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Autore: Ziggie    06/11/2012    1 recensioni
It's never too late to mend, perchè non è mai troppo tardi per redimersi. Un'avventura per i fratelli Blues lunga una vita, ma al loro fianco non vi era solo la Banda, ma anche Ziggie. Recensite se vi va :) Buona lettura.
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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  Buon pomeriggio belli!!!!! have you seen the light?!?!?! Io si! xD
A parte questo perdonate il madornale ritardo!!!! Come potete leggere il film da descrivere è praticamente finito, manca solo il pezzetto finale, ma ho in serbo chicche per voi e per il prossimo capitolo :) Quindi che dire, come al solito io solo fatto un'aggiunta, l'idea e i dialoghi originali sono tratti dal film, ancora in questo capitolo... Buona lettura :) e a voi le recensioni!
Ile
                                  

                                          22. In corsa verso Chicago
 


La Bluesmobile sfrecciava sul rettilineo della statale, che ci avrebbe condotto a Chicago, mentre il buio della notte ci inghiottiva con le sue luci e la polizia, con le sue sirene, ci ricordava la sua presenza dietro di noi. Jake si era addormentato; Elwood era intento alla strada; io mi divertivo a contare il numero di volanti che avevamo appresso.

- Non dovresti dormire un pò, bimba? - mi chiese gentilmente, osservandomi dallo specchietto.

- Ci sto provando, ma le pantere qui dietro non fanno lo stesso effetto delle pecore - commentai divertita, voltandomi per sorridergli - e poi, qualcuno deve farti compagnia, no? - gli sussurrai, lasciandogli una carezza sul volto, mentre lui si limitava a sorridere bonariamente.

- Non avrei mai detto che saremmo riusciti a compiere una missione in maniera, tutt'al più, onesta - tamburellò le dita sul volante, mentre io scoppiai a ridere ripensando alle vecchie marachelle e a quelle riferite a questa missione.

- Bhè, eravamo e siamo in missione per il pezzo grosso,  che ha interceduto per noi nel distruggere centri commerciali, facendoci scampare a dei Cow Boy incazzosi e agli spari di una pazza sclerata! -
Poteva essere andata bene, a grandi linee; potevamo essere sulla via della conclusione e del salvataggio ma, tutte quelle sirene lì dietro, non promettevano nulla di buono, nonostante mi stessi divertendo a contarle per far scemare la tensione: come sarebbe finita, sul serio, la nostra missione per conto di Dio?

- E' impressionante! Non mi sarei mai aspettato che Jake potesse avvicinarsi così tanto al matrimonio - fece El un pò sovrappensiero.

- Hai visto quella tizia, El! Stavolta l'iniziativa non partiva dal fratellone e, sicuramente, la pistola che ha usato per convincerlo, non era certo quella che vi tenete stretta nei pantaloni - esclamai divertita e maliziosa al tempo stesso, lasciandogli un bel bacio sulla guancia prima di spaparanzarmi sul sedile posteriore, mentre Elwood, ben divertito, ma con le guance appena arrossate, fece una deviazione di scatto, tagliando un guardrail e infilandosi su un'altra strada, eliminando la maggiorparte di volanti che aveva dietro.

- Hai mai pensato al post missione, El? A come potremmo finire se quelli che abbiamo alle calcagna riescano a prenderci? - era bene che esponessi tutti i miei pensieri, non aveva senso tenerli racchiusi.

- Sinceramente, Zig, evito di pensare al dopo e guardo al momento, dovresti saperlo - avevo toccato un argomento serio e serio era, per l'appunto, il suo tono. Annuii, appena, sospirando.

- Si, lo so - confermai le sue parole - ma ci sono piccoli momenti in cui mi chiedo se abbiamo fatto, veramente, la cosa giusta e perchè abbiamo scelto di compiere questa missione - no, non erano risentimenti, non era uno sguardo al passato, erano domande più che legittime, visto che le pantere alla caccia della preda non erano più le quattro dell'inizio, ma superavano la 'ntina di auto. Domande più che legittime quando non riesci a focalizzare un futuro. Ma no, non era un tornare indietro, era una scelta fatta per la loro grande famiglia, la scelta più giusta che potessero fare, nonostante tutti quegli interrogativi.

Elwood mi guardò dallo specchietto, restando in silenzio alcuni istanti, prima di allentarsi il nodo della cravatta, gesto che faceva quando era impacciato o doveva prepararsi ad introdurre un discorso serio: questo caso, era il secondo.

- Il Sant'Elena, un vecchio edificio su una strada dissestata di periferia. Il mio primo e vero tetto sulla testa, dove sono cresciuto e ho fatto gran parte delle mie prime esperienze. Ho trovato un fratello, ho conosciuto la musica, avevo quanto di più simile a dei genitori e, ho incontrato te. Non voglio negare tutto questo a bambini nelle nostre stesse condizioni di allora, non voglio immaginarli allo sbaraglio, come avrei potuto essere io se non mi avesse trovato l'agente Delaney. I ragazzi hanno bisogno del Sant'Elena, così come il Sant'Elena ha bisogno di noi, è il nostro punto di riferimento - un'altra allentata alla cravatta ed uno sguardo dallo specchietto, il mio sguardo fisso sul suo coperto dagli occhiali - potrei chiederti lo stesso, comunque: Perchè lo stai facendo, Zig? Ma dopo questo discorso, credo di sapere già la risposta e quindi, che si fotta il dopo, abbiamo una missione da concludere - mi sorrise, dando un'accelerata.

Ricambiai il sorriso ed annuii - ho già perso una volta la mia famiglia, senza poter far nulla. Ora che posso dare una svolta, salvare l'edificio che chiamavo casa, che mi ha accolto due volte, di certo non mi fermerò ad un passo dalla fine - dissi convinta, ben concorde con le parole di Elwood. Prima di arrivare al Sant'Elena avevo girato diversi orfanotrofi e diverse famiglie adottive, dalle quali ero sempre scappata. Non avevo amici, perchè considerata una teppistella. Gli unici miei compagni erano gli incubi. Tutto finchè non arrivai a Calumet City, nel piccolo edificio che mi cambiò la vita, dove conobbi emozioni, sentimenti, un sound tutto nuovo, fatto di blues e marachelle. Una casa che mi accolse due volte, in seguito alla mia lasciata della Banda. Una casa che non potevo lasciare in rovina.
Jake si svegliò, mentre io, pensando ai vecchi tempi tra quelle mura, sorridendo, mi assopivo.

Il rombare del motore mi conciliò il sonno,  finchè, una sterzata improvvisa, non mi fece cadere dal mio letto azzardato, che era il sedile posteriore.

- Ahy, ohy! Ehy, che succede? -

- Ben svegliata bell'addormentata! Siamo giunti in città - mi salutò, arzillo, Jake.

- Ho dormito così tanto? -

- Parecchio bimba, abbiamo appena superato la Lower Wacker Drive e creato un groviglio di volanti - specificò, soddisfatto, Elwood.

- Mi sono persa il puzzle - commentai ridacchiando, mentre mi rimettevo seduta sul sedile e mi sistemavo i capelli. Ok, averli spettinati, ma sembrare di aver preso una scossa elettrica, no!

Ormai la strada era praticamente tutta dritta ed Elwood, si sparò il rettilineo a 130, evitando semafori, impicci con ciclisti e altri automobilisti, come se nulla fosse. La nostra meta non era distante, dovevamo soltanto raggiungere il centro città, ma i guai non erano affatto finiti!!!

Dopo il groviglio descritto in maniera fiera da Elwood, non c'era più ombra di una volante alle nostre spalle, ma ci si accodò una Ford Pinto rossa, dalla quale provenivano colpi all'impazzata.

Avevo già dato una spalla, così mi accucciai svelta, cercando di vedere chi fossero come meglio mi riuscì - Oh, Cristo! I nazisti dell'Illinois - brontolai imprecando appena - portate troppo rancore, ragazzi - gli urlai, approfittando del vetro, del lunotto posteriore, ormai assente - Era solo un bagnetto!! -.

- Nazisti?!?! Ancora? Pensavo di aver già detto che li odio! - sospirò Jake voltandosi appena a guardare la macchina alle nostre calcagna - Ehy! Che cos è, la nebbia? - chiese poi, quando una nube di fumo nero apparve dal cofano e annebbiò tutto il parabrezza.

- No, è il motore. E' partito un pistone - gli spiegò, ridacchiando appena, El.

- Poi torna? -

- Direi di no, fratello - commentai ridacchiando, dandogli una pacca fraterna sulla spalla.

La corsa proseguì con Jake che uscì dal finestrino a pulire il vetro e i nazisti che non mollavano un colpo, l'unica chance che avevamo era quella di portarli fuori strada, per avere, poi, campo libero fino alla piazza. Elwood proseguì fino ad un cantiere stradale in atto e superò le transenne arrivando fino all'orlo del ponte in costruzione, la Bluesmobile in bilico.

- El non voglio finire di sotto per dei  dannati tizi in divisa! - commentai deglutendo a vuoto nel guardare di sotto: era un bel salto, non vi erano dubbi.

- Mi associo a te, sorella - convenne Jake, reggendosi saldo al sedile.

- Tranquilli - si limitò a dire il fratellino, mentre giocava con freno e acceleratore e inseriva la retro. Certo che, però,  da quella posizione  era molto difficile retrocedere, ma continuando a sgasare la Bluesmobile prese il volo, letteralmente e figurativamente, dato che librammo nel cielo in un salto carpiato. Ora capivo cosa volesse dire El quando diceva che quell'auto era magica!!! Era come se fossimo a bordo di una montagna russa, solo che eravamo un pò più, come dire, sballottati. Ma importava?!?! No, era semplicemente l'ennesima esperienza, l'ennesima manovra in quell'impresa da Dio e per Dio.

I nazisti vennero sistemati e noi arrivammo alla Daley Plaza poco dopo, entrando direttamente  in uno degli edifici della Chicago da bene in auto, sfondando la vetrina, per evitare la miriade di volanti e resto che ci attendevano. Lasciammo l'auto sul marciapiede ed uscimmo in fretta e furia, in tempo esatto prima che la Bluesmobile si ridusse in pezzi. Però, ne aveva fatte di peripezie! Elwood si tolse il cappello in segno di lutto, non aspettandosi il tutto. E chi, se lo aspettava, dopotutto? Posai una mano sulla spalla di El, appoggiando il suo lieve alone di tristezza, quella macchina era stata parte della nostra vita. Un vero peccato non aver il tempo per renderle gli onori dovuti, ma stavamo per esser accerchiati se non fosse stato per Jake.

- ANDIAMO!!!! - ci trascinò via ed entrammo, così, di corsa nell'edificio. Barricammo l'entrata e proseguimmo all'interno, fermandoci per un attimo a chiedere informazioni per il piano al quale dove dovevamo andare: carogne, si, ma non troppo maleducate!

Dopo un lungo tragitto in ascensore, che Elwood provvide,poi, a bloccare, arrivammo all'undicesimo piano e all'ufficio delle tasse della Contea Cook.

- Torno tra cinque minuti!?! Ehy! Come sarebbe? Non abbiamo tutto il giorno!!!! - lessi il biglietto appeso alla porta, mentre i ragazzi barricavano anche le due porte della sala in questione.

- Cinque minuti?! - si accigliò El.

- No, no, no abbiamo l'intero squadrone poliziesco alle calcagna! Non possiamo aspettare! - iniziò a lamentarsi,  Jake, sbuffando per cercare una soluzione, trovando giusto un piccolo passatempo, schioccando le dita.

- Desiderano? - a quanto pare i cinque minuti erano passati ed un uomo occhialuto con un sandwich in mano arrivò alla porta e la aprì. I ragazzi non gli diedereno nemmeno il tempo di altre domande e risposte che lo presero a braccetto e lo misero a sedersi sul bancone, mentre io gli coprivo le spalle, avendo sentito un gran fracasso proveniente dalla rampa delle scale: - Diamoci un mossa, ragazzi! -

- E' qui che si pagano le tasse, vero? - chiese Jake, agitando una mano in mia direzione, come a dirmi di non preoccuparmi.

- Si - confermò l'uomo che, povero cristo, non capiva più niente! E come dargli torto?!?! Avevamo dei vestiti che, se fossero stati lindi e puliti, piuttosto che sporchi di melma e fango, erano paragonabili a quelli di qualche gangster!! E poi la loro entrata, bhè, poteva considerarsi molto in stile "prendi i soldi e scappa" e, bene o male, quello era il nostro intento.

- Questi sono per le tasse di quest'anno dell'orfanotrofio Sant'Elena del Santo Sudario a Calumet City, Illinois - parlò, a macchinetta, Elwood, anche per sveltire i tempi.

- 5000 dollari, sono tutti lì amico - confermò Jake, mentre l'impiegato dava un'occhiata alla mazzetta e faceva il giro del bancone per darci la nostra ricevuta.

Non potevo crederci che era tutto finito e un sorriso mi sorse spontaneo, un vero peccato che morì subito quando colpi d'arma da fuoco si avventarono su una delle porte che avevamo bloccato.

- Ehm... Ragazzi, si sta mettendo male - tamburellai sulle spalle di ognuno - non è che potrebbe sveltirsi con questa firma? - cercai di incalzare il nostro interlocutore.

- Il blocchetto delle ricevute è finito, devo prendere l'altro, questione di un minuto -.

- Si sbrighi! -

- Dai, calma i bollori, Sorella!! - cercò di rassicurarmi, Jake - abbiamo portato a termine la nostra missione, che vuoi che ci accada? -

- Oh, nulla! Cercavo solo una via di fuga da tutti quelli che abbiamo alle calcagna! - gli feci notare incrociando le braccia al petto e aspettando, battendo il piede a terra.

Alla fine aspettare era tutto quello che dovevamo e potevamo fare, non c'era altro e, quando arrivò l'attesa ricevuta, arrivarono anche due paia di manette e dei fucili ben puntati in volto.

- Wow! Perfino le forze speciali! Non pensavo saremmo arrivati a tanto! - la buttai sull'ironico, sfoderando il sorriso migliore che riuscì a fare. Chi l'avrebbe detto? Avevano ingaggiato persino i reparti speciali per acciuffarci e tutto per un mancato stop ad un semaforo giallo. 
  
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