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Autore: Cohava    03/11/2012    4 recensioni
Edmund è re insieme ai suoi fratelli, si è riscattato per il suo tradimento ed è felice...
Ma ogni anno, durante una certa ricorrenza, i ricordi tornano ad assalirlo. Perchè certe macchie non si cancellano, mai.
Edmund/Strega Bianca, con accenno di Lucy/Tumnus
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edmund Pevensie
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il re si portò la mano alla gola, con un gesto secco. Generalmente si lasciava avvolgere dai colori, dai suoni e dagli odori invitanti delle feste e badava di esserne sempre il centro e il cuore, ma in quell’occasione mai.
Anniversario della Battaglia di Beruna. Queste parole gli rimbombavano nelle orecchie da giorni, scandendo il ritmo dei preparativi gioiosi a cui non voleva né poteva partecipare: i tributi si pagano, pensò amaro. Mantenne il pugno contratto intorno al piccolo gioiello che portava al collo, un medaglione intarsiato con un motivo di serpenti, per evitare di farlo scorgere agli occhi troppo curiosi delle schiere di cortigiani affamati di dettagli sul suo malumore. Non lo apriva da anni, ma sapeva perfettamente cosa conteneva: una ciocca di capelli biondi, sottili come seta.
Lasciò vagare lo sguardo per la grande sala. In un angolo, vicino ai tavoli del banchetto, scorse sua sorella che parlava con il fauno Tumnuis; le teste vicine, le mani nelle mani, i bisbiglii… Tutto contribuiva a creare il sentore di qualcosa su cui nessuno indagava, nessuno chiedeva niente: come per il suo medaglione, da tanto tempo la corte di Cair Paravel era avvolta da un reticolo di non detto, finemente intessuto, che andava a coprire con dolcezza gli spazi vuoti, i buchi che ognuno di loro aveva dietro la pretesa di trasparenza… Pretesa che, in effetti, era legittimata proprio dal fatto che nessuno avrebbe mai chiesto niente riguardo le mille cose che si potevano soltanto intuire.
Forte di questa certezza, Edmund si alzò dal trono e si diresse verso la galleria degli arazzi, che sapeva essere vuota: non voleva essere disturbato, non quella sera, non quella notte. Aveva bisogno di quel tempo per riflettere, per guardare dentro sé stesso e, forse, a partire dal giorno seguente sarebbe stato di nuovo in grado di partecipare a mente sgombra agli obblighi regali, magari esaminando le proposte di alleanze tramite il suo matrimonio con qualche principessa straniera. Domani, si disse, mentre le briciole di un sentimento più antico lo costringevano a fermarsi davanti a un arazzo in particolare.
Avrebbe potuto sembrare un gesto autocelebrativo, visto che l’immagine rappresentava anche lui. Appena più giovane, con i lineamenti duri e decisi e un’armatura scintillante indosso, si accingeva a vibrare il colpo decisivo, quello che avrebbe distrutto la bacchetta magica della Strega Bianca; giocoforza, l’altra metà della stoffa era occupata da un suo ritratto.
L’artista non aveva infierito: al tempo della realizzazione qualcuno, forse Peter, doveva aver insistito affinché la verità storica fosse rispettata, dunque la Strega non era stata raffigurata, come in molte altre opere, mostruosa e deforme, bensì come era stata davvero: bellissima. Anche così, pallida e sconvolta, l’ombra della sconfitta già impressa sulla fronte candida. Doveva segnarsi il nome di quel ricamatore, pensò Edmund, commosso suo malgrado; nella sua mente continuavano a susseguirsi immagini che solitamente tendeva a cancellare, seppellire, rifiutare.
Una donna maestosa, avvolta in candido manto di pelliccia.
Un’ambigua sacerdotessa dalle braccia nude, il coltello di pietra già levato verso di lui, impotente, legato contro un tronco.
Una guerriera feroce alla testa del suo esercito.
Il giovane sovrano si lasciò scivolare piano contro la parete, sconvolto dall’intensità di quei ricordi. Per Aslan, allora non avrà mai fine? Si chiese, quasi disperato. Non smetterò mai di essere diviso in due?
Poi un profondo respiro, due, tre, e l’aria pulita della sera gli gonfiò il petto, giungendo da una finestra aperta. Era passato, anche per quell’anno aveva pagato il suo tributo.
Bene, si disse, ancora confuso, bene. Posso riprendere la mia vita. Però, che sia io stesso a impormi questo tormento, oppure una maledizione che tu mi hai lanciato, puoi star sicura di una cosa…
Non ti dimenticherò mai, Jadis.

  
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