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Autore: NonViDiroIlMioNome    03/11/2012    2 recensioni
Il grande giorno era finalmente arrivato: il giorno della mostra d’arte scolastica. Erano mesi che aspettava questo grande evento!
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Non che volesse partecipare, intendiamoci: ancora non le era chiaro come avesse fatto ad arrivare alla sufficienza in disegno visto il modo sbilenco con il quale veniva fuori qualunque cosa cercasse di rappresentare. Né tanto meno desiderava semplicemente una pausa dalle lezioni, nonostante la cosa non le fosse sicuramente sgradita. Il motivo per cui aspettava da tanto quel giorno era "lui".
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Sorriso


Il grande giorno era finalmente arrivato: il giorno della mostra d’arte scolastica. Erano mesi che aspettava questo grande evento!

 Da settimane i rappresentanti d’istituto non facevano che andare in giro per le classi chiedendo se ci fosse ancora qualcuno che non si fosse iscritto ma ne aveva l’intenzione e correre per la scuola ad organizzare questo e quello. Quando, una settimana prima, il bidello aveva portato la circolare con le disposizioni per la particolare assemblea di quel mese, aveva visto per la prima volta realmente concretizzarsi davanti a lei quell’evento. Non che volesse partecipare, intendiamoci: ancora non le era chiaro come avesse fatto ad arrivare alla sufficienza in disegno visto il modo sbilenco con il quale veniva fuori qualunque cosa cercasse di rappresentare. Né tanto meno desiderava semplicemente una pausa dalle lezioni, nonostante la cosa non le fosse sicuramente sgradita. Il motivo per cui aspettava da tanto quel giorno era lui.

Si era trasferito nella sua classe all’inizio di quell’anno e, visto che l’unico posto libero era quello accanto al suo, erano diventati compagni di banco. Era un ragazzo un po’ strano, di quelli che la gente, dopo una sola occhiata, avrebbe definito introverso, asociale e freddo addirittura. Ma lei, nonostante questo, aveva comunque provato a parlargli. In fondo avrebbero passato un anno intero (il più importante essendo l’ultimo del liceo) l’uno accanto all’altra, no? E poi erano due anni che stava in banco sola e le mancava avere qualcuno affianco con cui chiacchierare. Non che non fosse ben voluta nella sua classe ma, a volte, si sentiva quasi estranea, tagliata fuori da tutti quei piccoli gruppetti che si erano andati a formare. Non capiva come fosse successo ma, col tempo, si era resa conto che c’era chi aveva legato particolarmente fino a scambiare confidenze anche abbastanza personali mentre a lei non era successo con nessuno. Spesso si chiedeva come mai fosse capitato: in fondo lei aveva cercato di legare con tutti, ma il problema forse stava proprio in questo. Il detto “amico di tutti, amico di nessuno” doveva pur avere un qualche fondamento, no? Così, quando si era ritrovata con qualcuno affianco, anche se lei non era poi molto brava a rapportarsi con i ragazzi, ne era rimasta davvero felice. Pian piano era riuscita a conoscerlo meglio ed aveva capito che, nonostante potesse sembrare schivo e freddo, era in realtà un ragazzo molto socievole con il quale era bello parlare; un ragazzo che aveva la passione per la pittura. Alla fine della prima lezione di disegno era infatti rimasta sbalordita: il suo disegno, a confronto con quello di lui, sembrava realizzato da un bambino di cinque anni! In effetti era sempre così, ma questa volta non era solo merito delle sue più che scarse abilità artistiche. Il professore, quell’anno, aveva deciso di farli lavorare sulla “rappresentazione dal vero” (come la definiva lui) ed aveva portato dei frutti, uno per ciascuno, in modo che potessero tenerli sul banco per copiarli. Dire che la sua mela fosse semplicemente appetitosa era un eufemismo: nonostante il disegno, per il poco tempo a loro disposizione, fosse fatto a matita, sembrava vero. Quasi le era venuta voglia di allungare una mano per vedere se riusciva ad immergerla nel foglio e prendere il frutto! Invece si era trattenuta e, con la mascella che arrivava quasi al pavimento, si era limitata a chiedergli da dove venisse tutta quella bravura e cosa ci facesse in quella scuola superiore quando il suo posto era sicuramente al liceo artistico. Lui, divertito dalla sua reazione, le aveva risposto che amava disegnare e dipingere sin da quand’era piccolo ed i suoi genitori l’avevano sempre assecondato. Solo che, quando aveva parlato loro della sua intenzione d’iscriversi ad un istituto d’arte l’avevano contrastato perché credevano che, facendo l’artista, si sarebbe poi ritrovato senza un soldo. «l’arte va bene come passatempo ma non è di certo una base solida su cui costruire la propria vita.» gli aveva detto suo padre. Mentre raccontava il suo sguardo, che si era posato sulla mela che aveva realizzato, si era intristito un po’ ma poi, rivolgendole un sorriso, le aveva detto che, nonostante all’inizio gli fosse dispiaciuto, e tanto, si era col tempo accorto che poteva comunque disegnare: finché prendeva buoni voti i suoi genitori non gli avrebbero di certo impedito di dedicarsi al disegno e, in fondo, l’importante era quello: dipingere. Lei ne era rimasta davvero colpita: fosse capitata una cosa simile in casa sua, probabilmente lei avrebbe finito con l’odiare i suoi genitori e basta mentre lui era andato oltre, capendo che loro volevano solamente il suo bene nonostante stessero ostacolando il suo sogno, riuscendo comunque ad essere positivo e a vivere pienamente nella sua arte. Insomma, aveva dimostrato un’incredibile forza d’animo!

Forse era stato quello il momento in cui tutto era iniziato: il momento in cui aveva iniziato ad innamorarsi di lui.

Da quella volta e col tempo si erano conosciuti sempre di più e lei aveva capito quanto l’impressione iniziale che tutti avevano di lui fosse sbagliata. Era tutt’altro che freddo: era un ragazzo positivo, maturo, divertente ma a cui alle parole preferiva il disegno. Così veniva considerato scostante ed introverso: niente di più sbagliato. Una persona introversa non avrebbe, poi, raccontato una cosa così importante per lui ad una quasi sconosciuta! Magari anche lui aveva capito che, dovendo passare quell’anno insieme, tanto valeva iniziare col piede giusto, ma questo non cambiava il fatto che una persona chiusa non si sarebbe esposta così.

Quindi era questo il motivo per cui non vedeva l’ora che il giorno dell’assemblea arrivasse. Quando i rappresentanti d’istituto l’avevano proposto, a dicembre, lei subito aveva pensato a quanto partecipare ad un evento simile gli avrebbe fatto bene, spingendolo a credere ancor di più nel suo sogno. E magari qualcuno, spinto dalla bellezza del suo disegno gli avrebbe parlato e la gente avrebbe finalmente capito che tipo lui fosse. Lei lo ripeteva sempre ai suoi compagni di classe che non si sarebbero dovuti fermare alle apparenze con lui, ma sembravano non darle mai retta. Che fastidio! Come si faceva ad essere così attaccati alle prime impressioni?

Quando quel pomeriggio si era presentata a casa sua per portargli gli appunti delle lezioni, visto che lui aveva l’influenza da qualche giorno, gliene aveva subito parlato consigliandogli di partecipare.

«Mi piacerebbe… » le aveva risposto «Ma non ho idea di cosa potrei dipingere!» Sembrava titubante, ed anche un po’ agitato ed in imbarazzo. Questa era un’altra parte di lui che adorava: a volte sembrava incredibilmente sicuro di sé mentre poi finiva col trovarsi a disagio per le cose più inaspettate o, esattamente al contrario, si mostrava tranquillo davanti a cose per le quali ci si aspetterebbe, come minimo, di diventare di un bel rosso acceso. Insomma, era imprevedibile! Certo, lui le aveva già raccontato che non aveva mai fatto vedere a molte persone i suoi disegni quindi tutta quell’agitazione era più che comprensibile in fin dei conti. Intenerita da quel comportamento così da lui, non aveva potuto reprimere un sorriso spontaneo.

«Beh, potresti disegnare qualcosa di bello… O anche qualcosa di brutto! L’importante è che sia qualcosa che ti emozioni!» Gli aveva risposto gasata, cercando di convincerlo a provare. Riconosceva che quella sua affermazione poteva voler dire tutto e niente e che probabilmente non era d’aiuto, ma lei di queste cose non sapeva praticamente niente, tranne una cosa: «L’arte è emozione!» aveva affermato un esperto in un programma tv sull’arte che lei ed i suoi genitori avevano iniziato a guardare un giorno, per caso. E lei si era ritrovata a comprendere ciò che quell’uomo diceva e ad essere d’accordo.

«Credo che farò come dici…» Le aveva detto quindi guardandola pensoso, riportandola alla realtà dalle sue elucubrazioni mentali.

«Quindi parteciperai?»

«Parteciperò»

A quel punto lei si era aperta in un enorme sorriso ed era così felice di essere riuscita a convincerlo che per poco non si mise a saltellare sulla sedia.

«Ed io avrò l’anteprima sulla tua grande opera, vero?» Gli aveva chiesto in tono scherzoso, cercando di non far trasparire quanto in realtà le sarebbe piaciuto essere davvero la prima a vederla.

«No, mi spiace. Dovrai aspettare come tutti gli altri.» Aveva risposto fintamente altezzoso. Lei allora si era dimostrata offesa in modo così teatrale da farlo ridere tanto forte da coinvolgere anche lei in quello scoppio di ilarità. In realtà c’era rimasta un pochino male per l’essersi vista negata l’anteprima sul dipinto ma al momento aveva pensato che di sicuro sarebbe riuscita a convincerlo a farle dare un’occhiata. Le sue doti persuasive non erano evidentemente sviluppate come credeva però e così si ritrovò, il giorno della famosa assemblea, a non aver visto il quadro né tanto meno ad avere un indizio su quale potesse essere il soggetto dell’opera. Curiosa fino all’inverosimile, allo suonare della seconda ora uscì dalla classe alla ricerca del quadro incriminato. I rappresentanti d’istituto avevano deciso di rendere la cosa più interessante disponendo le varie opere per tutta la scuola in modo da trasformare l’edificio in uno pseudo museo. La cosa però implicava anche il fatto che, per trovare un’opera in particolare, si dovesse sapere esattamente dove trovarla, cosa di cui né lei né tutti gli altri studenti avevano assolutamente idea: tutti quelli che avevano realizzato un’opera per la mostra, molti più di quanto ci si aspettasse non essendo quella una scuola d’arte,  avevano infatti avuto il permesso di saltare la prima ora di lezione per sistemare il loro operato ed aiutare nell’allestimento. Era quindi impossibile per chiunque all’infuori degli artisti sapere come fossero disposti quadri e sculture. Lei iniziò quindi ad esplorare la scuola partendo dal piano più in alto scendendo poi a quelli inferiori, controllando man mano le didascalie con titolo ed autore poste sotto ogni quadro, sperando d’imbattersi in lui o almeno in qualcuno che le sapesse indicare dove fosse il suo quadro.

Aveva ormai controllato il secondo e terzo piano quando arrivò al primo, fermandosi dopo poco di botto in mezzo ad un corridoio. Davanti a lei, lì, appeso al muro, vi era un dipinto che raffigurava una ragazza in primo piano: il viso dalla carnagione chiarissima era nascosto per metà, coprendo anche il naso, da una grossa sciarpa di lana di un bel blu acceso, tenuta su dalle mani della giovane che aveva le dita infilate tra il caldo materiale e le guance, mostrano i dorsi delle mani; i lunghi capelli scuri vorticavano intorno al volto come se una forte folata di vento provenisse dalle sue spalle; dietro di lei si vedeva solo un cielo invernale coperto da dense nuvole bianche e grigiastre, come se la ragazza si trovasse in uno spiazzo vuoto posto molto in alto; ma la parte fondamentale del quadro erano gli occhi: occhi scuri come i capelli, accesi dalla luce gioiosa di una risata che sicuramente arcuava verso l’alto gli angoli della bocca della ragazza, nascosta dalla fitta sciarpa; occhi che accendevano e rendevano pieno di calore quel quadro ambientato in un freddo e grigio giorno invernale; occhi che sorridevano. E tutto questo a lei era familiare perché ricordava quel coperto cielo invernale che tingeva tutto di una luce irreale; ricordava quella sciarpa, regalo fatto a mano con amore alla ragazza dalla sua cara nonna; ricordava quella giornata ventosa che faceva annodare a tal punto i capelli da doverli poi cospargere con metà contenuto di un barattolo di balsamo per poterli districare; e ricordava quella risata, durata a lungo e scatenata da una battuta che, come al solito, si era rivelata divertentissima.

Ricordava tutto questo, perché quella ragazza era lei.

Il cuore sembrò scoppiarle in petto all’improvviso riconoscendosi in quella giovane. E mentre la bocca rimaneva leggermente aperta per lo stupore, e le dita si appoggiavano sulle labbra a contenere la sorpresa, i suoi occhi sgranati correvano alla didascalia del quadro in cerca di una conferma: il titolo del quadro era “Sorriso” ed il nome posto accanto ad esso… Era il suo. Improvvisamente il cervello le smise di funzionare: continuava a fissare il quadro, a fissarsi negli occhi senza sapere cosa pensare, senza riuscire a formulare una qualsiasi frase coerente, semplicemente senza parole da dire. Rimaneva impalata lì davanti, incurante di tutto ciò che le accadeva intorno e delle occhiate sbalordite dei ragazzi che passavano per il corridoio, guardando prima il quadro, poi lei, poi di nuovo il quadro.

Era ancora piazzata lì davanti, come se fosse lei stessa una scultura realizzata da un suo compagno di scuola, quando un’illuminazione la colse all’improvviso: trovarlo. Ridestata da quel suo strano torpore, allontanò le mani dal viso e si voltò ancora con gli occhi sbarrati prima verso destra e poi verso sinistra… E fu allora che lo vide, lì, immobile da chissà quanto tempo a fissarla senza nessuna particolare espressione del volto. Finalmente scoperto da lei, le si avvicinò lentamente, timoroso quasi. Le si fermò davanti e, rispondendo all’evidente stupore negli occhi di lei, disse guardando il quadro «Mi avevi detto che avrei potuto dipingere qualcosa di bello, o anche qualcosa di brutto, bastava che fosse qualcosa che mi emozionasse.» Si voltò a guardarla negli occhi e continuò sorridendo «Quindi ho dipinto qualcosa di bello che mi emoziona.»

E lei sorrise a sua volta. Sorrise come mai aveva fatto, rendendosi ancora più simile a quel riflesso di tela che le stava accanto, perché quella era una parte di lui che adorava: a volte sembrava incredibilmente sicuro di sé mentre poi finiva col trovarsi a disagio per le cose più inaspettate o, esattamente al contrario, si mostrava tranquillo davanti a cose per le quali ci si aspetterebbe, come minimo, di diventare di un bel rosso acceso. Insomma, era imprevedibile!

E lei amava quel ragazzo imprevedibile.

  
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