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Autore: Mirrine    30/10/2012    2 recensioni
Domani 31 Ottobre 2012 il mio adorato L avrebbe compiuto ben trentadue anni se, il per me odioso, Kira non avesse fatto in modo che la sua vita terminasse nella propria fioritura.
Questa shot la dedico al mio idolo di Death Note.
E' un'introspezione, profonda e forse troppo triste, nell'anima di L.
Passato, presente e futuro visti scorrere attraverso i suoi adorabili occhi neri e vagliati dalla sua inumana intelligenza.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: L
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Buio.
Totale, completo e insensibilmente asettico.
Non un rumore, un odore, una qualunque cosa che potesse testimoniare che ci fosse  una qualche forma di vita in quella deserta suite.
Eppure c’era.
Abbandonata a se stessa su di un parquet di defunti alberi  di ciliegio c’era la forma di vita  considerata dall’intero mondo la più intelligente  ed evoluta dell’universo .
Steso  su quel gelido parquet senza muovere un singolo arto stava L.
L’oscurità della camera resa totale e assoluta dalle imposte causticamente chiuse si spalancava maestosa davanti agli occhi schiusi del ragazzo che la guardava senza espressione alcuna.
Quel buio come molte altre cose nella sua vita era per lui priva di ogni interesse.
Oscurità, tutto qui.
Niente di stimolante o di emozionante per il suo cervello perpetuamente attivo.
I fogli candidi sparsi sul pavimento attorno a lui frusciarono fastidiosamente quando L voltò lentamente la testa verso il monitor invisibile in quel denso buio.
A breve Watari lo avrebbe sicuramente contattato per ricordargli che quel giorno era il suo compleanno.
L’ultimo come non faceva che ripetersi e ripetergli.
Venticinque anni non si compiono due volte nella vita, gli aveva fatto notare il suo vecchio istitutore porgendogli una gigantesca fetta di torta alla panna.
-      Affermazione alquanto scontata Watari, se sono anni è ovvio che cadano una volta soltanto.- gli aveva risposto con voce atona e eternamente incurante.
-      Ha ragione.
E si era ritirato con uno sguardo infinitamente triste dipinto sull’antico volto lasciandolo ai suoi computer e al caso Kira.
Già, il caso Kira.
L’unica cosa che da qualche tempo a quella parte era riuscita a destare il suo facilmente estinguibile interesse.
Oramai viveva per quel caso.
Ci aveva dedicato ogni singolo istante di quei mesi e non vedeva perché dovesse fare un eccezione per il suo compleanno, anche se era l’ultimo.
Sì perché qualcosa gli diceva che i propri occhi scuri e cerchiati dalla perenne insonnia non avrebbero visto nemmeno l’alba del suo ventiseiesimo compleanno.
Istinto?
Soggezione?
Non importava perché comunque non vi prestava alcun ascolto.
Ciò a cui si affidava era la ragione e null’altro.
Quella fredda e acuta ragione che fin da bambino gli aveva cinto le spalle con le proprie braccia candide e osservato con occhi glauchi crescere sotto la sua luce di gelida conoscenza.
Crescere e tediarsi.
Un malattia quest’ultima che lo affliggeva sin dalla tenera età.
L si annoiava.
Della scuola troppo semplice e priva di stimoli adatti alla sua mente arguta, dei compagni troppo stupidi e invidiosi che lo emarginavo, della vita.
Eccelleva.
Sempre.
Comunque.
Ma non ne traeva nessun beneficio.
La speranza però era una dea alquanto sadica e malignamente aveva riacceso in lui la propria orrida essenza quando aveva lasciato l’orfanotrofio.
Finalmente avrebbe avuto casi veri, magari una vita vera.
Inutile dire che si era sbagliato in buona misura.
I misteriosi omicidi che gli affidavano erano talmente semplici che iniziò a selezionare quelli che riteneva degni della sua attenzione a quel tempo già abbastanza sterile e caduca.
Dal punto di vista della vita poi si era accorto presto che così come in orfanotrofio,  dove fra la crescita smisurata del proprio intelletto e l’isolamento a cui lo condannavano i compagni, non c’era stato spazio nemmeno per una cotta infantile, nel mondo crudele al di fuori di quelle mura chiare la situazione era solo peggiorata.
Quanto più successo riscuoteva tanto più era odiato da criminali di volta in volta più potenti e ogni giorno di più la sua vita e quella di coloro che avrebbero potuto essergli accanto erano in pericolo.
Era stato un raffreddamento abbastanza rapido il suo.
Senza affetti che non fossero quello vagamente paterno di Watari, solo in mezzo ad un mondo che nel migliore dei casi lo considerava un grande detective aveva perso presto molte delle emozioni umane.
Aveva iniziato a nutrirsi principalmente di dolci, sia per colmare quel vuoto di felicità che oramai gli si era insediato nel petto e sia perché aveva scoperto che erano l’unico cibo a risvegliare il suo cervello dalla pericolosa atarassia che talvolta lo minacciava.
E poi vestiti di cui non si curava minimamente e giorni che non si accorgeva nemmeno vivere.
Aveva perso ogni tipo di interesse per tutto ciò che non riguardasse la propria innata capacità di risolvere le questioni più controverse e la sua gamma di sentimenti iniziò a limitarsi alla sete di costante competizione con individui o casi che avrebbero  potuto surclassare la sua gelida intelligenza.
Divenne esattamente come lo pseudonimo con cui ormai era universalmente noto: una lettera.
Fredda e senz’altra caratteristica se non la sua stessa grafia che ormai la etichettava e la definiva.
L.
Come recitò improvvisamente lo schermo del monitor tintosi di colpo di un bianco abbacinante.
Il giovane guardò la propria essenza telematica dipingersi davanti ai propri occhi scuri e ancora una volta il suo cuore tacque, indifferente.
-      Chiamata dal quartier generale, L.
Distante e professionale la voce di Watari lo ridestò da quell’abisso di inutili riflessioni.
Era tempo do tornare a vivere.
-      Passamela pure.
 
 
 
 
Me voilà. So bene che sono impelagata in una long fiction e a coloro che mi seguono rassicuro che non ho intenzione di lasciarla incompleta!
Un paio di giorni fa però mi sono accorta che oltre ad essere Halloween, il 31 di queste mese sarebbe stato anche il compleanno del mio adorato L così bè ho tirato fuori  questa one shot molto malinconica.
Non posso dire  però di non essermi impegnata a renderla quanto più triste possibile.
Inizialmente avrei voluto fare una cosuccia allegra, leggera per festeggiare questo mio idolo ma poi alla fine ho mutato completamente rotta.
Ad un certo punto mi sono accorta che desideravo cogliere la reale essenza di L e fornire a i miei possibili lettori una mia visione tutta personale di quello che, secondo me, era Lawliet.
Avrei voluto attendere la mezzanotte di oggi per pubblicarla ma la febbre mi reclama a letto quindi non ce la faccio a rimanere sveglia fino a quell’ora quindi la posto ora sperando che L, dovunque si trovi, mi perdoni.
Detto ciò, grazie per avermi dedicato un po’ del vostro tempo e alla prossima!
  
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