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Autore: Lady Po    03/11/2012    1 recensioni
Cloe è una ragazza brillante e creativa, schiacciata dal peso di un cognome importante e contrastata dalla passione per il giovane professsor Bexter. Fin quando a lungo è possibile soffocare i sentimenti? fin quando è possibile nascondere una relazione? Infine, riuscirà l'amore a battere gli schemi sociali? Buona lettura!
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Capitoli:
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                                                                              Step by step

Il telefono squilla imperterrito e quasi lo scaravento a terra per la foga di rispondere e farlo smettere. Sono le sette e mezzo del mattino e fino a poco fa dormivo beatamente. Chi potrà mai essere a quest'ora?
La voce squillante di mia madre mi arriva chiara e limpida all'orecchio. -Ah bene!- penso tra me e me -ci risiamo, cosa vorrà questa volta?-
"Cloe, tesoro non sei ancora sveglia? Oggi è il tuo primo giorno di college, non vorrai arrivare in ritardo alla prima lezione?" mi bacchetta.
Quando si mette in testa di organizzarmi la vita non la sopporto.
"No mamma, stai tranquilla stavo giusto alzandomi" rispondo acida.
"Ho detto a Camille di raggiungerti, devi essere impeccabile. Sei una Downey, ricordalo sempre". E invece io non voglio ricordarlo, perché è un etichetta che non sopporto.
Ah giusto, non lo sapete. Faccio parte di una delle più importanti famiglie del New Jersey, i Downey per l'appunto. Da generazioni la mia famiglia possiede più del 50% delle banche ad Hamilton e ad altre, nelle città limitrofe. Sono cresciuta ad Hamilton, nel palazzo di famiglia, nel lusso più assoluto. I miei sono separati ormai da anni.
Mio padre non era mai a casa per affari e mia madre ne risentiva.
Un bel giorno ci ha lasciati ed è volata a New York per seguire la sua nuova fiamma, un imprenditore italo-americano. Non gliene ho fatto mai una colpa, non c'è niente di peggio che essere invisibili agli occhi di chi ami. E poi è stata sempre presente nella mia vita, sebbene a volte avrei preferito prenderle da sola, certe decisioni.
Ho sempre avuto una governante, Camille. E' lei che mi ha cresciuta, che mi ha insegnato le buone maniere e che ha coperto le mie prime bricconate.
Nella mia famiglia non ci si può permettere di sbagliare, l'occhio sociale ne risentirebbe quindi spesso ho dovuto ricorrere a sotterfugi e bugie per provare ad avere una vita normale. Non amo essere una privilegiata e proprio per questa ragione mi sono opposta alla decisione di iscrivermi ad un college prestigioso come Princeton.
In un primo momento ho lottato con tutte le mie forze, battendo in ritirata subito dopo, quando mio padre ha iniziato ad elencare tutti gli antenati che sono andati a Princeton, portando il nome della famiglia Downey sempre più in alto.
Impossibile dissuaderlo. Ho provato a trovare un compromesso chiedendo perlomeno di poter dormire nei campus adiacenti alla facoltà, per avere uno stralcio di normalità, ma chiaramente non ha accettato, asserendo che non è consono ad una "signorina dell'alta società" dormire in quei dormitori.
Chi se ne infischia dell'alta società avrei voluto dirgli,    mentre incaricava uno dei suoi collaboratori più fidati a trovare un appartamento degno del mio nome, nelle vicinanze della facoltà.
L'appartamento in questione, è un lussuoso penta vani nei pressi di Princeton, dotato di tutti i comfort immaginabili ma dannatamente grande per me.
Il letto a baldacchino della mia stanza è enorme e comodissimo, ho fatto fatica ad alzarmi perfino dopo la chiamata di mia madre.
Vado in cucina, voglio preparare la colazione. Un piacere che poche volte ho provato, perchè c'è sempre stato qualcuno a prepararla per me.
Apro la dispensa e rimango sbalordita della quantità di cibo presente. Scelgo un pacchetto di cereali a caso, ce ne sono di tutti i gusti. Preparo il latte e nel frattempo metto una cialda nella macchinetta del caffè, viene direttamente dall'Italia; non bada a spese mio padre.
Quando ho finito di fare colazione, mi dirigo in bagno ma vengo distratta dal suono del videocitofono, sullo schermo appare Camille. Le apro.
"Piccola cara, sono venuta ad aiutarti con i preparativi, hai fatto colazione?" esordisce.
"Stavo giusto per farla, Camille" le dico velocemente, schioccandole un bacio sonoro.
Non faccio in tempo nemmeno ad uscire dal mio sontuoso bagno che la vedo armeggiare in cucina e a giudicare dall'odore invitante sta preparando i pancakes.
Dovevo immaginare che non sarebbe mai rimasta con le mani in mano così mi rassegno e la raggiungo. "Ho preparato i pancakes, so che sono i tuoi preferiti ed oggi ne hai proprio bisogno, guarda come sei pallida..stai bene?" mi dice in tono premuroso. A stento trattengo una risata "Camille, sono sempre stata pallida e per la cronaca sto bene, oggi siete tutti in fibrillazione, mia madre mi ha già chiamata e mio padre lo farà presto ne sono sicura" concludo, inghiottendo l'ultimo delizioso morso di pancake.
Lei, mi stringe la mano con aria rassicurante e mi dice "andrà tutto bene vedrai!" , ricambio il suo sorriso e corro a vestirmi.
Scelgo una blusa nera, una paio di jeans/leggins e i miei adorati stivaletti neri in pelle.
Do un' occhiata allo parete dove vi è incastonato uno specchio enorme ad altezza naturale.
I capelli castano scuro ricadono sulle spalle perfettamente in ordine, lisci come la seta (qualcosa di positivo ereditato da mia madre), la blusa si abbina perfettamente ai jeans che ho scelto e gli stivaletti..oh quelli li adoro; li ho presi in un mercatino dell'usato a Londra durante una vacanza studio, qualche anno fa.
Adoro lo stile vintage ma non sempre posso vestirmi come mi pare, a causa del mio status sociale. Oggi faccio un'eccezione alla regola e indosso ciò che mi va, tanto nessuno della mia famiglia ne verrà a conoscenza.
Ho deciso di non dire a nessuno della mia famiglia facoltosa, per tutti sarò semplicemente Cloe, appassionata di musica e fotografia. Cloe che ama leggere ogni genere di libro e che ama lo stile vintage.
Mentre fantastico sul mio primo giorno di college, Camille mi raggiunge in camera. Ha già preparato la borsa a tracolla con dentro gli orari delle mie lezioni odierne, l'i-pad (mio padre dice che al giorno d'oggi la tecnologia è importante) e qualche snack. L'abbraccio istintivamente, questa donna è come una madre per me.
"Oh cara cosi mi fai emozionare, lascia che ti sistemi il trucco, i tuoi occhioni verdi sono poco in risalto" e in un batter d'occhio mi passa tra le ciglia un filo di mascara. Ci siamo, è ora di andare. Non credevo potessi essere così tesa, dentro l'ascensore sono assorta dai miei pensieri tanto che quasi non rivolgo parola alla povera Camille.
E' proprio lei che rompe il silenzio, annunciandomi che l'autista mi sta aspettando sotto.
"Non ho intenzione di arrivare accompagnata da un'autista" le dico sbuffando. Lei fa una smorfia e mi imita scherzosamente. "E va bene signorina, diremo all'autista di fermarsi all'angolo, così nessuno ti noterà" mi dice, amorevole.
Faccio un bel respiro di sollievo ed entro nella Bmw nera.
L'autista mi saluta cortesemente e partiamo, immergendoci nel traffico.
Arrivati all'angolo prima della facoltà, scendo speranzosa. Camille mi abbraccia e quasi si commuove poi entra in macchina e la vedo sparire per le vie della città.
Princeton è maestosa, ha un'aria decisamente solenne. Varcato l'ingresso, mi ritrovo dinnanzi allo stand del comitato di accoglienza, dove alcuni ragazzi distribuiscono dépliant ed altri danno informazioni sui corsi. Mi fermo a parlare con uno di loro, un certo Robert, da quello che vedo scritto sul cartellino che ha appeso al collo.
"Ciao, io sono Robert, benvenuta a Princeton! Tu sei?" chiede senza esitazioni. Panico. E se dovesse riconoscere il mio cognome? Magari non farebbe caso, dato che a Princeton la maggior parte degli iscritti provengono da famiglie ricchissime.
Non voglio correre rischi così decido di rivelargli solo il mio nome. "Mi chiamo Cloe" dico esitante.
"Bene Cloe, ho bisogno che tu compili questa scheda con i tuoi dati e con le attività extracurriculari che hai scelto, poi consegnala in una busta chiusa in segreteria. Ciao e buona lezione, la mappa delle aule è all'ingresso". Perfetto, non devo far altro che compilare quei stupidi fogli e consegnarli, ho abbastanza tempo, la prima lezione comincia tra mezzora. Trovo un angolino appartato sotto un albero e mi siedo a terra appoggiando la schiena alla corteccia. Prendo in mano i fogli ma una brezza di vento me ne fa volare uno.
-Che fortuna!- penso amareggiata, dove sarà finito?
Alzo la testa con aria interrogativa e lo vedo. Maledetto foglio si è cacciato proprio accanto ad un tizio che è intento a leggerle un libro come se lo stesse divorando con gli occhi. Perfetto, mi toccherà disturbarlo.
Mi avvicino lentamente e dico a bassa voce "scusami", ma il tizio non sembra aver sentito. Peggio per lui, vuol dire che dovrò parlare ad alta voce correndo il rischio di fargli prendere un colpo.
"Ehm.." mi schiarisco la voce. "Scusami, il mio foglio ha preso il volo ed è finito proprio accanto a te" concludo. Il tizio si gira e resto senza fiato.
Non potevo certo immaginare che fosse così..bello. Di una bellezza sofisticata. Una folta chioma castana fa da cornice ad un viso dalla pelle chiara, come gli occhi del resto. Di un azzurro cristallino. Dopo averlo contemplato per bene, mi accorgo che tiene il foglio in mano. Chissà da quanto tempo. Che figuraccia. "Grazie" dico imbarazzata.
Non riesco a staccare gli occhi dai suoi. Sono come calamite. "Prego" dice, abbozzando un sorriso. Un attimo dopo, riprende la lettura del libro mentre io ritorno al mio posto.
Mentre compilo i fogli, mi sorprendo a guardarlo, non riesco a smettere. Lui forse accorgendosi che lo sto fissando da un po, alza lo sguardo e mi sento avvampare. Abbasso subito gli occhi e scrivo come una forsennata. Quando rialzo timidamente lo sguardo, lui non c'è più e io sono tremendamente in ritardo per la prima lezione.
Consegnerò i moduli durante la pausa, non ho più tempo. Al mio arrivo, trovo l'aula gremita di gente, ma noto subito un posto vacante in prima fila. Per fortuna, il professore è in ritardo.
All'improvviso il ronzio delle voci si affievolisce e dalla porta fa il suo ingresso..il ragazzo dell'albero? Che ci fa qui? Mi sento agitata e una consapevolezza sempre maggiore si fa strada dentro di me.
E' lui il professor Adam Bexter.
Con passo lento, sfila davanti a noi e sistema le sue cose sulla cattedra. Prende il microfono e inizia a parlare. "Benvenuti al corso di letteratura, sono il professor Adam Bexter, colui che vi condurrà in un viaggio intenso tra i meandri della scrittura. Non ci occuperemo solo dei grandi classici, ci addentreremo anche nelle selve sconosciute di nuovi scrittori e a fine corso consegnerete un romanzo scritto interamente da voi"  conclude. Sta per riprendere parola quando si accorge della mia presenza e resta a guardarmi per qualche secondo, poi inizia a spiegare senza sosta.
Non incrocio mai il suo sguardo, sembra così preso da quello che spiega, per un attimo mi estraneo dalla spiegazione.
Penso che finora non è andata così male, sto muovendo i miei primi passi nel mondo dell’università da sola, in una nuova città con una nuova vita in cui posso finalmente essere me stessa.
“Signorina Downey, la lezione non è di suo gradimento?” la sua voce suadente ma ferma mi riporta alla realtà. La prima cosa che mi viene da pensare è..come fa a sapere il mio cognome?
 
 
 SPAZIO AUTRICE
Salve a tutti i lettori!! Questa è la seconda storia che pubblico spero sia di vostro gradimento.. Volevo precisare alcune cose, il titolo è uguale a quello di un film che in molti conoscerete ma la storia non è ispirata al film. Tutti i fatti e i personaggi sono di mia invenzione, tranne i luoghi che realmente esistono ma non entro in particolari descrizioni.
Fatemi capire se vi piace o dove ho sbagliato, recensendo!. Mi fa piacere avere un dialogo costruttivo con chi legge! vi lascio un'immagine dei personaggi creata da me, su come li immagino..
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