Storie originali > Horror
Ricorda la storia  |      
Autore: Kwaku Ananse    02/11/2012    4 recensioni
Una cosina su Halloween che per vari motivi non sono riuscito a postare in tempo. La metto ora sperando che non sia troppo fuori luogo XD
La storia, molto semplice, parla di un bambino un po' grandicello che ancora dorme a letto con i genitori... finché in una notte particolare...
"Un rumore improvviso, il crollo rovinoso di qualcosa di pesante e metallico all'esterno della casa, svegliò il bambino all'improvviso, lasciandolo ritto sul letto con un vago fiatone.
Si guardò attorno, mentre pian piano si tranquillizzava, la stanza era in ordine e nulla sembrava essere stato toccato, mentre i genitori dormivano profondamente, dandogli entrambi la schiena.
Sorrise nel buio. Tutto normale."
Genere: Commedia, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 

A letto con i genitori:

 
<< Tommy, non sei diventato un po' grande per dormire nel letto assieme a mamma e papà? >> Saranno state cento, mille, diecimila le volte in cui Tommaso aveva sentito ripetere dai genitori quelle stesse identiche parole, ma lui non ci badava, e, anzi, teneva sempre una risposta pronta per l'evenienza << Lo so mamma, ma in cameretta ci sono dei rumori strani... >>, << É vero, ma alla TV dicevano che per strada ci sono tanti ladri e io ho paura... >>, << Ve lo giuro! L'armadio si è aperto da solo e ho visto due occhi rossi, cattivissimi, fissarmi. Era l'uomo nero che voleva mangiarmi!... >> risposte che si concludevano sempre con la stessa frase << Posso dormire con voi, allora? Sarà l'ultima volta, promesso! >>.

Di promessa in promessa arrivò, quindi, all'età di dieci anni, senza che ci fosse una sola notte in cui, con qualche pretesto, non si fosse accoccolato comodamente nel lettone matrimoniale.

Il fatto era che Tommy non credeva veramente che ci fosse l'uomo nero nell'armadio, o un extra-terrestre potesse rapirlo o un licantropo sbranarlo crudelmente dopo essere entrato dalla finestra. Aveva dieci anni, in fondo, non era un poppante, ma in realtà, sotto sotto, non ci aveva creduto neanche quando era più piccolo. Erano pretesti, piccole bugie, finte ingenuità che non potevano non venirgli comodo.

Ovviamente sapeva quanto i suoi disapprovassero che, già grandicello, dormisse ancora con loro, e che fossero un po' preoccupati sul suo futuro sviluppo. Vedevano in lui un bambino che non voleva crescere, mentre in realtà aveva già fatto le sue considerazioni.

Era figlio unico, innanzitutto, e per quanto, a volte, incuriosito, si fosse chiesto come sarebbe stato avere una sorellina, l'eventualità lo riempiva di un timore sordo e misterioso e, in definitiva, era contento che la possibilità non si fosse mai presentata. Poi, come ogni bambino di dieci anni stabilmente inserito nella civiltà occidentale contemporanea, andava a scuola, quinta elementare per la precisione, e andava bene, molto bene in tutte le materie, dalla matematica alla ginnastica e le maestre non mancavano di complimentarsi davanti ai compiaciuti genitori. Non era, però, un secchione, una di quelle figure sfortunate di bambino goffo e impacciato con altri esseri viventi che trova la propria realizzazione e conforto tra le fruscianti pagine stampate. No. Anzi,era un bambino vispo e vivace che andava d'accordo con tutti i suoi compagni di scuola, sempre in prima fila nel proporre qualche gioco o escogitare qualche marachella.

Tommy era, dunque, un bambino normale, anzi in condizioni molto migliori rispetto a parecchi suoi coetanei. Solo con questo piccolo problema, trascurabile in confronto a tanti pregi, un'inezia.

Tommaso stava bene a dormire con i suoi genitori. Si sentiva protetto, al sicuro da ogni pericolo. Nel letto poteva tornare ad essere piccolo, vulnerabile, ma, proprio per questo, ben difeso. Poteva dimenticare i compiti, le maestre, il tennis, e tutte le piccole responsabilità che iniziavano ad accumularsi nella sua vita di bambino prossimo ormai alla turbolenta età adolescenziale, per sprofondare nella remota infanzia, nel calore dell'abbraccio materno,quando tutto ciò che gli era richiesto di fare era mangiare, dormire ed essere estremamente carino.

 

Una notte di autunno, inoltrato, non molto diversa dalle altre notti dell'anno se si escludevano le pesanti coperte, e la fredda e ventosa atmosfera all'esterno, Tommaso aprì gli occhi, scrutò per un attimo la sveglia di Topolino segnare le "23: 18" in numeri rossi debolmente luminosi e si alzò. Rabbrividì per un attimo quando i piedi nudi toccarono le piastrelle fredde del pavimento.

Era perfettamente sveglio. Per dirla tutta, non si era nemmeno addormentato, ormai si era abituato ad andare a letto quando mamma e papà glielo dicevano, per poi andare in camera loro quando ogni rumore in casa era cessato e dopo che era passato abbastanza tempo da fugare ogni sospetto.

Zampettò rapido fino alla camera da letto dei genitori, sporgendo la testa oltre la soglia prima di entrare; dormivano. Saltò sul letto con una breve corsetta mentre la solita scena si ripeteva per l'ennesima volta. Tommaso improvvisò sul momento un discorsetto su un incubo, autentico evergreen, e si accomodò nel mezzo del letto matrimoniale; pochi secondi dopo era profondamente addormentato.

 

Un rumore improvviso, il crollo rovinoso di qualcosa di pesante e metallico all'esterno della casa, svegliò il bambino all'improvviso, lasciandolo ritto sul letto con un vago fiatone.

Si guardò attorno, mentre pian piano si tranquillizzava, la stanza era in ordine e nulla sembrava essere stato toccato, mentre i genitori dormivano profondamente, dandogli entrambi la schiena.

Sorrise nel buio. Tutto normale.

Preso da un istintivo moto d'affetto si strinse forte alla vita della madre addormentata. E capì subito che c'era qualcosa che non andava. Nella consistenza, non soda ed elastica di un corpo normale, ma flaccida e cedevole. Sentì freddo. Un freddo che non proveniva dall'esterno. Proveniva dal corpo di sua madre. Sentì la maglia del pigiama impregnarsi di una sostanza indefinita mentre le sue narici venivano invase dal fetore di marcio, di cose striscianti nell'ombra, di terra. Gridando e piangendo si scostò e a quel punto il corpo si voltò nella sua direzione. E vide il volto, o meglio ciò che ne era rimasto: un teschio macilento, dalle orbite vuote e cieche, coperto da un velo di pelle incartapecorita, cascante in più punti, e pochi, radi, capelli, sporchi di fango e muffa. Solo i denti, candidi, lucidi, straordinariamente affilati, sembravano essere in buone condizioni.

Tommy arretrò ancora, sul letto, urlando e piangendo senza ritegno, ma la sua ritirata venne immediatamente interrotta dalla stretta folgorante di due mani sulle spalle, due mani scarnificate, in cui le ossa esposte delle dita, scavavano profondi solchi nella sua pelle morbida. Il puzzo ormai era così forte che il bambino dovette reprimere un conato, il freddo così pungente da dare i brividi. Contro ogni suo desiderio, sollevò il capo, per vedere colui che ora lo teneva prigioniero. Suo padre. Una scena identica alla precedente si presentò ai suoi occhi: un mostro putrescente, uno scheletro cui erano rimasti appesi brandelli di carne morta. File scintillanti di zanne scattarono in avanti per chiudersi sulla sua gola esposta. Chiuse gli occhi.

 

<< Tommaso, Tommy, ehi! Svegliati! >> Una voce lo riportò indietro. Una voce familiare, dolce, pressante, lievemente preoccupata. La voce di sua madre.

<< Mamma? >> pigolò piano e il ricordo del sogno lo travolse come un macigno. Ma tutto era diverso ora; l'odore era quello noto della casa in cui era cresciuto, ed era avvolto dal calore delle coperte e da un forte abbraccio. Con circospezione aprì gli occhi. Immediatamente si trovò di fronte allo sguardo dolce e gentile della madre, che, sorridendo lo fissava, sullo sfondo, la sua camera da letto, intatta esattamente come se la ricordava, con l'orologio di Topolino che segnava le "23:18" ancora più in là, appoggiato allo stipite della porta stava suo padre, vivo e ben in polpa, con le mani incrociate sul petto. La sua attenzione fu poi calamitata dal calendario alla parete e da un giorno in particolare, cerchiato ripetutamente in arancione " 31 Ottobre. "

"Ma certo!" pensò il bambino, senza in realtà averci capito molto.

La mamma, intanto, riprendeva a parlare << Hai fatto un brutto sogno tesoro mio, davvero brutto, visto quanto gridavi! Ci hai svegliati e ci siamo anche presi un bello spavento >> lo accarezzò piano sulla guancia con la mano tiepida << Vuoi venire un po' a dormire con noi, per scacciare i brutti pensieri? >> La mamma che lo incoraggiava a dormire nel lettone matrimoniale? Un invito allettante, e per un attimo il bambino si sentì tentato, ma poi le immagini della notte tornarono a stuzzicargli la mente e in qualche modo capì che avrebbe fatto la cosa sbagliata ad accettare l'invito. Disse, allora << No mamma davvero ora mi è passato. Tranquilla stanotte posso dormire da solo >> Una sorpresa autentica e genuina si dipinse nel volto della donna, che però sorrise << Come vuoi piccolo, se cambi idea siamo di là. Buonaotte >> << Buonanotte, mamma >> ripetè lui mentre i genitori si defilavano chiudendo la porta. Si rimboccò le coperte, cercando una posizione comoda e mentre le palpebre si appesantivano, presagendo il sonno imminente, disse, a nessuno in particolare, ma semplicemente perchè sentiva di doverlo dire << Felice Halloween >>. 

  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Kwaku Ananse