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Autore: manicrank    05/11/2012    3 recensioni
Neve. Penso con un mugolio mentre mi giro su di un fianco, fissando con occhi assonnati la porta della stanza. Dietro di essa ancora sento il vociare confuso dei miei altri band-mates.
Dopodomani voglio la neve.
[...]
“Aki-chan” gli sussurro, mentre saliamo in macchina. “Mh?” “Fatto buon viaggio?” “Oh si” lui mi passa una mano sulla coscia mentre metto in moto e faccio retromarcia. “Taka... mi sei mancato tanto, lo sai?” “Anche te mi sei mancato, scemo”.
Genere: Comico, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reita, Ruki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                          In the snow we trust















   Neve. Penso con un mugolio mentre mi giro su di un fianco, fissando con occhi assonnati la porta della stanza. Dietro di essa ancora sento il vociare confuso dei miei altri band-mates.

Dopodomani voglio la neve.

Poi piano cerco di chiudere le palpebre e prendere sonno, mentre stringo convulsamente al petto un piccolo peluche di un pulcino giallo – ciccione – con una stringa bianca chiusa sul musetto. Con un brivido mi tiro su il piumone, coprendomi la testa, ed immerso in questo buio ovattato inizio a fantasticare. Mancano solo due giorni, non vedo l'ora.
Penso a come accoglierò Reita di ritorno da Kanagawa, dove è andato per sistemare delle faccende, penso a come gli salterò in braccio davanti a mezza stazione, e come lo bacerei, riassaporando quelle labbra estremamente familiari. Reprimo una fitta di nostalgia, imponendo alla mia mente di non divagare e di concentrarsi solo sul dolce pensiero.

Aki-chan” gli sussurro, mentre saliamo in macchina. “Mh?” “Fatto buon viaggio?” “Oh si” lui mi passa una mano sulla coscia mentre metto in moto e faccio retromarcia. “Taka... mi sei mancato tanto, lo sai?” “Anche te mi sei mancato, scemo”.

 

 




   Socchiudo gli occhi con estrema lentezza, abbassando un po' il piumone per capire che diavolo di ore sono. C'è il sole, anche se debole, che filtra sul pavimento, bloccato dalle tende nere. Mi rigiro, scoprendo che per tutta la notte non ho cambiato posizione, e lascio andare Rere, il piccolo peluche che ormai è sformato dalla mia presa ferrea durante le ore di sonno. Non me ne ero reso conto finché lo stesso Akira non me l'aveva fatto notare, che quando dormo stringo così forte le braccia da mozzargli il respiro ogni volta. Da quel momento ho cercato di correggermi, ma il povero pulcino ha testimoniato contro la mia forza di volontà.
Sbadiglio portandomi una mano alle labbra e sbatto le palpebre, mentre piano scivolo da sotto il caldo delle coltri. Casa non è fredda, solo che rabbrividisco lo stesso, e infilo con celerità i piedi nelle pantofole pelose, a forma di zampe di gatto nero – regalo di Reita. Recupero la vestaglia di pile e la infilo, uscendo dalla camera cercando di non fare casino e mi chiudo in bagno, accendendo la stufetta per il calore. “Ahh” mi lascio sfuggire, beandomi dell'aria bollente che mi colpisce, ed apro l'acqua per lavarmi.
Soddisfatto guardo la sveglia. 8.19. Non male per i miei standard pomeridiani.
“Cazzo” impreco, sorridendo. Domani ritorna.
Con allegria spengo la stufetta ed esco dal bagno, trovando anche gli altri già pronti in cucina. Kai come al solito sta imprecando contro Aoi, che ha versato il caffè sulle cosce di Uruha, che a sua volta urla bestemmie rivolte a non so quali dei, tra cui Jashin, Ryuk e Ichigo. Quel ragazzo ha le idee confuse, si. 
Questa familiarità è guastata dalla mancanza di Akira, che solitamente chiude il quadro, perché ancora assonnato urla agli altri di stare zitti e lasciarlo dormire.
Mi manca, si, decisamente. Mi mancano le sue pallide occhiaie che si ritrova ogni mattina, quando la notte non abbiamo propriamente dormito, o i capelli scompigliati in seguito alle mie manie di coccole. Addirittura la sua noseband, che non vedo più sparsa in ogni angolo della casa.
“Porco Ulquiorra!” urlo, quando ricevo un cazzotto da Aoi che non mi aveva visto. In effetti, non mi ero reso conto di star camminando tra loro per andare in cucina.
“Ruki fa attenzione!” dice il Riidah, altresì chiamato Leader.
“Ma sono loro che mi hanno dato un cazzotto!” indico i due chitarristi che si stanno prendendo a botte, lanciandosi contro maledizioni su maledizioni. “E tu fa attenzione, concentrati, non pensare a Reita” gonfio le guance e mi siedo sul divano, prendendo la tazza di caffè che Kai mi ha porto.
“Uffa”
“Dai scusa non dovevo ricordartelo... ormai sono tre settimane che è via no? Quando torna?”
“Domani”
“Ecco allora devi essere contento”
“Mpf”.
Il resto della mattinata scorre in modo simile. Ci insultiamo, ridiamo, facciamo qualche prova per una nuova canzone scritta da Uruha. E riesco a distrarmi si, almeno fino alle tre del pomeriggio.
Sto per cadere di nuovo nell'apatia da mancanza quando arriva, sempre lui, il nostro amato Riidah, che mi consegna un cesto di panni sporchi.
“Vai in lavanderia”.
Roteo gli occhi con uno sbuffo e mi alzo, mi vado a vestire indossando jeans, felpa ed il cappotto, per non farmi riconoscere, poi prendo la sciarpa e me la lego attorno al collo. “Io esco” dico, una volta alla porta, in compagnia dei vestiti ormai maleodoranti.

 

 

   

   E
ntro in lavanderia con circospezione, andandomi subito a cercare un posticino tranquillo. Una serie di lavatrici a gettone sono sistemare di fronte a me, alle mie spalle c'è un muro che separa questa zona dal resto del negozio, e per mia fortuna nessuno può vedermi entrando. Accanto a me c'è solo un'altra ragazza che sistema gli abiti in un'asciugatrice. Mi inginocchio davanti all'oblò di vetro ed inizio a prendere un abito alla volta, infilandolo nel cestello di metallo.

Mi capitano sotto le mani i vestiti più assurdi che il mondo abbia mai conosciuto, come le mutande rosa di Aoi, il grembiule da cucina di Kai, con disegnato il David di un qualche artista Italiano, tipo Micherangero, con la scritta “Kiss the cock” ed una freccia in bella mostra. Ci ho messo almeno qualche giorno per capire che non era un errore di stampa, che non era cook, ma era proprio cock.
Bah, i regali che ci porta Miyavi.
Poi infilo anche vari maglioni, jeans, ed i dolcissimi calzini bianchi a forma di panda di Uruha.
Appena finito il carico mi metto seduto ed aspetto, tirando fuori bakuman da leggere. Con una serie di suoni mi avvertono che il lavaggio è finito, e allora vado a spostare i vestiti a mia volta nell'asciugatrice e mi rimetto ad aspettare.
Appena finito anche quello inizio a ripiegare i vestiti e li metto nel cesto, uscendo dopo aver pagato per il servizio. Il cielo è bianco di nubi, l'aria gelida, e per le strade già si intravedono le prime lucette natalizie.
Poso il cesto sul sedile del passeggero e richiudo la macchina, stringendomi nel cappotto. Questo è il momento dell'anno che preferisco. Io amo il freddo, è piacevole, ed aiuta molto nella scrittura delle canzoni. Se potessi vivrei solo in inverno.
E poi il cielo è un dipinto ogni giorno diverso. Il violetto livido e l'azzurro pallido si accarezzano come le dita di due amanti, si mescolano, si separano, creando vortici nell'aria. E le nubi, abilmente scolpite dalle mani di qualche artista divino, dalle mille volute trasparenti, che giocano e si disperdono sotto la gentile carezza del vento. Su, nel punto più profondo della cupola celeste, già si intravedono alcuni puntini bianchi, come piccoli diamanti sparsi sulla pelle azzurra del mondo.
Più giù il colore pallido si fa ancora più chiaro, acquisendo toni di bianco e di grigio, meravigliosi ma malinconici, e mi viene da piangere per la bellezza di ciò che sto guardando. I rumori di Tokyo si fondono perfettamente, così come le lanterne colorate tese tra un palazzo e l'altro, mentre in un piccolo turbine arrivano al suolo i primi fiocchi di neve. Sono deboli e si sciolgono in aria, ma riescono a strapparmi un sorriso tiepido.
Non è ancora Natale, no, ma mi vien voglia di fare regali. Così inizio a camminare sul marciapiede affollato e guardo le vetrine. Alcune sono ancora in allestimento, altre invece sono perfettamente nell'atmosfera della festa. Voglio fare un regalo ad Akira, ho deciso, ed anche agli altri band-mates.
Animato della migliore voglia altruistica che trovo nel fondo del mio cuore entro in un negozio di vestiti, e a colpo sicuro acquisto una sciarpa nera di cachemire, una felpa calda viola scuro ed un paio di jeans blu intenso.
Pago ed esco di nuovo nel mio amato inverno, mentre cammino allegro, fermandomi solo per comprare uno spiedo di takoyaki caldi, che mangio con gusto. Sono buonissimi, caldi e salati al punto giusto.

Intorno a me numerose famiglie si affannano per cercare un regalo, bambini si appropriano di qualche vetrina ed ammirano i giocattoli esposti. Vedo anche molte coppiette, che tenendosi per mano cercano qualche cosa da regalarsi a vicenda. Mi sembra di essere finito in un qualche film della Disney, dove manca giusto il sottofondo di Jingle Bell.
“Mi scusi” mormora un ragazzo, che mi ha urtato mentre correva. Vedo la sua schiena svanire tra le persone e poi lo intravedo più avanti, di fronte ad una gioielleria. Ecco, ho trovato.
Lo seguo stringendo le buste tra le mani e vengo accolto dal calore artificiale del negozio. Teche e vetrine mostrano le bellezze delle pietre e dell'argento, tutto luccicante, e piegato a formare ciondoli ed anelli. So per certo che troverò quello che cerco, che mi si è figurato in mente circa dieci minuti fa, e che so essere il regalo giusto.
Mentre studio con attenzione un ripiano con degli anelli mi viene da pensare ad Akira, sempre stato romantico con me, e che ho tratto fin troppo male. Non mi piaceva l'idea che durante le interviste mi mandasse battutine mirate, perché poteva far intuire la nostra relazione. Per un periodo ho pensato di lasciarlo, ma ho capito che era solo una stronzata immensa. Io lo amavo, e non avrei rovinato di certo il nostro rapporto solo per delle battutine. Se l'avessi fatto avrebbe voluto dire che tenessi molto più alla mia immagine che a noi. Col senno di poi, non riesco a fare nulla che scuotere la testa, lui è tutto ciò che ho di meglio, non lo voglio perdere per nulla al mondo, a costo di dire in mondovisione che sono il suo ragazzo da ormai... già, quanto tempo?
Non ho mai avuto una grande memoria per queste cose, e prendo il cellulare dalla tasca per controllare l'agenda. Il fatto è che con il tour appena finito, le prove e le canzoni nuove non ho avuto modo di ricordare anche questo. Sopratutto dopo tre settimane di solitudine amorosa.
Allora... il 25... era un venticinque? Scorro fino all'anno scorso, cercando la casellina evidenziata, e finalmente la trovo. Si, il 25 novembre... chissà perché questa data non mi è nuova. Chiudo l'agenda e fisso lo schermo dell'iPhone, dove fa bella mostra di sé l'orario e la data odierna.
Santa patata, domani è il 25 novembre!
Ora si che sono scandalizzato. Domani è un anno, un lungo anno... un lunghissimo anno. Domani lui torna.

 

Parto” “E dove vai?” “Mia madre sta poco bene e deve operarsi, quindi resto finché non si rimette” “Oh, fai benissimo, mi dispiace” “È una cosa da poco, insomma, non è un'operazione rischiosa... ma ho paura” “Ti capisco. Quando tornerai?” “Il venticinque” “E quando fa l'operazione?” “Il ventiquattro” “Allora resta almeno fino al dieci dicembre!” “No, torno il venticinque”

 

Ora anche questo piccolo episodio mi è chiaro. Dio, che memoria di merda che ho però. Non volevo scordarmelo, solo che davvero non ci ho pensato.
Mi sento uno schifo di fidanzato.
“Serve aiuto?” chiede una commessa, avvicinandosi a me. “Oh... vorrei un anello”
“Che tipo di anello?”
“Mh... una fedina, una coppia, di fedine”
“Benissimo, mi segua” poi mi conduce fino ad un'altra teca sulla quale sono in esposizione piccoli anelli d'argento ed oro bianco. “Che tipo vuole?” mi lascia guardare, elencandomi le varie qualità di ogni anello, ed alla fine opto per un paio estremamente semplice, d'oro bianco – dato che l'argento gli da allergia. Non hanno disegni, sono lisce, leggermente stondate.
“La misura?” le do prima quella di Reita, più grande, e poi la mia, più piccola. Così da farle intendere che sono comunque per me e per la mia ragazza. La commessa tutta felice mi chiude i due anelli in una scatola e poi mi fa un pacchetto, chiudendo il conto abbastanza corposo.

 

 

   Torno alla macchina in fretta. Si è alzata la tramontana e mi sto gelando, apro lo sportello e mi siedo, studiando il buio che man mano è calato, insieme ai candidi fiocchi che hanno iniziato a scendere. Metto in moto e corro a casa, eccitato per la neve e per il giorno seguente.
Faccio i gradini a due a due, apro la porta e mi fiondo dentro, chiamando tutti a sedersi sul divano. Poi porgo loro i regali con un sorriso, il cesto della biancheria pulita lo poso in terra e mi eclisso in camera sentendo i loro ringraziamenti. Mi infilo il pigiama e via, sotto le coperte. Dormendo il tempo passa in fretta.

 










Venticique novembre. 9.35.

 

 

 

 

 

   Mi alzo con uno scatto, guardandomi intorno, e con un sorriso recupero i vestiti che ho scelto con tanta cura. Alla fine ieri sera non sono riuscito a chiudere occhio, però ho occupato il tempo ed i pensieri con la scelta di un abbinamento adatto.
Corro in bagno, accendo la stufetta, e come un deja-vù inizio a lavarmi. Poi ci ripenso ed apro l'acqua della doccia, è quello che ci vuole per rilassarsi, si.
L'acqua bollente mi accarezza le spalle, mentre verso un poco di sapone Yve Saint Laurent sulle mani ed inizio a passarmele sul corpo. Spalle, braccia, collo. Poi scendo sul petto e sul ventre, insaponandomi per bene anche l'intimità e le gambe. Dopo di che passo lo shampoo sui capelli, per renderli profumati al massimo ne metto circa il doppio del normale, e poi il balsamo.
Oggi devo essere perfetto.
Sento il cellulare squillare e finisco di lavarmi con calma, prima di uscire ed avvolgermi nell'accappatoio rosa confetto, regalo di Yuu del compleanno passato, poi prendo il telefono ed apro la casella degli sms.
È Akira.

 

Taka-chan, io sono arrivato. Ho preso un taxi.
Ci vediamo al parco sotto casa? Arrivo tra un'oretta da Ueno.
 Ti amo.

 

Sorrido ancora più felice e mi piazzo davanti allo specchio, mi asciugo i capelli e mi vesto. Ho optato per un paio di jeans felpati, neri, un golfino a manica lunga di lana grigia scuro e poi un giacchetto morbido di stoffa, con all'interno una pelliccetta bianca sintetica. Una spruzzata di profumo e sono fuori casa, con ai piedi gli anfibi.
La neve ricopre ogni cosa, nascondendo alla vista i dettagli del palazzo, sostituendoli con il suo morbido manto bianco. Affondo i piedi ad ogni passo e mi avvio in perfetto orario al parco, sistemandomi su di una panchina sotto un abete, per fortuna, non sporca di neve. Akira sta per arrivare, in tasca ho le fedine, sono vestito bene, profumo, mi sono lavato i denti, pettinato... si... ho preso il cellulare? Il portafoglio? Si. Bene.
Mi rilasso, con lo sguardo puntato all'entrata del parco, mentre l'aria fredda preannuncia un'altra nevicata. Che meraviglia.
Poi finalmente vedo sbucare Akira. Ha un paio di jeans celesti, anfibi, e sopra un giacchetto di pelle bianca. Mi cerca con lo sguardo ed io mi sbraccio, alzandomi in piedi e prendendo a correre nella sua direzione.
“Tacchan!” grida, avvicinandosi a sua volta, ed io con uno slancio degno del migliore centometrista gli salto addosso, chiudendo le gambe attorno al suo bacino e stringendomi al suo petto. Lui mi acchiappa e barcolla, mentre con una risata cade di schiena nella neve, affondandoci dentro.
Rido con lui, alzandomi ed aiutandolo, e poi lo abbraccio di nuovo. Dio, il suo corpo, il suo calore. Mi erano mancati. Così come le sue mani chiuse attorno alle mie spalle.
“Amore” mi sussurra tra i capelli, mentre io reprimo un singhiozzo. Non devo riuscirci troppo bene, evidentemente, perché se ne rende conto e mi scosta osservandomi. “Che hai?”
“S-sei tornato” poi riaffogo nel suo petto, stringendolo convulsamente. Non mi importa di fargli male, mi è mancato troppo. “Sono qui” dice, sfiorandomi poi le labbra con le sue.

 




 

   Ci scambiamo un bacio morbido, l'ennesimo della mattinata, mentre mi sistemo meglio in braccio a lui, entrambi seduti sulla panchina di prima. Akira non mi ha mollato per un'istante, anzi, mi ha stretto a sé con possessività estrema, e la cosa mi è piaciuta non poco.
“Tua madre?” chiedo poi, tornando alla realtà.
“Sta bene, si era già ripresa”
“Oh, ne sono felice” poi poso la testa sulla sua spalla, mentre lui mi accarezza un fianco. “Taka... lo sai che giorno è oggi?”
“Si, lo so”
“Credevo te ne fossi scordato”
“D-devo ammettere che me ne sono ricordato solo ieri sera...” mormoro imbarazzato, mentre prendo la scatolina con le fedine dalla tasca e gliela porgo. Lui la guarda curioso e la apre pian piano, sorpreso, quando poi rivela il contenuto.
“Taka... ma non dovevi... insomma...” è tutto rosso, e gli vado a pizzicare le guance con due dita.
“Si che dovevo” poi prendo la sua fedina e gliela metto all'anulare, ricopiando una delle tante scene che nella mia mente si erano disegnate questa notte. Lui fa lo stesso, lasciandomi un altro bacio umido sulle labbra. “Ti amo tanto” sospira, felice, mentre io ridacchio. Poi mi inchino, faccio una bella palla, e gliela tiro in faccia. Reita grida ridendo e si inizia a togliere la neve dal viso.
“Vuoi la guerra?”. Ci alziamo entrambi ed iniziamo a tirarci la neve in quantità, mentre corriamo per tutto il parco.

 

 




   Dopo un'oretta siamo sfiniti, e decidiamo di tornare a casa, dove troviamo gli altri intenti a giocare a go. Salutano tutti Reita, parliamo un po' del viaggio e di sua madre, e poi ci fiondiamo in camera.
“Abbiamo tre settimane da recuperare” gli faccio notare, mentre lui si stringe a me e mi trascina sul letto.

 

   Dubito che domani seguiremo il progetto di Kai, che prevedeva un'alzata alle sei del mattino e conseguente gita in montagna.  




























__** 

Arriva l'inverno ed il natale, e che faccio io? Scrivo come al solito. Mh. 
Questa storia è da diabete, però mi piace. Insomma sti due hanno pure bisogno di un po' di dolcezza ogni tanto. Che ve ne pare? Vi piace? Spero di si. 
La dedico al mio Wurmino, che vedo fra soli 5 giorni e non vedo l'ora. Mh, lui è un po' il mio Reita personale, si. Gli manca giusto la noseband. 
Vabbene, spero andrete a dare un'occhiata alla mia altra storia ' X ' originale, che è l'idea per un nuovo romanzo, e che mi lasciate qualche recensioncina per farmi sapere se questa, e quella - per chi la leggesse - storia, vi sia piaciuta. 
A presto amorini. 
MANICRANK

   
 
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