Spazio traduttrice: Girovagando
su Tumblr, ho trovato questo
meraviglioso gifset con allegata questa breve flashfic, di cui mi sono
follemente innamorata!
Bene, ho parlato con Helen, l'autrice sia sul suo tumblr che
privatamente, mi ha dato il permesso di pubblicare e insieme abbiamo
concordato alcune modifiche, perciò se vedete qualche parte
modificata o tagliata, sappiate che l'autrice ne è al
corrente. Se riscontrate qualche errore, segnalatemelo :)
E' la mia prima traduzione, siate clementi ^-^
Ah, il titolo l'ho scelto io ed è tratto dalla canzone
Eleanor Rigby dei Beatles.
Buona lettura!
E’ solo un’ attimo, niente di più. Un
bagliore di capelli
scuri e di zigomi marcati.
E
John sa che è folle, che è impossibile. Eppure
è uguale a
lui.
I
loro occhi si incrociano per un secondo, e quelli al di là
del vetro appannato del taxi non mostrano nessun segno di riconoscerlo.
Ma
neanche per un momento John crede che possa essere
qualcun' altro.
Magari
non lo vede tra la folla, o forse non ha il tempo di
reagire, pensa.
Deve
credere a queste cose, perchè lui crede a colui che
è
in quel taxi.
Non
c’è nessuno come lui. Non potrebbe essere nessun
altro.
E’ Sherlock
John butta la sua valigetta a terra e corre dietro l’angolo, sussurrando il suo nome ripetutamente.
Per
la prima
volta corre senza zoppicare, corre nel modo in cui correva solo con
Sherlock.
Ma anche senza il suo dolore psicosomatico, non riesce a raggiungere il taxi.
Sa
che non lo
raggiungerà mai.
“Sherlock….Sherlock…” ripete,
anche se si è fermato in mezzo
alla strada.
Sente
il suo nome gorgogliare dentro di sé, diventare un urlo
appena la macchina scompare.
“SHERLOCK!”
Per
diversi secondi, John rimane semplicemente immobile,
fissando il punto in cui il taxi è sparito. E’
consapevole del fatto che la
gente attorno a lui lo stà fissando. Una macchina si ferma
lentamente,
aspettando che si sposti. Non gli importa. Viene improvvisamente
colpito dal
fatto che Sherlock Holmes è morto. Non importa quanto
ardentemente John lo
desideri, non tornerà mai.
La macchina dietro di
lui suona il clacson, e John zoppica via.
~
Sherlock si gira a guardare la figura appena è certo che lui non possa più vederlo.
John lo insegue, la bocca che forma il suo nome, ancora e ancora.
Mentre lo guarda, un desiderio bruciante nasce in lui, e non vuole far altro che fermare il taxi, scendere e stringerlo tra le sue braccia.
Non
voleva
ferire nessuno. Non voleva che accadesse questo.
"Conosce
quell'uomo?" Chiede il tassista, notando che Sherlock
lo stà guardando.-“Vuole che mi fermi?
Sherlock si gira, e
guarda l’uomo dallo specchietto retrovisore.” No,
continui pure a guidare”.
Bruscamente, senza
neanche sapere cosa stà facendo, prende il cellulare.
Prenditi cura di lui.
– SH
Ha appena inviato il
messagio, quando ci ripensa e ne invia un altro.
Per favore. –SH
Qualche
secondo dopo, il telefono vibra.
L’ho seguito da quando
ha lasciato Baker Street. - MH
E
prima ancora che possa sospirare e pensare ad una
risposta, suo fratello ha qualcos’altro da dire e gli invia
un altro messaggio.
Stà piangendo. Non so
cosa fare. –MH
C’è rabbia in quel messaggio. E disperazione. E rimorso. E più di tutto, c’è senso di colpa. Le parole si appannano, le dita gli tremano. Sherlock pulisce le lacrime che ha lasciato cadere nello schermo del suo cellulare.
Neanche io. –SH
Non mandò mai
l’ultimo messaggio.