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Autore: floorcoaster    20/05/2007    10 recensioni
Draco vive lo stesso sogno ogni notte... e ogni mattina lo dimentica. Insieme a tutto quello che è accaduto il giorno prima.
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: HarryPotter&Co sono di proprietà di JKRowling, nessun diritto si ritiene leso.

Nota della Traduttrice: Rieccomi qui, stavolta con una fanfiction di floorcoaster, scrittrice americana relativamente nuova nel fandom, dotata di una vivace inventiva e originalità, nonché di uno stile vivido e coinvolgente.
Questa fanfiction nasce come one-shot (e come one-shot la potete leggere su fanfiction.net), ma nel pubblicarla ho preferito, data la sua lunghezza, adottare la divisione in due parti che la stessa floorcoaster ha usato per archiviarla su colouredgrey.com
Tutti i credits aggiuntivi li troverete a fine seconda parte, mentre a fine capitolo sono segnate le mie consuete note di traduzione.
Se volete leggere questa o altre opere di questa autrice, potete trovarle o su fanfiction.net sotto il nick luckei1 o su colouredgrey.com sotto il nick floorcoaster.
E con questo ho finito di tediarvi. Sperando di aver reso onore a questa autrice, buona lettura!
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Red Memory


Ogni mattina Draco Malfoy vive lo stesso sogno. È vivido, tagliente; le immagini scorrono su uno sfondo nero. Si muovono velocemente – troppo velocemente – e deve combattere per ricordarle quando si sveglia. Sono tutte in bianco e nero e sfocate, e non riesce a capire cosa stia succedendo. Poi il sogno finisce con un lampo di luce rossa e lui cede al panico. Vuole ricordare il sogno, è certo che sia importante – deve esserlo. Perché tutto è così familiare, come se l’avesse già vissuto in precedenza.

Il lampo di luce e poi si sveglia.

Non ricorda nemmeno che c’è qualcosa da ricordare, non ricorda il sogno. E accade questo da quasi tre anni. Due anni e undici mesi, per essere precisi.

Questa mattina è diversa, però. Appena dopo il lampo rosso e il panico, si sveglia. Gli occhi ancora chiusi, si chiede perché stia ansimando.

I suoi occhi si spalancano, ardenti, e vede il lampo rosso; poi vede se stesso, infagottato, e fa freddo, tanto freddo, e fuori è tutto bianco e nero. Sta camminando lungo una strada deserta ed è veramente felice per qualcosa… qualcosa che ha appena comprato. Poi percepisce… delle persone – cinque persone. Una, una donna, ringhia verso di lui, dice qualcosa; lui cerca la sua bacchetta, ma gli altri sono troppo veloci. È colpito con una luce rossa, due maledizioni differenti, e poi –

Niente. Solo bianco e nero. Un soffitto bianco. Lentamente si mette a sedere, confuso. Le lenzuola del suo letto sono bianche, sta indossando pantaloni grigi e una maglia bianca. E non ne è certo, ma è abbastanza sicuro di non essere a casa, né a Hogwarts. O in Kansas, dovunque esso sia.

Si guarda intorno e vede altro. Pareti bianche, una sedia grigia, un tavolino nero con una pila di libri neri, un mela grigia, una boccetta d’inchiostro – la sua testa ritorna di scatto ai libri. Uno di essi – vede il dorso – è Rosso. Lo squadra con forza, aspettando che qualcosa – qualsiasi cosa – accada, ma è solo un libro, così rimane fermo lì.

Con riluttanza continua a scandagliare la stanza. Tutto è nero o bianco, o un colore nel mezzo. Tranne il libro e una cornice di una fotografia vicina al suo letto; anch’essa è Rossa. Non è sicuro di come faccia sapere cosa sia il Rosso, ma è come una di quelle cose che nascono spontaneamente nella propria mente. Non ha idea di cosa sia il soggetto della fotografia, è solo un grande gatto grigio. Non crede che gli piacciano i gatti, ma non ne è sicuro. Sa anche che c’è qualcosa di veramente, veramente sbagliato con tutto quel bianco e nero, ma non riesce a ricordare cosa. Dovrebbe esserci… di più, crede, ma non riesce a pensare. L’arredamento della stanza è composto solo dal letto, un tavolo, una sedia e un comodino. Si acciglia, notando che la sola sedia significa che non ha molta compagnia.

Poi nota una finestra e si alza per guardare fuori. L’immagine davanti a lui è un mare di sfumature di grigio, e sa che sono case e tetti, così capisce di essere in alto. Sopra alcune cose, ma ancora sotto ad altre. Ma c’è troppo grigio, e la sua testa inizia a fargli male, mentre si sforza per vedere attraverso quella monotonia. Vuole vedere il libro Rosso e altre cose ancora così. Sono importanti anch’esse, lo sa, ma quando tenta di pensarci la sua testa pulsa.

Si risiede sul letto, e una porta che non aveva notato si apre. Una ragazza dall’aspetto stanco entra e lui sbatte le palpebre, sorpreso. Indossa un vestito Rosso che le arriva alle ginocchia, sotto a un camice bianco. I suoi riccioluti capelli neri – ma sa che c’è qualcosa che non va in questo – sono raccolti in una coda legata con un elastico Rosso. Sa che lei è bellissima – basta guardarla.

E lui la guarda, con una intensità che la sorprende. Hermione gli sorride e tira fuori una cartelletta e una piuma.

“Buon giorno, Signor Malfoy,” dice, guardando la cartelletta. “Come si sente?”

“Di solito non vesti in nero?” chiede e non è sicuro da dove quello sia venuto fuori, ma sa che è vero.

Lei è colpita e il suo cuore manca un battito. Non è cambiato nulla per tre anni, tre lunghi anni ed è colta da una passeggera sensazione di gioia e paura perché questo è diverso…

Era stato portato al San Mungo una fredda notte d’inverno, portato al quarto piano, il reparto riservato ai lungo degenti. Non dimenticherà mai la lettura della sua diagnosi. È per sempre marchiata nella sua memoria.

Coma; danni cerebrali permanenti. Cause: sconosciute.

L’aveva preso come suo paziente e ogni mattina sin da quella fredda notte invernale ha seguito la stessa routine. Va nella sua stanza, lo saluta, gli pone una serie di domande. La sua menomazione è tale che ogni mattina ricomincia tutto da capo. Lui non ricorda il giorno precedente. Nessuno dei Guaritori che sono stati consultati ha mai sentito di un caso del genere e la teoria più diffusa è che sia una maledizione che ricomincia da capo ogni giorno. In ogni caso, ci sono enormi crateri nella sua memoria. Non è più veramente se stesso.

La lista di domande è rigorosa e inflessibile. Non cambia mai: (1) Come si sente questa mattina? (2) Qual è l’ultima cosa che ricorda? (3) E prima di questo quanto ricorda? (4) Sa chi è? (5) Sa dove si trova? (6) C’è nient’altro che ricorda?

Le risposte sono solitamente simili ogni giorno, a volte identiche. (1) Bene, okay, confuso, stanco. (2) Pansy ad Hogwarts, il suo ultimo anno, lei che gli stava urlando contro perché lui si era rifiutato di aiutarla con un compito di Difesa contro le Arti Oscure, era troppo impegnato con il suo, di progetto. (3) Alcune cose, immagini vaghe, tutto. (4) No, sì. (5) Non lo so. (6) La sua risposta a questa domanda variava, ma mai si giungeva a qualcosa.

Poi solitamente lui s’innervosisce e lei se ne va. È sempre controllato, quindi sanno che si arrabbia e tira oggetti per la stanza e urla, ma dopo che si è calmato gli portano il pranzo. Lui mangia, poi legge per un paio d’ore – sempre lo stesso libro – e alla stessa ora ogni giorno – quattro e quarantasette nel pomeriggio – si gratta il braccio sinistro, ora libero da ogni marchio.

Quindi si calma e vaga per la stanza, infine va alla finestra e fissa l’esterno per un poco. Hermione ritorna, o Harry che lavora anche lui al suo caso sebbene non così da vicino come la ragazza, e passa un po’ di tempo con lui. A volte fa delle domande e lei gli dice tutto quello che vuole sapere. Beh, quasi tutto. Ha tentato di dirgli alcune cose e si è solo fatta male in ritorno, così quelle non gliele ripete di nuovo.

A volte giocano a qualcosa, scacchi o Spara Schiocco, e a volte rimane per la cena. E poi lei va a casa e piange fino ad addormentarsi. Draco legge finché non gli si chiudono gli occhi. E il giorno successivo tutto riinizia da capo, fanno le stesse cose solo con piccole varianti.

È diventato troppo per lei, e ha chiesto al suo capo un trasferimento. L’anziana donna le ha sorriso compassionevole e lo ha concesso. Oggi è l’ultimo giorno di Hermione con Draco e Ron la porterà fuori per cena a celebrare. A simbolo che lei, Harry e Ron si stanno lasciando Draco alle spalle e stanno cercando di andare avanti. Perché hanno detto loro ancora, e ancora e ancora, che lui non migliorerà mai.

A dire il vero Harry e Ron stanno bene; è lei quella che sta avendo grandi difficoltà ad andare avanti. È oltre un anno che Ron le chiede di uscire e ha dovuto ripetere la sua richiesta dieci volte prima che lei dicesse sì. E Ron è stato veramente paziente con lei, anche se ormai era giunto al limite. Questo è parte del motivo per cui sta per dire addio a Draco oggi. Un ultimo addio, che lui non avrebbe ricordato l’indomani.

Quindi il suo commento sul suo abbigliamento scuote Hermione.

“Spesso vesto di nero” dice, sedendosi alla sedia del tavolo, mantenendo una facciata calma, fredda, composta.

Lui scrolla le spalle.

“Allora, Signor Malfoy. Ditemi come vi sentite questa mattina.”

Si muove di nuovo verso la finestra e osserva il vetro appannarsi sotto il suo respiro. Un flash, e ricorda una notte nebbiosa. Solo un’impressione, ma comprende che è importante. Si aggrappa ad essa, la tiene con tutta la sua forza, ma dopo un istante se n’è andata.

“C’è qualcosa che non va in questa stanza,” dice.

“E’ troppo calda? Troppo fredda?” chiede, non lasciando che questo nuovo cambiamento significhi qualcosa per lei.

Scuote la testa e lei pensa a quanto soffici siano i suoi capelli. Cerca di ricordare l’ultima volta che li ha toccati, che ha fatto scorrere le sue dita su di essi, ma non ci riesce.

“Non è nulla del genere,” dice. Poi la guarda. “E’ giusto che tutto sia o bianco o nero? E se così, perché quel libro è rosso?” chiede, indicando la pila. “E quella cornice?”, indicando ora la cornice. “E il tuo vestito?”

Il suo cuore batte adesso furiosamente. Questo è qualcosa di completamente nuovo…

“Che libro?” chiede, incapace di pensare a cosa voglia dire la sua ultima domanda.

S’avvicina alla pila e ne estrae uno dal mezzo. Guarda il titolo e ha un altro flash, sente risa e qualcuno che dice di ridare indietro il libro, lui obbedisce e il flash finisce. La ragazza lo sta osservando curiosamente, il braccio di lui è steso, il libro in mano.

Prende il libro e lo guarda, lui vede che i suoi occhi si stanno inumidendo, ma non sa il perché.

“Non so perché questo libro sia Rosso”, risponde, continuando a osservarlo.

Lui è seduto sul letto e la studia ed è strano, perché lui sa di sapere chi sia, ma questo è tutto quello che sa. È tutto così – nebbioso – ed è frustrante.

“Vorrei farti delle domande,” prosegue Hermione, guardando la sua cartelletta e rimettendo il libro sul tavolo.

“Okay”, dice, strapazzando le lenzuola. Solo non dovrebbero essere bianche; s’acciglia; dovrebbero essere – verdi?

“Qual è l’ultima cosa che ricordi?”

Aggrotta la fronte, è quello che sta cercando di capire da tutta mattina. Le cose sembrano stratificate, come se avesse già fatto tutto questo in precedenza. Come se avesse guardato fuori da quella finestra un centinaio di volte, o forse più. È una sensazione, e non ne può essere sicuro, ma allo stesso tempo, lo è. Sa alcune cose, ma non come o perché.

Sa che lei prende il tè con due cucchiaini di zucchero e niente latte. E perché mai sulla faccia della terra dovrebbe sapere questo?

“Cosa c’è che non va in me?” chiede, e lei sembra presa in contropiede.

“Cosa vuoi dire?”

“Mi sento – intrappolato. Come se tutto questo fosse già successo, e voglio fermarlo, ma non ci riesco. So che c’è qualcosa che non va.”

Lei prende un profondo respiro. “Sei in ospedale. Sei stato colpito con una maledizione sconosciuta che ha colpito la tua memoria. Ogni giorno dimentichi il precedente. Ricominci da capo, se così si può dire.”

“Da quanto?” chiede, calmo, non veramente sorpreso. Come se l’avesse già sentito.

“Due anni, undici mesi.”

Neanche questo è nuovo. “Dimmi qualcosa che non mi hai mai detto prima.”

Lei s’acciglia. “Vediamo… Mi piace la pancetta.”

Con un gesto la ferma. “Lo so questo. Dimmi qualcosa che non conosco.” I suoi occhi s’inumidiscono di nuovo e ciò causa una fitta di dolore in lui, qualcosa di familiare, e si spaventa. “Di solito non succede questo, vero?” chiede. Lei scuote la testa. “Dimmi.”

Un altro respiro profondo. “Ero qui quando ti hanno portato.”

Sapeva anche questo. “No. Qualcosa che io assolutamente non conosco.” Inizia a spazientirsi; perché non lo – accontenta?

“Harry ha un figlio.”

Ah-hah! Si rende conto che è differente. Questo non lo sapeva. Lei lo sta guardando con aspettativa e poi un altro lampo rosso, e la vede, sta ridendo, i suoi capelli sotto un cappello e ha una sciarpa intorno al collo. Infagottata, solo il viso è scoperto; stanno camminando mano nella mano attraverso un parco ed è autunno, ci sono colori intorno a loro – colori – che si intonano a lei, e il suo sorriso è caldo, pieno di –

Ritorna al presente, e lei lo sta squadrando. “Allora, qual è il suo nome?” chiede.

“James.”

“Prevedibile.” La guarda e vede che è di nuovo sorpresa.

“Dimmi di più,” dice. “Noi eravamo – amici, vero?”

Annuisce, esitante.

“Solo, eravamo qualcosa di più. Ho ragione, giusto?”

Lei s’irrigidisce e strabuzza gli occhi, le sue labbra si aprono leggermente.

“Hermione,” dice, e in qualche modo la ricorda. Un momento, nulla, e il successivo la ricorda. È come andare in banca. Un momento non hai soldi in mano, l’istante dopo, sì. In un attimo i soldi sono lì; qualcosa è cambiato, ed è la stessa cosa, adesso. Non ricorda i tre anni precedenti; solo lei, prima. E sono per lo più impressioni, non memorie specifiche. Sa che l’amava, questo è dolorosamente ovvio. E l’ama ancora, dopo tutto; per lui sono passati solo attimi dall’ultima volta che sapeva consciamente di amarla.

Lei è intontita da quello che vede nei suoi occhi – esattamente quello che aveva visto l’ultima notte che lo ha veramente visto. E la spaventa. Oggi è il suo ultimo giorno, ma eccolo qui, che ricorda qualcosa. Come è possibile? Tutti i Guaritori hanno detto che non c’era speranza, specialmente con il passare del tempo. Avevano provato tutto quello che sapevano e nulla aveva oltrepassato il muro eretto intorno alla sua mente da qualunque fosse la maledizione che l’aveva colpito.

È terrorizzata. Pensava di essere pronta ad andare avanti, a lasciarlo andare, ad affidarlo ad altri Guaritori, a lasciarlo vivere in questa stanza d’ospedale fino a che… questa parte la spaventa ancora di più. L’avrebbe semplicemente lasciato lì a morire? Da solo? Dopo tutto quello che…

“De- Devo andare” balbetta, perché non riesce a pensare a nient’altro da dire, nient’altro da fare. Vuole correre via, il più velocemente possibile. Improvvisamente ha difficoltà nel respirare, la stanza sta diventando bollente e, se non trova dell’aria, sta per svenire. Così corre fuori dalla stanza, lasciandolo lì, un impercettibile sorriso sul suo volto.

ooo


Sa che ha ragione. Semplicemente lo sa. Ma sa anche che lei è andata avanti. In fin dei conti sono stati quasi tre anni per lei. Un giorno per lui, però. Così fa male come nient’altro che abbia mai sentito prima, solo è un tipo di dolore disconnesso. Il suo cuore sa che dovrebbe frantumarsi, così è quello che fa. Ma non sente tutto il dolore, perché ricorda solo le impressioni, le sensazioni, le emozioni. Come immagini annacquate, viste attraverso una finestra quando fuori tormenta. Così è come ricorda lei. E loro. Tutto quello che sa è che l’ama terribilmente, e lei se n’è andata e lo ha lasciato alle sue spalle.

Ha lasciato loro alle sue spalle.

Si sente un po’ frastornato, così si siede sul letto. Tempo indefinito passa e la porta si apre. Un uomo alto con capelli neri, pantaloni grigi e maglia bianca entra. Come Hermione, anche lui indossa un camice bianco. E indossa un paio di occhiali. E ha una strana cicatrice sulla fronte.

“Malfoy,” dice, e Draco nota che ha condotto un carrello con sé. Il panico gli inonda il corpo, ma l’uomo sta sorridendo e poi Draco vede che il carrello contiene del cibo. Il suo stomaco brontola e capisce di essere molto affamato.

Draco guarda l’uomo posare il vassoio sul piccolo tavolo e poi voltarsi a guardare lui.

“Come ti senti oggi?” chiede.

“L’ha già chiesto lei,” risponde, frustrato per la ripetizione non necessaria.

“Lo so. Vorrei però che mi rispondessi tu, se va bene.”

Draco alza le spalle. “Sto bene. Confuso però, ad esempio sul perché vedo solo in scala di grigio. Sono abbastanza sicuro che non dovrebbe essere così.”

L’uomo s’acciglia e Draco quasi ricorda il suo nome. “No, non è normale. Non hai mai accennato al vedere le cose solo in bianco e nero prima d’ora. È qualcosa di nuovo?”

Lo sguardo di Draco si fa torvo. “Come potrei saperlo?”

L’uomo arrossisce. “Oh, giusto. Naturalmente. Scusami.”

È allora che Draco ricorda. “Potter.”

L’uomo lo guarda con occhi acuti, poi con una scintilla di eccitazione. “Sì, è il mio nome. Ti ricordi altro di me?”

Draco aggrotta le ciglia e pensa con tutta la forza di cui dispone. “No, mi dispiace.” È come una vibrazione. Draco immagina una lunga corda sottile, le vibrazioni sono portate dalla corda. Quelle vibrazioni sono memorie, o impressioni, e quando si avvicinano abbastanza alla sua mente a volte può afferrarle.

“Bene, mangia il tuo pranzo. Parleremo dopo.”

Draco annuisce e l’uomo lo lascia solo. Si porta al tavolo e esamina il suo cibo. Non sembra molto buono, dal momento che tutto è sfumato di grigio. Ma mangia comunque, e mentre mangia legge quel libro rosso. “Storia di Hogwarts” è il titolo e, mentre legge, afferra tantissime di quelle vibrazioni. Memorie di scuola, di amici, di insegnanti e classi, e di altri libri. Nulla di concreto, di nuovo, solo frammenti di conversazioni o lezioni, o paragrafi. E per qualche ragione, lei è nella maggior parte di loro e lui si chiede quanta parte della sua vita l’abbia inclusa. Una sensazione insistente gli dice che in verità non è molto che lei ne ha fatto parte, ma non può essere sicuro di nulla.

Solo impressioni di lei, circondata da colori, quando è con lui. E che lui la ama.

Lei ritorna, due ore dopo che lui ha finito di mangiare. È seduto sul letto, la fronte corrugata per la concentrazione perché sta cercando di ricordare di più.

“Come era il pranzo?” chiede, e lui alza lo sguardo verso di lei. Alcune ciocche di capelli sono fuoriuscite dall’elastico e le incorniciano il volto, e lui non riesce a ricordare nulla che sia altrettanto bello. Ma a dire il vero, non riesce a ricordare molte cose. Però sa che è vero.

Scrolla le spalle. “Okay.” Poi una di quelle vibrazioni colpisce direttamente il suo cervello. “Dove sono i vestiti che avevo quando sono stato portato qui?” chiede.

Lei reclina un poco la testa di lato. “Nel secondo cassetto del comodino.”

S’allunga e apre il cassetto. Trova un pesante mantello, un paio di pantaloni e una camicia. Tutto nero. Per qualche ragione estrae il mantello, lo annusa. Ricorda ancora come lei profumava quella notte, quando l’aveva salutata con un abbraccio. Come latte e miele. Respira profondamente e percepisce anche un odore di bruciato.

Un altro lampo rosso, ma va bene questa volta.

Poi la guarda e le rivolge un timido sorriso. Trova la tasca segreta nel suo mantello, quella che è stata incantata per poter contenere praticamente ogni cosa, di qualsiasi dimensione. E quello che contiene al momento ha un alto valore. La guarda ancora prima di mormorare la parola d’ordine: Meissa. Il nome che avevano deciso di voler dare alla loro prima figlia, era il nome di una stella.

Ritorna a rivolgersi al mantello prima di poter vedere gli occhi di lei inumidirsi. Ma sa che si sono inumiditi.

La tasca segreta si apre e lui ne estrae una piccola scatola. Sorride al ricordo della ricerca e della scelta del suo contenuto. Tiene la scatolina tra le sue mani e la apre, attento a far sì che Hermione non possa vedere cosa sia. Quando vede l’anello, che ha fatto fare apposta per lei, il suo cuore si stringe e il dolore è tale che deve combattere le lacrime. È irritato che non riesca a ricordare tutto, gli sembra quasi che stia male per un fantasma, non per qualcosa di tangibile, non per la ragazza seduta nella stanza con lui.

“Cos’è?” chiede e lui non riesce a trattenere un sorriso. È curiosa, così come lo è sempre stata.

“Niente,” risponde, anche se sa che lei non gli crederà.

Lei si alza e si dirige verso di lui, prontamente lui rimette la scatola nel mantello. “Se è qualcosa della notte che sei stato colpito, potrebbe essere utile per determinare quello che ti hanno fatto,” dice, un po’ irritata, un po’ curiosa, un po’ spezzata.

“Non lo è, te lo assicuro. È quasi completamente scorrelato da quella notte.” S’acciglia. “Credo.”

“Magari dovresti lasciare che siano i Guaritori a deciderlo,” dice e allunga una mano. C’è un altro flash e rivede la notte che le ha detto che l’amava. Erano a un ballo e lei indossava un abito blu scuro. A lui solitamente non piaceva ballare, ma quando lei aveva steso una mano, implorandolo con i suoi occhi scintillanti, aveva accettato. E mentre danzavano era stato colpito in pieno da quello che lei significava per lui e glielo aveva detto di botto, lì. Lei aveva riso e s’era rigirata tra le sua braccia, aspettando che la canzone finisse prima di dirgli che lo amava anche lei.

“No,” dice, scacciando il macigno che s’è formato nella sua mente con il ricordo. “Non è utile.”

Lei sospira e torna al tavolo. “Come va? Da stamattina, intendo. Sembra che stai facendo dei progressi,” dice, cercando di suonare clinica e distaccata, e se lui non l’avesse conosciuta meglio avrebbe potuto ingannarlo, ma lui la conosce, così non viene ingannato.

“E’ la terza volta, oggi, che me lo si chiede. Sto bene. A parte per il fatto che non riesco a ricordare molto, mentre so che non dovrebbe essere così, e che non riesco a vedere bene, e che tu sei maledettamente – diversa.”

È ferita di nuovo, lo sa con certezza. Proprio allora la porta si apre e Harry – questo il suo nome – entra. Parla sottovoce con Hermione, che all’inizio sembra controbattere, poi annuisce riluttante e, con un’occhiata a Draco, lascia la stanza.

“Allora, Draco, vorrei che mi dessi una lista completa delle cose che ti ricordi.”

Guarda intensamente l’altro uomo. “E’ difficile da spiegare”, dice, dopo aver deciso che il suo desiderio di sapere cosa ci sia che non vada in lui, e di sistemarlo, è più forte del suo desiderio di essere se stesso e di dire a Potter di andare a farsi fottere. Sorride all’idea, però.

“Ho avuto solo pochi lampi di memoria. Il resto – mi è tornato in mente. Quello che non c’era prima, adesso c’è, improvvisamente. E per la maggior parte sono solo impressioni, o idee. Ricordo cose, senza sapere i come e i perché dietro di esse.”

Potter inala profondamente. “Come Hermione.”

Draco lo squadra, poi annuisce.

“Che cosa sai esattamente di lei?”

“Perché dovrei condividerlo con te? Sono sicuro siano cose tra me e lei.”

“Sto cercando di aiutarti. Più mi dici, più materiale ho per cercare di capire cosa ti sia successo.”

“Mi sfugge il perché conoscere specifiche memorie mie possa aiutarti, a parte che per soddisfare la tua curiosità.”

Harry sorride e sogghigna. “Non posso credere di stare per dirlo, ma mi è mancato il tuo atteggiamento polemico. Fin da quando sei stato portato qui sei stato cooperativo, e piacevole – non proprio te stesso. Ed è bello vederti di nuovo fare il difficile.”

Draco lo guarda torvo. “Torna all’argomento, Potter.”

Harry annuisce. “Suppongo tu abbia ragione. Non ho bisogno di sapere esattamente cosa ricordi.”

“Io so che io – io l’amavo. Tutti qui, per il momento. Il resto sono solo annebbiati dettagli, o a dire il vero, mancanza di dettagli. Annacquate impressioni di lei, e di noi.”

Harry scribacchia qualcosa sulla sua cartelletta.

“Non voglio che lei sappia questo,” dice Draco, una nota di avvertimento.

“Va bene. Non glielo dirò.”

“Davvero?”

“Davvero.”

Draco fa un cenno con la testa. “Bene. C’è altro?”

“Niente. A meno che non ci sia qualcosa che vuoi dirmi.”

“Nulla. Solo – credo mi abbia lasciato alle spalle,” dice, sperando in una conferma delle sue paure, sperando per un diniego, contemporaneamente. A questo punto non sa veramente quello che vuole.

Harry evita di guardarlo. “Questo è qualcosa tra te e lei, credo.” Si alza. “Adesso hai il resto del pomeriggio per te. Hermione ritornerà più tardi per salutarti. È il suo ultimo giorno qui, oggi.”

Un dolore acuto, sordo, nella sua testa, ed è costretto a capire quello che Harry gli sta dicendo esattamente. È andata oltre veramente. L’ha lasciato indietro. Annuisce verso Harry, che chiude la porta dietro di sé. Suona così definitivo. Lui è rimasto intrappolato in una stanza di ospedale, mentre la vita è andata avanti per quasi tre anni. Quasi senza accorgersi che lui non era rimasto al passo.

ooo


Lei torna alla fine del suo turno, appena prima che Ron passi a prenderla per la loro cena. Esita, perché ha paura di quello che lui ricorda dall’ultima volta che l’ha visto, ed ha anche paura che magari abbia dimenticato tutto.

È seduto alla sedia, a guardare fuori dalla finestra, quando sente la porta aprirsi. Si volta e rifiuta di mostrare una qualsiasi emozione quando incontra il suo sguardo.

Lei si avvicina al suo letto, ma non si siede, sebbene sia l’unico posto dove potrebbe farlo. Si sta contorcendo le mani e Draco vede la preoccupazione nei suoi occhi. Strano, pensa.

“Volevo dirti… E’ il mio ultimo giorno, oggi. Harry prenderà in mano il tuo caso.”

Lui si limita a guardarla e lei è innervosita dalla chiarezza che vede nei suoi occhi. È come se la stesse leggendo, come quel libro che è aperto a pagina centoquarantasette sul tavolo.

Draco si alza e cammina verso di lei, che sembra farsi piccola, e questo gli fa male, perché non ne capisce il motivo. Si ferma con la fronte aggrottata.

“Che c’è? Non hai paura di me, vero?” chiede.

“Cosa? No, oh no. Non è – non è nulla. Mi dispiace,” dice, frettolosamente.

“Harry mi aveva detto che era il tuo ultimo giorno. Non c’era bisogno che me lo dicessi anche tu. Quindi, perché sei qui?”

Si guarda i piedi e sposta il peso da una parte all’altra. “Volevo vedere se c’erano stati dei progressi,” dice, lanciandogli occhiate furtive.

“E?” la incalza, perché la conosce, e sa che lei è lì per qualcos’altro.

“E”, dice, di corsa. “Se la mia paura più profonda si realizzasse domani mattina e tu non ricordassi oggi, allora ho bisogno di dirti, di dire a te, di me. La persona che è stata in questa stanza negli ultimi tre anni non sei stato tu. E io credo che oggi tu sia veramente te stesso. Così, mentre tu sei tu, io ho bisogno di parlarti.”

Lui annuisce e incrocia le braccia.

“Stavo lavorando il giorno che ti hanno portato qui. Ti ricordi che ero una Guaritrice?” Lui scuote la testa. “Oh. Beh, lo ero. E stavo lavorando quel giorno. Sei stato in coma per due mesi, poi ti sei svegliato e non puoi nemmeno immaginare quanto felice fossi. Ma non ti ricordavi di me. Non ricordavi praticamente nulla di nessuno. Ed è stata dura. Ho dedicato tutto il mio tempo a cercare di capire cosa ti era successo, cosa c’era che non andava in te. Io -”

Alza una mano per fermarla, poi prosegue lui a parlare. “Passavi tutto il tuo tempo qui, da mattina a sera. A volte dormivi anche qui. Hai studiato le mie condizioni, hai provato a capire chi mi avesse fatto questo. Ti sei buttata via e poi, dopo un tre mesi, hai avuto un esaurimento. I tuoi amici ti hanno detto di prenderti una pausa, in effetti probabilmente ti avranno detto di lasciare che fosse un altro Guaritore ad occuparsi del mio caso. Hai accettato la pausa, ma poi sei ritornata determinata quanto prima.”

“Solo che questa volta sei stata un po’ più discreta e un po’ più cauta. Ci sono voluti quasi nove mesi prima del secondo esaurimento. Questa volta perché non stavi mangiando, né dormendo. Eri concentrata unicamente sul guarire me, e questo ti ha quasi ucciso, un paio di volte. I tuoi amici ti hanno convinto a prendere una lunga pausa e ti sei resa conto che avevano ragione, non potevi continuare a lavorare a quel ritmo. Così hai accettato. E poi, quando sei tornata, ti sei data una regolata e ti sei sforzata di lavorare le tue ore, di mangiare, di dormire. Lentamente sei caduta in questa routine e lentamente sei andata oltre. Ero solamente un altro paziente.”

“No,” lo interrompe. “Non sei mai stato solo un altro paziente.” Sta così male, perché ha completamente ragione su tutto il resto. La conosce così bene, dentro e fuori. E vedere lui, veramente lui, è magnifico e orribile allo stesso tempo. Perché potrebbe essersene andato, domani.

“Hermione,” dice, guardandola negli occhi, avvicinandosi a pochi centimetri da lei. “Voglio che tu sappia sempre che ti ho amato.” Non riesce a portarsi a dire che l’ama ancora; è naturale che l’ami ancora. Inoltre, lei dovrebbe saperlo. “Più di ogni altra cosa. Non dubitare mai di questo.”

Lei ha, di nuovo, le lacrime negli occhi, e le lascia cadere. Sembra che stia piangendo molto, oggi. Per abitudine, lui allunga una mano e le asciuga via. Lei abbassa lo sguardo. “Ti ho amato anch’io, Draco. Allo stesso modo.”

Vuole baciarla. Vuole farlo più di qualsiasi altra cosa abbia voluto da lungo tempo. Più del cibo, più dell’acqua, più del respiro. Ma non lo fa, lei è andata oltre. Un bacio non cambierebbe quello che è accaduto in quei tre anni.

Poi, così come era abituata a fare, gli cinge le braccia al collo e affonda il volto nel suo petto, piangendo. Lui si sente dilaniato. Vorrebbe confortarla, portarle vie quel dolore, ma anche lui sta male. Anche lui ha bisogno di essere confortato. Con esitazione la stringe tra le sue braccia e così la sorregge. La sua testa sa di non ricordare il passato, ma il suo corpo sa di non averla tenuta così da quasi tre anni e l’istinto prende il sopravvento. La porta più vicina – molto vicina – e una mano è nei suoi capelli, ed è immerso nella sensazione di lei, nel suo profumo – ancora latte e miele – nel peso leggero di lei, avvolta intorno a lui.

Poi la porta si apre.

“Hermione, stai – ehi! Che sta succedendo?”

Draco sente Hermione venirgli strappata via e si volta con sguardo truce sul colpevole. Weasley. Lei non lo sta guardando, piange con le mani sugli occhi. Ron la abbraccia e ricambia l’occhiataccia a Draco.

“Cosa stai facendo, Malfoy?”

Non risponde, non riconosce la presenza della testa rossa. Sta guardando Hermione, che finalmente, da dietro Ron, alza gli occhi bagnati verso di lui.

Alza un sopracciglio, e sa che lei ha capito la sua domanda silenziosa, “Lui?”, e una nuova ondata di lacrime la sommerge e lei sposta lo sguardo, verso il muro.

“Esci dalla mia stanza, Weasley,” sputa e torna alla finestra.

Non vede gli occhi di Ron spalancarsi, non lo vede alternare la sua attenzione tra lui e Hermione, non vede i suoi occhi fissarsi sulla sua nuca. Questo lo sente, però, e lo ignora. Improvvisamente le macchine e le persone che stanno camminando nella strada sottostante sono le cose più interessanti che Draco abbia mai visto.

Li sente andarsene e la stanza si riempie di silenzio. Non crede che il suo cuore possa sopportare qualcosa ancora. Weasley. Lei è con Weasley. È quasi come un tradimento, anche se parte di lui comprende perché lei abbia voluto andare oltre. Ma con lui? Questo è il punto. Weasley non è degno di lei, non lo è mai stato, non lo sarà mai. Lui l’ha sempre saputo, ha sempre pensato che lo sapesse anche lei.

Va a sedersi sul letto ed estrae nuovamente l’anello. Lo fissa, guarda la luce riflettersi sulla gemma – tutti i diversi colori della luce –

E c’è un lampo verde – verde, questa volta. Poi, come onde di marea, immagini si abbattono sulla sua mente. Immagini di dolore, di morte, di urla, di tortura, di orrende maschere e vesti nere e risa crudeli e –

Si sdraia sul letto e tre ore dopo Harry lo trova in posizione fetale, gli occhi in fuori, sbarrati, ciechi, vitrei. La sua mano sinistra è quasi bianca per la forza con cui da ore sta stringendo un oggetto. Prova a scuoterlo per svegliarlo, ma nulla sembra raggiungerlo.

Harry cammina avanti e indietro per la stanza, cercando di decidere cosa fare. Cosa fare! Non sa nemmeno cosa è successo, ancor meno da dove iniziare. Torna da Draco e cerca di togliergli l’oggetto dalla mano. È inutile, è quasi come se Draco fosse morto e le sue membra si fossero irrigidite. Ma sta respirando, Harry può vederlo per quanto il respiro sia debole.

Proprio in quel momento la porta si apre e Harry alza lo sguardo. Ron e Hermione entrano, lei con guance striate di lacrime (lacrime recenti, stabilisce) e lui con una smorfia irata sul volto. Con un’occhiata Hermione s’accorge che Draco non sta bene e corre al suo fianco.

“Harry, cosa è successo?” chiede.

“Non lo so. Sono entrato per controllare come andava e l’ho trovato così. Non ho idea da quanto sia in questo stato.”

“I suoi occhi”, la sua voce è spezzata.

“Hermione, va’ a casa. Non c’è niente che puoi fare. Non credo ci sia nulla che si possa fare per lui. Dobbiamo solo aspettare e vedere.”

“Già, Hermione,” interviene Ron, il viso deformato in una nuova smorfia. “Sai che sarà ritornato al suo solito domani. Non c’è motivo di rimanere. Harry si prenderà cura di lui d’ora in avanti.”

Harry rivolga un’occhiataccia a Ron, ma nessuno lo nota.

“Vuoi veramente passare il resto della tua vita ad aspettarlo? Ad aspettare che si svegli e che magari ti ricordi per un giorno? Io sono qui, Hermione. Sono sempre stato qui. Ad aspettare te. Devi deciderti. Me o lui. Me, qualcuno che ti ama, che ti amerà sempre, che ti tratterà meglio di quanto lui non abbia mai fatto, come meriti. Qualcuno con puoi ridere e con cui puoi ricordare. O lui,” dice, la malizia nella sua voce. “Che può solo farti male, Hermione. Che vuoi?” pretende di sapere, le braccia incrociate, un cipiglio fiero sul suo volto.

Lei sta piangendo di nuovo e guarda Harry, che tenta di dirle che è una decisione che spetta a lei, che lei ha bisogno di decidere cosa vuole fare con Draco, ma che magari Ron non è la persona migliore che possa aiutarla nel processo. Solo, lei non può vedere tutto questo in una singola occhiata, così si volta verso Ron, poi verso Draco, con occhi ancora umidi e sfocati, e di nuovo verso Ron. Poi fugge dalla stanza e Ron corre dietro lei, lasciando Harry da solo con Draco.

Harry cerca una volta ancora di carpire l’oggetto dalla presa di Draco, ma non ha fortuna. Decide di sedersi e aspettare.

Dopo un’ora Harry osserva Draco e vede che i suoi occhi sono chiusi. Si avvicina al letto per esaminarlo e nota che il suo respiro è più regolare. Fa per andarsene, ma viene fermato.

“Potter,” dice Draco, con voce pesante. Come se fosse stato drogato.

Harry si gira, Draco lo sta guardando, ancora raggomitolato sul letto.

“Che c’è?” chiede, sollevato che almeno Draco si ricordi ancora di lui.

Draco guarda Harry finché questi non torna alla sedia e la porta vicino al letto.

“Che tipo di – persona – sono? Ero?”

Harry si acciglia. “Cosa vuoi dire?”

“Voglio dire – sono stato sommerso da immagini che mi hanno attraversato la mente. Ho fatto male a delle persone. Ho – ucciso delle persone.” Come può essere anche solo mai piaciuto a una ragazza come Hermione?

Harry guarda Draco con gentilezza. “Beh, Draco, un tempo eri un Mangiamorte. Ti ricorda cosa vuol dire?” Draco fa un cenno di diniego. “Ah, un Mangiamorte era un seguace di Voldemort, un mago molto malvagio.”

“Ricordo quel nome,” dice Draco, rafforzando la presa intorno all’oggetto.

Harry annuisce. “Tu – tu hai fatto del male e ucciso persone. Ma sei cambiato. Ti sei unito a noi, hai combattuto con noi e hai tradito Voldemort. Sei stato fondamentale nel liberare il mondo dalla sua crudele tirannia.”

Draco assorbe l’informazione. “Così ero cattivo, poi buono.” Harry annuisce. “E’ stato a causa sua, di lei?”

“No. È stato perché ti sei reso conto di quello che Voldemort voleva veramente, di quello che fosse il suo scopo ultimo e tu non volevi che accadesse. Così sei venuto da noi – da me, in effetti – e ti sei offerto come spia- Come ho detto, sei stato molto utile. Senza di te innumerevoli vite sarebbero state perdute perché ci sarebbe voluto molto più tempo per sconfiggerlo.”

Draco annuisce, poi attenua la stretta sulla scatola. Lentamente si mette a sedere. “Tutto quello che riesco a vedere sono brutte immagini. Quello di orribile che ho fatto io.”

“Non posso nemmeno iniziare a immaginare come sia.”

“Mi hanno colpito, come un Bolide impazzito.”

Harry sorride. “Cosa hai in mano?”

Draco lo osserva con occhi acuti per un momento, poi gli lancia la scatola. “Ricordo che eravamo amici,” dice.

Harry afferra la scatola, annuisce, poi la apre. C’è un anello, un anello d’argento, con un granato rosso scuro incastonato tra due piccole perle. Non è grande, non è piccolo; è perfetto per la strega per cui è stato fatto.

“Wow, Malfoy. Non ne avevo idea.”

Draco scrolla le spalle e fa segno a Harry di ridargli la scatola. Una volta che è nelle sue mani la guarda ancora. “Era stato fatto a misura per lei. Ha un mucchio di incantesimi speciali. La banda è stata fatta su un modello unico, apposta per questo anello. Il mio nome, con tutto quello che porta con sé, era stato messo in questo anello. Questo può fare la magia, infondere l’essenza in un oggetto. Stavo per propormi il giorno dopo che sono stato attaccato. San Valentino.”

Guarda Harry. “Lo so quello che stai pensando. Non è da me e oh, così clichè. Ma in verità quel giorno è stata una scelta casuale. Come quando mi sono reso conto che l’amavo e glielo ho detto lì al momento, mi sono reso conto che volevo sposarla e ho fatto l’ordine per l’anello in meno di un’ora. Il vecchio mi aveva mandato un gufo per dirmi che era pronto e io sono andato a ritirarlo, quella notte.” Guarda di nuovo l’anello, sospira, e lo posa nel comodino.

“Malfoy, non sapevamo che stavi per chiederle di sposarti.”

Draco sogghigna. “Non è quella l’idea? Una sorpresa?”

“Beh, sì, ma – neanche lei ne aveva idea.”

Draco alza le spalle. “Sono stato spontaneo poche volte nella mia vita. Per quello che posso ricordare.” Una risata, soffocata. “Ma sono abbastanza sicuro che questa fosse una di quelle volte. Non le avevo detto nulla. Non ne avevo parlato – niente. Volevo che fosse una completa sorpresa.”

Harry lo guarda con occhi tristi.

“Va bene, Harry. La vita non è giusta. Credimi, lo so.”

“Quindi, ricordi?”

“No. Solo sempre più di lei, e ora – tutto questo.” Strofina il suo braccio sinistro. “Posso quasi vederlo, che tenta di bruciarmi la pelle,” dice. “Ho paura, Harry. E se – e se non ricordassi? Domani. Potrei svegliarmi e non ricordare più nulla.”

Harry si alza. “Lo so. Tutti noi siamo preoccupati per questo.”

“Noi?” dice Draco e ride. “Noi. Giusto.”

“Cerca solo di riposare. Okay? Verrò a trovarti subito domani mattina.”

Draco annuisce e un’ondata di stanchezza lo colpisce. Harry se ne va. Draco striscia sotto le coperte e rabbrividisce, non perché ha freddo, ma perché ha paura di addormentarsi; ha paura di risvegliarsi.

ooo


Vive lo stesso sogno che ha vissuto ogni altra notte.

Sorride mentre esce dalla gioielleria, l’anello riposto al sicuro nel suo mantello. Quattro passi dopo aver svoltato a sinistra è circondato. Cinque persone in tutto, i cappucci neri sollevati e le bacchette spianate, puntate al suo cuore.

Si ferma, il sorriso prima congelato, poi svanito.

Conosce queste persone. Le ha condannate a morte, ma queste sono sopravvissute. Invano cerca di prendere la sua bacchetta.

Con una risata stridula la persona più vicina – una strega – sua Zia – lo disarma.

“Stupido nipotino,” dice, tirando indietro il cappuccio. Gli altri fanno lo stesso. Tre non li conosce, il quinto è Rabastan, il cognato di Bella.

“Credevi veramente che non saremmo venuti a cercarti? Che non ti avremmo trovato? Che saresti stato al sicuro? Ci hai traditi. Ho perso tutta la mia famiglia – la tua famiglia – a causa tua.” Gira intorno a lui, fermo a testa alta.

Quando torna a guardarlo in volto sogghigna, poi conficca la bacchetta nella sua gola. “Ti abbiamo trovato, Draco. E adesso ci divertiremo con te, prima di ucciderti.” Ride ancora, così come Rabastan.

Gli lanciano contro maledizioni, lo colpiscono, ma curano i segni esterni dell’attacco. Infine, nonostante un mal di testa lancinante, Draco cerca di Smaterializzarsi. Appena prima di riuscirci Bellatrix e Rabastan lo colpiscono con due maledizioni, contemporaneamente, entrambe Rosse. C’è un lampo Rosso.

Si sveglia con un sussulto e si mette seduto sul letto. Si guarda intorno e nota che tutto è colorato, e lo trova strano. Poi si rende conto che è bizzarro notare la presenza del colore e capisce che è nuovo per lui sapere che c’è qualcosa di diverso dal giorno prima.

Il giorno prima.

Si allunga verso il comodino e apre il cassetto. Cerca nell’angolo sinistro e afferra la piccola scatola nera. La tira fuori, la apre e vede l’anello.

E questa mattina ricorda tutto. Non gli ultimi tre anni passati in ospedale, ma quello che è successo prima. Tutto.

Perché ha lasciato il Signore Oscuro. Come Hermione ha catturato per la prima volta il suo interesse. Quando lo ha baciato la prima volta per farlo stare zitto e come erano andati avanti a baciarsi un dieci minuti buoni prima di rendersi conto cosa fosse successo.

Il loro primo appuntamento, quello che indossava; la prima volta che si sono tenuti per mano. Tutto.

Harry. Ron. Ginny. L’Ordine. I suoi genitori. La medaglia al merito ricevuta dal Ministro – una medaglia che ha dato a Hermione.

La notte che le ha dato un bacio di buonanotte ed è andato a ritirare un anello. E tutto quello che è accaduto nel mezzo.

La comprensione lo fa quasi stare male fisicamente. Era tutto – lì – e sa che non sempre è stato così, così accessibile.

Poi, guidato da un sussurro nella sua mente, guarda alla cornice accanto al suo letto. È Grattastinchi, ma quello che è strano è che la cornice è azzurra, non Rossa. Si alza e si avvicina alla pila di libri. Storia di Hogwarts è marrone. Corruga la fronte.

La porta si apre e Harry entra. “Buon giorno, Signor Malfoy. Come -”

“Di che colore era vestita ieri Hermione?” lo interrompe Draco con impazienza.

Harry s’acciglia. “Rosso.”

“Sei sicuro. Era Rosso.”

“Sì. Un vestito Rosso. Draco -”

“Che colore è questo libro” chiede, tenendo in mano il vecchio volume, Rosso solo fino a poche ore prima.

“Marrone.”

Draco attraversa la stanza fino al comodino. “Questa cornice?”

“Azzurra. Draco, perché queste domande?”

Draco fissa Harry. “Ieri erano Rosse.”

“Ieri.”

Annuisce.

“Ti ricordi di ieri?”

Annuisce ancora.

“Allora di certo ti ricorderai che è una grande novità per te ricordare ieri.”

E allora Draco si lascia cadere sul letto, lo sguardo fisso sul muro di fronte a sé. “Sì,” conferma.. Poi si prende la testa tra le mani. “E’ tutto vero, eh? Sono passati quasi tre anni.”

Harry annuisce e Draco si stringe tra sé. Hermione è veramente con Ron. Non è stato solo un terribile incubo. Tutto quello –

“Vorrei farti alcune domande, Draco.”

Fa un cenno di assenso.

“A chi ho dato metà della bacchetta di Voldemort?”

“A Remus.”

Harry conferma. “E che cosa mi ha detto Molly quando sono tornato dalla battaglia?”

“Ha detto Harry Potter, mettiti un maglione o ti prenderai un raffreddore. Ma stava ridendo e ti stava abbracciando e stava piangendo, tutto insieme.”

“Che cosa aveva programmato Ron per Luna per il giorno di San Valentino che hai, uhm, saltato?”

La testa di Draco scatta per incontrare lo sguardo di Harry. È veramente arrabbiato. “Perché mi chiederesti questo?

“Perché sei una delle sole tre persone a conoscere la risposta.”

Lo sguardo di Draco verso Harry è assassino. “Voleva portarla al parco per farle fare un giro su una carrozza trainata da cavalli. Cosa che, suppongo, non è mai avvenuta.”

“Uhm, no. Eravamo tutti qui quel giorno.”

Draco sospira e si passa una mano tra i capelli. C’è un dolore costante, sordo, che gli attanaglia il cuore e le interiora.

Harry gli sorride con calore. “Tieni, la tua bacchetta” dice, porgendola a Draco. La prende e un poco di quel dolore e di quel disagio scompare.

“Adesso ti chiederò di fare alcuni incantesimi.” Draco sbuffa. “Giusto per essere sicuro. Ti prego di sopportarmi.”

“Levitazione… Appello… Disillusione… Patronus…”

Draco li esegue uno dopo l’altro, con facilità. È annoiato.

“Bene,” conclude Harry. “Credo tu sia pronto, puoi raccogliere le tue cose e seguirmi nel mio ufficio.”

Draco sbatte le palpebre. “Vuoi che lasci questa stanza?”

“Sì. Sto per dimetterti.”

Sta andando a casa. Cede al panico. Casa. Non c’è bisogno di fare domande per chiedere in che stato sia la sua casa. No, aspetta. Lui sa tutto di come sta messa la sua casa. È la sua abitazione di cui non sa nulla. No, casa se n’è andata.* Così, Draco ubbidisce e raccoglie i suoi averi. Non ha molto, solo l’anello e i vestiti che indossava e che indossa, per uscire.

Una volta nell’ufficio di Harry, si rilassa. Ma Harry nota che il suo colorito è verdognolo.

“Draco? Stai bene?” gli chiede, porgendogli un bicchiere d’acqua.

“Sì. È solo – è accaduto anche ieri. La mia testa, il mio cervello, sa che non posso ricordare gli ultimi anni. Ma c’è una parte di me, sprofondata in me, che sa che sono stato in quella stanza per tanto tempo. E quella parte inizia a cedere al panico. Ma starò bene, ne sono sicuro. Una volta che mi abituo a questo -” Si ferma, perché non sa come chiamarlo. Una nuova vita? Un nuovo stato delle cose? Un nuovo mondo? Non ne è sicuro.

Harry aggrotta la fronte. “Magari dovresti parlare con qualcuno.”

“A chi? A un Guaritore per la testa? No, grazie, Potter. Posso farcela da solo.”

Harry gli rivolge un sorriso saputo. “Sapevo che avresti detto qualcosa del genere.” Poi si mette a sistemare alcuni fogli sul suo tavolo. “Questi sono i fogli per il tuo rilascio. Io – gli ho preparati la scorsa notte, giusto in caso. Firma dovunque vedi una ‘X’. T’ho ridato la bacchetta e hai preso le tue cose. Le tue proprietà e le rendite finanziarie sono state curate tutte da Hermione. Ti saranno ridate subito, con effetto immediato.”

Draco rimane interdetto. “Hermione?”

Lo sguardo di Harry è preoccupato. “Sì. Ti – ti ricordi di lei, vero?”

“Sì, certo,” risponde. “Ma perché lei?”

Harry scrolla le spalle. “Voleva farlo e ha chiesto i permessi al Ministero. Si sono detti d’accordo, a patto di ricevere un piccolo ammontare degli interessi.”

L’espressione di Draco è sarcastica. “Giusto. Piccolo.”

“Sono sicuro che sarà felice di farti un rapporto sullo stato della tua compagnia.” I loro sguardi si incrociano ed è Harry ad allontanare per primo gli occhi.

“Ne sono sicuro”, dice Draco, anche se non è molta la voglia di ricevere un rapporto dei suoi affari da Hermione-

“C’e nient’altro di cui hai bisogno?” Gli chiede infine Harry, una volta firmati tutti i fogli.

“No,” replica Draco, a disagio. Tuttavia c’è qualcosa di cui avrebbe bisogno. Di avere indietro la sua vita, tanto per cominciare. “Ho fatto un sogno la scorsa notte, solo che non credo fosse un semplice sogno. Riguardava la notte in cui tutto questo è successo.”

Harry si mette sull’attenti. “Oh? Cosa hai visto?”

“Tutto. Esattamente come lo ricordo.”

“Chi- chi è stato?”

Draco si lascia andare a un sorriso amaro. “Zia Bella. E altri quattro Mangiamorte. Dicevano che era solo questione di tempo prima che mi trovassero e mi ripagassero per averli traditi. Anche Rabastan era con lei, entrambi mi hanno colpito con differenti maledizioni mentre tentavo di Smaterializzarmi. E la cosa che ricordo dopo questo è svegliarmi ieri mattina e vedere tutto in bianco e nero.”

“Sei arrivato qui.”

“Era quello il mio obiettivo. Sapevo di essere ferito, gravemente. Volevano che mi pentissi veramente di quello che avevo fatto. Prima di uccidermi, ovviamente.”

“Ovviamente,” gli fa eco Harry, con una smorfia. “Bellatrix è l’unica Mangiamorte ancora alla macchia. Gli altri quattro, Rabastan incluso, sono stati presi.” Si ferma e guarda Draco. “Malfoy, mi – mi dispiace per quello che è successo.”

Sospira. “Anche a me.”

C’è un momento di silenzio, poi Harry chiede, “Che farai d’ora in poi?”

“Cercherò di rimettere la mia vita in ordine. Poi darò la caccia a zia Bella. Se gli altri fossero ancora liberi, darei la caccia pure a loro. Ma c’è solo Bella, e che Bella sia. Non sono sicuro di quello che farò una volta che l’avrò trovata. Sia chiaro, Harry, la troverò.”

“Se c’è qualcuno che può, Malfoy, quello sei tu. Voglio che ritorni tra qualche settimana per un controllo. Niente di che, solo per essere sicuri che tu stia bene,” dice Harry. “E se succede qualcosa prima, vieni qui subito.”

Draco mormora il suo assenso e Harry scrive una data su un fogliettino.

“Malfoy, è – è bello riaverti con noi.”

E’ chiaro che Harry non lo stia dicendo per circostanza e Draco cerca con tutte le sue forze di sorridere, ma non riesce a metterci il cuore. È un misto tra un sorriso, una smorfia e un groviglio di dolore. Ma Harry lo comprende e annuisce.

“E Draco, se hai bisogno di qualcosa non esitare. Non sei un estraneo. Vieni a vedere James.”

Draco esita, poi annuisce e si alza, pronto per lasciare l’ospedale. “Va bene. Mandami un gufo.”

“E non inviterò Hermione e Ron.”

Draco si irrigidisce e un’ondata di rabbia lo travolge. “Sarebbe saggio, suppongo, se vuoi che venga a fare una visita. Saluta Ginny da parte mia, okay?”

“Sicuro.”

“Grazie, Harry, per tutto quello che hai fatto per me. E – e se vedi Hermione, per piacere estendi i miei ringraziamenti anche a lei,” dice, una espressione triste sul volto.

Harry annuisce, poi dice, “Non essere così depresso, Malfoy. Casa tua è lì dove l’hai lasciata.”

Draco si ferma con la sua mano sulla maniglia e replica, a bassa voce. “La mia abitazione è rimasta dove l’ho lasciata. Non casa mia.” Poi abbassa la maniglia e lascia la stanza.

ooo


Un’ora più tardi Hermione arriva al San Mungo. Si dirige verso la stanza di Draco e quando ci arriva spalanca la porta. Solo per trovare qualcuno che sta pulendo la stanza, cambiando il letto, e scuotendo i cuscini.

“Cosa sta facendo?” chiede, una nota di panico che si fa largo nella sua voce.

“Pulendo la stanza,” risponde la donna.

“Ma, perché?”

“Il paziente se n’è andato.”

Il panico si moltiplica, per due, per tre, per dieci. L’ultima volta che ha visto Draco era in uno stato catatonico, raggomitolato su se stesso. Di certo non può essere – morto; non può essere. La vita non le farebbe questo, giusto?

“Cosa è successo?” chiede, freneticamente.

La donna alza le spalle. “Deve chiedere al Guaritore. Io mi limito a pulire le stanze.”

Hermione corre fuori dalla stanza, corre nell’ufficio di Harry. Deve bussare sei volte prima di sentire la sua voce invitarla ad entrare.

“Dov’è?” chiede, mentre sta ancora entrando.

“Malfoy?”

Hermione gli rivolge un’occhiataccia. “No. Il paziente nella stanza 200. Certo che Malfoy!” Sta praticamente urlando. “Sta bene?”

“Hermione, ti prego, calmati. Sì, sta bene. Siediti, prendi una caramella al limone**,” dice Harry, indicando una sedia sistemata di fronte a lui e una coppa ripiena di dolcetti gialli.

Si siede, ma non prende nessuna caramella. “Dov’è?” chiede di nuovo, stavolta calma, come se tutta la sua energia si fosse evaporata una volta scoperto che stava bene.

“In questo momento, sarà probabilmente arrivato a casa. L’ho dimesso.”

Gli occhi le fuoriescono dalle orbite. “Tu l’hai lasciato andare?

“Sì. S’è svegliato stamattina con tutti i suoi ricordi intatti. Tranne che per il tempo trascorso qui, naturalmente. Non c’erano ragioni per trattenerlo. Gli ho fatto delle domande, gli ho chiesto che eseguisse alcuni incantesimi minori, e poi l’ho lasciato andare.”

Lei sembra affondare ancora più nella sedia. “Non gli ho nemmeno detto addio***.”

Harry la guarda con occhi acuti. “Pensavo gli avessi detto addio ieri.”

“L’ho fatto, ma…” si ferma, non sapendo cosa dire esattamente.

“Hermione. Lo sai che ti voglio bene. E lo so che questi ultimi giorni sono stati un terremoto. Ma devi dargli un po’ di tempo perché si riabitui alla vita. Il suo intero mondo gli è stato tolto da sotto i suoi piedi, l’ultima cosa che ricorda è darti la buonanotte in una fredda notte invernale e poi venire attaccato da dei Mangiamorte.”

Lei sussulta. “Si ricorda quello che gli è successo?”

Harry annuisce. “Sì. Sua zia e pochi altri.”

“Oh, povero Draco. Sta bene?”

“E’ forte. Si rimetterà. Come ho detto, ha bisogno di tempo, Hermione. Specialmente per digerire le novità che – che ti riguardano.”

“Che riguardano me?” chiede, arrabbiata.

“Di te e Ron.”

“Oh, al diavolo! Io e Ron abbiamo avuto un’enorme litigata ieri sera.”

“Su di lui?”

“Certo. Cosa si aspetta? Draco è stato di gran lunga la cosa più importante nella mia vita, e ora sta bene.”

“Credo che la domanda sia, qual è la cosa più importante nella tua vita ora? Ron? C’è qualcosa? Vuoi che sia Draco?”

Lei balbetta, non pronta ad affrontare queste domande. “I-io non lo so, Harry.”

“Credo che tu abbia bisogno di decidere, Hermione.”



Fine Prima Parte



Note di traduzione

*) Nell’originale vengono usati i termini “Home” e “House” la cui traduzione italiana letterale è, per entrambi, “Casa”. Tuttavia il primo porta con sé, oltre al siginificato di abitazione, anche i concetti di famiglia, di affetto e di intimità che sono assenti nel secondo. Non esistendo in italiano una simile distinzione, ho scelto le traduzioni “Home -> Casa” e “House -> Abitazione” sperando si notasse la maggior freddezza del secondo rispetto al primo.


**)Nel primo capitolo di Harry Potter e la pietra filosofale, Silente offre alla professoressa McGranitt un ghiacciolo al limone: in realtà, sherbet lemon (o lemon drop nell’edizione americana) indica, oltre al sorbetto, anche un tipo di caramelle al limone molto diffuso nel Regno Unito.

***) Nell’originale Hermione dice ad Harry che non è riuscita a dare il suo “Goodbye” a Draco. In questo contesto il significato di “Goodbye” è un po’ più forte del nostro arrivederci e contemporaneamente un po’ meno definitivo del nostro addio.


Ulteriore nota.
La frase iniziale originale è “Every morning Draco Malfoy has the same dream” la cui traduzione letterale sarebbe “Ogni mattina Draco Malfoy fa lo stesso sogno”. Il verbo fare, però, in questo contesto non mi convinceva proprio. Come avrete capito Draco non ha nessun controllo sul suo sogno/ricordo e usare un verbo “attivo” come “fare” che prevede, quindi, una qualche compartecipazione di Draco, non mi piaceva. Inizialmente avevo pensato di tradurre la frase come “Ogni mattina Draco Malfoy ha lo stesso sogno”, sfruttando la doppia traduzione dall’inglese di “to have a dream” sia in “fare un sogno” che “avere un sogno”, tuttavia nell’accezione italiana la seconda forma ha un significato e un uso leggermente diverso da quella inglese che avrebbe reso il testo poco scorrevole. Nel bel mezzo dei miei dubbi mi è venuta in soccorso merryluna, che ringrazio tantissimo, suggerendomi l’utilizzo del verbo “vivere”, un ottimo compromesso tra il rispetto del senso originale della frase e la non storpiatura dell’italiano.

   
 
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