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Autore: Kysa    21/05/2007    24 recensioni
Il quarto capitolo della mia saga: a otto anni dalla perdita che ha segnato indelebilmente Harry e Draco, a Londra tornano segnali che i Mangiamorte sono risorti e con loro, potrebbe esserci un nuovo grande capo. La vita di Thomas Riddle, dopo la sua Sigillazione. Ora tutte le domande avranno risposta.
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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                                                     T. M. R.

                                Thomas Maximilian Riddle

 

 

 

 

 

"Se le emozioni avessero forma, questa sarebbe sicuramente quella delle nuvole."
David Kitching.

 

 

 

 

Il lato curioso di favole e leggende è che queste non abbandonano mai le menti di chi le ascolta.
Forse possono assopirsi in angoli dimenticati, forse possono essere storpiate, ma se c'è qualcosa a questo mondo che non cambia, bhè queste sono le favole.
Da bambini le favole sono i conduttori dei sogni.
Conducono nel mondo onirico per mano e vigilano al nostro passaggio.
Da adulti, le favole assumono una connotazione diversa. Se da fanciulli si era prestato attenzione solo all'eroe o all'eroina della fiaba, da adulti s'inizierà a studiare...chi la narra.
E nel mondo dei maghi c'era un grande narratore di favole.
Che tutti conoscevano, ma di cui si parlava poco.
Già. Il Menestrello conosceva tutti, era ovunque.
Eppure se qualcuno lo incontrava, non veniva mai salutato.
Per ovvie ragioni che anche ai cittadini di Londra saltavano agli occhi.
Per i babbani, infatti, il Menestrello era solo il barbone di Fleet Street. Ma si sa, i babbani non vedono al di là del loro naso, per questo quando lo incontravano in giro per le vie secondarie, seduto a canticchiare sotto la colonna del drago che era il segno di riconoscimento del Temple Bar, oppure negli angoli dei tanti pub di Fleet Street lo ignoravano sempre. Il Menestrello veniva ignorato e basta dagli adulti babbani.
Era troppo lacero, troppo sporco e troppo strano.
Aveva lunghi capelli grigio topo, ondulati, guanti senza dita in ogni stagione, retine per i capelli fatte di tessuti stopposi, barba e baffi scompigliati, occhi chiari e un sorriso ambiguo sempre sulle labbra.
I suoi vestiti e il suo andarsene in giro sempre a qualsiasi ora del giorno e della notte narrando favole inverosimili, avevano convinto i babbani a stargli alla larga. Al massimo a lanciargli qualche sterlina, di cui il Menestrello non sapeva che farsene, essendo un mago.
Eppure, se gli adulti ormai ignoravano le sue favole, molti bambini da tempo avevano preso l'abitudine di fermarsi con lui. Ad ascoltare le sue leggende.
La sua voce era burro, era zuccherina, era tonante come il tuono e avvolgente come una coperta calda nei giorni d'inverno. E a Londra, quel giorno d'inizio giugno, un gruppo di ragazzini stava proprio in Fleet Street, verso mezzogiorno e mezza. Spesso il Menestrello si aggirava da quelle parti, forse per la presenza della Baynard's, una scuola privata nata da circa una decina d'anni proprio in mezzo a un grazioso e ben curato viale alberato.
Nelle vie laterali però, Londra si dimostrava in tutto il suo spirito cosmopolita.
E in uno di questi viottoli, il Menestrello pizzicava le corde di una vecchia e scassata chitarra panciuta, seduto a gambe incrociate contro un muro, su un pagliericcio fatto di strati di cartone.
Attorno a lui, un nugolo di ragazzini dall'aria sbandata. Dai sette anni ai quindici.
Alcuni stavano appoggiati a una rete metallica, altri seduti di fronte a lui.
Tutti erano scarmigliati quasi quanto il Menestrello. Ma decisamente più puliti di lui.
Ragazzini dall'aria vissuta, di quei bimbi che non hanno avuto molto tempo per l'infanzia.
Vestiti larghi, pantaloni consunti dei fratelli maggiori forse.
Tutti tranne uno.
Uno di loro stava seduto su una cassa di birra girata al contrario.
Maglia a stampa da skater bianca, nera e blu. Jeans larghi, ma di ottima fattura babbana.
Scarpe da ginnastica linde, posizione d'attesa.
In testa una cuffia di cotone nera, sempre da skater, visto che a fianco portava un skate-board dall'aria insolitamente bistrattata. I capelli color dell'ebano, come l'inchiostro. Abbastanza in disordine anche da sotto la cuffia.
Occhi azzurri, quasi glaciali su un faccino da ragazzino di dieci anni che sembrava non temere nulla.
Lui, fra tutti, guardava il Menestrello, ma non lo ascoltava.
Lui quella storia l'aveva sentita mille volte.
E la conosceva a memoria.
Ne conosceva l'inizio, le battaglie, anche la fine.
Ma non
i perché.
Ed era solo per conoscere i perché che lui ogni giorno andava ad ascoltare il Menestrello.
Solo per quel motivo. Perché lui non era un babbano come i mocciosi lì attorno.
O un Magonò.
No, lui era figlio di maghi.
E nel mondo dei maghi, tutti conoscevano la storia di Harry Potter.
Ma il Menestrello continuava la sua favola preferita.
Si, il Menestrello adorava raccontare ai bambini la favola di Harry Potter.
Sembrava quasi che lo conoscesse.
Ridicolo, pensò il ragazzino, poggiandosi col gomito sulla gamba accavallata.
Uno come il Menestrello non poteva conoscerlo!
Ora erano arrivati alla parte che più il barbone adorava. E solitamente che anche i ragazzini apprezzavano, sbattendo le ciglia, quasi immaginandosi ogni attimo.
- ...lui continuò a dormire, senza sapere che era speciale, senza sapere che era famoso, senza sapere che da lì a poche ore sarebbe stato svegliato dall'urlo della signora Dursley, una babbana ovvio, ragazzi miei, che apriva la porta di casa per mettere fuori le bottiglie del latte, né che le settimane successive le avrebbe trascorse a farsi riempire di spintoni e pizzicotti dal cugino Dudley...- il Menestrello rise, scuotendo il capo e col faccione rosso teso di delizia - Lui non poteva sapere che, in quello stesso istante, da un capo all'altro del paese, c'era gente che si riuniva in segreto e levava i calici per brindare "a Harry Potter, il bambino che è sopravvissuto."-
Sempre la solita storia, pensò il ragazzino, sbuffando e dando un colpetto leggero con la punta della scarpa da ginnastica al suo skate-board.
Tutti i Potter erano morti ma non il bambino sopravvissuto.
Sempre le solite battaglie, sempre i soliti morti, il maledetto Lord Voldemort che cerca sempre di ucciderlo, Mangiamorte ovunque, Auror sempre alle costole...e poi? E poi cosa fa lo stramaledetto Harry Potter?
Butta via i suoi poteri!
Grande. Una logica impressionante!
-...e la guerra finì con l'ultima battaglia al Ponte di Londra. Voi-Sapete-Chi morì e anche Mezzafaccia, vi ricordate di Mezzafaccia vero?- chiese allegro il Menestrello.
- Certo!- rise un bimbetto di sette anni - Era il mago che voleva che tutti i Mangiamorte fossero uccisi!-
- Voleva anche che i mezzi demoni morissero.- scandì un altro ragazzino, però sui quindici anni, attaccato alla rete con le braccia conserte e l'aria dura e rigida - Vero vecchio? Mezzafaccia non voleva che anche i vampiri e i mezzi demoni morissero tutti? Per lui non avevano il sangue sporco?-
- Sono tutte sciocchezze Hadley.- il Menestrello agitò la mano, fissando attento il moccioso - Non vorrai dirmi che ci credi?-
- A quest'ora sarei a Hogwarts se non fosse vero, non credi, vecchio?- replicò quello acidamente, prima di dare le spalle e andarsene di corsa.
- E' tutta roba sepolta.- disse tranquillo il vecchio Menestrello, quando i ragazzini tornarono a prestargli attenzione - Anzi, sono un mucchio di fesserie. Fatela finita di occuparvi di politica, siete ancora in fasce a momenti.-
Scattò subito una violenta replica sdegnata da parte di tutti.
- Cosa? Come ti permetti di darmi del bambino in fasce?-
- Io ho otto anni!-
- Non so se mi spiego! Undici!-
- Già, sono grande ormai!-
Sedare quella baruffa fu quanto mai difficile, ma il mago barbone aveva imparato da tempo a trattare coi bambini.
E con gli uomini in generale. Adulò tutti uno per volta e alla fine li cacciò via, promettendo che avrebbe finito la storia quando sarebbe tornati dopo pranzo.
Spariti di volata, perché temevano non avrebbe mantenuto la promessa, i mocciosetti neanche si guardarono indietro per vedere che uno era rimasto seduto comodo sulla sua cassa di birra.
Il Menestrello, che in tanti anni di vita non aveva mai conosciuto un bambino simile, gli sorrise divertito.
- Sempre qui, pestifero bambino.-
- Tutti i giorni ti faccio la stessa domanda.- rispose il ragazzino con lo skate-board, frugando sotto la maglia - E tu non mi rispondi mai.-
- Te l'ho già detto.- sbuffò il Menestrello, allungando voluttuosamente le mani quasi nere verso il suo ospite - Questi sono affari privati della vita di Harry Potter. Non ho alcuna intenzione di andare in giro a spiattellare gli affari suoi, sul perché e sul percome ha deciso di abbandonare la magia.-
- Si, ma qualcosa sarà successo, no?- e sollevò in aria un sacchetto di carta - O me lo dici o oggi niente ciambelle.-
Il Menestrello assottigliò gli occhi chiari.
- Piccolo demonio. Tu non hai proprio paura di niente vero? Dovresti essere a scuola e invece ogni giorno scappi e corri qua a sentire cose che di sicuro ti avranno raccontato anche i tuoi. Sei un mago, mi hai detto.-
- Si. Anche i miei lo sono.- e sbuffando il ragazzino gli lanciò il sacchetto di dolci - Allora? Che hanno fatto a Harry Potter perché mollasse la magia?-
- Perché t'interessa tanto?- gli chiese il vecchio, addentando una ciambella ricoperta di crema alla ciliegia.
- Perché non sopporto di come ne parlate tutti.- sbottò, sospirando seccato.
- Come scusa?- masticò l'altro.
- Non sopporto che tutti ne parlino come se fosse leggenda. E che cavolo, è ancora vivo! Mica è morto!-
Il Menestrello ridacchiò di nuovo, raccogliendo tutte le briciole della ciambellina e mangiandole una a una - Io proprio non ti capisco ragazzo mio. Prima sembra che odi la leggenda di Harry Potter, poi non sopporti che se ne parli come se fosse ormai un ricordo. I tuoi che dicono di lui?-
- I miei su Harry Potter non parlano!- replicò il ragazzino, levandosi la cuffia e liberando una massa inconsulta di capelli neri che andavano ognuno per i fatti loro - Oh si, dei vecchi tempi si discute sempre, specialmente con gli amici del papà ma quando c'è da spiegarmi perché non fa magie come la mamma...- il ragazzino fece una smorfia - cioè...perché Harry Potter non fa più magie...apriti cielo. Nessuno apre più bocca! Che gli avranno mai fatto i maghi per farlo arrabbiare così?-
Il Menestrello addentò una seconda ciambella, stavolta al cioccolato.
E dalla sua espressione pacifica il ragazzino capì ancora una volta che anche quel giorno non se ne sarebbe fatto nulla.
- Che parlo a fare con te!- sbottò arrabbiato, accartocciando il sacchetto delle ciambelle.
Quando arrivò ai piedi del Menestrello, la carta aveva preso fuoco.
Quello saltò su imprecando e cominciò a calpestarlo.
- Piccolo Phyro della malora!- sbraitò, ma la sua tiritera andò a vuoto.
La sua abituale piccola peste era già sparita sullo skate-board magico, che invece di andare a rotelle avrebbe dovuto volare. Vedendolo girare oltre l'angolo veloce come il vento, il Menestrello addentò l'ultima ciambella, eppure le sue labbra non si erano piegate compiaciute per il dolce.
La peste ancora credeva che lui non avesse capito chi era in realtà.
Incredibile.
Da parte sua, il ragazzino guardò l'ora e se ne uscì con una parolaccia che in teoria non avrebbe mai dovuto sentire.
Un quarto all'una! Doveva tornare a scuola o stavolta un castigo di un pomeriggio non sarebbe bastato alla Baynard.
Eccola! Girato l'angolo della viuzza laterale, si ritrovò in mezzo al riverbero della luce giocato dalle fronde degli alberi del viale. Fleet Street sempre più chiassosa e colorata.
Ma da quella parte sembrava solo un angolo di paradiso.
In punta di piedi quasi, il ragazzino si mise lo skate sotto braccio e si diresse alla cinta muraria ricoperta d'edera dell'Istituto Baynard.
Una scuola elementare di appena un decennio a dire il vero...ma che si era fatta un certo nome.
A frequentarla erano solo e unicamente figli di maghi, benché in aula non si fosse mai parlato di magia.
Con sguardo vigile, guardò nel cortile. Si, dovevano appena aver finito il pranzo perché erano tutti liberi di giocare.
I bidelli però erano in giro.
Allora si mise due dita in bocca ed emise un fischio leggero, appena udibile. Ma chi aveva orecchie per intendere lo fece.
Così lui si diresse al fianco della scuola e nel muro ricoperto d'edera, trovò il suo bel passaggio, scoperto alcuni anni prima.
Prima di entrare spiò ancora verso i bidelli che però erano trattenuti da una sorta di caccia.
Stavano inseguendo due gemelli di otto anni coi capelli rosso fiamma che scorrazzavano per tutto il cortile in mezzo ad altri bambini con la pompa dell'acqua in mano, rubata al giardiniere.
Acchiappati, si presero una sonora sgridata che sentì anche lui dal muro ma sembrarono non farci caso.
Lasciati liberi, corsero ridacchiando verso di lui.
- E allora?- gli chiese Stephen Weasley, otto anni.
- Già, cosa ti ha detto il Menestrello?- seguì Steve Weasley, quasi indistinguibile dal fratello.
- Ti ha detto qualcosa sullo zio Harry?- continuò Stephen.
- E si è mangiato tutte le ciambelle? Me ne hai portata una?- concluse Steve.
Lui, di rimando, alzò lo sguardo sopra di loro.
- Mia sorella dov'è?-
- Non so.- Steve si girò verso Stephen - Hai visto Faith, Step?-
- No, non credo. Tu Steve?-
Era da manicomio starli a sentire, questo lui l'aveva imparato da anni.
Da quando Jeremy Weasley aveva preso il volo per Hogwarts tenere a freno i gemelli era diventato impossibile. Solo sua sorella Faith sembrava avere la capacità di distinguerli e metterli zitti per un minuto.
- Grazie del diversivo.- rispose comunque, infilandosi la cuffia nella tasca della maglia - Chris dov'è?-
- Oh, eccolo.- Steve e Stephen inclinarono praticamente in perfetta sincronia il capo verso destra, indicando poco gentilmente col dito un bambino quasi biondo, di sette anni, che li stava raggiungendo...tirandosi dietro un altro bambino con la testa infilata in un secchiello di plastica.
Christopher George Dalton li salutò, tenendo il secchiello e quindi anche la testa dell'altro bambino che sembrava piagnucolare con sostanziale delicatezza.
- Che è successo a Marc?- chiese Steve stranito.
- Non sarà stato di nuovo quell'idiota di Robbie Talbot!- aggiunse Stephen.
Chris Dalton li guardò come se non fosse chiaro.
- Robbie gli ha infilato il secchiello in testa mentre non guardavo.- spiegò - Mi spiace ragazzi. Mi sono girato un attimo. Non riesco a tirarlo fuori.-
- Marc.- rise allora Stephen - Ehi fratellino...tutto ok?-
- No! Tiratemi fuori!- fu l'ardita supplica dell'ultimogenito di Ron Weasley, di sette anni.
- Robbie è proprio un idiota.- scandì Steve - Uccidiamolo!- propose agli amichetti, illuminandosi.
Chris Dalton lo guardò storto, mentre il gemello sembrò pensarci su.
- L'ho già spedito dentro al laghetto, Steve, tranquillo.-
- E non ti hanno messo in punizione?- allibì il ragazzino con lo skate.
- No, ho fatto sembrare che fosse stata Linnie a farlo cadere. Le maestre non si sono arrabbiate.-
- L'ho detto io che le sorelle servono!- sindacò l'altro, mettendo giù lo skate e afferrando Marc Weasley per il secchiello - Chris, Steve, Step...tenetelo per le spalle. Ok. Marc noi ci siamo....al tre. Uno, due...tre!-
Dal secchiello di plastica verde pallido ne uscì la fiammante chioma rossa del piccolo Marc Weasley, insieme però a un paio di occhiali neri tutti rotti e al faccino triste del bistrattatissimo bimbetto.
La scala sociale dei fratelli era andata di male in peggio, purtroppo.
Jeremy era stato un vero leader.
Steve e Step due demoni ancora lo erano.
E Marc...un povero represso che Chris Dalton e i gemelli dovevano continuamente proteggere dalle prime angherie da scuola elementare.
Sistemato il povero Marc con gli occhiali tutti sbilenchi, i gemelli filarono via e così fece anche Chris, non prima di essersi informato su com'era andata col Menestrello.
- Non ti ha detto niente, vero Lucas?- sospirò, vedendo la faccia seccata dell'altro - Forse non lo sa neanche lui.-
- Non ci credo! Una volta s'è fatto scappare che a mio padre i maghi hanno portato via qualcosa e io voglio sapere cos'è!-
- Se la Baynard ti becca ti farà venire anche durante le vacanze!- replicò il piccolo Dalton, infilandosi una gomma da masticare rosa confetto in bocca - Dai, abbiamo ancora un paio di settimane e poi siamo in vacanza.-
- Jeremy finisce oggi invece.- sospirò Lucas Potter, sempre di cattivo umore - Come vorrei essere andato a Hogwarts!- poi cambiò discorso, quando lo sguardo gli cadde sul giardino, accanto alle altalene in cui si erano seduti.
- Chris...hai visto Faith o Glorya?-
- Faith no. Ma Glory è al solito posto.- rise il piccolo Dalton - Adesso vado a cercare mia sorella.-
- E io la mia. Ci vediamo all'uscita.-
Lucas James Potter si alzò dall'altalena, guardando nuovamente l'orologio.
L'una. Mezz'ora e il serpente sarebbe venuto a prenderlo...visto che suo padre come al solito aveva da fare coi mostri in miniatura.
Senza fiatare poi raggiunse il giardinetto che gli studenti non dovevano toccare neanche in sogno, ma lui se ne infischiò.
Rimase a guardare i fiori con aria attenta, quasi da esame. Poi prese il più semplice di tutti. Bianco, a gambo lungo.
Una come lei avrebbe saputo che farsene di certo, pensò andando via.
Infatti, in un'altra parte della Baynard's Primary School e più precisamente nella biblioteca interna al secondo piano, c'era qualcuno che della compagnia dei suoi coetanei non sapeva proprio cosa farsene.
Seduta accanto la vetrata della ultramoderna biblioteca dipinta di bianco e toni pastello, nella sezione avanzata, una ragazzina stava retta in poltrona, proprio come una regina. Nata per farsi adorare, come voleva il suo sangue.
Il capo era basso, chino su un libro molto più grande di lei.
I capelli biondi, quasi bianchi, raccolti parzialmente in cima alla testa e molte ciocche seriche come seta le scendevano ondulate lungo le spalle esili. Snella, gracile in apparenza, vestita in eleganti e costosi abiti da bambini.
Un'epidermide pallida e dita sottili erano altri connotati da aggiungere alla grazia di quella bimba di dieci anni che rivelavano subito chi lei fosse anche agli sconosciuti.
Quando Lucas Potter poi le posò il fiore sotto al naso, la piccola Glorya Artemisia Malfoy alzò il volto, rivelando l'occhio destro dorato, come quello della madre. E quello sinistro era rimasto argenteo, come quelli del padre.
Uno sguardo magnetico, appena racchiuso da lunghe e folte ciglia da bambola.
- Grazie.- sussurrò, mentre Lucas si sedeva sul tavolo.
Glory aveva sempre avuto la mania d'infilare fiori fra le pagine dei libri e questo Lucas non se lo sarebbe mai scordato.
Ma l'ultima erede della famiglia Malfoy non amava solo cogliere i fiori o spolpare ogni libro che le capitasse sotto mano, avida di conoscenza.
Indubbiamente l'immensa serra in cui passava sempre la maggior parte del suo tempo ne era una prova.
- Allora?- chiese a Lucas, senza mostrarsi interessata, ma neanche annoiata.
- Il vecchiaccio non parla.- si lagnò Potter, dondolando le gambe giù dal tavolo - Dici che Jeremy ha già imparato a fare una pozione che possa far si che il Menestrello mi dica la verità?-
- Ne dubito.- Glory chiuse il libro tranquillamente, senza modulare la voce. Scese dalla poltrona, avviluppata in un paio di stivaletti da bambina veramente adorabili, costosi come una Porche - E poi non vedo perché qualcuno non possa scegliere di non usare la magia.-
Lucas la guardò schifato.
- Che cosa barbara. Vivere tutta la vita come uno schifoso babbano!-
- Harry di magie non ne fa, mi pare. A parte quella strana cosa che fanno i bracciali ogni tanto. Sai...le pernacchie...-
- E questo dovrebbe farmi stare meglio?- sbottò, seguendola in mezzo agli scaffali, sovrastandola di qualche centimetro buono - Andiamo, è una palla! Tutti non fanno che dirmi che Harry Potter è un eroe, una leggenda, la speranza dei maghi...peccato che quando non c'è la mamma in casa e scoppia un problema ad usare la bacchetta è quel serpente di tuo padre!-
La ragazzina, tranquilla, non ascoltò quelle follie quotidiane.
- Secondo te cosa possono avergli preso?- la incalzò, mentre uscivano dalla biblioteca.
- Magari qualcosa a cui teneva tanto da rinunciare alla sua magia.- fu la lucida risposta.
- Si, ho capito, ma cosa?-
- A me lo chiedi?- replicò la biondina, fermandosi in mezzo a un corridoio e guardandosi attorno - Lucas hai visto Faith?-
- No, anche io la cercavo.- il piccolo Potter cambiò argomento - Non è che quella stupida di Tiffany e le sue amiche le stanno dando ancora fastidio?-
- Che vuoi fare, bruciarle i capelli di nuovo?- ironizzò Glory - Non sei furbo, fattelo dire. Quali altri Phyro sono nati negli ultimi decenni?-
- Non ho paura della Baynard.- replicò Lucas orgoglioso - Ma se prendo Tiffany Pickens a dar fastidio a Faith giuro che non le brucio solo i capelli stavolta.-
- Ottima soluzione.- disse la piccola Malfoy, incamminandosi.
- Dove vai?-
- Al bagno. Vuoi seguirmi anche lì?-
Lucas per tutta risposta arrossì vagamente, piazzandosi a braccia incrociate attaccato al bagno delle ragazze senza sentirsi minimamente un maniaco, grazie a Merlino, ma Glory ebbe una spiacevole sorpresa. Di nuovo.
Era appena entrata quando sentì dei gemiti e dei singhiozzi, oltre uno dei bagni. Abbassandosi non vide le scarpe della piagnona in questione, ma poteva ben immaginare chi fosse.
Ormai quei pianti li conosceva a memoria.
Glory Malfoy non sarebbe mai stata neanche in futuro donna da mostrare istinti o passioni violente.
Provava quelle passioni come tutti gli altri esseri umani ma forse aveva preso dalla sua nonna paterna più calcolo e scaltrezza che da chiunque altro parente.
Quando uscì non ne fece parola con Lucas e lo dirottò di nuovo in giardino fino ad aspettare l'una e mezza.
Eppure ora a Glory bruciare la gonna e i capelli a Tiffany Pickens e le sue amiche non sembrava più tanto sbagliato. Anzi. Era anche troppo poco.

All'una e mezza la scuola iniziò a svuotarsi ma ai cancelli come ogni giorno si iniziò con la sfilata e parata dei genitori.
Maghi, mezzosangue e babbani sposati con i primi due citati che andavano a prendere i loro rampolli, ben attenti a far vita di società anche a quell'ora della giornata, vista l'esclusività di una scuola come la Baynard.
Fra i tanti papà però, uno in particolare era forse il più spogliato con gli occhi dalle mamme streghe che si riunivano apposta in gruppetti per fantasticarci sopra.
Draco Lucius Malfoy stava appoggiato alla parete del cancello. Sempre ventotto anni d'aspetto, stessa pelle levigata e giovane, stesso portamento da principe che non avrebbe mai perso.
Jeans, giacca nera appoggiata sulla spalla, una maglia grigio piombo che esaltava il suo fisico asciutto. Occhiali per schermare gli occhi argentei dal sole. Una sigaretta fra le labbra.
E l'aura di regalità a superiorità che non avrebbe mai perso.
La mano sinistra ficcata in tasca lasciava intravedere lo spesso ed altero Bracciale del Destino di Vargras, che conferiva ancora più potere alla sua figura.
Piegò le labbra ed espirò fuori il fumo da un angolo della bocca, infastidito da un'occhiata troppo lunga scoccatagli da una tizia, una strega che non voleva proprio capire l'antifona, ma venne salvato da un altro appostamento della suddetta creatura arboricola dall'arrivo di un buon gruppetto di vecchie conoscenze, si fa per dire.
Draco aggrottò la fronte vedendo Ronald Weasley arrivare da lui con un colorito un po' pallido e un grosso cerotto sul collo.
- Sono stati i gemelli?- l’apostrofò Malfoy acidamente.
- Vampiri.- replicò Ron, schioccando la lingua - Un'ora fa in casa.-
- Di giorno? Ma sei sicuro?-
- Si, si sono chiusi in cantina e ora non vogliono più uscire.-
- Li hai fatti proprio incazzare Donnola.-
Ron lo ignorò, facendo un cenno oltre le spalle del biondo che non dovette neanche girarsi per capire che stava arrivando Edward Dalton, visto il sospiro che una strega poco lontano da loro si lasciò sfuggire.
Edward li salutò, sbadigliando.
- Eravate di ronda anche stanotte?- si stranì Draco - Ma che succede?-
- Ma che ne so.- si lagnò l'ex Corvonero, più bello che mai - Londra è diventata un porcile. Mi sono anche preso uno schizzo d'acido sulla schiena. Meno male che c'era Efren.-
- A proposito di Efren. Ci vuole a cena.- celiò Ron.
- Neanche se mi pagate vengo a cena da Coleman.- ghignò Malfoy gelido, con aria melensa però, pensando a quello squinternato di Medimago che militava nel loro gruppo da quando l'adorabile San Potter s'era levato dai piedi - E poi stasera non tornano a casa i marmocchi?-
- Già, Pansy è andata a prendere Jeremy a King's Cross.- annuì Ron - Credo che con lei siano andati anche Blaise, Paris e la bambina.-
- Anche Isabella andava a prendere Caleb, me l'ha detto Elettra per gufo ieri sera. Si ritroveranno lì con Jess e Sofia.- ponderò Draco, guardando l'ora – Oh, ma si muovono? Non abbiamo tutto il pomeriggio!-
- Herm è già tornata?- gli chiese Edward, ridacchiando.
- Se vedessi mia figlia me lo direbbe lei.- replicò Malfoy, irritandosi subito - Quella maledetta di una mezzosangue non avverte mai. A momenti neanche lo fa quando parte. Non ci fosse Glory a prevedere il ritorno, credo che vivremmo di speranze.-
- Almeno le ricerche per il libro vanno bene.- sorrise istericamente Ron, vedendo che i bambini cominciavano ad uscire - Merlino, speriamo che quei due psicotici dei gemelli non abbiano fatto nulla di male oggi!-
Speranza vana. Quando Steve e Step si catapultarono addosso al padre tutti affettuosi, arrivò anche il giardiniere a lamentarsi che le due pesti gli avevano fregato la pompa dell'acqua, ma fortunatamente il vecchio signore non andò troppo in là con gl'insulti perché Chris Dalton raggiunse suo padre e dietro di lui, attaccata alla sua cartella, c'era una bimbetta di sei anni che era la fine del mondo.
Bionda come Ophelia Dalton e occhi azzurri, Caroline May Dalton era una bambolina. Con un sorriso che faceva sciogliere anche Draco.
Saltò subito in braccio al padre e con un paio di moine al giardiniere, questo se ne andò subito.
E bisogna anche dirlo...Caroline Dalton avrebbe imparato in giovane età che le moine, le sue guance rosee, il suo sorriso falsamente angelico e la sua astuzia erano armi quanto mai più potenti a volte di una bacchetta.
Infatti, quando i gemelli facevano guai, la piccola Linnie era la prima a dare una mano.
- Allora, com'è andata oggi pulcino?- chiese Edward, baciando la sua piccola.
- Benissimo!- rispose con dolcezza - La maestra mi ha fatto fare il disegno di grande arcobaleno!-
- Wow, dev'essere bellissimo.-
- Si, ma i miei disegni non sono belli come quelli della mamma!- replicò sorridendo, guadagnandosi un altro bacio.
Poi arrivò Marc, gli occhiali sempre mezzi sbilenchi.
Quando Glory e Lucas furono sul portone però, videro da lontano che Faith Potter era già arrivata dai genitori.
La sua cartella azzurra era inconfondibile.
I capelli dritti e neri raccolti in una coda di cavallo, la pelle di burro, occhi grandi e celesti.
Ma segni arrossati sotto le palpebre.
Aveva pianto.
Draco la stava prendendo in braccio, chiamandola Principessa, come chiamava sempre anche sua figlia e Glory puntò subito gli occhioni addosso a Tiffany Pickens e le sue amichette vipere.
Sempre la solita storia.
L'avevano fatta piangere di nuovo. E Faith sempre a far finta di niente.
- A volte vorrei da matti avere il tuo potere.- disse a Lucas, mentre s'incamminavano.
Il piccolo Potter la guardò senza capire.
- Il fuoco.- chiarì Glory, tirando dritto senza ascoltare le risate di quelle streghette.
- Per fare che?-
- Bruciare.- rispose semplicemente, prima di sorridere all'unica persona a cui lo concedeva, ovvero suo padre.
Bruciare e basta.


Alle sette di sera, in una palazzina moderna accanto ad Hyde Park, un ragazzo ventiseienne rientrò nel suo appartamento all'ultimo piano.
Gettò le chiavi su una mensola di vetro nell'ingresso e buttò appena un occhio nell'ampio salone di marmo che dava tutta la sua magnifica vista mozzafiato sul parco.
Le luci di Londra erano strabilianti.
Ma Lord Damon Howthorne alcuni anni prima ne aveva viste di migliori.
Si levò la giacca e la buttò sul divano di pelle color panna, premendo il tasto lampeggiante della segreteria.
La specchiera di fronte al tavolinetto del telefono babbano rimandò l'immagine di un ragazzo alto, spalle ampie, ben piazzato, con capelli castani appena trattenuti dal gel.
E alla mano sinistra, all'anulare, un anello d'oro bianco squadrato, spesso. Forse un anello di fidanzamento.
Solo il suo volto dimostrava la crescita che in otto anno l'avevano reso un Lord.
La voce di Beatrix Mirabel Vaughn partita dal messaggio in segreteria lo fece immediatamente sorridere, mentre agitando la bacchetta si fece arrivare dalla cucina una bottiglia di birra.
- ...e torno stanotte sul tardi. Sei pregato di venire almeno a casa mia a farti vedere domani, maledetto Legimors. A forza di fare lo psicologo per i cadaveri stai diventando come loro.- stava dicendo la Diurna - Il viaggio è tremendo. Meno male che c'è Clay o avrei già salassato qualcuno di questi stupidi francesi. Salutami Aidan quando lo vedi. A domani, chiaro?-
Seguì un messaggio dell'amministratore della palazzina, ma tanto lui già non ascoltava più.
Una pentola bolliva sul fuoco della sua efficientissima cucina lustra e brillante quando un rumore lo fece voltare dalla finestra, a cui si era appoggiato.
Spiò nel corridoio.
Nessuno.
Allora sbuffò sonoramente.
- Chiunque tu sia.- sibilò - Questa sera non sono in vena. Torna domani.-
E si levò la maglia, afferrando una camicia bianca pulita che era appesa alla sedia.
Fece per infilarla quando il solito e ormai conosciuto sospiro gelido alle spalle lo fece voltare.
C'era una ragazzina, forse appena maggiorenne, in camicia da notte nella sua cucina.
Si guardava attorno e sembrava confusa.
- Chi ti ha detto di venire qui?- le chiese, poggiandosi coi fianchi al fornello che aveva spento.
Lei si raddrizzò, stropicciandosi la camicia da notte ospedaliera.
“Ecco...” sussurrò in maniera appena percettibile “Una donna all'ospedale...mi ha detto di venire in questo posto, prima che mi addormentassi. Poi...quando mi sono svegliata...piangevano tutti...mia madre e mio padre neanche mi vedevano...” e cominciò ad agitarsi  “Perché nessuno mi vede? E perché nessuno mi sente? Tu...chi sei?”
Damon rise appena, accendendosi una sigaretta.
La guardò da oltre il fumo che si levava al soffitto.
- Vuoi che te lo dica io?-
“Certo!”  sbottò preoccupata “Chi sei? Cosa mi è successo?”
Il mago si girò verso la finestra.
- La vedi quella luce?-
La ragazza seguì il suo sguardo “Quella luce bianca?”
- Ritieniti fortunata. Altri hanno solo un buco nero.-
“Che vuol dire?” alitò di nuovo.
- Sei morta.- le disse, fissandola.
La vide traballare sulle gambe.
Fissarlo con occhi bruni sgranati.
“Cosa?” replicò, credendo di non aver capito bene.
- Tu sei morta.- le disse di nuovo, con tono dolce - Sei morta in ospedale. Ti ho vista morire stanotte. Hai avuto un incidente d'auto. Camminavi sulle strisce e un ubriaco ti ha investita. Appena fuori Notting Hill.-
Come la maggior parte delle volte succedeva, la ragazza rise istericamente.
Gli diede del pazzo e poi scappò via, proprio com'era arrivata.
E tanto, come sempre accadeva da ormai otto anni, sarebbe tornata.
Damon rimise l'acqua sul fuoco, anche se erano solo le sette, ma l'ennesimo rumore molesto gli fece capire che in casa sua era entrato qualcun altro.
Imprecò, ma non fece in tempo a girarsi che qualcosa l'avvolse alla gamba destra.
Abbassò il viso e trovò la piaga sociale che aveva soppiantato la droga e l'alcool dalla scala di mortalità.
- Quella donna!- disse un bambino, tremante - Quella donna è un'arpia! Ti prego, ti prego, ti prego!!!-
Damon tornò a cucinare, fregandosene del piccolo mago che arrivava sempre a sproposito e che l'aveva afferrato per il ginocchio, senza scollarsi più come una sanguisuga.
- Devo chiudere quel camino.- sibilò Damon a mezze labbra.
- Tu non capisci! Miss Trumbull è una vipera!- scattò il piccolo, buttando il mantello, su cui spiccava uno stemma di una prestigiosa famiglia di maghi, su una sedia - Quella mi odia!-
- Odiava anche me e come vedi non sono morto.- replicò pacato.
Il piccolo lo strinse più forte - Andiamo, abbiamo lo stesso sangue che scorre nelle vene!- piagnucolò con fare teatrale, mentre Veleno, al polso di Damon, accendeva i suoi occhietti irritato da quell'intrusione - Non puoi abbandonarmi così al mio destino!-
- Aidan come te lo devo dire?- replicò il Legimors - E' solo un'istitutrice, fino a quando non sarai abbastanza grande per Hogwarts. Cerca di sopportarla.-
- Tu sei mio fratello, dovresti avere un po' di pietà per me!- sbraitò di nuovo il piccolo Aidan Howthorne, pestando il piede sul costoso marmo e fissandolo con occhi azzurri fiammeggianti - Spero che Veleno ti morda nel sonno!- e finita quella minaccia, Aidan si mise a chiacchierare in Serpentese col bracciale del fratello maggiore, del tutto incurante delle sicure istanze di morte che quella peste stava portando avanti.
Da lì in poi però cucinare fu impossibile.
Si prese un'altra birra e andò in salone con la piattola alle costole, senza guardare il casino che Aidan aveva fatto apparendo dal camino grazie alla Polvere Volante.
- Trix è tornata?- gli chiese il maghetto, saltando sul suo costoso divano.
- Stanotte.- rispose Damon - Mamma e papà lo sanno dove sei?-
- Mi prendi per deficiente?-
Il viziatissimo principino di casa Howthorne si allungò meglio sui cuscini, afferrando il telecomando e schiacciando a caso.
C'era da dire che suo fratello era molto viziato a livello affettivo.
Non c'era nessuno come Lord Michael che sapesse far rigare dritto con disciplina, ma...i suoi genitori in campo affettivo avevano dato tutto ad Aidan. Forse per redimersi.
Sorrise, vedendolo ridere di fronte ai cartoni animati serali.
- E la tua ragazza? Quando la vedo?- chiese nel frattempo.
- Ah.- Damon agitò la mano - Non lo so.-
- Non lo sai? A chi devo chiederlo?- replicò il piccolo con una bella lingua biforcuta - Al portiere babbano? O a Veleno?- poi cambiò argomento, come faceva sempre - Ci vieni al maneggio la prossima settimana?-
- Non ci viene papà?-
- Voglio te.- e mise il broncio, come per intenerirlo - Eh? Vieni? Con Cloe magari! Per Trix c'è troppo sole.-
- Hn, chiederò. Ma non penso che la duchessa verrà.-
- Ah già.- si limitò a masticare Aidan - Trust il Matto è sempre in circolazione.-
- Ma che matto, sciocco.- ghignò il Legimors, cercando di nascondere la propria espressione a quella spugna in miniatura - E piantarla di intontire Veleno di chiacchiere.-
- Guarda che è lui che vuole parlare!- sbottò il nanerottolo, riportando gli occhi sulla tv - A proposito. Si può sapere chi è sempre questo Tom?-
La bottiglia che Damon teneva fra le mani finì a terra, ma su un tappeto, così non si ruppe.
Il liquido color miele scivolò fuori e quando rialzò il viso, Aidan lo stava fissando.
- Tom, Tom, Tom.- continuò - Veleno non fa che dirlo. Chi è?-
- Un fantasma.- sussurrò Damon, tornando in cucina.
Solo un fantasma.
Un fantasma che aveva ancora un corpo...ma che risiedeva lontano, da qualche parte, nella sua memoria.
Che strano. Era da tempo che non pensava a lui.
Il primo anno dopo la fine di Hogwarts era stato...quasi inesistente.
Aveva ben pochi ricordi di quel periodo. Era stato quasi sempre in casa, usciva solo per vedere Beatrix.
Anche di Cloe aveva ben pochi ricordi.
Poi era nato Aidan, i gemelli, di seguito i figli di Edward e Ophelia e per ultima la bimba di Blaise.
Tutto era scivolato via veloce, frenetico.
Ma da qualche parte, nell'ombra, quel volto, quella voce, quelle memorie...erano rimaste.
Thomas Maximilian Riddle.
Sparito nelle intemperie del tempo, nei granelli di una clessidra.
Però era sempre lì. Al suo fianco, di notte, di giorno.
Specialmente di notte.
E proprio quella notte, mentre Damon girava il suo Sognid'Oro prima di andare a letto, guardò la foto che era stata scattata nel loro ultimo Capodanno a Hogwarts. Tutti eleganti, tutti sorridenti.
Eppure ora, a guardare meglio, colse in quegli occhi blu l'avvisaglia che avrebbe preceduto la sua fine.
Come poteva essere stato tanto cieco?, si chiese, spegnendo le luci.
Come?
Verso le tre di mattina però, la cecità finì.
Dopo otto anni di buio e silenzio, Damon lo sognò.
E quando si svegliò di scatto, madido di sudore e con un brivido a pelle, si ritrovò a sorridere.
Eccolo il sogno che aspettava. Dopo otto anni era arrivato finalmente.
Si alzò di volata e corse in cucina, scrutando freneticamente il calendario.
Il 27 giugno. Cerchiò la data, passandosi le mani sul viso, senza smettere di sorridere.
27 giugno. Era fatta.

In Charing Cross, la mattina dopo all'alba, Damon Howthorne si Smaterializzò nell'interno di un appartamento al settimo piano di un palazzo di vetro e metallo, appartenente a Milos Morrigan.
Un Incanto d'Allarme scattò immediatamente, ma lui agitò la bacchetta, pronunciando: - AB negativo.-
L'allarme la smise subito di trillare e lui si diresse spedito in mezzo al salotto dai colori scuri, dove un portatile stava scaricando canzoni da tutta la notte e senza tante storie si piazzò di fronte ai pannelli di vetro che lo separavano dalla stanza da letto.
Gli arrivò un gemito esasperato, prima ancora che aprisse bocca.
- Dannazione.. sono solo le sei!- sbottò una voce femminile.
Damon sogghignò, levandosi la giacca - Alzati bell'addormentata. Dobbiamo parlare.-
- Vattene Howthorne.- fu la risposta assonnata.
- Se non ti alzi all'istante rovescio la tua colazione fuori dalla finestra!-
- Dio, guarda che io lavoro sai? Mica faccio la mantenuta come te, Lord Howthorne.-
Il Legimors piegò le labbra in un'espressione perversa.
- Allora dovrai uscire a lavorare per trovarti altro da bere, perché ripeto...o ti alzi, o la colazione vola via.-
Al pensiero di quello spreco, una ragazza di ventisei anni spalancò gli occhi giallo ambra, serrando le fauci e imprecando poco finemente. Attorcigliata fra candide lenzuola di seta, Beatrix Mirabel Vaughn si mise a sedere nel letto vuoto al momento. La pelle di burro e i capelli neri e lucenti facevano contrasto col candore in cui si trovava, ma si alzò comunque, sbuffando. Entrò nuda in bagno e quando ne uscì aveva addosso una maglia da uomo, che le pendeva da una spalla e le scopriva appena la rotondità del seno.
Poco garbatamente aprì i pannelli divisori e grugnì addosso a Damon, che si era già comodamente stravaccato nella sua lustra e quanto mai inutilizzata cucina.
Era diventata ancora più bella Trix.
Anche ora con quel mollettone nei capelli che la rendeva decisamente più umana.
Infilò la testa nel frigo, tirò fuori un bicchiere di polistirolo bianco su cui c'era scritto COLAZIONE di MILO e si mise dall'altra parte del bancone.
- Sentiamo.- rognò - E prega che sia importante.-
- Prima di questo...com'è andata con Clay?-
- Meno male che c'era lui.- sentenziò con un sospiro stanco - I francesi ormai hanno promosso la legge. Chi passa il confine dei Pirenei e ha sangue misto, deve essere schedato e registrato. Fra un mese passeranno la proposta anche qua ma Clay non è sicuro che il Ministro l'accetti.-
- Bhè...Dibble è in carica da poco, ma non mi sembra un fesso.-
- Infatti. A differenza del suo predecessore mi sembra uno che ama la libertà di essere e di parola, se capisci che intendo. Per questo s'è guadagnato il mio disinteressato voto.- esclamò sarcastica, fissandolo da oltre il bicchiere - Allora, che volevi di così urgente?-
- Che hai da fare il 27?- le chiese, senza perdere un tiepido sorriso.
Trix sorseggiò lentamente, aguzzando la vista e cercando il suo palmare. Agitò la bacchetta e quello iniziò ad emettere rumori strani, fino a quando non le venne sotto mano il servizio.
Ebbene si. Trix era diventata Auror e lavorava nella squadra di Ron, con Edward, Draco ed Efren Coleman.
Aveva preso il posto di Hermione Hargrave quando la strega, cinque anni prima, aveva deciso di staccare la spina.
- Il ventisette è giorno libero.- rispose - Perché?-
- Mi serve che tu venga al Ministero. Di mattina.-
- Che palle. Per cosa?-
- Tu non stare a preoccuparti. Vieni e basta.-
Beatrix levò un sopracciglio, incrociando le gambe snelle sulla sedia - E' da un po' che non hai visioni a lunga scadenza. Che succede?-
- Niente, è una sorpresa.-
La Diurna sospirò, finendo la colazione con un sorso e levandosi il mollettone dai capelli.
- Come ti pare, tanto c'è tempo. Cloe l'hai sentita?-
- No, Trust l'ha requisita da una settimana.-
La smorfia della mezza vampira fu quanto mai eloquente.
- Oliver non mi piace.-
- Non piace neanche a Aidan.- rispose Damon, tranquillo.
- Bhè, tuo fratello ha ragione.- replicò acida - Non mi piace Trust, punto e basta. Sembra che voglia sempre allisciarsi tutte le persone che lei frequenta.-
- Forse vuole solo piacere agli amici della sua futura moglie?-
- Stronzate.-
- Ottimo.- Howthorne la finì subito, levando le mani - Se ti vesti andiamo a spianare soldi e poi a trovare i ragazzi. Alex, Herik, Caleb e Jeremy sono tornati ieri da Hogwarts.-
- Aidan lo passiamo a prendere?-
- E' impressionante come siete diventati culo e camicia.- frecciò sarcastico - Visti i precedenti.-
- Tuo fratello è solo geloso di te.- sorrise la Diurna, alzandosi e infilandosi di nuovo in camera - Faccio una doccia!- urlò - Mezz'ora e sono pronta!-
- Come ti pare.- rispose, attaccandosi al suo portatile non prima però di averle evidenziato la data del 27 sul palmare.
Affinché non avesse potuto scordarselo.


Harry Potter non era mai stato fortunato con le sue abitazioni.
Godric's Hollow era andata a fuoco due volte.
La palazzina in stile liberty di Lane Street n° 4 fatta a pezzi dagli Illuminati.
Ma da otto anni alla sua nuova casa non era ancora mai capitato nulla, perciò non a caso tutti i gli amici del bambino sopravvissuto chiamavano la sua villa accanto a Kensington Gardens "The Lucky House".
Era una villa di tre piani, bianca, coi tetti rossi, attorniata da un grande giardino sia sul retro che nell'ingresso, in cui un sentiero ciottolato arrivava di fronte all'ingresso della casa, creando una zona circolare dove troneggiava una fontana.
Il retro era occupato da una grande costruzione di vetro e plexiglas, la serra e da un gazebo color panna, sormontato da roselline e glicine.
Inoltre, per chi guardava dall'alto, si poteva notare che la Lucky House era formata da due bracci separati, uniti solo da lunghi corridoi interni.
Un braccio ciascuno, si sarebbe potuto dire.
Nell'ala est abitava la famiglia Potter.
Nell'ala ovest la famiglia Malfoy.
E per la semplice ragione che da anni costringeva Harry Potter e Draco Malfoy a vivere in perfetta simbiosi.
Draco Malfoy quel giorno a pranzo, per la prima volta dopo secoli, si era goduto la casa in santa pace, tutta sua.
Il silenzio regnava sovrano e mangiò tranquillo, senza sentire schiamazzi di bambini o strani versi animaleschi.
Senza contare che quando Hermione spariva di casa, lui poteva far entrare di straforo tutti gli elfi domestici che voleva, che rimettevano a posto tutto il casino che lui, sua figlia, Harry, Lucas e Faith facevano.
Perché anche Elettra non era in casa e da più di una settimana ormai.
C'erano i campionati di quidditch e la squadra delle Aquile Inglesi aveva vinto faticosamente l'ultima e più importante partita, prima della finale contro i russi. Era tornata una settimana prima solo per assicurarsi che lui e Potter non si fossero uccisi, ma anche Harry di recente stava poco in casa.
Usciva la mattina per andare a Cedar House, a prendere Degona.
Poi entrambi andavano alla Associazione Hayes.
Già.
E così Harry Potter il babbano aveva davvero smesso di vivere di rimpianti negli anni. Da quando Degona due anni prima era uscita da Hogwarts, la piccola Mckay ora diciannovenne era diventata la splendida persona che tutti avevano sempre immaginato sarebbe stata.
Terminato il M.A.G.O. Elisabeth Jenkins aveva preparato alla sua pupilla una lista di balli interminabili a cui partecipare, per trovare un buon marito, ma Degona si era salvata, devolvendo tutto il suo patrimonio materno, quello dei Lancaster, all'Associazione Hayes, un istituto privato creato da un vecchio compagno di scuola di Silente.
Si trattava infatti di un istituto creato dal grande magnate Desmond Hayes, tornato da poco a Londra dopo anni di vita all'estero, in cui giovani maghi mezzosangue, di stirpe demoniaca, venivano salvati da una vita di strada, oppure da abbandono e morte certa.
Quando Degona era venuta a sapere dell'istituto di Hayes non aveva perso tempo e aveva fatto anche il miracolo su Harry Potter, che da anni viveva della sua rendita datagli dal Ministero della Magia, senza più alzare un dito.
Degona l'aveva trascinato all'associazione e...lì ora vi passavano la maggior parte del loro tempo.
Insieme a marmocchi con corna e coda e Merlino solo sapeva cos'altro.
Se non altro Elettra ed Hermione avevano finalmente smesso di preoccuparsi per Harry, ma restava il fatto che ora usciva presto la mattina e tornava a casa anche troppo tardi la sera.
Col risultato che Faith agognava per stare un po' col padre e quella piccola larva di Potter infame che era Lucas borbottava da mane a sera.
Come stava facendo anche quando mise piede in casa, all'una e mezza.
Draco lo vide dalla sua cucina e ghignò come una iena quando l'incantevole Isabella Baley Maitland e suo marito Joe Maitland entrarono accompagnando lui, Glory, Faith e Caleb, il cugino dei Potter e figlio di Isabella.
Caleb aveva 12 anni e aveva appena terminato il secondo anno a Hogwarts, come Grifondoro, chiaro.
Ma la trafila non era finita.
Un secondo dopo riprese la sfilata.
Entrò Jess Mckay, bello come il sole, che tirava suo figlio Alex di dodici anni per il cappuccio della maglietta con la mano destra. Con la sinistra invece tirava suo nipote Herik, il figlio di Sofia che aveva già 14 anni, per il bordo della camicia. I due ragazzini salutarono Draco, poi schizzarono con Lucas su per lo scalone principale, che divideva la Lucky House.
Come minimo sarebbero andati a prendere gli skate volanti per giocare in casa.
Glory era già sparita in camera sua visto che odiava il chiasso, ovviamente a leggere dopo avergli dato un bacio che non gli negava mai e anche Faith non sembrava in giro.
- Odio i bambini.- gli disse Jess, andando a sedersi alla tavola della sua cucina.
- Era meglio lasciarli sul treno.- frecciò anche Joe Maitland.
- Padri degenere.- rise Isabella, almeno fino a quando la porta dell'ingresso non si spalancò di nuovo e Pansy Parkinson Weasley non entrò inferocita, con l'undicenne Jeremy Weasley a capo fila che corse subito da Lucas, suo migliore amico, i gemelli pestiferi per secondi e Marc per ultimo.
- Problemi?- ironizzò Draco, ben sapendo che era successo.
- Lascia perdere!- gracchiò la strega, coi capelli più corti che in passato, sfumati in un caschetto sulle spalle ma sempre con la stessa aria da ventottenne - Al binario c'era quella cretina della Bulstrode col marito! L'avrei strangolata!-
- Ma che ti ha detto? E dov'è Blaise?- le chiese Jess.
- Sono qua!-
- Ciao Blaise.- bofonchiò Draco, quando Zabini apparve sulla soglia con la sua bella moglie, Paris, una bruna procace, con la figlia di quattro anni in braccio, la piccola Madison.
Dietro di loro era arrivato anche Ron, reduce dall'incenerimento dei vampiri che gli avevano appestato casa.
- Salve gente.- salutò Zabini - Ci siamo tutti?-
- Manca il maledetto Potter, J.J, Damon, Trix e Dalton....anche se a quanto vedo Chris e Caroline sono arrivati adesso.- aggiunse Malfoy, notando di sfuggita lo sfrecciare della testina bionda della piccola Linnie del corridoio.
Madison volle raggiungere l'amichetta e si attaccò ai pantaloni di Chris fino a quando Edward, un pelino disastrato per il caldo, non mise la testa in cucina.
- Avete notato che il loro numero aumenta sempre di più? Siamo in minoranza ragazzi.- li apostrofò.
- Si, manca Potty e questa casa diventerà un asilo nido.- sibilò Draco, alzando una bottiglia di vino dalla credenza di legno pregiato e facendola volteggiare sopra le loro teste - Ophelia?-
- E' andata a controllare che non si uccidano.- sospirò Pansy, mettendo timorosamente il naso fuori dallo stipite - Stanno di nuovo giocando a hockey sul tuo pavimento di linoleum Draco.-
- Tranquilli. Ho detto agli elfi di metterci la cera stavolta.-
E non finì di dirlo, tantomeno finì di vedere le espressioni allibite dei genitori che un sonoro tonfo dal piano superiore gli fece capire che Lucas Potter si era appena fatto spuntare un corno-bernoccolo sulla fronte.
- Complimenti, ora chi lo sente!- soffiò Pansy, guardandolo storto.
- Porcaccia la miseria!- sbraitò Lucas, che cercava di tirarsi in piedi con l'aiuto di Alex e Caleb, finendo così a terra in tre, addosso a Marc che era sempre in mezzo quando non doveva.
I piccoli stavano ancora urlando imbestialiti, quando la porta si aprì di nuovo e dalla cucina Isabella Maitland vide entrare suo fratello. Anzi, il suo fratellastro mezzo francese.
J.J. Baley aveva vent'anni ormai ed era diventato uno zio coi fiocchi che Lucas, Faith e Caleb adoravano.
Biondo come tutti i Baley e occhi azzurri, salutò i presenti col suo lieve e appena percettibile accento francese preso da sua madre e si fermò a bere un bicchiere di vino.
Era entrato nelle grazie di Isabella da un pezzo, mentre con Elettra...i rapporti erano ancora un po' ristagnanti.
Finalmente da sopra i mocciosi smisero di urlare e tornò anche Ophelia.
Ora coi capelli lunghi, senza più ciocche colorate, la signora Dalton baciò il marito e si sedette.
- Bella l'idea della cera.- ironizzò - Ma Lucas mi ha detto di dirti che te la farà pagare.-
- Potter.- sentenziò Draco, col suo solito tono - Allora, questa cena da Coleman quando si fa?-
- Quando torna Hermione.- gli rispose Ron, che si massaggiava il morso sul collo ancora coperto dal cerotto - Efren vuole anche lei.-
- Aspetterà in eterno allora.- sibilò il biondo - Trix ancora non c'è?-
- E' andata a fare spese con Damon e Aidan. Ci vorrà una vita.- spiegò Edward.
Invece ci volle meno del previsto.
Damon e Beatrix entrarono a Lucky House mezz'ora più tardi carichi di borse, giusto in tempo per vedere Lucas, Alex e Jeremy fiondarsi giù dalla scala coi rollerblade, mazze da hockey in mano e palla di gomma stregata che rimbalzava ovunque. Aidan naturalmente non perse tempo e si unì al corposo gruppetto di mentecatti minorenni, mentre i due ex Serpeverde si separarono.
Trix andò in giardino, sul retro, dove trovò Edward, Ron e Blaise intenti a discutere delle ultime ronde del mese, Howthorne invece raggiunse la cucina.
Draco stava affettando del briè sul tagliere, ebbe si, da qualche anno si era abbassato anche a tagliarsi il formaggio, con un bicchiere di vino rosso accanto e Faith seduta davanti a lui.
La piccola s'illuminò, vedendolo arrivare.
- Ciao Damon.- lo salutò con gentilezza.
- Ciao principessa.- le disse, scompigliandole i bei capelli neri e sorridendo delle efelidi che le spruzzavano il naso - Come stai?-
Il viso della bimba di appena nove anni si adombrò un secondo, ma fu una cosa veloce.
- Benissimo!- enfatizzò, saltando giù dal grosso sgabello - Vado da Linnie adesso!-
- Attenta per le scale, piccola.- l'ammonì Draco - Se ti arrivano addosso potrebbero farti male.-
- Stai tranquillo zio!- rispose seria - Starò attenta.- e sparì di corsa, facendo ridere il biondo.
- E' sempre adorabile.- sindacò Howthorne.
- Si e devo dire che non ha preso dal fratello.-
Il Legimors rise, fino a quando non vide Malfoy afferrare un pezzo di carta, quasi senza accorgersene, e iniziare a costruire un uccellino.
Era bravo a farlo, lo era sempre stato.
E intanto parlava, parlava, ma Damon abbassò gli occhi fino al bordo della tavola.
Un bimbetto coi boccoli biondi e iridi argentee dei Black gli stava sorridendo.
Senza pensarci, Damon gli sorrise a sua volta.
“Mi piace quando il papà mi fa gli uccellini di carta.” gli disse il piccolo, con un dito paffuto in bocca.
Dava pochi anni, cinque al massimo.
“Me ne lascia uno tutte le sere.” continuò, senza smettere di sorridere “Ieri ne ha fatto anche uno con la carta rossa. E una coda lunga!” aggiunse, scandendo bene le parole.
Un uccello rosso. Con una coda lunga.
Una fenice...
- Damon?- Draco sbatté gli occhi - Ehi mi ascolti? Ma cosa guardi?-
Howthorne si destò all'istante, sollevando il viso.
- Cosa? No, niente. Dicevi?-
- Hai la testa altrove di recente.- replicò il biondo Auror e con un colpo fece volare l'uccellino di carta, soffiando sotto le ali per dargli un aiuto. L'uccellino terminò il suo volo sul tavolo, proprio dove il bimbo teneva le mani aperte.
Ridacchiò felice, prendendolo fra le dita ma Draco glielo tolse, facendogli mettere il broncio.
- Non riesco più neanche a far volare gli origami.- bofonchiò depresso, senza notare gli occhi tristi di Howthorne - Vado a vedere che fa la progenie di Satana. Vieni?- e senza una parola s'incamminò in corridoio.
“Papà!” lo chiamò il bambino.
Draco si girò verso la cucina, aggrottando le sopracciglia. Che strano.
Il bimbo era arrivato poco dietro di lui, ma Malfoy si rivolse verso le scale al suo fianco.
- Glory!- urlò forte - Mi hai chiamato?-
Dal piano superiore sua figlia negò, così lui levò le spalle e tornò ad urlare a tutta la casa.
- Ehi, qualcuno ha chiamato papà per caso?-
- Si, io.- frecciò Lucas, che pattinò verso di lui con aria serafica - Ormai siete così uguali, quasi mangiate e dormite insieme, andate a spasso per mano....che potrei chiamarti papà, se solo fossi del tutto fuori di testa.-
Draco fece una ghignatina sarcastica.
- La differenza fra tuo padre e me però è che lui non infilerebbe mai un serpente nel tuo letto la notte, cucciolo, per farti secco con una dose letale di veleno. Io si invece.-
Lucas non parve per nulla colpito dall'affermazione.
- Chissà com'è il serpente alla brace.- replicò soave - Magari un giorno provo a farne uno.-
- Vorrei tanto vederti provare.- sentenziò il Principe di Serpeverde, chinandosi appena sul nanerottolo di dieci anni che di nuovo ignorò il sarcasmo e salutando Damon tornò a farsi gli affari suoi, dopo essersi ripreso la palla stregata.
Rimasto solo in cucina, i lineamenti di Howthorne si sciolsero in tristezza rinnovata quando il piccolo si girò verso di lui, con gli occhi vitrei.
- Tu devi andare via da qui.- gli sussurrò il Legimors.
“No. Il papà mi vuole bene! Anche la mamma, lei mi chiama sempre!” e senza dire altro scoppiò in lacrime e scappò via, tanto che Damon non riuscì più a vederlo.
Era inutile, pensò alzandosi e uscendo in giardino, dove levò lo sguardo al cielo.
Era perfettamente inutile.
Draco non vedeva. Ma sapeva.
Mentre lui vedeva...ma non sapeva.
Eppure tentare di far parlare Draco sarebbe stato solo un dolore inutile.
Il cielo era terso, limpido e pulito.
C'erano poche nuvole...e di nuovo la gioia di quella notte tornò a riempirgli il cuore.
Doveva concentrarsi su quella gioia.
Tre settimane al ventisette giugno.
E poi la strada biforcata si sarebbe riunita in una sola.
Anche se non sapeva per quanto tempo.
Ma l'importante era concentrarsi su di essa. Su quella visione di gioia.
Di ritrovamento.
Anche Harry ne sarebbe stato felice, si ritrovò a pensare.
Sarebbe esploso di gioia. Come tutti quanti, anche Lucilla.
Si.
Come si era portato via la gioia andandosene, ora Thomas Maximilian Riddle l'avrebbe riportata.
Tornando.
In un modo o nell'altro.
Lo capì vedendo arrivare la leggenda dei maghi dal vialetto.
Pochi negli anni non cambiano. Eppure lui era rimasto sempre lo stesso. E non solo nell'aspetto.
Mani in tasca, capo chino per poi rialzarlo e mettere in mostra quegli occhi più brillanti degli smeraldi.
Harry James Potter lo salutò da lontano.
Già, pochi potevano permettersi di non cambiare mai.
Ma al bambino sopravvissuto era stato accordato quel permesso.
Poche settimane e forse, al fianco di Harry, avrebbe potuto tornare ad esserci anche Tom Riddle.
Doveva solo credere nella sua visione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Signori e signore, come potete vedere non sono una che ha tempo da perdere. Mamma mia, se voglio finire entro la metà di giugno è meglio che mi sbrighi, per questo non vi do fiato! Eeheh, come promesso sono tornata con TMR, la quarta parte di quella che considero una saga di famiglia. Vi ho dato un assaggio col primo capitolo, avete visto che sono passati ben otto anni dai Figli della Speranza...e ci sono una marea di bambini!

Si, questo è uno dei punti che vorrei trattare. Ma prima...sapete che questa è la mia ultima fic? L'ultima che sto ancora scrivendo? Praticamente state leggendo insieme alle mie veterane! ^^ Ah, che soddisfazione aggiornare finalmente una fiction non ancora finita, visto che posso aspettarmi un po' di suspence. In fondo nessuno ha ancora finito di leggere, non potete uccidermi come avete fatto coi Figli della Speranza...ma mi ucciderete ora con tutti questi bambini. Ok, sappiate che mesi fa già diedi alle altre veterane un blocco appunti con sopra genealogie e parentele dei piccoli, con mamma e papà, perciò se fate casino, specialmente coi Weasley, vi direi di contattarmi per mail e farmi sapere se anche a voi serve la lista dei pargoli. Perchè loro sono fondamentali in TMR, capire legami e parentele vi sarà utile in questo intreccio diabolico che ho creato.

Attualmente, sto scrivendo il 45° capitolo, perciò mettendo uno o più capitoli al giorno, dovrei farcela. Inoltre, vi avviso fin da ora che questa fic avrà toni molto ma molto più cupi delle precedenti, non tanto da mettere VM 17 perchè credo in questo raiting solo quando ce n'è motivo, ma io non scrivendo scene precise di sesso, ho voluto avvisarvi solo per un mio abuso (nelle trame finali) di violenza e sangue durante le battaglie. Già mi conoscete, amo il sangue a secchiellate! ;) Per finire, aggiungo anche che ci sarà un accenno yaoi e col personaggio più improbabile di tutti. Bene, che altro dire? Alla prossima. Saluto tanto Bluking, julietta, Astra, Yoana, Mary, ClausK, Iceygaze e la cara Artemisia89 che stasera metterà la sua raccolta di drabble ispirate alla mia saga anche qui su EFP, intitolata Lotus. Non perdetevela, perchè è assolutamente magnifica.

Vi lascio, signori e fanciulle. Fatemi sapere se siete sopravvissuti a capitoli più lunghi! Un bacione a tutti. Babi.

 

 

 

 

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