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Autore: fortiX    05/11/2012    8 recensioni
Bassai dai é il nome di un kata del karate shotokan. Il termine vuol dire entrare nella fortezza. E cosa sono Sephiroth e Cloud se non due fortezze mai violate? Cloud sta aprendo la sua verso una nuova vita e si accorgerà presto che, nonstante le numerose sconfitte, il suo nemico mortale non é mai stato veramente conquistato. I segreti e le paure verranno mai svelati? Cloud avrà questo coraggio?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Sephiroth, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Non credevo che potesse mai capitare una situazione simile. Dopo Meteor, dopo il Geostigma, non pensavo davvero che il mio cuore potesse finalmente liberarsi della SUA ombra. Ora, il mondo continua ad andare avanti, come se nulla fosse mai accaduto. Certo, le cicatrici del passato sono parte persistente di ognuno di noi, anche perché sono davanti ai nostri occhi ogni santo giorno come monito ai potenti. A volte mi fermo a pensare e credo che, in un modo perverso e distorto, LUI avesse in un qualche modo ragione. Chi era lui se non il più grande errore dei potenti? Ho odiato Sephiroth più di qualunque altra cosa al mondo e così lo sarà per sempre, ma, se mi guardo intorno, vedo e respiro una grande pace; una libertà mai assaporata a Midgar.
Midgar… per un provinciale di Nibelhim fu uno shock sapere che esistessero città così imponenti. Mi prese un colpo al cuore la prima volta che la vidi: ero schifato e attratto nello stesso tempo da quell’agglomerato di acciaio e luci. La peculiarità che più mi affascinava era il Piatto. Come poteva una città così grande non toccare il terreno? Una genialata ingegneristica da paura. E per un povero contadinotto come me era qualcosa d’inconcepibile. Mi sentii così piccino e… impotente. Avevo in mente le montagne del mio paese, quindi ero abituato alla grandezza; ma quella città fu un vero trauma. Le strade gremite all’ora di punta, i grattacieli, la rotaia, i giganteschi reattori e poi il palazzo della ShinRa. La colonna portante del piatto, il centro nevralgico della città, il cuore del mostro. Si respirava la pura potenza tra quelle mura. Dietro ogni porta il progresso con la P maiuscola si compiva senza che nessuno fosse in grado di fermarlo. La ShinRa imbrigliava letteralmente la potenza della Natura e la scatenava contro il mondo, spacciandola come risorsa energetica pulita per un pianeta dilaniato. Questa bugia se la bevvero in molti. E Sephiroth era l’incarnazione della potenza, l’essenza stessa della compagnia, la più grande bugia mai raccontata. Alla gente comune piacciono i vincitori e lui lo era. Oh sì, io lo adoravo. Reincarnava l’esempio che ogni uomo avrebbe dovuto seguire. Non avendo avuto un padre decisi di “adottarlo” come genitore. Quante notti a immaginarmi a compiere le sue stesse gesta! Quanti allenamenti con la spada per cercare di raggiungere almeno la superficie del suo smisurato talento. Avrei dato qualunque cosa per diventare come lui. Ma la notte in cui tutto cambiò, i nostri destini si unirono in un modo che non avrei mai potuto lontanamente prevedere. Se mi avessero raccontato che io, un misero ragazzo di campagna, sarei diventato il nemico mortale di uno dei più grandi SOLDIER della storia, probabilmente gli avrei riso in faccia. Dicono che una persona non la conosci, finché non ci combatti. Beh, posso dire di conoscerlo meglio di chiunque altro. Tuttavia, sento che lui avesse un’anima molto più complessa di quanto io possa credere. Mi fermo a pensare, talvolta, nell’inconscio della notte, perché avesse agito in quel modo. Anch’io scoprii la sua stessa verità, a suo tempo, ma non mi sognerei mai di distruggere il mondo per chissà quale fantomatico viaggio. Quand’ero ragazzino conoscevo ogni singola mossa di Sephiroth. Seguivo la sua vita quasi fossi la sua ombra; sapevo a memoria ogni sua intervista rilasciata ai media riguardo la guerra in Wutai; apprendevo ogni suo colpo di spada nemmeno fosse un libro di arti marziali: mettendo insieme le informazioni apprese nella mia adolescenza, posso affermare che lui non era tipo da lasciarsi andare alle emozioni. Aveva una mente analitica e distaccata; come poteva un uomo aver perso il controllo di se stesso in quel modo, quando un ragazzino fu più assennato? La risposta si perde poi nelle pieghe del sonno. La mattina giungo alla stessa conclusione: Sephiroth era un pazzo sanguinario. Punto. Difficile dimenticare un uomo come lui, ma sono deciso ad andare avanti. La mia vita si è ridotta ad un tranquillo tran tran a consegnare la posta per la regione, ad accompagnare e riprendere i bambini a scuola, portare Tifa fuori per qualche cena galante e serate con i ragazzi della vecchia guardia al 7th Heaven. Piano piano sto ritrovando la mia serenità, anche senza andare tutti i giorni alla chiesa o alla rupe dove morì Zack. Ho accettato la loro morte e sono felice di saperli in pace. A volte li sogno, non ricordo mai come o dove, ma rammento stralci di conversazioni. Credo di mancare loro e che vogliano un resoconto della mia giornata per non sentirsi del tutto esclusi.
La situazione con Tifa è migliorata: ora siamo una famiglia a tutti gli effetti e lei è fiera di questo. Sono contento di averle dato ciò che voleva.
Con queste certezze nel cuore, la mia vita non potrebbe andare meglio.

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E’ un giorno come gli altri. Le consegne sono finite e, siccome è mezzogiorno, decido di fermarmi in un chiosco appena fuori Edge. Il tizio è un tipo simpatico, molto amico di Denzel, e mi fa sempre lo sconto. “In nome di ciò che hai fatto per noi”, dice sempre. Chissà se anche a LUI facevano gli sconti… Scuoto la testa. Basta tornare al passato. Ordino un panino e mi siedo in un tavolino distante dal bar, in modo tale da tenere d’occhio la Fenrir -dopo quello che è successo con Denzel cerco di controllarla più spesso, un altro dei miei buoni propositi-. Afferro un giornale, abbandonato sul tavolo, e cerco la pagina sportiva. C’è la notizia di Gioro e il suo Chokobo nero. Mi ero svegliato alle due di notte per vedere la gara. Una scarica di adrenalina fantastica, quella corsa! Arriva il mio panino e inizio a sgranocchiarlo, mentre leggo la classifica dei fantini. Non arrivo oltre al podio che il mio cellulare squilla. Un tempo avrei lasciato trillare, ma, con grande stupore di tutti, ho deciso di rispondere a tutte le chiamate. Sulla schermata c’è scritto “Reeve”. Ecco uno che non sa del mio cambio di pagina. Mi diverte avvertire lo stupore dei miei amici davanti al mio comportamento: non vogliono proprio capacitarsene.
“Pronto?”
“Cloud?! E tu da quando rispondi al telefono?”
“Da un bel po’, Reeve.”, rispondo semplicemente. Le conversazioni non sono ancora il mio forte.
“Davvero? Stavo per riagganciare, perché credevo che avrei dovuto parlare con la tua segreteria. Di nuovo.”, scherza l’uomo.
Ridacchio, anche se quello che esce dalle labbra sembra più un grugnito impaziente, “Cosa vuoi, Reeve?”, chiedo, cercando di sembrare cordiale.
La sua voce si fa stranamente seria. “Io e i ragazzi abbiamo trovato una cosa che dovresti vedere.”
Mi allarma il suo tono, “Cos’è questa… cosa?”, chiedo sospettoso.
“Non è prudente parlarne al telefono. Raggiungimi alle coordinate che ti invierò.”>click<
Allontano il cellulare dall’orecchio e l’apparecchio mi segnala il ricevimento di un messaggio.

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Mi fa sempre uno strano effetto vedere Midgar accartocciata su se stessa come una lattina arrugginita paragonata all’opulente splendore dei miei ricordi. La vecchia sede della ShinRa svetta imperturbabile sopra il mucchio indefinito delle miriadi di vite spezzate, simile ad un’erba parassita crescente a scapito degli altri. Anche se dopo l’ultima apparizione di Sephiroth, sembra più distrutta del solito, sebbene rimanga in piedi testardamente. Imbocco la solita strada che mi condurrebbe verso la chiesa di Aerith –altra costruzione rimasta in piedi dalla furia del nemico-, poi giro a destra seguendo il segnale GPS del navigatore. Attraverso un’ampia strada scavata nei rottami ed è incredibile vedere come un folle pazzo come Sephiroth sia riuscito a portare tutti gli abitanti sullo stesso piano in un colpo solo. Denzel ci racconta spesso di come la sua prospettiva di vita sia cambiata lontano dagli agi a cui era abituato fino a quel momento. Forse non è stato del tutto un male. Continuo ad avanzare immerso nei miei pensieri, finché un grosso cartellone incenerito sovrasta tutta la strada. C’è scritto sopra LOVELESS. C’era una sola zona della città ad avere un grosso cartellone pubblicitario di quel libro: Settore 1.
Mi vengono i brividi a pensare che quelle strade erano state calcate dal mio peggior nemico. Sapevo che in onore dei servigi offerti per le sue gesta, la città gli aveva regalato un attico nel palazzo più lussuoso di Midgar, il Golden Building. Durante la mia permanenza in città, mi capitava spesso di osservare quelle finestre oscurate, nella speranza di scrutare il mio idolo; sebbene sapessi che non ci abitava mai. Ricordo che, talvolta, scompariva dalla circolazione e i comandanti dicevano che si era ritirato in biblioteca o l’avevano mandato in missione. Mi piaceva pensarlo lassù.
Ora che ci faccio caso il segnale mi sta portando proprio lì.
Poco dopo raggiungo le macerie del Golden Building, o almeno quello cui riesco a decifrare, poiché mischiate con i quelle dei bassifondi e del Piatto. Intravedo una squadra della WRO intenta a cercare chissà quale utopia o segreto scabroso tra i calcinacci. Sotto di loro un gruppo di persone fanno camporella attorno a Reeve. Parcheggio la Fenrir e li raggiungo.
“Allora, cosa dovevi mostrarmi?”, dico io senza convenevoli.
Il gruppo si apre verso di me, rivelando la figura del moro. La sua espressione é un misto tra preoccupazione e allegria. Ha un libretto sgualcito in mano e lo tiene come fosse una reliquia preziosa, quasi avesse paura di toccarlo. Egli accenna ad un sorriso come mi vede.
“Ciao Cloud. E’ un bel po’ che non ci si vede! Come va?”, saluta con frasi di circostanza che non fanno altro che aumentare la mia ansia.
“Sto bene, grazie. Cosa hai trovato di tanto interessante?”, rispondo, mantenendo a stento la mia curiosità.
Reeve non dice nulla e mi porge il libro. Lo osservo con noncuranza.
“E’ un vecchio libro impolverato e sgualcito. Tu mi chiami per questo? Tifa non sarà contenta se le dirò che mi fai perdere t…”
“Non è un libro qualunque, Cloud!”, m’interrompe Reeve con foga.
Io non capisco, scuoto la testa confuso. L’uomo sospira e apre la prima pagina.
Avrei riconosciuto quella calligrafia ovunque.
“Il diario di Sephiroth…”, bisbiglio.

Un saluto al popolo di EFP tutto! Ebbene sì, Sephiroth aveva un diario nella mia folle idea. E’ da un po’ che volevo dipingere una Sephiroth diverso dal solito, ma non trovavo mai il modo di porlo. Poi una mattina ecco la rivelazione! Un diario! Un diario che il suo peggior nemico ci farà leggere! Questa fic sarà un doppio viaggio nell’anima delle due icone del capitolo più mitico di tutto il videogiochismo! Cosa imparerà Cloud del suo peggior nemico? Era davvero l’uomo che credeva di conoscere? Ma soprattutto, quanto è cambiato Sephiroth per la pazzia e quanto di Sephiroth c’è nel One Winged Angel? Spero di non aver fatto il passo più lungo della gamba XD. Enjoy!
Besos
   
 
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