Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Silver dawn    05/11/2012    0 recensioni
Ragazzi sbattuti nella società moderna che cercano di trovare il loro posto sfuggendo all'inferno della monotonia e di una vita regolare.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ore 18:00 – Laura ha invitato Simona per parlare dei due ragazzi conosciuti la sera prima davanti a un caffè, nel frattempo Emanuele e Davide si incontrano in sala prove, entrambi in anticipo parlano delle due ragazze.
 

"Simona ma ti sto annoiando?"
"No, perché?"
"Mmh mi sembri assente, ma alla fine non mi hai detto che è successo tra di voi…"
"Nulla!"
"Seee vabbè Simo raccontalo a qualcun altra"
"Laura, perché dovrei raccontarti una bugia? Siamo andati in spiaggia, nulla di fatto, era molto sfuggente!"
"Forse non gli interessavi…strano, sembrava il contrario"
"Ma perché chiedermi il numero allora?"
"Ti ha chiesto il numero? Perché non me lo hai detto? CHIAMALO!"
"Scopami!"
"Laura sei un incubo!"
"Tutto bene oggi a lavoro?"
"Non ci sono andata!"
"Ah si, e come mai?"
Laura ebbe solo un gelido silenzio come risposta.
"Che ti succede Simo? Cosa credi che non mi sono accorta del tuo cambiamento? Del tuo essere sempre così sfuggente, dei tuoi silenzi, a me puoi dirlo!"
"Quando ha la prossima ecografia Claudia?" rispose Simona, cambiando argomento e cercando di evitare lo sguardo di Laura.
"Domani" rispose con sconforto, la sua amica stava male e lei non riusciva ad aiutarla perché si rifiutava di parlarne.

"Credo che dovremmo cercare un altro chitarrista"
"Cos’è Emanuele io non ti basto più?"
"ah ah ah ma no dicevo così per dire"
Nel frattempo entrano Francesco e Daniele, rispettivamente batterista e bassista del gruppo.
"Ciao a tutti" esordì Francesco
"Già qua? ciao" aggiunse Daniele
"Com’è finita ieri sera con la moretta? Non mi hai ancora raccontato niente" disse Davide rivolgendosi a Emanuele.
"Lo stronzone qua…" disse Emanuele, indicando Davide ma rivolgendosi agli altri due amici "si è rimorchiato una tipa e poi è sparito chissà dove" concluse sperando di glissare l’argomento.
"Rispondi alla domanda si o no?"
"Davide, lo sai, come faccio? Io…io non ci riesco!"
"Vuol dire che non le hai nemmeno spiegato come stanno le cose?"
"No! Avrei dovuto? Avrebbe capito?"
Tutti annuirono pensosamente, conoscendo la situazione in cui si trovava Emanuele.
"Però ci siamo scambiati i numeri di telefono" aggiunse infine.
"Quando sono pronti i risultati delle analisi?" domandò Francesco.
"Tra una settimana circa, adesso possiamo iniziare a provare?" tagliò corto Emanuele.

 
Claudia era seduta sul bordo della vasca da bagno, respirava a fatica, piangeva, il più silenziosamente possibile per far si che Mauro non la sentisse, le lacrime scendevano lungo il viso rigandolo del nero del rimmel  che colava, era scossa da tremiti, in quel preciso istante Mauro bussò alla porta del bagno "Clà tutto bene?" La voce di Mauro la riportò alla realtà "Certo, solo un po’ di nausea. Tra poco esco!"
Si ricompose, cercando di fare respiri profondi, il dottore continuava a ripeterle che era normale avere sbalzi d’umore, crisi di pianto e sentirsi insicure, ma lei sapeva, sapeva bene che queste crisi non erano colpa degli ormoni, lei non voleva quel bambino, era stata una cosa inaspettata, non era pronta per fare la madre, era circondata da persone che nutrivano per lei affetto e orgoglio, pensava che prima o poi si sarebbe svegliata da quell’incubo, ritrovando nuovamente il suo ventre piatto e scolpito dalle sedute settimanali in palestra.
Una volta uscita vide Mauro, in piedi, sorridente, di fronte a lei, non poté trattenersi dal buttargli le braccia al collo, in maniera un po’ goffa a causa dell’enorme pancione e lo strinse in un abbraccio.
"Su, su Panzotta, va tutto bene!"  Mauro la chiamava affettuosamente panzotta da quando lei gli aveva comunicato la notizia della sua gravidanza, ciò che ignorava, era che Claudia, in realtà odiava quel nomignolo e ogni volta per risposta  lei lo chiamava “Chou-fleur”, cavolfiore in francese, malauguratamente Mauro non aveva studiato il francese.
Claudia aveva passato gli ultimi otto mesi a far ecografie periodiche, ciò nonostante non si era ancora abituata alla sensazione del gel sullo stomaco che ogni volta il dottore le spandeva generosamente. Sarebbe andato tutto bene, la rassicurò il ginecologo.
Una volta terminata la visita, Mauro si avviò al lavoro e Claudia cerco di distrarsi con una passeggiata per il centro tra le vetrine.
"Oggi è davvero una giornata fortunata!" esordì Mauro parlando con la sua immagine riflessa allo specchietto retrovisore mentre parcheggiava, in posto auto appena liberatosi, proprio davanti al centro di cure per le tossicodipendenze, il SerT, evitandogli una sgradevole camminata tra traffico e smog. Mauro era stato assunto in un centro di riabilitazione per tossicodipendenti, che prevedeva un programma di incontri per aiutarli a gestire il loro problema con le sostanze stupefacenti, a starne lontano e un graduale inserimento nella società, riprendendo confidenza con le interazioni sociali, oltre ovviamente a distribuire dosi di metadone o altri farmaci come terapie sostitutive alle droghe.
 
Una ragazza dai lunghi capelli biondi raccolti in una coda di cavallo continuava a prendere appunti, cercando di fissare i concetti fondamentali del professore sui fogli del suo quaderno ad anelli.
Laura spostò lo sguardo dalla ragazza a un ragazzo seduto alla sua sinistra, a un paio di sedie di distanza nella grande aula universitaria, aveva qualche anno in più di lei si sarebbe detto, era accasciato sulla seggiola, la faccia tonda, con le guance arrossate e una brutta pelle, anche lui seguiva interessato la lezione, pendeva addirittura dalle labbra del tutor, forse anche Laura avrebbe potuto farlo, se solo la sua testa non avesse continuato a schizzare da un pensiero all’altro.
Il cellulare vibrò e il display si illuminò avvertendola dell’arrivo di un SMS: “Ciao Laura, tutto bene? Sabato sera suono al fuoriporta con la mia band!! Ti aspetto, nn mancare, sai dov’è?”
Bene, pensò Laura, adesso bisognava solo che convincesse Simona ad accompagnarla.
 
"Si può?" disse Jessica aprendo la porta e infilando solo la testa all’interno dell’ufficio. "Certo Jessica, entra pure!" rispose sorridendo Francesco rivolto alla giovane praticante dell’ufficio che depose una pila di cartelline a lato del monitor del pc. Le cartelline dagli sgargianti colori erano solo una mera illusione visto che in realtà contenevano fogli e fogli di pratiche da controllare accuratamente, timbrare e archiviare, inserendo prima con cura tutti i dati nel pc per una più veloce e facile consultazione. "Ti toccherà sgobbare tutto il fine settimana in ufficio"  continuò la ragazza buttando un occhio alle pratiche appena appoggiate sulla scrivania. "Così pare, a proposito conosci il fuoriporta a Carrara?" domandò Francesco con l’intento di pubblicizzare la band per la serata di sabato " Io e la mia band suoniamo là, sabato sera, potresti venire… " concluse infine lasciando alla ragazza la scelta di quale conclusione trarre. "Mmh sembra davvero interessante, tu cosa suoni?"
"Batteria!" ammise con una punta di orgoglio che fece fatica a nascondere.
"Uaoo mi sono sempre piaciuti i batteristi!!!" disse la ragazza mentre si scostava la frangetta con un gesto civettuolo tipico delle ragazze della sua età. Le chiacchiere andarono avanti fino alla pausa pranzo, ovvero per un ulteriore mezzora, poi Francesco si separò da Jessica per uscire dall’edificio, era una ragazza convenzionalmente bella ma priva di ogni attrattiva sociale, una di quelle che ti porti a letto nella pausa tra una fidanzata e l’altra.
Il centro direzionale Olidor, era un complesso edilizio in uno snodo periferico che racchiudeva una serie di uffici direttivi, compreso quello in cui lavorava Francesco. Uscendo si portò una mano tesa sulla fronte per schermare gli occhi dai raggi del sole, Daniele, poco distante da lui, lo stava già aspettando: <> Si diressero verso il vicino centro commerciale.
"Devo andare a comprare la corda di MI per Jackie" disse Daniele addentando quello che era stato pubblicizzato come “Ciabatta rustica alla Mediterranea” nel cartellone del bar, in realtà si trattava di un normale panino con pomodoro,mozzarella e insalata.
"Hai rotto un’altra corda del basso?"
"Non del basso ma di Jackie!"  replicò Daniele visibilmente irritato. “Jackie” non era un semplice strumento musicale, ogni fidanzata di Daniele aveva dovuto fare i conti con quella ingombrante presenza a quattro corde che si intrometteva nel loro rapporto come una suocera invasiva, spuntandola sempre. "Hai finito di mangiare?" esordì Daniele "Adesso andiamo a caccia di pollastrelle, il centro commerciale è il posto ideale per andare a donne." Continuò sfregandosi le mani soddisfatto "Io devo tornare a lavorare!" Francesco espresse il suo disappunto, ma in realtà era un tantino dispiaciuto, non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui, ma Daniele era il compagno ideale per rimorchiare, non era eccezionalmente bello ma in quanto a parlantina bisognava lasciarlo fare , le sue numerose conquiste erano una prova più che sufficiente a sostegno di questa tesi, per un  momento Francesco si chiese se il segreto di tale successo fosse dovuto alle sue origini spagnole, da parte di madre, che lui non mancava mai di mettere in evidenza.
 
La grande cucina era l’ambiente più grande e luminoso della casa, una delle due parete più lunghe della stanza rettangolare, era occupata dall’imponente cucina color crema, l’ambiente rustico ma di classe era l’orgoglio della madre di Simona.
La famiglia era riunita per il pranzo, tempo prima, con il totale disappunto dei genitori, Simona aveva deciso di andare a vivere per conto suo e adesso saltuariamente di fermava a pranzo, aveva preso posto di fronte al fratello Leonardo per evitare ogni contatto visivo con i suoi genitori.
L’argomento di conversazione di quel giorno verteva sull’abbandono dell’università da parte di Simona. Dopo la scuola professionale, Simona aveva lavorato per un periodo come receptionist, infine dietro consiglio, anche se sarebbe più appropriato parlare di insistenza, si era iscritta all’università, il lavoro le permetteva di mantenersi e anche per questo era andata via di casa, l’università l’aveva lasciata poco dopo sei mesi, i suoi genitori l’avevano saputo solo dopo un anno, quando la crisi di Simona era giunta al culmine e il loro rapporto era degenerato in una serie di silenzi, ma quelli di Simona non erano stati capricci, aveva accettato di iscriversi all’ateneo con l’intenzione di sovvertire il sistema universitario dall’interno, mettere in imbarazzo il corpo docenti svalutando il loro metodo di insegnamento, aveva partecipato a svariati movimenti studenteschi, salvo poi abbandonarli definendoli: borghesi che si fingono socialmente impegnati.
"Probabilmente hai solo scelto la facoltà sbagliata, invece di quella…quella di cui non ricordo mai il nome…"
"Scienze sociali,papà" sospirò Simona
"Esatto si, invece di quella potresti seguire scienze del turismo a Lucca invece di Pisa, è molto valida, dovrai impegnarti visto che i corsi sono a frequenza obbligatoria…" concluse il padre dando tutto per scontato. “Sarebbe più semplice che voi accettaste l’idea che io all’università non ci torno e ho intenzione di mollare quel lavoro ” questo è quello che avrebbe voluto urlare in faccia ai suoi genitori, ma non lo fece perché gli anni trascorsi in famiglia le avevano insegnato che era più semplice annuire e sorridere piuttosto che iniziare una nuova discussione, in cui avrebbe avuto sistematicamente torto, due contro uno, le previsioni non erano delle più rosee: "Beh potresti aver ragione, m’informerò…"
Soddisfatto del buonsenso della figlia il signor Maretti inforchettò la pasta e se la portò alla bocca, cambiando successivamente argomento, ignorando i reali sentimenti di Simona.
Un nuovo corso di studi, un nuovo lavoro, uno sbocco professionale, nulla che aveva a vedere con quello che voleva fare realmente Simona, ovvero trovare il suo posto nel mondo, la sua ferma convinzione era che, come sosteneva anche Kant, l’uomo vive soltanto per dovere e non perché provi un qualche godimento in essa.
Trovò un posto auto vicino al palazzo dove abitava, un grosso complesso edilizio che vantava una decina di palazzine rosa, dove al piano terra di ciascuna vi erano fondi sfitti, testimoni di quello che sarebbe dovuto essere un complesso residenziale con negozi ma adesso i fondi vuoti e il degrado lo accomunavano a una zona popolare.
Aprì il portellone del bagagliaio e ne estrasse il suo piccolo tesoro acquistato la mattina, nonostante fosse riluttante agli acquisti superflui in quanto non le piaceva considerarsi una vittima del consumismo, aveva trovato quella Fender Mustang con amplificatore in un mercatino dell’usato.
Aveva imparato a suonare la chitarra quando era piccola, guardando alle grandi donne del rock sempre con molta ammirazione, ma si sa la passione infantile è un’amante infedele e capricciosa, alla fine tra i tanti impegni, aveva dato via la sua chitarra acustica accantonando anche i suoi sogni.
Quando comincio a suonare la sua coinquilina non era in casa, era una ragazza fantastica, lavorava come spogliarellista in un night club, ne conseguiva che la sera non era mai a casa e se c’era non si portava mai uomini nell’appartamento, dormiva buona parte del giorno oppure in alternativa sbrigava le faccende domestiche, senza contare che era una cuoca fantastica, il che per Simona era una qualità invidiabile, una brava mogliettina era quello che le serviva.
L’aveva conosciuta tramite un sito di annunci su internet e tra le due ragazze vi era stata fin da subito simpatia.
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Silver dawn