Cobain, avvenuta alla sola età di ventisette anni, il 5 Aprile del 1994 a Seattle. La pellicola non ha una trama vera e propria, bensì gira intorno al protagonista, Blake, confuso e tormentato, così come si immagina lo sia stata la grande rockstar americana negli ultimi giorni della sua vita. I capitoli contengono parti di canzoni e interviste dei Nirvana e sono frutto di un'elaborazione personale del film. Alcune scene, giacché vissute solo dagli altri personaggi, sono state tagliate o appena accennate.
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1. Something in the way
2. Smells like teen spirit
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Load up on guns
and bring your friends:
it's fun to lose
and to pretend.
She's overbored
self assured...
Oh no, I know a dirty word.

Nirvana, 'Smells like teen spirit'.




«Sì… Devo soltanto… Cercare di pensare…» bofonchia, e si rende conto di aver materializzato per l’ennesima volta le sue riflessioni in parole, che sul termine della frase gli muoiono in gola. Non sa che dire. Un bivio. Si ferma un secondo, come se non ricordasse più la strada di casa. Da che parte andare? A sinistra, a sinistra. Va a sinistra. Tira su col naso.
«Mi vergogno», si lascia sfuggire dalle labbra.
I peccati restano intatti; ci si può illudere di averli disintegrati affidandosi alla sola memoria. La memoria così labile, che si dissolve, soprattutto dopo una sbronza. Ma egli non riesce a dimenticare. L’alcol ha solo attenuato il peso delle parole, e dei gesti, e di tutto il resto. Ogni cosa ora gli appare come uno scadente film trasmesso in TV, di quelli che servono a riempire gli spazi vuoti tra un programma e l’altro. Il suo scadente film.
Vedendola avanza a testa bassa, tira su i pantaloni. Casa; come se fosse lei. Lei, che due giorni prima lo ha ridotto così. Un prato perfetto, qualche albero sottile, un tronco ancora in piedi, attecchito nel terreno. Mentre cammina tossisce, fa strani versi. Non è intontito, è solo… Solo cosa? Non sa definire cosa sente. Dio, chiunque potrebbe sospettare che si senta a pezzi. È naturale. Egli non si sente a pezzi. Si sente. Punto. Una sensazione indistinguibile da tutte le altre sensazioni conosciute, un ago premuto nel cervello, un imput che gli permette di constatare come, nonostante tutto, sia ancora vivo e stia camminando. E cammina, cammina con la schiena storta, una gobba gli si gonfia nella t-shirt. E le campane suonano, mentre parla, a sé stesso, e si regge al muro, a un albero, cerca di realizzare cosa vuole. Come si sente.
«Perché da ora… Io non so che fare… Non so che fare, niente, non riesco… Non so che fare… Oddio, non riesco, è che!… Non lo so… Vorrei… Vorrei… Che ne so… Rinchiudermi… Sparire… Che faccio?... Devo pensare…»
Entra nel deposito, una casupola di legno dal tetto spiovente, e prende una pala. Torna in giardino. Il suono delle campane è veramente insopportabile… Sembra quasi che lo facciano apposta, che godano della sua confusione, che puntino ad ingolfare la sua testa fino a farla scoppiare. Ma chi se ne frega. Devo pensare. Raggiunge le scale. D’un tratto queste si piegano, diventano lisce, una discesa. Cade, rotola su quel morbidume. Cazzo, queste non sono le scale… Si alza. Le guarda. Cazzo, questa è l’erba. È più sbronzo da sobrio. O forse non si è mai ripreso del tutto. Cammina, conficcando la pala nel prato. Un gabbiano. Si sta avvicinando alla strada; sente i rombi delle auto e delle motociclette che ronzano su e giù, lungo la carreggiata, i clacson. Altri gabbiani. La strada è vicina al mare. Un angolino di terra nuda e umida, costellata di rami cadenti. È qui. Perfetto. Comincia a scavare. Scava, scava… Trova ciò che cerca. Un pacchetto quadrato di roba sottovuoto. C’è scritto su “Tom Moore”. Entra nel tinello e lo mette sul tavolo. Che cesso questo posto… Prende una scatola di cereali dalla dispensa e la appoggia sul mobile. Riacciuffa il pacchetto che finisce nel lavandino, ci fa scorrere su un misero getto d’acqua. Deve inzupparsi lentamente; e nel frattempo prende una tazza. Il telefono squilla. La posa. Si accende una sigaretta. Si volta, vede un post it attaccato alla parete. Cos’è? Lo stacca e legge:
«Il fucile nell’armadio della camera da letto.»
Lo riattacca al frigorifero.
«Grazie…»
Si gusta uno snack. Nel mentre prepara la sua colazione, a base di latte e cereali. I cereali nel freezer, il latte stappato sul mobile. Lo snack sul freezer. Un altro tiro alla sigaretta. Guarda il pacchetto con la scritta “Tom Moore”. È pronto. Posa la tazza e chiude il rubinetto.
«Eccoci qui.»
Lo solleva, lo scrolla dell’acqua in eccesso, toglie la molla con cui è chiuso e se la lega al polso. Cerca di staccare i due lembi della busta.
«E apriti!...»
Finalmente ci riesce. Tira fuori il contenuto; è una cassetta di legno. Getta la busta nel lavandino. Un tiro alla sigaretta.
«Cucchiaio.»
Lo cerca in un cassetto. Qualcosa gli ronza vicino alla guancia. Si da uno schiaffo, poi la mano scivola giù, lungo il collo, pentita. Non lo trova. Lo chiama.
«Cucchiaio…?»
Apre un altro cassetto. Di nuovo lo stesso ronzio. Cerca di scacciare il fastidioso insetto, e non riuscendoci si guarda intorno accigliato. Ma che razza di bestia è?

Cara signorina, non ci siamo. Qui ci vuole un restauro completo, a cominciare dagli abiti: ma guardali un po', tutti sgualciti!... Cambiarsi, subito, immediatamente. Va all'armadio; questo no, questo no, questo no... Ecco, un bel vestitino nero, hmhm, si, è proprio quello che ci vuole. E poi? Stivaletti trendy. Una strigliatina a questo crine pidocchioso, un po' di matita sugli occhi... Ecco, che bella signorina che abbiamo qui ora! Eh si, proprio bella! E adesso prende il fucile; ma che bel figurino questa pollastrella bionda! E ancora il telefono squilla. Squilla. Non può continuare ad ignorarlo... Stavolta risponde.
«Pronto Blake?»
Chissà perché non è sorpreso di udire la sua voce...
«Hai ricevuto i miei messaggi?»
E certo che li ha ricevuti i suoi messaggi.
«Mmh...»
«Senti, sono tutti qui con me, ce li ho davanti, c'è Trip, ci sono tutti.»
«Blake, sono Trip!»
«Allora, Blake? Che succede là a casa, chi c'è lì con te? Che cosa... Cosa, cosa fate tutto il giorno? Telefono, telefono, telefono, finalmente di becco e adesso nemmeno mi parli? So che sei ancora lì. Comunque, questo tour, è una cosa da... Non è una passeggiata, Don si è fatto un culo così!»
«Don è un grande!» fa Trip.
«Graaazie» risponde Don.
«È stato in Europa con i promoter, per trovare i soldi che volevi tu. Ci stiamo muovendo tutti in modo che si faccia!»
E Blake continua a non rispondere. Un silenzio che lascia ben intendere...
«Perciò, se devi rintanarti di nuovo in clinica fa' pure, basta che ci muoviamo, tutto qui!» Touché. «Ma tu ci sarai per il tour? È questo che devo sapere, io do per scontato che ci sarai. Noi siamo pronti, ce la stiamo mettendo tutta.» Scandisce: «ce la stiamo-mettendo-tutta!»
«Sono solo ottantasei giorni, perciò vedrai, passeranno in fretta Blake» lo incoraggia Trip, «almeno spero!» ride poi.
«Era questo che volevi! Non era questo che volevi? Non puoi tirarti indietro, ormai è tutto fatto! Gli agenti saranno incazzati neri, ti scuoieranno vivo, faremo una figura di merda, sarà la fine, davvero, non puoi tirart-...»
E lentamente aggancia la cornetta, mentre l'altro ancora parla. Stanco della solita musica. Questa vita ormai sa di merda. Ha bisogno di sentire qualcosa di nuovo... Di fare qualcosa di nuovo. Vuole... Vuole andare... A caccia. Sì.

I cardini scricchiolano sofferenti. La porta si spalanca, l'anta sbatte, rimbalza. Cappello, cappotto.
«Lepre... Lepre...»
Le sue prede stanno dormendo. Sono al sicuro, nei loro letti, e non sospettano. Non sospettano che il cacciatore sia lì, a puntarli, a soppesare il loro respiro, il lento e ritmico gonfiarsi dei loro petti, e... Fermo fermo, qualcuno si muove! Scatta, spalle al muro, mano ferma. Fermo... Fermo... Non si muove più. Meno male, sta ancora dormendo. Altra stanza. Altra coppia. Che carini che sono, abbracciati sotto le coperte... Boom!! Colpiti. Le palpebre di lei vibrano. Solleva il capo, lo scruta con quegli occhi assonnati, interrogativi. Meglio squagliarsela.
Suona il campanello. Si fionda al piano di sotto, percorrendo velocemente le scale. Un frastornante picchiettare di tacchi. Chi sarà mai? E il gioco continua. Il cacciatore avvista una preda sconosciuta, una preda che per la prima volta si addentra nel bosco.
«Stai in guardia... Uh?»
Non può permettersi errori. Si avvicina alla porta d'ingresso. Mette via il fucile, vuole affrontarla a mani nude. La apre.
«Buongiorno signore, sono Thaddeus Thomas, delle Pagine Gialle.»
È un animale bello grosso.
«Chi scusi?»
«Thaddeus Thomas delle Pagine Gialle.»
Un grizzly che l'ha seguito dal fiume, fino a raggiungerlo a casa. Scuro, grasso, occhi piccoli e luccicanti, bocca costellata di denti aguzzi.
«Sono qui per il suo spazio pubblicitario nel nuovo elenco...»
L'uomo è perplesso, ma cerca di non darlo a vedere. Sarebbe poco professionale.
«...Di prossima uscita.»
Guarda fuori. Nessun branco in vista. Ok, può entrare, si accomodi nel salone. Egli entra, attende che Blake lo segua, e quando anche il ragazzo è nella stanza si avvia verso alla poltrona.
«Come va? È iniziata bene la giornata?» gli chiede, sedendo. Ha con sé un grosso fascicolo, pieno come mai ne aveva visti di pieni, un fagotto colmo di fogli pronto a scoppiare da un momento all'altro. Blake sistema il cappello sul mobile accanto alla porta. Si passa una mano sui capelli. Si avvicina alla poltrona, fa per sedersi.
«Direi... Niente... Niente male... Non è... Insomma... È un altro giorno.»
«Certo.»
Sembra interessato, il tono di voce traspare una disinteressata accoratezza. Blake resta in bilico col fondoschiena. Quando questo poggia sulla stoffa avana, l'uomo riattacca a manetta.
«Dunque, io sono Thaddeus Thomas, lei è il signor?»
Allunga la mano.
«Blake.»
Un'energica stretta.
«Blake? Piacere di conoscerla Blake.»
«Piacere, si.»
«Bene, fantastico. Allora, abbiamo delle offerte eccezionali per lei, ehm, nelle Pagine Gialle. E... Se lei me lo permette le farò alcune domande a proposito della sua attività, tanto per... Per capire le esigenze del suo settore, in modo, in modo tale da... Da poter creare una pubblicità efficace per la prossima edizione delle Pagine Gialle. D'accordo?»
«Ehm... Si.»
Il giovane osserva l'agenda dall'apertura a cerniera, comparsa durante il lungo monologo dai toni scolarizzati, spalancata così da rivelare il suo contenuto immacolato. Thaddeus Thomas la ruota, da bravo alunno se la sistema tra le mani.
«Bene, fantastico. Vediamo, ehm, l'anno scorso la sua inserzione pubblicitaria... Era...»
Come come?
«Avevo un'inserzione pubblicitaria?»
«Si, aveva un'inserzione pubblicitaria.»
Fa scattare la penna.
«E... Vediamo, era per l'officina meccanica, e... E inoltre vendeva ricambi ehm... Per...»
«Oh, si, giusto»
«Bene. E mi dica, ha avuto successo? Insomma, l'inserzione ha avuto un riscontro soddisfacente...»
«Io, non... Cioè, se ricordo bene è stato un successo...» rimugina Blake, interropendo così Thaddeus.
«Bene» commenta lui.
«Cioè, voglio dire, come... Come dire...» sospira. «Come posso dire...»
«Hmhm?»
«Il successo è soggettivo, capisce?»
«Giusto.»
«Non è...»
«Assolutamente.»
«Può essere... Un'opinione.»
L'uomo annuisce. Sembra essere soddisfatto, è riuscito ad instaurare un dialogo col giovanotto che gli sta davanti, e perde la nervosa aria da scolaretto, sembra sicuro. Sta facendo bene il suo lavoro.
«Ma in termini quantitativi, ovviamente, la pubblicità le ha dato come risultato un incremento della clientela, dico bene?»
«Si.»
«E... Anche la vendita dei ricambi è aumentata»
«Si... Si, ne abbiamo venduti parecchi l'anno scorso»
«Magnifico, magnifico. A questo punto quello che bisogna fare è molto semplice: andare avanti per questa strada. E... questo ci porta alla prossima domanda. Lei ha intenzione di... aprire un altra officina...»
D'un tratto, però, la sua sicurezza crolla. Il guscio d'uovo, la maestria intellettuale, dinnanzi alla bizzarria di Blake, che si toglie goffamente il cappotto, rivelando l'abito succinto. Ora che lo nota, ha anche scarpe da donna... Buon Dio. Mille pensieri gli passano per la testa, chissà quali.
Mah, chi se ne frega, ognuno la pensi come vuole. Guarda sacco di pulci, ho messo anche la matita!
«...In una sede diversa, un nuovo punto vendita... Ehm... Mi... Parli dei suoi progetti per il futuro...» conclude Thaddeus Thomas.
Una spallina ribelle, la sistema. Il cappotto rifilato allo schienale. Braccia conserte sulle ginocchia. Gli dà da pensare la parola "futuro", ma non sa esattamente a cosa. Il futuro è un puntino di luce che brilla infondo al tunnel chiamato giovinezza. Si sente teen, si sente spensierato. O quasi. Da un po' non si sente più libero. E nemmeno teen. E nemmeno spensierato. Cosa vuol dire sapere di spirito giovane se in fin dei conti non si è liberi? La giovinezza può essere una lama a doppio taglio; la giovinezza ti chiude, chiude la tua mente, non ti permette di guardare oltre. Cosa c'è oltre quel tunnel? Lo scopriremo nella prossima puntata, Blake. Sì Blake, la band ha bisogno di te Blake, sei in gamba Blake, sei forte Blake, dacci dentro Blake. Cosa c'è che non va nella tua vita, Blake? Ti senti così libero e non riesci nemmeno a trovare l'ispirazione per suonare la chitarra? Non riesci nemmeno a trovare il modo per tenerti stretta la famiglia? Cosa stai cercando, Blake? Hai solo paura di crescere o c'è qualcosa che effettivamente ti sfugge? Hai in realtà voglia di farlo, Blake, di crescere?
«Ehm, beh, a dire il vero.. Noi seguiamo l'istinto, dipende dai momenti, non abbiamo delle idee così...»
«Uhm?»
«Così chiare... »
E realizza di aver racchiuso, in poche parole, il vero problema di ogni giovane. Il suo vero problema. Io non so che fare… Oddio, non riesco, è che!… Non lo so… Vorrei… Vorrei… Che ne so… Che faccio?…
«...Dei veri progetti riguardo all'apertura di altre...»
«Hmhm?» lo incita ancora Thaddeus; penna in mano, registro segnato da una misera crocetta, persasi in chissà quale pagina. Blake non ha notato quante volte le ha girate, le pagine. Forse solo una, forse due, o tre.
«...Officine...»
«Capisco.»
Ma cosa pretende di capire?
«Si.»
«Senta, allora, riguardo ai dipendenti. Ehm... Ci sono nuove assunzioni in vista? Ha intenzione di espandere la sua attività in qualche modo?»
E di nuovo quel maledetto insetto... E uno schiaffo. Così forte che il suono, una botta, fende l'aria. Ne fende una fetta che sembra vibrare ferita, come suo il collo dolorante. Cazzo, e finalmente ti ho beccato! Thaddeus sobbalza, con una compostezza che suggerisce la sua segreta tensione, tenuta nascosta così bene fino a quel momento. Tutto ciò gli risulta sconcertante... Un travestito che si picchia mentre parla. Davvero molto sconcertante.
«Tutto a posto?» chiede, con quel solito tono da professionista, ometto ben scolarizzato, immutabile.
«Tutto a posto... Solo... Un insetto.»
E Blake ride. E riesce incredibilmente a contagiarlo.
«Certo, bene. In base alle mie informazioni, Blake, lei è il solo titolare dell'impresa. Non ha soci, giusto?»
È la prima volta che lo chiama per nome. Quel colpo improvviso deve averlo svuotato dentro. Niente più tensione. Sarà anche svitato il giovanotto, ma è uno svitato innoquo a quanto pare. Blake ci pensa su.
«No, solo io, niente soci» risponde infine.
«D'accordo, bene» e ancora, Thaddeus segna.
«Benissimo, sono contento di sapere che la pubblicità le sta dando risultati soddisfacenti. Perciò manterremo la stessa inserzione pubblicitaria, ehm...»
Lo vede tutto a un tratto pensieroso, come mai? Da quando gli ha chiesto dei soci guarda altrove, mano sotto il mento. Mah. «Anche quest'anno. D'accordo? E... Lei dovrebbe beneficiare dello stesso successo dell'anno scorso. Sa, qui a Northport c'è un boom degli affari in questo periodo. E... Tanta... Tanta gente si trasferisce qui da tutto il paese, attirata dalla bellezza del posto... Tutto bene?»
Blake gli rivolge lo sguardo, limitandosi ad annuire. Non sembra molto interessato. «Dicevo, dalla bellezza e dall'eleganza della città, e... Che dire, che... È un ottimo posto per gli affari. E sarà lei a trarne beneficio, è giusto? Perciò facciamo così: ehm, io... Fisserei un altro appuntamento con lei.»
Ah si? Il ragazzo non è più assorto. La decisione di quel vecchio grizzly lo ha sorpreso. Credeva di stargli sulle scatole; e probabilmente è così. Ma quello sa fare così bene il suo mestiere che è abilissimo a celarlo dietro quel pietrificato sorriso. A puntarlo troppo a lungo, pietrificante. «D'accordo? E... Voglio solo mostrarle alcune delle opzioni delle diverse formule che offriamo ai nostri clienti. E... D'accordo?» È davvero difficile tener accesa quella candela, la fiamma dell'attenzione di Blake. È già distratto, di nuovo. Con quei suoi «d'accordo?» Thaddeus cerca di ripescarlo da qualunque tunnel egli abbia imboccato.
«E... per l'elenco, logico. Tanto per cominciare, se permette, le lascio il mio biglietto da visita.»
Lo tira fuori, bianco come le pagine della sua agenda, e glielo porge.
«D'accordo?» gli fa, vedendolo non reagire. «E magari, magari tornerei a trovarla martedì, all'una, per lei va bene come orario?»
«Hmhm.»
«Perfetto, per oggi le lascerò soltanto il mio biglietto. D'accordo?»
E finalmente Blake lo prende.
«Tanto ci rivedremo alle tredici in punto, è giusto, eh? Di martedì prossimo, d'accordo?»
«Hm!»
«E a quel punto avrò già pronto da mostrarle un bozzetto dell'inserzione. Va bene? E parleremo di certe formule accessorie che secondo me potrebbero farle comodo, poi mi dirà; intesi?»
E Blake annuisce.
«D'accordo, magnifico.»
Thaddeus Thomas richiude l'agenda, ed alzandosi esclama un soddisfatto «bene!», che come lo schiaffo del ragazzo fende l'aria e la fa vibrare, ferita, come i due labbri di uno squarcio sulla pelle. Ma sì, in fondo non è andata male! Simpatico questo Blake, tutto strano nel modo di vestirti e mezzo intontito come uno zombie!
«È stato un vero piacere fare la sua consocenza, Blake» la sua voce appare sofferente; sollevarsi dalla poltrona, robusto com'è, dev'essere stato faticoso. Ma chi se ne frega. Gli porge la mano. Blake la stringe svogliatamente.
«E... spero di rivederla molto presto, d'accordo?»
«D'accordo.»
«Ci vediamo martedì prossimo.»
«D'accordo» fa come ipnotizzato, dopo aver udito pronunciare quella formula magica più volte.
«Buona giornata!»
«Grazie, buona giornata anche a lei...»
«Senz'altro, la ringrazio! Stia comodo.»
Tanto non avevo intenzione di alzarmi. Thaddeus sparisce nella porta. Beh... è stata una bella chiacchierata. Ora resta solo il salone. Il mobile. La statuetta dorata di Buddah, la lampada, il quadro. Solo. Perché dovrebbe fregarmene di una cazzo di inserzione pubblicitaria? Perché continuare con l'officina? È un'idea del cazzo, non mi va nemmeno di lavorare... Si rintana nelle braccia. Si sente piccolo. Vorrei... Rinchiudermi... Sparire... Che faccio?...
«Mi scusi Blake? Ehi?»
Non ho voglia di alzare la testa. Non voglio guardarti. Non voglio guardare in faccia il mio futuro.
Thaddeus prende il fascicolo delle Pagine Gialle, rassegnato, e silenziosamente se ne va. La porta si chiude con un tonfo sordo. Il biglietto cade a terra, con un tonfo mille volte più sordo. Il tonfo di una speranza perduta. Di un pianto che, pur invocandolo, non arriva. Basta giocare. Basta girarci intorno, Blake. Basta così.

  
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