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Autore: Eryca    05/11/2012    8 recensioni
Mai più.
Me lo ero ripromessa, per la mia dignità che, sepolta sotto strati di miseria, sta strillando; per il mio orgoglio che nonostante anni di abusi e torture persiste.
Lo avevo giurato, mi ero imposta piangendo, sentendo il cuore lacerarsi in due, che non sarebbe successo più, non ci sarebbe stata un’ultima volta.
E allora perché adesso sono qui, in questo stupido backstage, vestita con la solita gonna di pelle nera e gli stivali con il tacco vertiginoso?

*
Love è stanca di essere una groupie.
Love è stanca di essere una groupie solo per poter rimanere vicino a lui.
Love è stanca di essere una groupie ma non ha la forza di andare lontano da Izzy Stradlin'.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Never Again

 

 

 

 

 

 

 

There is no doubt

You’re in my heart now

Said, woman, take it slow

It’ll work itself out fine

All we need is just a little patience

 

Guns N’ Roses – “Patience”

 

 

 

 

 

 

 

Mai più.

Me lo ero ripromessa, per la mia dignità che, sepolta sotto strati di miseria, sta strillando; per il mio orgoglio che nonostante anni di abusi e torture persiste.

Lo avevo giurato, mi ero imposta piangendo, sentendo il cuore lacerarsi in due, che non sarebbe successo più, non ci sarebbe stata un’ultima volta.

E allora perché adesso sono qui, in questo stupido backstage, vestita con la solita gonna di pelle nera e gli stivali con il tacco vertiginoso?

Per qualche istante ho pensato di poter raccontare a me stessa che sono venuta fin qui solo per dare il mio addio alle altre ragazze, ma poi il mio cuore martellante mi ha reso impossibile negare l’evidenza: il fatto è che sto aspettando.

Non qualcosa, ma qualcuno.

Guardo le mie compagne, agghindate come delle vere e proprie prostitute, perché, in fondo, è esattamente questo che sono: delle squallide sgualdrine al servizio della band.

Preferiscono farsi chiamare groupies, però, per far sembrare ciò che fanno veramente eccezionale, quando in realtà si tratta solo di aprire le gambe a chiunque.

Ma poi perché sto usando la terza persona plurale? Dovrei usare il noi, visto che sono una di loro. Oh, l’idea –la famosa idea- era di andarmene, di ricominciare da capo, costruirmi una vita degna di questo nome, ma sono di nuovo qui, ergo sono ancora una fottuta puttana.

Non sono rimasta perché mi piace essere una groupie, anzi, in realtà non sopporto di essere toccata da mani estranee; quando vedo la band arrivare sento un gruppo alla gola e vorrei solo fuggire lontano.

Perché rimango?

Sbuffo. La risposta è semplice, ma allo stesso tempo complicata, molto più difficile di quanto possa sembrare in superficie.

Dal camerino si sentono le urla del pubblico e la musica inconfondibile che caratterizza la band a cui si è legata. Odo la voce del cantante al microfono, sta parlando con il pubblico, se ho sentito bene sta salutando, questo sta a significare che il concerto è finito.

Adesso sento che tutti i  miei organi interni si mettono sull’attenti, sono allerta, stanno aspettando che arrivi quell’ondata di profumo che li fa andare su di giri, che li fa volare su, su, sempre più su...

Merda, mi devo rilassare, così non vado da nessuna parte e mi devo ricordare per quale dannato motivo mi trovo ancora qui: dare il mio saluto a tutti. L’idea originaria riguardava solo le ragazze, ma visto che ci sono... Oh, fanculo! Ma chi voglio prendere in giro?

Mi siedo, forse le mie gambe smettono di tremare, in questo modo. Mi alzo, non riesco a stare ferma in una posizione, l’ansia si sta prendendo gioco di me. Cammino per la stanza, prendo in mano i primi oggetti che mi capitano sotto tiro e li scruto come se fossero attrezzi scientifici degni di essere analizzati.

Ma tutti i miei pensieri ricadono solamente su...

«Izzy!»

Quel nome è la mia rovina.

Non appena lo sento pronunciare da Slash, che è entrato nella stanza con passo spedito, il mio cervello tira fuori dall’armadio una valigia, la riempie e da le dimissioni.

Merda merda merda merda.

E adesso sono tutti qui, davanti a me, come se il destino volesse spiattellarmi in faccia la mia disgrazia, gli artefici della mia rovina.

I fottutissimi Guns N’ Roses.

«Oh, Love, tesoro mio! Ma allora sei venuta!» è Duff a parlare, si avvicina a me con fare viscido e mi posa le mani sul sedere, mentre le sue labbra si fanno sempre più vicine alle mie. Non voglio, non voglio, non voglio, non voglio.

Mi sposto, evito il bacio, lasciando un bassista stupito e contrariato, mentre il resto del gruppo mi fissa attonito, come se avessi fatto un’azione impossibile. Bene, almeno sono certa di avere tutta la loro attenzione.

È il mio momento, tocca a me, andrà tutto bene, gli spiegherò la mia decisione, li saluterò – pace, amore e vaffanculo – e poi me ne andrò da qualche parte.

Poi lo vedo.

Se ne sta appoggiato allo stipite della porta, una mano sul fianco e le gambe incrociate, gli occhi coperti dal solito paio di occhiali rovinati.

Cazzo, è ancora più bello di come lo ricordavo.

Con un gesto esperto si toglie gli occhiali e mi accorgo che i suoi occhi – i suoi occhi accecanti – sono puntati su di me in un modo quasi fiammeggiante, sembra volermi dare fuoco.

Volto la testa verso Steven, ma continuo a sentire il suo sguardo pesante su di me, sento che segue ogni mio movimento, ogni mio piccolo gesto.

«Ragazzi, io...» inizio a parlare, ma la voce mi manca «...io sono venuta a dirvi che parto.»

Guardo i volti di ognuno di loro, anche se in realtà mi interessa solo la sua di espressione, ma non ho il coraggio di guardarlo, ne morirei, ne morirei, ne morirei.

E io voglio vivere.

Voglio vivere.

Una volta per tutte.

«Che cazzo vuol dire che parti? Eh, Love?» è di nuovo Slash a parlare, il suo tono burbero che nasconde un po’ di tristezza; non sta usando un nomignolo tenero, ma Love è proprio il mio nome del cazzo. Quasi una presa per il culo, viste le mie condizioni attuali.

Dio, dio, dio.

Il mio corpo sembra divenuto una fonte di energia elettrica per quanti brividi mi percorrono: non riesco a controllarlo, sembra avere una vita propria, mi sta spingendo verso l’oggetto del suo desiderio.

Mi convinco ad alzare lo sguardo su di lui e subito me ne pento: la sua posa non sembra aver subito alcun cambiamento, è rimasto impassibile, come se nulla fosse successo; ma i suoi occhi sembrano luccicare, non riesco a capire, sono enigmatici.

Odio tutto il mistero che quest’uomo si porta con sé.

Continua a fissarmi e tutta quell’attenzione mi manda in fiamme, mi sta uccidendo, so che cederò, non posso rimanere, io non posso, non devo, non posso,  non devo.

«Me ne vado. Non so dove, ma me ne vado.» Subito. Ora. All’istante. Devi andartene immediatamente, Love. «Sono passata solo per farvi un ultimo saluto.»

Non riesco a crederci, Slash sta... piangendo? No, è impossibile. Eppure una lacrima sta scivolando sulla sua guancia lentamente. Una sola lacrima solitaria.

Oh, merda. Butto le braccia al collo del chitarrista, quello che ha tutta l’aria di un duro, e lo stringo forte, perché sì, gli voglio bene e mi dispiace doverlo abbandonare; è stato un amico, forse l’unico amico della band, con cui ho fatto lunghe chiacchierate e condiviso hot dog.

Sciolgo l’abbraccio e, uno ad uno, i ragazzi mi posano un casto bacio sulla guancia, magari accompagnato da una tenera carezza o un sorriso sghembo. Axl, ovviamente, non mi dona tutta quest’attenzione, ma si limita a rivolgermi un cenno del capo disinteressato.

«Oh, Love!» questa volta è Jenny, una delle ragazze, a gettarsi letteralmente tra le mie braccia, piangendo esageratamente. «Promettimi che ci manderai una cartolina!»

Rido e anche gli altri lo fanno, perché quella stupida di Jenny riesce sempre a scatenare l’ilarità con i suoi modi di fare da svampita.

Sono contenta, nonostante tutto, perché potrò finalmente lasciarmi alle spalle tutta questa merda e andare avanti, crearmi una nuova vita.

E allora perché il mio cuore sta piangendo? Perché vorrei solo urlare e lasciare che tutte le lacrime che sto trattenendo fuoriescano disperate?

È lui.

Lui che rimane nello stesso posto, non mi si avvicina, non mi dice una sola parola, ma mi fulmina con gli occhi, continua a rivolgermi quelle occhiate furiose, arrabbiate. E io non capisco, non capisco davvero, ma non devo più decifrare il suo comportamento, non voglio più farlo.

Basta, basta, adesso me ne vado. Saluto ancora una volta tutti, raccatto la mia borsetta, abbandonata sopra un divanetto, e percorro a grandi passi la stanza.

Solo che la porta è sbarrata, non posso passare.

Lui è fermo davanti a me, i suoi occhi sono fiamme, sono ghiaccio, sono gelo e sono bollenti, non si sposta, rimane lì ad intralciare il mio passaggio, non mi fa uscire e io non oso neanche pronunciare una parola, perché so che non avrei voce.

Il mio corpo è in fermento, come sempre quando sono vicino a lui, e i polmoni sembrano d’un tratto aver ritrovato aria. Perché? Perché diavolo mi devi fare questo effetto, Izzy?

Non potevi essere semplicemente come tutti gli altri della band?

No, lui ha dovuto fare l’amore con me, accarezzarmi e baciarmi a lungo, giocare con i miei capelli e rimanere a dormire avvinghiato a me, come l’edera; mi ha accompagnata in passeggiate per le strade, sulla spiaggia, nel parco, offrendomi sigarette e ridendo insieme  a me.

E tutto questo per cosa? Per poi continuare a lasciarmi in quella condizione precaria, senza farmi divenire la sua ragazza, senza chiudere definitivamente: sono rimasta Love, la groupie da imbambolare con parole dolci, in modo da potersela scopare di più.

Lo guardo e questa volta non ho timore, ma gli rivolgo tutta la rabbia che sta ribollendo dentro di me.

Vaffanculo, Izzy Stradlin’.

Appoggio una mano sul suo braccio facendo finta di non sentire i brividi che mi percorrono la schiena al contatto con la sua pelle, e lo scosto, così da poter passare.

Non volto lo sguardo indietro, no.

Mi lascio alle spalle Slash, Steven, Duff, Axl, Jenny e le altre ragazze, le nottate a base di droga, alcol e sesso.

Mi lascio alle spalle Izzy, sì.

Ho deciso di vivere.

 

*

 

 

 

Non ci ho messo molto a fare le valigie.

Anzi, la valigia. Non ho quasi niente di mio, quindi un solo bagaglio basta e avanza per quelle quattro stupidaggini che posseggo.

La mia camera è vuota, tra pochi minuti lascerò l’alloggio che condivido con le ragazze per la volta di Concord, una piccola cittadina nel New Hampshire, dove vive mia zia Clara. Passare dalla folle e calda Los Angeles ad un tranquillo paese del nord è un grande cambiamento, ma spero di poter sistemare la mia vita, trovare un lavoro come cameriera e conoscere delle persone nuove.

Il cielo è scuro, significa che è già notte inoltrata: come ho fatto a non accorgermene? Le ragazze sono fuori, sicuramente in compagnia dei Guns N’ Roses.

L’idea che una di loro stia scopando con Izzy mi disgusta, mi ingelosisce, mi fa arrabbiare. Ma non è più cosa che mi riguarda, devo rassegnarmi all’idea e andare avanti: Concord è la mia destinazione.

Forse mi mancherà la routine di Los Angeles, lo svegliarsi quando il sole già tramonta, la compagnia divertente dei ragazzi, il cibo cinese insieme a Jenny e Pam, la ricerca disperata di un lavoro serio che non si desidera veramente.

Sarà strano abbandonare tutto quello che per tre lunghissimi anni è stata la mia casa.

Guardo l’orologio. Tra due ore ho il volo, sarà meglio sbrigarsi, non voglio rimanere in questa città e far preoccupare la zia, che è stata così cara con me.

Mi metto in spalla il borsone nero e rimango sulla porta a dare un’ultima malinconica occhiata a casa mia. Sorrido amaramente e chiudo la porta.

Sto per scendere il primo gradino delle scale quando vado a sbattere contro qualcuno, rimanendo intontita e confusa per qualche secondo.

«Mi scusi, sono mortifica...»

Non è possibile.

Non è possibile.

Non è possibile.

Non è possibile.

Lo guardo meglio, lo guardo bene e mi stropiccio gli occhi perché non può essere davvero lui, non qui, non ora, non in questa fottuta situazione.

Ma riconoscerei i suoi capelli castani ovunque, esattamente come i suoi occhi cristallini e il suo petto troppo piccolo per sembrare quello di un uomo muscoloso.

«Izzy...» Non riesco a dire nient’altro, la voce mi muore in gola e io non so più cosa pensare. Non so più se pensare.

Che cosa è venuto a fare? Sto partendo, devo andarmene, il volo, Concord... tutto diventa improvvisamente opaco, persino il mio nome.

Solo Izzy di fronte a me è nitido, come una foto messa bene a fuoco.

E poi succede tutto troppo in fretta, come sempre.

Mi sbatte contro il muro, mi copre la visuale con la sua figura e prende possesso della mia bocca, togliendomi il respiro. Lascio cadere la borsa, così come i miei buoni propositi, come la mia nuova vita e il sogno di un lavoro decente.

Crolla tutto, sotto le sue labbra. Crollo io, che non riesco più ad esistere senza di lui.

«La porta, le chiavi...» mormora sul mio collo.

No, non posso farlo, non devo, ho scelto un’altra vita, ho scelto di vivere... ma come posso senza Izzy?

Armeggio con le chiavi cercando di aprire l’alloggio, ma è difficile con Izzy attaccato a me come una sanguisuga. Centro!

Si stacca da me solo per prendermi la mano e accompagnarmi verso la mia camera da letto e quando la vede spoglia, Izzy fa una smorfia, sembra contrariato.

Mi sembra un sogno, mi sembra impossibile che lui sia veramente qui, che io non sia in aeroporto ad attendere il volo della mia vita. Lo sto davvero facendo?

La camera è buia, riconosco solo la sua sagoma, mentre la luce della luna entra dalla finestra, e non riesco a smettere di guardarlo muoversi con estrema lentezza, come se stesse calcolando ogni minimo gesto.

E io sono assuefatta a lui, non posso più negarlo.

È eroina per me, senza la quale impazzirei, e con la quale morirei.

Si avvicina a me – sono sua, lui lo sa – e appoggia le mani sui miei fianchi, per poi poggiare le labbra sulle mie, rapendomi ancora una volta, sradicandomi dalla realtà senza pietà – sono sua, lui lo sa -.

E ora non si torna più indietro, me ne rendo conto, ormai è troppo tardi, perché i miei pantaloni sono già a terra, mentre le sue mani toccano tutto ciò che è possibile toccare, accarezzano, vezzeggiano.

Sto perdendo me stessa, sto di nuovo perdendo me stessa, perché siamo sdraiati sul letto e il suo peso sopra di me sembra essere la cosa più giusta del mondo.

Non penso più, non posso più farlo, l’aereo è divenuto solo un ricordo sfumato nella mia mente, perché tutto ciò che conta veramente mi sta baciando, mi sta toccando.

E io sono su, sono più su ora che le sue dita sono dentro di me.

«Non te ne andare, Love, resta con me...»

È un solo un sussurro, non è nulla di più, ma a me sembra un urlo, mi sembra il segnale che stavo cercando da una vita e mi ci aggrappo come se fosse tutto ciò da cui dipendo, perché forse è proprio così – sono sua, lui lo sa -.

E sono le sue labbra sul mio seno, il suo profumo dentro di me, lui, lui, lui, lui che circola nelle mie vene come droga, è droga, è droga.

Le mie dita sono nella carne della sua schiena, sto impazzendo, non gli resisto. Non è solo lussuria, non è solo passione, è più e molto di più, lo è sempre stato... Dio, quante volte ho sognato il suo sorriso.

Chiudo gli occhi e trattengo il respiro perché lui ora è dentro di me, proprio come doveva essere e voglio imprimermi questa sensazione nella memoria, non voglio dimenticare, no, no, no. Ho bisogno di questa emozione, ho bisogno del suo calore, delle sue braccia, del suo profumo, dei suoi occhi, del suo sorriso, ne sono dipendente.

«Oh, Dio, Love... Non mi lasciare.»

E un gemito esce dalla mia bocca non appena sento quelle parole mormorate dalla sua voce roca.

Oh, Izzy, non ti lascerò mai. Mai. Mai. Mai.

E finalmente lo sento, quel legame indissolubile che si è creato tra di noi, è come una scia di luce eterna; mi lascio pervadere dalla sensazione di lui, di averlo una volta per tutte – sono sua, lui lo sa-.

Avevo detto mai più, lo avevo detto per davvero, non era uno scherzo.

Ma come posso, come posso, come posso sottrarmi al mio cuore?

E poi non sono più sulla Terra, sono più in alto, con Izzy, in un posto dove è impossibile arrivare se non insieme a lui, per sempre.

Il suono del suo gemito mi manda su di giri, sono fuori dalla portata della realtà, ancora una volta. Fatemi vivere questo sogno, non voglio tornare, non voglio tornare.

Izzy è coricato sopra di me, le sue labbra schiuse stanno accarezzando la mia spalla...

L’aereo. Ho perso l’aereo.

La vita. Ho riacquistato la vita.

«Ehi, Love...» La sua voce calda mi chiama e, come sempre, rispondo, perché non posso evitare di farlo, semplicemente non ne sono capace.

Incontro i suoi occhi e mi ci specchio.

Dio, lo amo.

Lo amo.

Lo amo.

Lo amo.

Rispondo al dolce sorriso che mi rivolge, lui non sa che la consapevolezza si è appena impadronita di me; ma, in fondo, va bene così, bisogna fare un passo alla volta e io lo seguirò, andrò al suo tempo.

«Si?»

Ti amo, Izzy.

Ti amo.

Ti amo.

«Da oggi in poi il gruppo avrà una groupie in meno. Intesi?»

Ha lo sguardo serio di chi non ammette repliche, il tono duro, sicuro di cosa sta dicendo.

L’ha detto veramente? Il mio cuore fa un balzo, non riesco a contenerlo.

Forse, tutte le volte che gli ho concesso l’amore che desiderava tanto facilmente, non ho sbagliato; forse aveva davvero bisogno di tre lunghissimi anni per rendersi conto che l’amore di cui ha bisogno non è solo saltuario.

Il pensiero che invade la mia mente è uno solo: non mi considera una groupie.

Il mio cervello si prende la libertà di pensare che forse – ma solo forse – non mi ha mai veramente considerata una sgualdrina da portare a letto, ma che forse – ma solo forse – è sempre stato qualcosa di più.

Occhi negli occhi.

«Niente più groupie, Izzy.»

 

Mai più.

 

*

 

 

 

Questa è la mia prima storia in assoluto sui Guns N’ Roses. In realtà mi sono scritta a Efp solo per poter leggere riguardo a loro  - sono uno dei miei gruppi preferiti in assoluto - però mi sono sempre sentita intimorita di scrivere qualcosa; quindi temo molto il vostro giudizio per questa piccola OS.

Love è un personaggio che avevo in mente da molto tempo e ho voluta renderla finalmente reale. Izzy lo amo, è il migliore, quindi questa è dedicata a lui, perché è il nostro chitarrista- poeta maledetto-misterioso.

Un commento per sapere cosa ne pensate farebbe piacere! :D

Grazie per aver letto,

Eryca.

   
 
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