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Autore: MrEvilside    01/11/2012    3 recensioni
[ CONCLUSA ]
Il Mercante di Morte è la nemesi di Iron Man, il figlio di Laufey è la nemesi di Loki.
Tony è appena tornato dall'Afghanistan e indaga su chi venda le armi marcate Stark ai terroristi, Loki ha appena scoperto che la sua vita è stata una menzogna e si è ritrovato tra le mani l'indesiderato trono di Asgard.
È l'amicizia più assurda dei Nove Reami.
[ Cross-over Iron Man/Thor, vaghi riferimenti a Journey Into Mystery nell'ultimo capitolo ]
[ IronFrost ]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I don’t wanna be (your enemy)
 
And I know I’ve got a feel from you it’s bitterness and cold
I’m hearing what you say but now believing what I’m told
-Enemy, Simon Curtis
 
Loki era tornato a trovarlo ogni giorno da allora. Era senza dubbio il più strano rapporto di amicizia che Tony avesse mai sperimentato: il dio si presentava a casa sua, chiacchieravano – o meglio, lui parlava e l’altro ascoltava –, talvolta bevevano qualcosa, poi Loki spariva e non si faceva vedere fino al giorno successivo.
Era strano, ma non spiacevole.
Non si facevano più domande del necessario, ognuno rispettava gli altrui spazi e godevano l’uno dell’acume dell’altro. Tony non doveva abbattere alcun muro, Loki non tentava di aprire brecce nei suoi, eppure al tempo stesso Tony aveva l’impressione che, se avesse avuto bisogno di lui, il dio ci sarebbe stato.
Poi, una sera, non si presentò.
Tony lo aspettò, battendo il perimetro del soggiorno per ammazzare il tempo, ma Loki non si fece vedere, mentre di norma era molto preciso.
Alla fine giunse l’orario d’inizio della cerimonia di beneficenza e Tony decise di lasciar perdere.
Quando tornò, solo e scosso, il dio era seduto sul divano in soggiorno, avvolto dall’oscurità, e fissava il pavimento con aria assente. Si riscosse nel sentirlo arrivare, sollevò la testa e lo fissò, sul punto di parlare, ma qualcosa nella sua espressione lo mise a tacere.
Tony aveva bevuto qualche bicchiere di troppo dopo che Stane l’aveva lasciato sulla scalinata come un idiota. Era l’unico modo per proteggerti. Dopo che aveva quasi baciato Pepper e si era trattenuto, non sapeva bene perché, forse per Loki, ma non riusciva a spiegarsene il motivo – e poi non era proprio il caso di interrogarsi a riguardo, nelle sue condizioni. Doveva esserle apparso come un codardo. Vado a prenderle da bere.
Faticava a mettere a fuoco e, anche una volta accese le luci, Loki rimase una figura dai contorni indistinti. «E-ehilà» mugolò, quasi fosse incerto di come si parlasse. «Cosa… Cosa fai qui a quest’ora? Questo non è… non è mica un albergo… sai?»
Il dio ridusse gli occhi a due fessure, si alzò in piedi e gli si avvicinò di qualche passo. «Quanto hai bevuto, Stark? Non ti reggi in piedi».
«Sì che, uh, mi reggo…»
Cadde, e solo il braccio teso di Loki gli impedì di rovinare ben poco gloriosamente sul pavimento.
«Noto» sbuffò il dio, mentre dalle sue dita strette sull’avambraccio di Tony si propagava un calore tiepido che a poco a poco ripulì la sua mente dalla nebbia dell’alcool, restituendogli le piene facoltà mentali.
Era la prima volta che usava la magia su di lui e anche la prima dopo quella sera in cui gli aveva dato una dimostrazione del teletrasporto; o, meglio, era la prima a cui lui assisteva direttamente. La magia lo metteva a disagio, ne era incuriosito ma al tempo stesso respingeva l’idea che ciò in cui eccelleva non servisse a nulla al cospetto del potere di Loki.
Ritrasse il braccio dal tocco del dio e fece una smorfia, entusiasmato ma anche infastidito da quello che era appena accaduto.
«Se uno si ubriaca di solito è perché vuole rimanere ubriaco» fece notare, sarcastico.
Loki incrociò le braccia al petto e lo fissò con cipiglio severo. «Che cosa ti è successo, Stark? Non ti avevo mai visto in quello stato».
«Stane» sibilò Tony a denti stretti. «Quel bastardo…» Rivoleva l’alcool, non aveva alcuna intenzione di ricordare così bene quella serata, ma sfortunatamente dubitava che il dio gli avrebbe permesso di ubriacarsi di nuovo. «Faceva il doppio gioco alle mie spalle fin dall’inizio. Era lui a vendere le mie armi ai terroristi».
Qualsiasi cosa si aspettasse come reazione, non era quello.
Gli occhi del dio si assottigliarono in due spaccature sottili, le labbra si arricciarono, rughe comparvero sulla fronte, un lucore minaccioso nelle profondità delle iridi verdi. Era più incollerito di quanto Tony l’avesse mai visto, e faceva paura.
Non si vergognava di ammettere che un brivido gelido gli accarezzò la schiena nel vederlo; negare sarebbe stato ridicolo: nessuno sarebbe potuto rimanere stoico al cospetto di una creatura che emanava un tale potere.
«Ehi» tentò di placarlo, preoccupato di ciò che avrebbe potuto fare in quelle condizioni. Non poteva essere solo la sua scoperta ad aver provocato tanta ira e forse il motivo aveva a che fare con il suo ritardo di quella sera. L’unico dubbio era se Loki avrebbe risposto alle sue domande oppure se gli avrebbe piuttosto staccato la testa dal collo. «Cos’è successo? Stasera, dico. Non sei normale… Cioè, per quanto possa essere normale un alieno. Asgardiano, quello che è. Voglio dire, mi sembri piuttosto incazzato, e sei arrivato molto più tardi del solito, perciò mi domandavo se per caso non fosse accaduto qualcosa di grave…»
Se non altro la sua parlantina sortì l’effetto di calmarlo, forse non per le sue proprietà terapeutiche, quanto più per le sue capacità irritanti, da non sottovalutare.
«Stark, ti prego, taci».
Per una volta, Tony tacque. Non gli sembrava il caso di discutere con un alieno magico potenzialmente furioso.
Il dio misurava la stanza a grandi passi, le mani intrecciate dietro la schiena, e l’intera scena faceva tanto cattivo che pianifica i suoi piani per la conquista del mondo, ma Tony non lo disse. Affezionato alla vita, rimase in silenzio.
«Sarò tradito» annunciò Loki, fermandosi un istante, ma le sue dita si muovevano a scatti veloci e febbrili, come se non riuscisse a trovare pace. «Il mio regno, sorto da così poco tempo, corre già il rischio di soccombere a causa delle azioni sconsiderate di quattro folli dissidenti». Scosse il capo e sbuffò a denti stretti: «I Tre Guerrieri e lady Sif. I migliori amici di Thor, in linea teorica anche migliori amici miei. Chiaramente no. È sufficiente che Thor si assenti per pochi giorni per rendere palese quanta fiducia ripongano in me».
Altri problemi che risalivano all’infanzia – che doveva essere stata qualche milione di anni prima, più o meno. Il dio si ostinava a non volergli rivelare la propria età autentica. Secondo il conteggio midgardiano, ho ventotto anni, era stato il massimo che fosse riuscito a estorcergli.
Avevano otto anni di differenza, quindi tecnicamente non era pedofilia, era stato il suo primo, fugace pensiero, subito seguito da Ma che cazzo…?
Non c’era bisogno di porre ulteriori domande per avere un’idea di come si sentisse Loki. Tony non aveva mai avuto molti amici, ma sapeva bene che cosa significasse non avere neppure la fiducia di chi avrebbe dovuto amarti – o, se non altro, di chi diceva di amarti.
Guardandolo, all’improvviso realizzò che, senza Pepper e Rhodey, lui sarebbe diventato come il dio: selvaggio, furioso, con accenni di follia che sconfinavano pericolosamente nella crudeltà. Loki aveva bisogno di essere salvato, prima che oltrepassasse il limite. Aveva bisogno che qualcuno gli tendesse una mano.
Tony aveva l’impressione che sarebbe stato più che mai felice se fosse stato Thor a farlo – lo menzionava così spesso e con tanta amarezza che era fuor di dubbio quanto fossero legati – ma sfortunatamente lui era solo se stesso, perciò il dio si sarebbe dovuto attaccare.
«Non c’è niente che possa fare?» Loki si voltò verso di lui con una tale rapidità serpentina che Tony temette si sarebbe slogato il collo. Ma no, perché lui era Loki il Dio Snodabile. «Per aiutarti. Qualsiasi cosa. Sai, sono piuttosto bravo a costruire cose…»
Era impossibile distinguere se il dio fosse irritato, felice, dubbioso o se considerasse la sua proposta una barzelletta divertente; di conseguenza, Tony non sapeva come reagire dinanzi l’espressione indecifrabile che gli si disegnò in volto e optò per non fare nulla, che gli parve la strada più indicata per non finire fisicamente debilitato.
Dopo una manciata di secondi di immobilità e silenzio, Loki gli si avvicinò con quell’incedere fluido che dava l’impressione che stesse danzando, oppure fluttuando.
In quelle occasioni, Tony provava a immaginarlo in tenuta da battaglia, al fianco del biondo, alto e possente fratellastro, durante una delle innumerevoli guerre che avevano combattuto insieme. Era difficile conciliare Loki seduto sulla spiaggia con Loki potente guerriero; molto più semplice era, invece, farlo con quel Loki irato eppure sempre elegante e silenzioso.
Con gli occhi della mente lo vedeva affrontare il campo di battaglia con la gloriosa magnificenza di un re e si chiedeva come mai chi l’aveva davvero visto combattere non fosse in grado di riconoscere il suo valore.
«No, Tony Stark, non c’è niente che un midgardiano come te possa fare in favore della causa di un sovrano». Loki parlò in un tono definitivo che non ammetteva repliche, la voce calma ma risoluta. Tony era sul punto di ribattere, quando il dio premette un lungo indice affusolato sulle sue labbra. Non aveva mai notato che aveva le unghie tinte di nero. «Tuttavia, sarebbe inappropriato da parte mia non riconoscere la nobiltà della tua offerta. C’è qualcos’altro che puoi fare per me, in cambio del quale sarò io a concederti il mio aiuto, in quanto tuo debitore, qualora ti occorresse».
«Cosa posso fare?» chiese allora Tony, sollevato di potersi rendere utile in qualche modo. L’impotenza gli era intollerabile, anche se fosse stato vero che un mortale dalla vita limitata non poteva paragonarsi a un dio senza tempo.
Loki era stranamente divertito.
Allontanò il dito dalla sua bocca, accostò il volto al suo, socchiuse le palpebre.
Tony era già stato baciato un’incalcolabile quantità di volte, sia donne che da uomini, ma senza dubbio mai da un dio.
Le labbra di Loki non avevano una consistenza diversa da quella umana, ma, nell’abilità con cui le muoveva, la lingua trovava la gemella e i denti strusciavano sulla carne senza mai ferirla davvero, c’era l’eco di un’esperienza infinita, così come nel suo sapore c’erano tracce di un’esoticità che non apparteneva a quel mondo.
«… Wow» ansimò Tony quando il dio si ritrasse da lui. «È, wow, è questo che vuoi che faccia?»
Si sentiva di nuovo ubriaco, ma adesso la sbornia non era quella triste di mezz’ora prima, era una sbornia esaltante che gli dava la sensazione di essere— un eroe, o forse solo uno che aveva cercato di salvare un amico ed era finito con l’essere salvato.
Loki sorrideva, ma non era un sorriso pericoloso; era solo un sorriso venato di malizia suadente. «Trovo che sia molto più alla tua portata e che possa rivelarsi utile per entrambi. Mi sbaglio?»
Dinanzi a quel sorriso – il sorriso di un dio – non aver baciato Pepper non sembrava più un errore; non averlo fatto per Loki assumeva ora tutt’altro significato.
Non sapeva cosa il dio avesse in mente per saldare il debito, ma non aveva davvero importanza. Non adesso. Non mentre Loki lo baciava di nuovo e gli sbottonava la camicia.
La sera dopo, fu Tony a non essere puntuale.
Loki mi ucciderà per questo…
L’ironia: era probabile che sarebbe morto molto prima che il dio avesse il tempo di trovarlo e ammazzarlo con le proprie mani.
Non udiva le parole di Stane, solo il martellare del suo cuore, ogni istante più vicino alle schegge mortali, senza il reattore arc. Vedeva però la sua faccia, la faccia viscida che aveva considerato amica, trasfigurata da una smorfia che doveva essere un ghigno trionfante.
Dovresti farti un lifting o come minimo una rinoplastica…
Era un peccato che non potesse dirlo ad alta voce, così come non poteva consigliargli di andare in palestra, come faceva lui, per ovviare a quella sgradevole rotondità che la camicia bianca non contribuiva affatto a celare. Così come non poteva sputargli addosso quanto gli facesse schifo e con quale piacere l’avrebbe ucciso, se ne avesse avuta l’opportunità.
Pensò che era una sfiga assurda morire davanti a un volto così odiato. Avrebbe di gran lunga preferito avere Pepper come ultima immagine impressa nella retina prima di finire all’Inferno. Oppure Rhodey. O Loki. Sempre che quest’ultimo non avesse voluto ucciderlo, perché allora sarebbe stato un tantino spiacevole.
Sembrava che Stane ne avesse ancora per molto con i suoi deliri, ma Tony aveva sempre meno tempo. La vita fluiva via da lui a ogni battito del cuore che lo portava un passo più vicino a essere trafitto.
Poi Stane si strappò.
Senza alcun preavviso, al centro della sua fronte si aprì un taglio che divenne una voragine e alla fine separò una metà del suo corpo dall’altra con la facilità con cui si strappa un foglio di carta.
Stane morì così, con il sorriso meschino incollato alla faccia, spezzato in due come la smorfia tragicomica di una maschera teatrale. Senza neppure rendersene conto. Vulnerabile, insignificante essere umano.
Il reattore arc rotolò a terra con un tonfo, le due parti del cadavere di Stane si afflosciarono come lenzuola, imbrattando di sangue rosso il pavimento, il divano e i vestiti di Tony. E Loki, in piedi alle spalle di ciò che era stato Obadiah Stane, con le mani ancora sollevate nell’atto di lacerarlo in due.
Il dio lo esaminò, prese nota del pozzo di metallo che si spalancava al centro del suo petto e si chinò a raccogliere il reattore.
Nonostante il sangue gli sporcasse il volto bianco e le mani aggraziate, non appariva turbato, solo infastidito, mentre faceva perno sul sofà con un ginocchio per piegarsi su di lui e incastonare il reattore arc al suo posto.
Tony sussultò quando il magnete entrò in funzione e gli salvò la vita, ma non poteva ancora muoversi. Loki premette un palmo contro la sua tempia e gli infuse una scarica di energia curatrice.
In attesa che facesse effetto, Tony si rese conto che l’abbigliamento del dio era diverso: portava una veste in pelle nera e finimenti d’oro che doveva essere la sua uniforme militare. Era pronto a combattere.
Perché era venuto da lui?
«Come ti senti?» volle sapere Loki quando il viso dell’uomo smise di dare l’impressione che potesse morire nello sforzo di aprire bocca.
«Non sono in forma per le Olimpiadi» biascicò Tony, inspirando profondamente ed esalando l’aria con cautela, per timore di provare dolore. Ma non accadde nulla, nessuna costrizione al petto, nessun accenno di sofferenza. Stava bene, e Loki aveva appena salvato lui e il mondo. «Cosa ci fai qui vestito in quel modo? Cosa sta succedendo?»
La tensione del dio era come un diamante, tagliente e indistruttibile. «Non posso rimanere a lungo. Ero venuto per dirtelo».
«Dirmi cosa?» insistette Tony, raddrizzandosi a sedere e sforzandosi di non abbassare lo sguardo sui resti di Stane.
Dopo avrebbe urlato, vomitato, forse anche pianto, perché, anche se gli era stata salvata la vita, era stato testimone di un orrore troppo grande da sopportare. Dopo.
«Che non potrò farti visita per qualche tempo».
Perché il suo regno stava cadendo a pezzi e Loki doveva essere là a proteggerlo oppure ad affondare con esso. Non era solo un arrivederci; se qualcosa fosse andato storto, sarebbe stato un addio.
Se ne stava andando.
«Mi stai chiedendo di aspettare» tradusse Tony, incredulo. «Come una principessa delle favole. Dio, non ci posso credere».
Il dio corrugò la fronte, chiaramente non a proprio agio con il concetto di favola, ma quella volta non aveva tempo per chiedere spiegazioni o rimproverare il suo infantilismo. Non avevano tempo, anche se il reattore arc aveva ripreso a funzionare.
«Ho pagato il mio debito con te prima di quanto credessi, Tony Stark. Adesso devo andare».
Tony tentò di alzarsi in piedi, ma, sebbene fosse stato curato, era ancora debole. Rischiò di cadere e si arrese a rimanere seduto. «Okay». Rilasciò quella sola parola insieme a un sospiro.
Loki non gli diede il bacio d’addio, conservavano entrambi una certa dignità.
Si limitò a scrutarlo per un lungo secondo di silenzio.
C’era qualcosa di strano, considerò Tony, ma non riusciva ad afferrare cosa fosse. Avrebbe voluto chiederlo, ma il dio svanì, lasciandosi dietro solo il ricordo di occhi verdi dalle profondità d’ombra. Quegli occhi avevano qualcosa di sbagliato, di terribilmente sbagliato.
Loki non tornò mai.
Tony giunse alla conclusione che dovesse essere caduto insieme al proprio regno.
Per un mese si rifiutò di apparire in pubblico; per la verità, anche di apparire fuori dal laboratorio. Dopo centotredici chiamate perse di Pepper, Tony si decise a risponderle. Lei gli chiese se fosse per Stane, lui non rispose.
Sì e no.
Sono in lutto, ammise, poiché la donna insisteva.
Per Stane?, si stupì lei.
Sì e no.
Qualche mese più tardi rischiò ancora la vita, questa volta a causa di Vanko, Hammer e dell’avvelenamento da palladio, ma Loki non lo salvò. Tony non aveva più alcuna ragione per sperare che fosse ancora vivo.
Fino a quel giorno, a quella telefonata, a quel fascicolo che l’agente Coulson gli porse – o meglio, che fu Pepper a porgergli in sua vece.
Fino all’apparizione del viso di Loki sugli schermi olografici.
Phil non lo conosceva bene e attribuì il suo impallidire alla paura, molto umana, anche considerato che Tony non era una spia addestrata all’eventualità di poter morire; Pepper, invece, forse non aveva modo di sapere come conoscesse Loki, ma non mancò di notare con quale stupefazione guardava le fotografie del dio che lo S.H.I.E.L.D. aveva scattato durante il suo attacco.
Loki, con gli occhi di uno sconosciuto azzurro mare colmi di potere e tenebre.
Loki, che aveva attaccato delle persone innocenti.
Loki, che non era mai tornato.
Pepper tentò di affrontare l’argomento, ma Tony la liquidò con una scusa lapidaria. Alla fine lei si arrese, annunciò che sarebbe partita per New York quella sera stessa e lo baciò su una guancia.
Rimasto solo, Tony guardò più volte il video che mostrava come il dio fosse comparso, avesse ucciso alcuni agenti, piegato al proprio volere altri con la magia e fosse scappato con quel congegno sconosciuto, il Tesseract. Come non si fosse affatto curato di informarlo del fatto che era sopravvissuto, dopo che per un anno Tony l’aveva creduto morto.
Allungò una mano e si rigirò tra le dita la copia olografica del Tesseract. Strinse, la guardò dissolversi.
Ho pagato il mio debito con te prima di quanto credessi.
Non erano più legati da nulla, era questo che Loki voleva fargli capire? Che non c’era più alcun regno per cui lottare, alcun legame per cui tornare ogni sera sulla spiaggia di Malibu?
Sì e no.
Mi stai chiedendo di aspettare. Come una principessa delle favole.
Le cose erano cambiate.
 
 
«BFF?» Leah gli lanciò un’occhiata dubbiosa, incerta se fosse un insulto o un complimento. «Che cosa significa?»
«Cercalo su Internet» ridacchiò Loki, divertito e in parte compiaciuto di essere un passo avanti a lei, per una volta.
La ragazza incrociò le braccia sotto il seno ancora acerbo e arricciò la bocca in un broncio indispettito. «E chi sarebbe stato a istruirti su tale concetto? Per quel che ne so, potresti averlo inventato».
A quella domanda il ragazzino si accigliò. Non aveva alcun ricordo di chi fosse stato a insegnargli quel termine, che conosceva da prima di scoprire monumenti alla sapienza quali tumblr o Twitter, ma una sensazione di turbamento gli suggeriva che avrebbe dovuto serbarne memoria.
«Non saprei» ammise dopo un momento di riflessione. Si sentiva anche un po’ triste, chissà perché. «Qualcuno d’importante, credo».
  
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