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Autore: Prue786    30/10/2012    2 recensioni
Sorreggendo la testa con una mano rimase a fissare le gocce d’acqua che avevano cominciato a bagnare il legno rugoso. Un improvviso colpo di tosse gli scosse l’intero corpo.
Il ragazzo al bancone raddrizzò la schiena, spostando lo sguardo sull’uomo “Buonasera!” Esclamò con voce impastata “Vuole ordinare?”
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Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In una notte

 

 

 

In quella fredda notte di metà dicembre, la pioggia non aveva smesso per un attimo di bagnare l’asfalto, enfatizzando ancora di più l’ingresso della stagione fredda.

I rintocchi appena udibili di un campanile suonavano le 23 e 30 minuti quando un uomo sulla quarantina si avvicinò ad un vecchio edificio di periferia.

“BAR” lasciava intuire l’insegna luminosa; la luce al neon dell’ultima lettera lampeggiava debolmente come a volersi spegnere da un momento all’altro.

L’uomo camminava con lo sguardo fisso a terra e le mani nelle tasche, procedendo a passi lenti; nonostante la pioggia lo stesse bagnando completamente non sembrava aver fretta di ripararsi.

I capelli brizzolati e ben curati gli si erano incollati alla testa e le scarpe erano del tutto infangate.

Alzò leggermente gli occhi solo quando fu davanti all’ingresso, rimanendo a fissarlo per qualche attimo; spinse piano la porta in vetro opaco e venne accolto da un lieve tepore.

Il suo sguardo si mosse pigramente all’interno del locale prima di fermarsi sul ragazzo dietro il bancone che, seduto cavalcioni su una sedia, fissava con sguardo assonnato lo schermo del televisore.

I vasti territori dell’Amazzonia sono per lo più ancora non organizzati, con una popolazione autoctona costituita da sporadiche ed isolate tribù di amerindi…

Quella della tivù era l’unica voce in sottofondo e, senza dir nulla, l’uomo si avvicinò ad un tavolo, lasciandosi cadere sulla sedia.

Sorreggendo la testa con una mano rimase a fissare le gocce d’acqua che avevano cominciato a bagnare il legno rugoso. Un improvviso colpo di tosse gli scosse l’intero corpo.

Il ragazzo al bancone raddrizzò la schiena, spostando lo sguardo sull’uomo “Buonasera!” Esclamò con voce impastata “Vuole ordinare?”

L’altro sollevò il capo, guardandolo con aria assente “Dici a me?”

“Vede qualcun altro?”

L’uomo girò la testa a destra e a sinistra rendendosi conto che il barista stava parlando con lui e scrollò le spalle.

Fece per curvarsi nuovamente sul tavolo ma esclamò di colpo “Prendo un brandy!”

Il ragazzo annuì appena e in pochi minuti fu vicino all’uomo con in mano un bicchiere colmo di liquore bruno “Brutta giornata, eh?” domandò con un mezzo sorriso.

L’altro alzò lo sguardo su di lui, fissandolo con aria perplessa, e borbottò una risposta affermativa. Bevve in un unico sorso e posò pesantemente il bicchiere sul tavolo “Che ci fa un ragazzino in un posto del genere?”

Il giovane inarcò un sopracciglio “Non sono un ragazzino, come…” Si morse un labbro e scosse appena la testa, sbuffando “Quanti anni pensa che abbia?”

L’uomo inspirò, appoggiandosi contro lo schienale, e scrutò meglio il giovane davanti a sé: il viso pallido, gli occhi neri e vivaci, addosso un paio di jeans logori e un maglione grigio troppo grande per lui. “Hm… non più di quindici anni!”

Le labbra sottili si curvano in un sorriso “Dicono tutti così!” Il ragazzo sospirò piano, portando le mani sui fianchi “Ho quasi vent’anni. Non lavorerei qui se fossi minorenne, non crede?”

L’uomo inarcò un sopracciglio, con una smorfia, prima di ritornare a fissare il tavolo “Capisco… fino a che ora è aperto questo posto?”

“Di solito chiudo verso mezzanotte e mezza, ma posso restare anche fino all’una.”

“Allora portami un altro brandy.”

 

“Ha un posto dove andare?” domandò il giovane osservando l’uomo mandar giù il liquore.

“Oh, certo!” mormorò, lo sguardo fisso nel vuoto “Ma in questo momento non mi va di vedere nessuno che conosco!”

 “Capisco. Hm… ha fatto…” Il giovane mordicchiò un labbro “Hm… ha fatto qualcosa che non doveva?” chiese un po’ titubante.

L’uomo ridacchiò con aria tetra “Magari… non so neanche quale sia la mia colpa… ma sono stato ugualmente sbattuto fuori di casa.” Scosse la testa passando una mano sugli occhi “Quanto ti devo?” Biascicò piano.

“Niente, offre la casa!”

Il giovane sorrise allo sguardo interrogativo dell’uomo che tornò a fissare il tavolo, tossendo piano; si lasciò andare ad un sospiro, rabbrividendo.

“Le andrebbe di bere qualcosa di caldo insieme a me?” Domandò il barista, lanciando un’occhiata al bancone “Sinceramente quel documentario sull’Amazzonia non mi piace molto!”

L’altro annuì appena, senza guardarlo.

 

Il ragazzo ritornò poco dopo con due tazze fumanti, accomodandosi di fronte al suo unico cliente.

“Si sente un po’ meglio?” Chiese sbirciando il viso rilassato dell’uomo, intento a sorseggiare la sua tisana.

“Hm… sì, grazie!” Asserì l’altro poggiando la tazza sul tavolo “Come ti chiami, ragazzo?”

“Loren.”

“Loren…” mormorò muovendo piano la tazza e stringendola con entrambe le mani, con aria soddisfatta “Lavori per pagarti l’Università?”

“No, affatto!” Scrollò le spalle “Da questo punto di vista, sono il disonore della famiglia!” Il ragazzo sfiorò il profilo della tazza di fronte a sé prima di bere un sorso della bevanda.

“Vede, nella mia famiglia sono tutti professionisti.” Mormorò in risposta all’espressione perplessa dell’uomo “Mio padre è medico, mia madre un avvocato e mio fratello maggiore è iscritto al terzo anno di medicina.” Continuò facendo una smorfia e spostando lo sguardo altrove “Io, invece, una volta finito il liceo, ho trovato subito un lavoro; studiare non fa per me.”

Loren ritornò a guardare l’uomo che si sistemò meglio sulla sedia.

“Eppure non sembri uno scansafatiche, o sbaglio?”

“Beh, diciamo che sono allergico ai libri; amo la libertà e so che impazzirei se fossi costretto a studiare e a sostenere tutti quegli esami!” Si massaggiò distrattamente un braccio “Per mio fratello sembra tutto facile, però io vedo tutto il tempo che resta a sgobbare sui libri; non penso che riuscirei a resistere più di una settimana.” Fece spallucce seguendo con un dito una venatura del tavolo “Ognuno è libero di scegliere la vita che vuole ed io so che lo studio non fa per me, ecco tutto!”

“Capisco…” borbottò con aria tetra l’uomo “Però, oggi come oggi, senza uno schifo di laurea non puoi fare granché…” continuò con tono serio, prima di aggiungere “Potresti lavorare in un centro d’ascolto, sai… semmai come psicologo.”

“Cosa?” domandò Loren con sorpresa.

“Credimi, ne so qualcosa… e tu sei un buon ascoltatore…” L’uomo sorrise “Anche se magari è tutto a causa della pena che hai provato per il sottoscritto… che forse è anche un po’ ubriaco…”  

“Io? Uno stizzacervelli? Ma siamo impazziti?” Sbottò Loren come se non avesse sentito le ultime parole.

L’uomo scoppiò a ridere “Ok, ok, vedo che non ti piace come lavoro!”

“Per niente… aver tutti i giorni a che fare con gente stressata… no! Non fa per me!”

All’ultima frase l’uomo si rabbuiò, sospirando mestamente: “Forse hai ragione.” Borbottò socchiudendo gli occhi e portando entrambe le mani sul viso.

“Scusi se m’impiccio, lo so che non sono affari miei, però, cosa le è successo ?” Chiese Loren notando l’espressione cupa del cliente.

 “Beh, cosa vuoi che ti dica, non lo so neanche io.” Disse velocemente “Tre giorni fa sono tornato a casa dal lavoro, ed entrando ho trovato mia moglie infuriata.” Si massaggiò le tempie, accigliandosi “Ha urlato qualcosa a proposito di un messaggio in segreteria e poi mio cognato mi ha quasi aggredito, buttandomi fuori.” Inspirò violentemente “Pensa che l’abbia tradita? Io? Non…” Scosse la testa “Non mi hanno dato neppure il tempo di vedere mio figlio… non lo vedevo da due giorni… ” gemette l’uomo stringendo la testa fra le mani: “Mio figlio non sa perché il padre non è tornato a casa ed io sto qui a parlare di tutta questa faccenda con un barista che dimostra quindici anni… non potevo cadere più in basso di così!” Nascose il viso fra le braccia e rimase in silenzio.

Loren continuò a fissarlo, non senza un certo imbarazzo.

La tivù continuava a parlare dell’Amazzonia e dei suoi abitanti mentre fuori infuriava la pioggia. Mancavano una manciata di minuti all’una.

“Senta!” Proruppe all’improvviso il ragazzo alzandosi “Che ne dice di andare a casa sua?”.

“Eh? Ma cosa dici?” Sussurrò l’uomo con voce soffocata.

“Sto dicendo che deve lottare per far valere le sue ragioni se è sicuro di essere innocente!” Loren strinse i pugni “Non penso che un uomo dalla parte del torto sarebbe nelle sue condizioni!” Concluse con veemenza.

“È una pazzia… a quest’ora, poi!” Si lamentò l’altro alzando di poco la testa dal tavolo.

“Se non vuole combattere e si nasconde dietro scuse di questo tipo, vuol dire che non ci tiene… né a suo figlio né tanto meno a sua moglie!” sibilò il barista, accigliandosi.

“Tu…” sussurrò l’uomo, lo sguardo improvvisamente irritato “Che cosa ne vuoi sapere, tu, di queste cose?” Urlò sovrastando ogni altro rumore. Si alzò con tanta foga da far cadere a terra la sedia e sbatté le mani sul tavolo; le tazze vibrarono pericolosamente e Loren si irrigidì avvertendo una stretta allo stomaco. Deglutì a vuoto “Cosa? Vuole fare a pugni?” domandò prima di potersi frenare. “Pensa che l’aiuterebbe?” Socchiuse gli occhi “Vuole colpirmi? Ne è capace?”  

L’uomo mosse un passo in avanti e con uno scatto lo afferrò per il maglione.

Loren si ritrovò, suo malgrado, a sussultare fissando il volto furioso dell’uomo a poca distanza dal proprio. Strinse i denti e cercò di rimanere immobile rimanendo a guardare la fronte corrugata del cliente senza, però, riuscire ad allentare la tensione che quasi gli impediva di respirare.

Pochi istanti e la presa sulla maglia di Loren si sciolse, facendo arretrare il ragazzo, che ispirò lasciando andare un sospiro tremulo.

“Mi dispiace.” Solo un sussurro, che rimase sospeso per qualche secondo fra i due.  

L’uomo mosse un passo indietro, costernato “Scusami… non volevo spaventarti…” Passò una mano sul viso “Forse hai ragione: dovrei parlare con mia moglie invece di prendermela con uno sconosciuto.”

“È stata anche colpa mia.” Mormorò il ragazzo muovendo un piede a terra, a disagio, prima di voltarsi verso il tavolo. “Io… ho esagerato di proposito.” Prese le due tazze vuote e ritornò a guardare l’altro con un sorriso incerto “Pensavo che sarei riuscito a farle cambiare idea…” morse un labbro “Nei film funziona sempre.” concluse Loren con un’alzata di spalle.

L’uomo ridacchiò debolmente “Già, funziona sempre...” Inspirò e si avvicinò al giovane poggiandogli una mano sulla spalla “Ti chiedo ancora scusa.” Mormorò massaggiando gli occhi. “Quanto ti de…”

“Non si preoccupi.” Disse velocemente Loren “Le auguro buonanotte… e buona fortuna!” aggiunse con un sorriso facendo per allontanarsi verso il bancone.

“Buonanotte anche a te, Loren…” Cantilenò l’altro.

Il giovane si voltò di colpo, sorpreso, ritrovandosi a fissare il vuoto.

“Ma…” aprì e chiuse gli occhi più volte rendendosi conto di essere rimasto all’improvviso solo.  

 

 

La pioggia cadeva ancora violentemente quando Loren chiuse a chiave il portone, allontanandosi dal bar.

“Che schifo di tempo!” Borbottò rabbrividendo e infilando una mano nella tasca del cappotto mentre l’altra reggeva l’ombrello. “Forse dovrei cambiare lavoro.” Continuò con una smorfia ricordando all’improvviso le parole dell’uomo.

“Come diavolo avrà fatto ad uscire così in fretta?” mormorò stringendosi nelle spalle; la sensazione di improvviso disagio gli fece aumentare il passo.

“Uno psicologo, ha detto.” Pensò costringendosi a cambiare argomento e ritrovandosi a scuotere la testa “Studiare non fa per me, sarebbe sicuramente un fal…” Loren si bloccò fissando il vuoto per qualche secondo “Perché?” Si domandò, con un cipiglio “Ho paura di non riuscire? Di fallire e deludere me stesso? O forse gli altri?” sbuffò, sorridendo amaramente “Alla fine sono un codardo anch’io.” Mormorò riprendendo a camminare, lo sguardo fisso a terra.

“Uno strizzacervelli.” Si disse nuovamente “In fondo non è un contratto vincolante… dopotutto se non dovessi riuscirci potrei sempre mollare tutto e cercarmi un nuovo lavoro!” A quel pensiero avvertì una piacevole scarica di adrenalina.

“Non sarà una cosa del genere ad uccidermi!” Il ritmo del suo cuore accelerò di qualche battito.

“Alla fine cos’ho da perdere? Nessuno potrà obbligarmi a… ehi!” Loren sbatté violentemente un piede a terra facendo schizzare l’acqua sui pantaloni e fermando il flusso di pensieri.

“Che diavolo mi passa per la testa, ora?” Ispirò a  fondo e morse l’interno della bocca “Tutta colpa di quel tizio… in fondo chi diavolo è per poter dire cosa devo o non devo fare? Accidenti!” passò furiosamente una mano fra i capelli, scompigliandoli “Come dannazione… uffa!” Sbottò sbuffando. “I miei penseranno che sono impazzito…” continuò inarcando un sopracciglio; la sensazione galvanizzante di poco prima che ritornava a farlo sorridere “Cambiare idea così, nel giro di una notte, non è ammissibile… mi manderanno da uno psicologo.” Loren sghignazzò piano, continuando a percorrere la strada buia verso casa.

 

La pioggia aveva ripreso a bagnargli i capelli e il cappotto, ma l’uomo non sembrò farci caso; continuò a guardare il ragazzo che si allontanava, fin quando non riuscì più a distinguerlo nel buio della notte.

Si lasciò sfuggire un sorriso; anche questa era fatta.                                                                                    

   
 
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