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Autore: Phoebus    01/11/2012    2 recensioni
1287, nel cuore dell'Italia medievale un amore rischia di sconvolgere alleanze politiche e una famiglia intera. Un amore forte, nato per caso, ma destinato all'eternità.
Al tempo delle dame e dei cavalieri, una giovane ragazza bella e splendente come una vera dama e un'aristocratica non proprio nobile come un cavaliere, incroceranno i loro destini per legarsi nell'anima...
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Passarono i giorni, lenti e interminabili; il paese era pronto.
 
A breve avrebbero affrontato i Borboni che, con prepotenza da sud, avevano più volte minacciato di assalire quel ducato, a causa di dissidi antichi con la famiglia Volkova; la causa era sempre la stessa: il predominio sul territorio, perchè quel ducato aveva una posizione strategica, bramata da molti.
 
A tutto questo si andava a sommare l’atteggiamento dei Duchi, che sapevano benissimo essere ostili e irascibili con il popolo e con i proprio pari.
 
Fatto sta che non erano simpatici a molti, e ora era la gente del borgo a pagarne le conseguenze.
 
Non avevano alleati e se si fossero affidati solo all’esercito ducale, sarebbero sicuramente stati sterminati tutti.
 
Ma ormai erano preparati, ben armati; forse non erano precisi ed eleganti come dei veri soldati, ma dentro quella povera gente divampava la fiamma della sopravvivenza, della voglia del domani.
 
Di un domani più giusto, più equo…dove i loro bambini avrebbero vissuto sereni, questa era la loro forza.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A palazzo si finiva ancora di pranzare, quando Julia e la piccola Ester uscirono dalle scuderie, in groppa al cavallo della maggiore.
 
Ester si sentiva sicura e protetta e, mentre poggiava la schiena al petto della sorella riusciva a ritrovare la spensieratezza della sua età puerile, che troppe volte le veniva imposto di dimenticare, ma Julia sapeva ridarle.
 
Erano dirette da un’amichetta di Ester che abitava vicino alla porta ovest del borgo, dall’altro lato del ducato interno.
 
Julia teneva con apparente tranquillità le redini e, guardandosi intorno, scrutava ogni movimento alle porte, ogni piccolo spostamento; riusciva ad ascoltare anche il vento se si concentrava e quindi gli spostamenti non regolari.
 
Ma tutto, in quel momento, sembrava normale, consueto.
 
“Jul…” – la bambina richiedeva la sua attenzione.
 
“che c’è?” – ma lei continuava a guardare lontano, con la testa concentrata sull’orizzonte e il cuore naufrago e ferito.
 
“perché nostro padre e nostro fratello Victor ce l’hanno con te? Cosa hai combinato? Hai rotto qualcosa? Non li hai ascoltati?” – a volte si meravigliava di quanto Ester fosse affezionata a lei, proprio a lei che era restia dal dimostrare ogni genere d’affetto. Ma che teneva a quella bambina così tanto che avrebbe dato la sua stessa vita per lei.
 
“beh vedi…- continuavano a cavalcare lente -…non sempre si va d’accordo…e poi sai che io sono una testa calda no?” – sorrise alla sorellina che in tutta risposta, le prese allegra la mano.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Per i viandanti che chiedevano asilo da fuori il borgo, cancelli erano ancora aperti e in quel pomeriggio invernale, si respirava la brezza gelida ma rassicurante della montagna.
 
Qualcun altro, oltre i passanti, trascorreva la giornata oltre le mura.
 
Una di questi era Lena, che faceva due passi per il sentiero insieme al suo amico Ferdinand; lui le aveva chiesto di parlare un po’ e così lei accettò senza troppi timori, ormai non aveva niente da perdere e quel caro amico poteva solo aiutarla a stare meglio, almeno così pensava.
 
Camminavano, guardando lontano, oltre quelle terre, dove forse c’era qualcosa di meglio. Dove forse c’era la pace.
 
“come sta tua madre? Non l’ho vista oggi in paese…” – cercava di essere discreto e con lei ci riusciva, non l’opprimeva né era arrogante.
 
“sta bene, ha solo paura…infatti non voleva farmi uscire…poi quando le ho detto che c’eri tu, mi ha quasi spinto fuori casa!” – si diedero ad una clamorosa risata tutti e due!
 
Era un bravo ragazzo e anche di bell’aspetto, con un sorriso pulito e solare; avrebbe potuto risolvere tutti i suoi problemi. Eppure non era lui che voleva.
 
Non era l’amore…
 
 
 
L’amore ti acceca, ti colpisce così forte da toglierti il respiro e mantenerti lo stesso in vita…anzi ti dona un’altra vita, che prima nemmeno credevi fosse possibile.
 
E lui non era certo tutto questo…qualcun’altra le aveva dato queste emozioni, e con i suoi occhi le aveva marchiato a fuoco il cuore.
 
 
 
Chiacchieravano del più e del meno quando un segnale li distolse da quella spensieratezza.
 
“oh no! È il fumo! Vuol dire che ci stanno attaccando! Dobbiamo tornare Lena!”
 
“sì, non c’è un minuto da perdere, andiamo!” – si lanciarono in una corsa sfrenata, fino al ponte levatoio che era stato forzato dall’esercito nemico, già entrato. Si udivano già i clangori delle spade, le urla dei paesani e l’odore del sangue misto alla terra.
 
“Lena?” – la fermò un secondo, sulla porta del paese.
 
“si?” – e si guardarono negli occhi, vicini sempre più.
 
“se non dovessi farcela, ricordati che…che io ti amo da sempre, col cuore…” – e la baciò, veloce. Senza riflettere.
 
Poi corse dentro sguainando la spada.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
La rossa rimase frastornata…stava pensando che quelle parole le avrebbe volute sentire uscire da altre labbra, ma non c’era tempo ora. Doveva trovare sua madre e gli altri.
 
Il segnale era stato dato e in paese era già in putiferio; soldati ovunque, sangue che scorreva, uomini che morivano, altri che urlavano conficcando le proprie lance nei corpi dei nemici.
 
Riuscì a scampare miracolosamente ad un colpo di spada e, in lontananza intravide la madre; così corse più forte che poteva per raggiungerla.
 
Più forte del vento, più forte della paura che le serrava le gambe.
 
Lena: “mamma! Per fortuna che ti ho trovata! Forza vieni dobbiamo andare a ripararci nell’accampamento vicino al ponte, andiamo! Lì saremo al sicuro…” – prese la madre per la mano, guidandola.
 
Passarono accanto alle mura, per evitare di incontrare brutte sorprese, ma a poco valse.
 
Teresa non riusciva a tenere il passo della figlia e un soldato borbonico le fermò, ostacolando loro il passaggio.
 
Soldato: “ah! Vediamo un po’! Due belle donne…per di più tutte sole! Io so cosa ci vuole per due come voi!” – si toccava avidamente nelle parti basse.
 
Lena: “lasciateci passare!” – ma a nulla servì l’ammonimento della giovane. L’uomo l’afferrò per i fianchi e la trascinò a lui, per spogliarla.
 
Soldato: “vedrai come ti piacerà! Forza, non fare la timida…lo so che muori dalla voglia di prenderlo!” – con un colpo possente, strappò la maglia di Lena, riducendola a brandelli.
 
Teresa: “figlia mia no…aiuto! Aiuto! Qualcuno ci aiuti…” – Teresa piangeva disperata, senza poter far nulla.
 
 
 
Ma fu questione di un secondo, uno solo ed un dardo infuocato prese vita…lanciato sicuro e temerario…attraversò il vento, squarciandolo, e si conficcò nella schiena dell’ignobile soldato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
L’uomo cadde a terra dilaniato dalle fiamme e dalla precisione della freccia: nella parte sinistra della schiena, all’altezza del cuore.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Non aveva avuto scampo quell’uomo. E ora il suo corpo giaceva a terra senza respiro, senza espressione.
 
Lena fece appena in tempo a coprirsi con i pochi resti della sua maglia e, alzando gli occhi, intravide un cavaliere a cavallo ancora in posizione di mira. Era stato lui a colpire quel soldato nemico. Era stata lei
 
Gli occhi blu, dietro l’arco, osservavano con rabbia e disprezzo quel cadavere di un uomo infame.
 
 
 
 
 
 
 
Poi le due ragazze si guardarono, ma prima che la rossa potesse dire anche una sola parola di ringraziamento, l’altra dovette rimirare e colpire l’ennesimo nemico che le si apprestata contro. Puntava con freddezza e senza bisogno di troppo tempo.
 
E come un falco che avvista la sua preda e la ferisce a morte, così Julia combatteva…con la forza della concentrazione e gli occhi di un rapace.
 
Poi, colpendo con i talloni i fianchi del suo destriero, se ne andò al galoppo, allontanandosi da Lena, doveva aiutare i suoi nella battaglia, tenendo sotto controllo gli accessi alle mura.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Era stato un attimo…tutto un attimo, ma a Lena parve una vita intera.
 
Quella ragazza le aveva salvato la vita…
 
Non riusciva a capacitarsene, era come imbambolata…
 
Quella ragazza le aveva salvato la vita e rubato il cuore…
 
 
 
“forza figliola andiamo! Non c’è un minuto da perdere!” – la madre la riportò alla realtà e finalmente riuscirono a mettersi in salvo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nella piazza antistante il palazzo, la situazione era sempre peggio.
 
Cadaveri e uomini stanchi si ripetevano ad ogni angolo; ma la battaglia non era ancora conclusa.
 
Eppure due carrozze riuscirono a fuggire, a muoversi indiscrete nella marmaglia: dal finestrino della prima, il Duca Erman osservava la sua disfatta, la sconfitta del suo nome e del suo casato per sempre.
 
I Volkova non avevano più niente, perché loro stessi stavano abbandonato il paese in difficoltà, come vigliacchi spaventati. Ora si rendeva conto di aver sbagliato, di esserci macchiato della colpa più grande. Tradimento. E capì che forse la sua coscienza non gliel’avrebbe mai perdonato.
 
Poi quando, inaspettatamente, intravide la sua primogenita combattere al fianco dei contadini, di quella che era la sua gente,  ne ebbe la certezza.
 
Julia stava lottando per ideali supremi, lui stava abbandonando il suo popolo.
 
Il Duca e Victor erano nella prima carrozza, la moglie e due dame di compagnia nella seconda; incuranti di tutto, uscirono da una stradina secondaria e, al trotto, i cavalli si addentrarono nel sentiero che dal bosco portava nelle terre degli Antici, gli unici alleati del Volkova, con cui presto avrebbero stretto sodalizio organizzando un matrimonio tra gli eredi.   
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel paese, intanto, il combattimento continuava infrenabile. Disperazione e morte per le strade.
 
Ma si dice che chi lotti per libertà o sopravvivenza abbia una marcia in più e così fu.
 
Al calare della notte, l’esercito borbonico era stato costretto alla resa.
 
Stremato e con appena una decina di uomini dovettero tornarsene indietro, ripercorrendo stanchi quel sentiero che ore prima avevano battuto orgogliosi e sicuri.
 
Spoleto aveva ancora la sua libertà.
 
 
 
Questo era l’importante, questo si doveva festeggiare; erano morti molti uomini sì, contadini, artigiani, fabbri, gente povera. Ma loro avevano donato con la loro vita, l’indipendenza a quel piccolo borgo; ora tutto si sarebbe sistemato. Ora tutto sarebbe andato per il meglio.
 
Così pensarono tutti. Così doveva essere.
 
 
 
 
 
“Julia!!! Julia!!! – una voce richiamava la gendarme illesa scesa da cavallo, era Giacomo che vedendola sana e salva, si precipitò da lei -…come stai? Non ti ho visto prima e temevo ti avessero catturata! Che Dio ti benedica…se abbiamo ancora il nostro villaggio è grazie a te!”
 
La ragazza sorrise serena e con una pacca sulla spalla dell’amico, lo rassicurò.
 
“io non ho fatto nulla. Il merito è tutto di questi uomini…hanno dimostrato un coraggio che io non avrei mai creduto possibile…- poi si risistemò l’arco dietro la schiena e la sua espressione si fece più seria-…Giacomo ma…hai visto mia sorella Ester? Era con me allo scoppio della guerriglia, poi l’ho mandata all’accampamento vicino il ponte ma non c’è…sto iniziando a preoccuparmi.”
 
“la troveremo vedrai, sta tranquilla…deve essere andata con le altre donne in un punto più sicuro, non preoccuparti.”
 
E camminarono svelti verso quel secondo posto di rifugio; Ester doveva essere lì, per forza, perché allo scoppio del combattimento lei era con Julia e quindi non poté fuggire con i suoi genitori. E questi ultimi non se ne curarono nemmeno molto, l’importante era Victor. Solo lui.
 
Lui doveva essere salvato, gli altri poco importava che fine facessero.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Poi, dopo un centinaio di metri la vide…e il cuore le si riempì di gioia e vento.
 
“Ester!! – urlò vedendola avanti a sé, mentre le correva incontro -…Ester!”
 
“Julia!!!” – quei pochi metri sembravano infiniti, ma finalmente si raggiunsero e la piccolina si buttò tra le braccia della sorella, che cadde in ginocchio per l’emozione e subito la strinse forte…forte…era la prima volta che il Comandante piangeva…era la prima volta che si mostrava così…
 
Piangeva perché aveva avuto paura…paura di non rivedere più quella dolce bambina, a cui teneva da morire…ed era tutta la sua famiglia.
 
Tutte le signore e i bambini del rifugio erano lì, ad osservare commossi quella scena e anche alcuni soldati stremati si avvicinavano lenti. Chi l’avrebbe mai detto? Il crudele Comandante versare lacrime, dopo aver combattuto al fianco del suo popolo…chi poteva immaginarlo…
 
Se fosse stato un racconto, nessuno ci avrebbe mai creduto…eppure ora era lì, ed era una di loro, come loro.
 
Anche Lena la vide; aveva riconosciuto Ester appena giunse nel ritrovo, allo scoppiò della guerriglia, ed era stata proprio la rossa a badare a lei. Le faceva tenerezza quella esile e vivace bimba, con i capelli castani mossi fino alle spalle e un sorriso furbetto e dolce. E poi chiunque avrebbe notato la somiglianza con il Comandante, somiglianza che prima di tutto c’era nel cuore.
 
 
 
Julia alzò piano gli occhi verso quella gente, mentre ancora stringeva la sorella.
 
Era nuda davanti a loro, non aveva protezioni, né titoli. Tutto quello che aveva era l’affetto per la piccola sorella e il suo arco dietro la schiena.
 
Poi incrociò lo sguardo felice di Lena…
 
 
 
Erano lì, ancora una volta insieme, nonostante tutto quello che era successo. Vive e legate dentro…lo sentirono entrambe.
 
Si guardarono. La mora in ginocchio e la rossa in piedi a pochi metri…e non poterono che sorridersi…
 
 
 
  
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