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Autore: vampirella    04/11/2012    12 recensioni
[AU!High School] Dal primo capitolo: "Midgern era una noiosissima città americana con il supermercato, la chiesa e il liceo, direttamente uscito da un film hollywoodiano da distribuzione home video. Vi si potevano trovare tutti i cliché immaginabili: arroganti campioni di football, cheerleaders dalla testa vuota, clubs di scacchi e di scienze, un giornalino d’inchiesta ed un fumetto satirico.
Sembrava fosse tutto così scontato.
Poi Steve cominciò l’ultimo anno di liceo e le cose cambiarono."
[StevexTony, ThorxLoki, ClintxNatasha, BrucexPepper]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
Un'introduzione del tutto dovuta dalla voce narrante,che dipanerà le vicende dei nostri eroi con imparzialità e un pizzico di ironia.

L'immagine proviene da qui: http://williamcoulson.deviantart.com/


Midgern era una tipica cittadina di quindicimila anime resegate in un territorio pianeggiante, circondato da campi di mais e collegato alle città vicine dalle grandi statali. Aveva un supermercato, una chiesa e un liceo, che sembrava direttamente uscito da un film hollywoodiano da distribuzione home video. Vi si potevano trovare tutti i cliché immaginabili: arroganti campioni di football, cheerleaders dalla testa vuota, clubs di scacchi e di scienze, un giornalino d’inchiesta ed un fumetto satirico.

Sembrava fosse tutto così scontato.

Poi Steve cominciò l’ultimo anno di liceo e le cose cambiarono.

Ma è meglio andare con ordine.

Steven Rogers era il quaterback della squadra di football, i Lions.

Era biondo, aveva gli occhi azzurri, una stazza invidiabile e un’energia sbalorditiva in campo. Era gentile ma deciso, ligio al dovere ma sempre pronto a fare festa e aiutare gli amici in difficoltà. Inutile dire che era il ragazzo più attraente e più popolare della scuola.

Sembrava perfetto, Steve. Insomma, avete letto le righe sopra no? Eppure c’era qualcosa che non andava.

Per prima cosa, Steve non aveva una ragazza.

Non aveva flirt, storie occasionali, fidanzate di lunga data sparite nel nulla: niente. E quando si cercava di scavare un po’ di più nel suo passato sentimentale lui scrollava la testa e cambiava discorso.

Che questa cosa gli pesasse non lo dava a vedere, ma si supponeva non fosse così. In fondo, se avesse voluto una fidanzata sarebbe stato semplice sceglierla fra le miriadi di fan che gli si accalcavano costantemente intorno. Cercava il vero amore? Probabile, ma in cinque anni di liceo vedere un quarterback senza una cheerleader al suo fianco era…strano.

Steve in generale era molto riservato. A scuola lo conoscevano tutti, partecipava agli eventi organizzati dalla comunità e spesso compariva a qualche festa organizzata dalla gente più cool della scuola, ma per il resto non si sapeva bene cosa facesse. Che fosse figlio di un acrobata da circo o di un cuoco francese nessuno lo sapeva: parlava pochissimo di sé e permetteva che a scuola su di lui girassero solo voci. Il resto, buio.

A nessuno però importava più di tanto. Chi era riuscito ad ottenere un minimo di interesse da parte di questo bel ragazzo era soddisfatto, vedendo l’utile che avrebbe portato la sua amicizia. Così, durante gli anni, Steve si era involontariamente circondato di ipocriti. Aveva stoicamente resistito, il quaterback, ma alla fine del quinto anno si rendeva conto che la situazione gli stava sfuggendo di mano. Doveva fare troppi favori a della gente di cui non gli importava niente e che ogni giorno cercava di prendere il suo posto in maniera subdola. A Steve non importava del suo ruolo a scuola, ma non sopportava di essere umiliato dopo tutto il supporto che aveva concesso.

Stava pensando a un cambiamento, Steve. Che fosse partire per l’Europa o cominciare il corso di Economia domestica non sapeva, ma qualcosa avrebbe fatto.

Per prima cosa, si disse, avrebbe aiutato quell’enorme ragazzo davanti a lui ad aprire il suo armadietto. Primo perché lo stava letteralmente scardinando, secondo perché in realtà quell'armadietto era di Steve.

Donald ‘Dan’ Blake odiava le scuole americane. Quando il padre era riuscito finalmente a convincere sua madre a trasferirsi Dan aveva pensato ‘Fantastico’. Ma dopo due mesi e quattro cambi di scuola non ne poteva più.

Per la frustrazione stava prendendo a calci il suo armadietto, quando un ragazzo gli mise la mano sulla spalla.

- Ehi amico, vacci piano. Quello è il mio armadietto! - gli disse, con fare scherzoso il ragazzo dietro di lui. Dan gli restituì uno sguardo interrogativo.

- Come? Non è possibile, io ho il 199. - rispose, guardando il biglietto che teneva in mano.

Steve prese il biglietto, e lo girò.

- Io credo sia il 661. -

Dan ci pensò su qualche secondo.

- Per dimostrartelo compirò una magia. - Steve armeggiò con la combinazione e l’armadietto si aprì di scatto. Dan si sentì improvvisamente molto stupido.

- Scusami. - si limitò a dire, guardandolo di sottecchi. - Sono un idiota. -

- Nessun problema. Capitano a tutti delle giornate no. Sei nuovo? -

- Già. Mi chiamo Donald. - e gli tese l’enorme mano.

- Steve. Da dove vieni? -

- Stoccolma, ma mio padre è americano. -

- Beh, credo che ti troverai bene, qui. Le ragazze già ti guardano con interesse. - si giustificò Steve, osservandosi intorno come per validare la sua ipotesi.

Anche Dan si guardò attorno. - Oh, ehm, ed è un bene? -

- L’ammirazione femminile porta al rispetto maschile. -

- Capisco. - anche se il suo viso esprimeva il contrario. - Sai dove si trova l’aula B3? -

- Fai letteratura inglese? -

- Beh, tanto vale mischiarsi fra gli autoctoni se dovrò vivere qui a lungo. -

I due ragazzi risero.

- Allora, seguimi. Anche io sono in corso. –

Da quel momento i due ragazzi diventarono ottimi amici. Non fu difficile per Dan mischiarsi alla 'fauna' del liceo, un po’ grazie a Steve e un po’ grazie al suo invidiabile fisico. Alla fine del primo mese ottenne circa cinque inviti dalle cheerleader, un paio da altre ragazze carine e moltissime da altre che non aveva mai visto o che erano senza speranza. Non che a Dan importasse, era più concentrato sui suoi voti (aveva come obiettivo quello di ritornare in Europa, alla fine del quinto anno, per studiare in un’università prestigiosa) e di essere nel giro “giusto” senza pestare i piedi a qualcuno. La cosa si rivelò abbastanza semplice, in fondo. Doveva molto a Steve, a cui però bastava averlo come amico sincero e leale. Pian piano Steve mise sempre più distanza dal suo vecchio giro del football per passare la maggior parte del tempo con lo svedese. In fondo seguivano parecchi corsi assieme e si ritrovavano su molte cose. Ma, si rese conto presto Dan, neanche con lui Steve si apriva molto.

Un giorno, al termine della lezione di Calcolo, i due ragazzi si diressero alla mensa per il secondo turno del pranzo, parlando dell’immensa mole di compiti che li aspettava a fine serata.

Prima di poter spingere la porta a vetri che dava sul refettorio gli si parò davanti Virginia Pots.

- Pepper! - sobbalzò Steve, spaventato dall’uscita a sorpresa. Presto diventò rosso come un peperone, sapendo già cosa doveva aspettarsi.

- Steven Rogers! - scandì Pepper. - Ti ho lasciato circa un miliardo di messaggi in segreteria. Hai ancora intenzione di aiutarmi con il fondo per gli Angeli di Midgern o no? Perché se non te ne frega più nulla allora posso cercarmi un'altro collaboratore! -

Pepper era a capo del Consiglio Studentesco. E del Club di Scacchi. E del Club di Oratoria. E di quello… beh, ci vorrebbero un sacco di pagine per scrivere tutto, e non ho voglia. Comunque credo di aver reso l’idea. Alla fine del quarto anno Pepper aveva un curriculum che avrebbe fatto impallidire uno studente dell’Università. Qualsiasi attività ci fosse da realizzare, qualsiasi tipo di volontariato esistesse, lei era della partita. Tutti la conoscevano, a Midgern.

- Mi sono… dimenticato. Quando ci sarà la prima raccolta? -

- Sabato. - Pepper fumava, letteralmente, di rabbia.

- Oh. Beh… ci sarò. -

- Non credere di cavartela così a buon mercato, mio caro! Devi essere punito. -

Steve non riuscì a trattenere un sorriso, mentre il viso della ragazza si addolciva.

- Che devo fare?-

- Un’intervista. Al giornalino della scuola. Sai da quanto tempo desiderano fartela. - continuò lei, mentre Steve scuoteva energicamente la testa in segno di diniego. - Così pubblicizzerai la cosa. Non dire di no, o altrimenti non ti parlerò mai più! -

Steve sospirò. - E va bene. Me la fissi tu? -

- Già fatto. - sorrise sorniona lei. - Domani alle quattro, nella loro aula. Non dovresti avere problemi: ho controllato il tuo orario. Grazie, caro, a sabato! - e scappò via, prima che Steve potesse dirgli qualsiasi cosa.

Dan entrò in mensa, guardando l’amico rinchiuso in silenzio assorto.

- Gli Angeli di Midgern? -

- E’ un’associazione di volontario - spiegò Steve, mentre si mettevano in fila al self service. - Si preoccupano di fornire cibo e altre forme di assistenza in maniera assolutamente gratuita agli indigenti della città.-

- Caspita. -

- Vorremmo sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo alle loro attività. Ovviamente Pepper pensa sia una buona cosa che ci sia anche io. -

- Certo. - annuì pensoso Dan. - Per attirare la gente della scuola. In fondo qui dentro sei la persona più popolare. -

Steve lo guardò - Quindi lo pensi anche tu? -

- Non è la questione del pensare. E’ un dato di fatto. –

I due ragazzi, con i vassoi pieni, si misero a cercare un tavolo nell’affollatissima sala da pranzo. Fortunatamente una cheerleader del primo anno fece loro cenno di aggiungersi a lei e alle sue rumorosissime amiche.

-Oche. - in fondo alla sala, nascosta dalla varia umanità che pranzava e discuteva, urlava e camminava, Natasha Romanoff fumava una sigaretta di pessima fattura.

- Cosa hai detto? - urlò vicino a lei Luke Laufey, attento molto più alle parole che scriveva sul suo laptot piuttosto che all’amica.

Nat si girò verso il moro, contrariata. - Ma li hai visti? Per quale motivo devono avere tutto, quei due? Per quale motivo per loro deve essere tutto così maledettamente… semplice? -

- Come? - Luke alzò gli occhi verso di lei, completamente spaesato. - Di cosa…cosa…? -

Nat gli prese malamente la testa, come se fosse intenzionata a spezzargli il collo, e lo girò forzatamente verso il tavolo di Steve e Dan.

- Guardali! - ringhiò la ragazza. - Hanno tutto. Qualunque cosa gli serva arriva qualche dannato ragazzino servizievole pronto a fare i salti mortali per loro. Ti rendi conto che quella merda di Tim Ferguson gli ha promesso i compiti di storia di tutto il semestre? Gratis! Io gli ho chiesto un misero compito di chimica il primo anno e ho dovuto dargli i soldi che mi servivano per le sigarette di quella settimana! -

- Sì, beh, tanto poi non lo hai pagato. Ma di chi parli? Del ragazzo seduto vicino a Steve Rogers? -

- Anche. - con uno sbuffò Nat lasciò l’amico. - Donald Blake. E’ svedese. E’ arrivato da un paio di mesi. -

- Non l’ho mai visto, a essere sincero. - Luke si massaggiò il collo, osservando il ragazzo dagli occhi blu e la risata contagiosa.

- L’avresti VISTO se tenessi gli occhi staccati dal pc qualche volta. - lo canzonò lei. - Come va l’articolo? -

L’altro sbuffò, scorrendolo velocemente. - Lasciamo perdere. - Chiuse lo schermo del pc e lo mise in borsa. - Andiamo a lezione? -

- Francese. Che materia di merda. - Nat si alzò e schiacciò la cicca della sigaretta per terra, poi prese I suoi libri. - Perché abbiamo l’obbligo di studiare due lingue straniere? Tutti parlano l’inglese, no? -

- Senti, dimmi qualcosa di questo Donald Blake. - fece Luke, ignorando completamente il suo discorso.

- Oh. - Nat lo guardò. Luke Laufey era il direttore del giornalino della scuola fin dal secondo anno. Era riuscito a riportare in auge quel pezzo di carta che da anni fungeva semplicemente come bollettino di guerra per gli avvisi del preside o i cambiamenti del menù della mensa. Luke sapeva scrivere, e lo faceva bene: purtroppo era condannato a farlo per denaro (più correttamente, per i soldi che il giornalino poteva fornigli, nella sua tiratura limitata, e spendibili solo per la redazione.) Aveva in programma di pubblicare un libro prima della fine del liceo, e di studiare giornalismo all’università. Sempre che suo padre glielo avesse permesso.

Natasha Romanoff era completamente diversa. Lei non pensava, agiva. Era considerata una dei ‘ragazzi’ irrecuperabili della scuola e come conseguenza passava molto tempo dal consulente scolastico. Non che avesse qualche particolare problema, semplicemente odiava i vincoli e le imposizioni… a Luke piaceva molto perché non era come la lobotomizzata massa di gente che popolava la scuola. Lei aveva una sua opinione sulle cose che le interessavano e non gliene fotteva un cazzo di esporle anche quando sapeva che sarebbero arrivati guai. Che poi le conseguenze non erano così disastrose: Nat picchiava duro (merito delle lezioni di kick boxing che seguiva assiduamente) e sapeva come circuire le varie autorità nei momenti più critici. Il faccino da bambola sicuramente aiutava.

- Donald ‘Dan’ Blake. Capricorno. Altezza: 1,80. Occhi: azzurri. Capelli: biondi. Corsi seguiti:Calcolo, Letteratura Inglese, Tecnologia… -

- Nat, ti prego! Odio quando fai così. -

- Che c’è? Sono precisa! -

- Sembri un soldato! - l’esasperazione di Luke si trasformò in un sorriso malizioso quando vide nel corridoio affollato una figura conosciuta. - A proposito di soldati… -

Natasha Romanoff aveva un punto debole. Oddio, ne aveva diversi: il burro di arachidi, l’ossessivo masticare i tappi delle penne e le sigarette, ma il suo più grosso punto debole era Clint Barton.

Clint Barton era un ragazzo allegro. Non poteva vantarsi di essere una delle persone più importanti del liceo, ma aveva il suo giro. Faceva parte della squadra di arco del liceo, sport abbastanza praticato nella zona. Aveva vinto parecchie medaglie, anche a livello regionale,e si sentiva dire che la Nazionale aveva espresso dell’interessamento nei suoi confronti. Ma Clint non era interessato allo sport: aveva deciso di fare la leva militare subito dopo il diploma e di diventare soldato. I motivi erano essenzialmente due: il primo era che Clint era figlio del Generale Barton, che fin dalla più tenera età gli aveva inculcato concetti come orgoglio patriottico e dovere. La seconda era che dal decesso del padre la famiglia si trovava in ristrettezze economiche. Gli zii del ragazzo davano una mano e gli permettevano di studiare, ma si rendeva conto che non poteva chiedere loro altri sforzi per l’università. La carriera militare era l’unica scelta, e fin dal primo anno di liceo il ragazzo si era rassegnato alla sua strada.

Nat divenne rossa e cominciò a giocare con una ciocca di capelli. Il ragazzo si accorse dei due amici e li salutò con un cenno del capo.

- Ehi Clint, come butta? - gli rispose Luke, dandogli la mano.

- Tutto a posto. Voi? -

- Stiamo andando a francese. - rispose Nat, riprendendosi dal suo stato catatonico, cercando di sembrare più tranquilla possibile. - Tu che fai? -

- Ho Letteratura Americana. Ehi, Luke, ho sentito che hai intenzione di far uscire un’edizione del giornalino dedicata alle associazioni sportive della scuola. Cosa hai in mente per l’Arco? -

- Te lo farò sapere. - sorrise enigmatico il moro. - Aspettati una mia chiamata. -

Clint annuì e fece per continuare per la sua strada, ma Nat lo bloccò.

- Clint, mi chiedevo…è uscito l’ultimo di James Bond, questa settimana. Ti andrebbe di venire con me a vederlo? -

Lui la guardò, tranquillo, senza espressione, per un paio di secondi.

- Mi dispiace, ma non posso… -

- Oh. Magari un’altra volta. -

- Già. - Lui le fece un cenno e scomparve fra la folla. Nat guardò ancora per qualche secondo il punto in cui prima c’era il ragazzo, finché Luke le sussurrò all’orecchio. - Pessima mossa, rossa. -

- Chiudi quella fottuta bocca. - Nat si diresse verso l’aula di francese il più velocemente possibile per poter seminare l’amico, cosa che non riuscì a fare.

- Si può sapere perché ci provi ancora? - gli chiese lui, visibilmente curioso.

- Non sono fatti tuoi. -

- Già immagino. Sia mai che la nostra Natasha non abbia quello che desidera! Sai, le cose non vanno sempre come si spera. -

- Senti, Luke, non rompermi i coglioni. - Nat si sedette all’ultimo banco con il broncio. Subito gli arrivò una palla di carta in piena faccia. - Ehi rossa! Hai incontrato il soldatino? -

Dall’altra parte dell’aula stava arrivando,con la sua borsa sgangherata, Antony Stark.Sorrise complice a Luke, che si limitò a scuotere la testa mentre tirava fuori i suoi appunti dalla borsa.

Tony si sedette davanti alla ragazza e incrociò le braccia. - Avanti, dimmi: cosa ha fatto oggi? -

- Ma perchè siete così interessati a cosa succede con Clint? -

- Perché - si girò Luke. - Tu ci provi ogni santissima volta, e lui ogni santisssima volta ti da’ picche. E tu continui. Stai diventando ridicola, lo sai? Se non picchiassi forte la gente ti starebbe già apertamente deridendo.-

- Ciò non significa che non lo faccia di nascosto. - puntualizzò Tony. Se c’era una persona che aveva tutti i diritti ad andare al MIT, quello era Tony. Era letteralmente un genio e praticamente un nerd. Oltre agli ottimi voti che otteneva senza sforzo, Tony collaborava come stagista per una ditta di meccatronica del paese e spesso dava una mano al personale della scuola per sistemare pc e stampanti. Non c’era tecnologia che non si piegasse sotto il giogo del ragazzo.

Il discorso venne interrotto da Pepper, che si catapultò in aula tutta trafelata. I capelli dritti come spaghetti le uscivano dalla treccia che li teneva elegantemente assieme.

- Sono in ritardo? Ah, no, meno male. - con un sospirò lanciò le varie borse che teneva in mano sulla sedia del primo banco.

- Ehi Pep! Vuoi sentire le ultime? - urlò dal fondo della sala Tony, mentre Nat lo guardava di sbieco e tamburellava sul banco con le dita, incerta se ucciderlo subito o dopo la lezione.

- Dopo. Luke. - si avvicinò al ragazzo. - Steve ha accettato. L’appuntamento di domani è confermato. -

- Splendido. - rispose lui, con un tono che non era proprio di felicità.

Pepper lo guardò un po’ interdetta. - E mi raccomando, niente scenate. -

- Scusa? -

- Dai. Lo sappiamo entrambi cosa causa il tuo ‘giornalismo d’inchiesta’ - la ragazza cercò di sistemarsi i capelli, senza riuscirci. - Ricordi i termini: tu fai un favore a me e io uno a te. -

Luke la guardò come se fosse un alieno, poi abbassò la testa, pensieroso. - Va bene. Niente ‘giornalismo d’inchiesta’. -


Mai fare le cose di fretta. Ho pubblicato il primo capitolo di questa mia fic con i tempi un po' ristretti e troppo tardi di mi sono accorta di non aver spiegato un paio di cose che probabilmente sono importanti.
Quasi tutti i personaggi presenti in questo primo capitolo li conoscete - altrimenti non vedo perchè sareste qui :) ! - eccetto due: Donald Blake e Luke Laufey.
Vabbè, per Luke non ci vuole un genio a capire che non è nient'altro che il Malvagio Fratello Loki. Per quanto riguarda Donald Blake, ecco, qualche tempo fa scoprii dai fumetti Marvel che per un certo periodo di tempo Thor visse sulla Terra sotto mentite spoglie (credo si dica così). Un po' come nel film, anche se l'idea penso sia più simile a Clark Kent/Superman. Comunque, viveva sotto lo pseudonimo di Donald Blake. Non so altro, perchè credo che questo sia successo più o meno negli anni sessanta, ma era giusto per spiegare l'origine del nome. Ho dovuto sostituire i nomi dei personaggi con qualcosa di più umano, poichè la storia è della serie 'romanzetto adolescenziale' e non di avventura. Quindi non si vedranno superpoteri o supercriminali. Anche se qualcuna di voi mi ha già fatto venire un paio di idee...
...eh si, perchè 'sta storia ha, credo, un giorno di vita e ho ricevuto sia recensioni che visite! Devo dire che la cosa mi fa piacere, ma mi fa anche un po' paura. E se poi vi deludo?
A proposito di delusione, il secondo capitolo tarderà un po' ad arrivare, perchè sto traducendo gli ultimi paragrafi di
A prova di proiettile, che a quanto pare ha riscosso molto successo. Vi consiglio di farci un giro, prima di entrare nel vivo di questa storia!
Ho in cantiere anche
Avengers Assemble: la Guerra dei Robot. Ma questa ve la consiglio solo se vi piacciono le storie di avventura e le Het ;)))))
E poi, niente. Vi invito a guardare la mia pagina di profilo: sono pubblicate le storie complete, quelle in cantiere, e nella bio le coming soon.
Sì lo so, mi sono fatta schifosamente pubblicità. Mi farò perdonare.

Ri-edit. Devo smetterla di fare le cose di fretta. Ho corretto tutti gli errori che ho trovato. Spero sia più leggibile e chiaro il tutto. Alla prossima!

Ri-ri-edit: L'immagine è di williamcoulson. Fateci un giro e lasciatele un commento se vi piace!

   
 
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