Fanfic su attori > Logan Lerman
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Autore: Emily Kingston    06/11/2012    11 recensioni
La madre di Carly le ha da poco detto che sta per risposarsi e che dovranno trasferirsi da New York in California. Come se non bastasse, il nuovo compagno di sua madre non è altri che il padre di uno dei più famosi e chiacchierati attori di questo periodo: Logan Lerman.
Carly odia i personaggi famosi e non s'interessa di gossip, perciò il rapporto con Logan, all'inizio, sarà difficile, ma poi la ragazza imparerà a conoscerlo davvero e tra i due nascerà un'amicizia. O qualcosa di più?
Tra lacrime, gite in montagna, giocatori di football, ex fidanzati e balli scolastici, riuscirà Carly a fuggire dai sentimenti o, alla fine, la raggiungeranno?
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Vide sua madre abbracciare Larry con un sorriso e il ragazzino alzare finalmente il viso, guardando prima i due adulti e poi incontrando per caso il suo sguardo.
Dal vivo era esattamente come in fotografia, forse un po’ meno alto di quanto sembrava e un po’ più magro. Ma i suoi occhi blu – gli stessi che Lily passava serate intere ad osservare – le fecero tremare le gambe.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L.A’s a breeze with the palm trees swaying

 

Carly non aveva mai viaggiato molto, perché suo padre lavorava in banca e l’unico sport che aveva mai praticato era il risparmio.
Il giorno in cui i suoi genitori le dissero che stavano divorziando, Carly pensò che quello potesse essere uno dei tanti motivi. Sua madre aveva quattro anni meno di suo padre e l’animo libero di una farfalla. Per tutta la vita non aveva fatto altro che viaggiare, finché non aveva incontrato suo padre e avevano deciso di mettere su famiglia, relegando in un angolo le valige e la scoperta del mondo.
Perciò, il rumoroso via vai dell’aeroporto le fece venire subito il mal di testa.
Era seduta sulla sua valigia, con le braccia incrociate al petto, e osservava sua madre che parlava con una hostess al banco informazioni.
Caroline Walter aveva quarant’anni e una bellezza che Carly, ogni volta che si guardava allo specchio, si chiedeva in lei dove fosse andata a finire. Tutte le volte che osservava il proprio riflesso, gli occhi marroni le ricordavano quanto verdi e brillanti fossero quelli di sua madre e i capelli castani sembravano urlare a gran voce quanto quelli della donna, in compenso, fossero biondi. La cosa che faceva infuriare Carly di più, però, era il fatto che sua madre non sfoggiava la propria bellezza. Ed era bella comunque.
La donna le fece un cenno con la mano e Carly, con uno sbuffo, scese dalla valigia e, trascinandosi dietro il proprio bagaglio, la raggiunse.
“Dobbiamo ancora aspettare un po’,” le disse, con un sorriso.
Infilò i biglietti aerei nella borsa, poi, mettendosi sulla spalla un grande borsone, afferrò la propria valigia e si diresse verso alcune sedie libere. Carly la seguì.
Qualche mese prima, sua madre era tornata a casa da lavoro canticchiando e l’ultima volta che l’aveva vista così felice era stato quando era andata a trovare la sua amica May a Baltimora, nel Maryland.
Perciò, quando quel giorno era rientrata sulle note di Let it be,Carly aveva sospettato che fosse successo qualcosa. Presto, si era accorta che ci aveva visto giusto.
Quella stessa sera, a cena, invece che guardare il telegiornale con il solito piatto di maccheroni al formaggio scaldati al microonde sotto al naso, sua madre non accese la tivù affatto e ordinò una pizza – il piatto preferito di Carly. Iniziò a farle domande sulla scuola e sui suoi amici, cercando di nascondere l’euforia e la speranza che anche Carly le chiedesse qualcosa, così da poter finalmente dire ciò che la rendeva tanto felice.
“C’è qualcosa in particolare che devi dirmi, mamma?” chiese infine la ragazza, guardandola con aria sospettosa.
Il sorriso della donna si allargò e, dopo aver appoggiato il pezzo di pizza che stava mangiando sul tavolo, guardò la figlia con gli occhi che brillavano.
“Sto per sposarmi.”
Carly spalancò gli occhi e fece del suo meglio per non spalancare anche la bocca.
Da quel momento in poi, non ci fu più bisogno che Carly facesse alcuna domanda. Sua madre iniziò a parlare di come, parecchi mesi prima, il primario dell’ospedale in cui lavorava l’avesse mandata in un ospedale di Los Angeles per visitare un paziente. Si trattava di un vecchio amico del primario che era stato vittima di un grave incidente stradale, e non si sapeva se ce l’avrebbe fatta. Sua madre, in quanto cardiochirurgo, era stata chiamata per dare un parare sulla procedura che era meglio seguire. Lì, durante la pausa pranzo, aveva incontrato un collega ortopedico mentre era in fila per prendere un panino e avevano iniziato a parlare. Lui le aveva chiesto che impressione le aveva fatto Los Angeles e lei gli aveva consigliato di visitare New York in estate, quando non c’erano né la neve né il freddo.
Quando lei era tornata a New York avevano continuato a sentirsi via e-mail poi, circa un mese dopo il loro incontro, lui si era presentato nell’ospedale dove lavorava sua madre dicendo che per un po’ sarebbe stato in città. Avevano iniziato a uscire regolarmente, finché lui, appena un paio di settimane prima, le aveva chiesto di sposarla.
“Dovremmo trasferirci a Los Angeles?!” Esclamò Carly con una punta di rabbia.
Sua madre abbassò lo sguardo.
“Tesoro, devi capire che-”
Carly si alzò di scatto, facendo stridere la sedia sul pavimento.
“Mi stai chiedendo di lasciarmi la mia vita alle spalle, mamma,” disse, lo sguardo basso. “C’è poco da capire.”
Senza alzare gli occhi lasciò la cucina, chiudendosi in camera sua.
Si buttò sul letto, affondando il volto tra i cuscini, cercando disperatamente di aggrapparsi ai ricordi dei suoi amici e dei momenti vissuti a New York, come se avesse la sensazione che se ne stessero già andando via.
Rimase stesa sul materasso per parecchi minuti, le orecchie tese ad ascoltare sua madre che riordinava la tavola e lavava i piatti al piano di sotto.
Avrebbe dovuto lasciare New York, il loro appartamento da cui si vedeva il ponte di Brooklyin, la sua scuola, i suoi amici. Avrebbe dovuto lasciarsi tutto alle spalle e andare via, ricominciare da capo.
Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi, ma le ricacciò indietro.
Era arrabbiata, terribilmente arrabbiata con sua madre e con suo padre, per non averla amata abbastanza.
Dopo essere rimasta in camera sua per un po’, Carly scese di nuovo al piano di sotto, trovando sua madre stesa davanti alla televisione. Si avvicinò silenziosamente e si mise a sedere sulla poltrona, nascondendo i piedi sotto alle gambe per scaldarli.
“Come si chiama?”
Sua madre alzò lo sguardo su di lei.
“L’uomo di cui ti sei innamorata,” specificò Carly, incontrando gli occhi della madre. Quegli occhi verdi che avrebbe tanto voluto anche lei.
La donna sorrise. “Larry,” disse. “Larry Lerman.”
Carly aggrottò le sopracciglia: quel cognome le diceva qualcosa. Arricciò le labbra e strizzò lievemente gli occhi, concentrandosi quanto più poteva e quando trovò la possibile soluzione sentì il cuore fermarsi. Non poteva essere vero. Doveva trattarsi di una coincidenza, ecco tutto. Larry Lerman non poteva essere imparentato con… solo il pensiero la fece sudare freddo.
Se c’era una persona che poteva risolvere tutti i suoi dubbi, era la sua migliore amica Lily, l’unica ragazza in tutta l’America a conoscenza della vita privata di tutti gli attori e le attrici di Hollywood.
Quando, il giorno seguente, provò a chiederle se un certo Larry Lerman era imparentato con qualcuno di famoso anche a Lily per poco non venne un colpo.
“Larry Lerman hai detto?” Le chiese, sbattendo le palpebre.
Carly annuì, chiudendo gli occhi.
“Logan Lerman,” dissero all’unisono e Carly sospirò.
Non è che Carly avesse qualcosa contro Logan Lerman in particolare, non lo conosceva neanche, ma odiava in generale le persone famose, perché avevano tutto e si lamentavano continuamente. Perché la maggior parte aveva un ego così smisurato che nessuno sarebbe mai riuscito a sgonfiarlo. Perché alcuni si comportavano come se non avessero scelta, quando invece avevano molte più scelte della gente comune.
Carly scacciò quei ricordi con uno sbuffo, concentrandosi sulle persone che camminavano all’interno dell’aeroporto e provando a immaginare perché fossero lì e dove stessero andando.
Il suo sguardo si posò su una famiglia seduta poche sedie lontano da lei. Il marito leggeva il giornale con un bambino piccolo seduto sulle spalle che si attorcigliava i capelli del padre attorno alle dita; la moglie, invece, cullava un neonato, lasciandogli qualche bacio sulla fronte di tanto in tanto. Infine, una bambina sui cinque anni, con dei lunghissimi capelli rossi, giocava con una bella bambola di pezza sul pavimento.
Carly sorrise guardandoli e pensò che, probabilmente, stavano andando a trovare qualche parente in Florida o stavano semplicemente facendo la loro prima gita tutti insieme da quando era nato il nuovo bambino.
Quando riportò lo sguardo su sua madre la trovò che sorrideva.
“Che c’è?” Chiese, osservandola.
La donna guardò oltre le spalle di Carly e la ragazza si voltò.
La sua migliore amica Lily e altri ragazzi la osservavano dal banco informazioni.
Carly sentì lo stomaco annodarsi, guardò sua madre per un secondo e poi corse verso i suoi amici.
Appena li raggiunse, Lily la strinse in un abbraccio, affondando il viso tra i suoi capelli.
“Credevi davvero che ti avremmo lasciata andare via così?”
Carly ridacchiò, sentendo gli occhi che le si inumidivano.
Si staccò da Lily e andò a salutare tutti gli altri ragazzi, rimanendo particolarmente sorpresa quando scorse Simon in mezzo al gruppo.
Simon era il suo ragazzo, perciò era piuttosto normale che fosse venuto a salutarla, ma Carly si sentiva sorpresa comunque. Forse si aspettava che l’avrebbe rinchiusa nel cassetto delle ex ragazze e basta.
“Ragazzi… Io…” Simon le sorrise, passandole un braccio attorno alle spalle.
Carly appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo, sorridendo a tutti gli altri con occhi lacrimosi.
Rimasero a chiacchierare per pochi minuti, poi la madre di Carly attirò la loro attenzione, dicendo alla figlia di sbrigarsi poiché a breve avrebbero aperto l’imbarco per il loro volo.
“Mi mancherai da morire,” le sussurrò Simon, quando fu il suo turno di essere salutato. La baciò velocemente sulle labbra e poi la guardò negli occhi. “Non mi dimenticherò di te.”
Carly annuì, asciugandosi gli occhi con il dorso della mano e dirigendosi verso Lily. Quando arrivò di fronte a lei, Simon disse agli altri di allontanarsi per lasciare loro qualche minuto da sole e Carly non poté fare altro che pensare che, accettando l’invito a uscire di Simon alcuni mesi prima, avesse fatto la scelta migliore del mondo.
I ragazzi si allontanarono e Lily le appoggiò le mani sulle spalle.
“Allora, stai per incontrare l’attore dei miei sogni,” le disse, guardandola negli occhi con aria seria. “Non essere troppo dura con lui o dovrò toglierlo dalla lista dei miei potenziali futuri mariti.”
Carly ridacchiò, sentendo una lacrima solcarle il viso.
“E cerca anche di non innamorarti di lui, se ci riesci.”
“Sai che non accadrà mai,” ribatté Carly, guardandola con scetticismo. “Insomma, io sono io e lui è lui, non ci sono possibilità. Zero.”
Lily sorrise, avvicinandosi un po’ di più a Carly.
“Prometti che continueremo a sentirci.”
“Lo prometto.”
“E che mi racconterai sempre tutto, anche se sei dall’altra parte del paese.”
“Lo prometto.”
“E prometti di non dimenticarti mai di me, anche quando non ci sentiremo più perché saremo troppo adulte per fare ancora le ragazzine e avremmo due vite troppo lontane per riunirsi di nuovo.”
Carly trattenne a stento un singhiozzo, ma annuì.
“Lo… lo prometto.”
Lily sorrise tra le lacrime.
“Lo prometto anche io allora.”
La strinse forte tra le braccia e Carly appoggiò il mento sulla sua spalla, stringendo forte tra le mani la maglietta dell’amica.
“Ti voglio bene,” sussurrò Lily. “Sei la mia migliore amica.”
“Anche tu,” singhiozzò Carly, maledicendosi per aver ceduto al pianto.
Si era promessa di non versare neanche una lacrima, per non rendere tutto ancora più difficile, ma rendersi conto che non avrebbe più potuto abbracciare Lily a quel modo era stato semplicemente troppo.
Rimasero abbracciate per qualche minuto, finché la madre di Carly non la chiamò di nuovo.
“Ci rivediamo presto,” disse a Lily, abbozzando un sorriso lacrimoso.
La ragazza annuì, nascondendo le lacrime tra i lunghi capelli rossi. Le strinse velocemente la mano e poi Carly si allontanò in direzione del gate.
Sua madre le passò un braccio attorno alle spalle e le sorrise.
“Staremo bene,” le sussurrò.
Carly alzò brevemente lo sguardo su di lei, poi porse il passaporto ad una hostess e si avviò lungo il tunnel che conduceva verso l’aereo.
Si mise a sedere accanto all’oblò e spostò lo sguardo sulla pista che s’intravedeva dal vetro.
Dopo pochi minuti, sentì sua madre sedersi accanto a lei, ma non si voltò.
Appoggiò il capo sul sedile e si mise ad ascoltare i rumori attorno a lei. Ben presto il ronzio del motore e il movimento dell’aereo che decollava le appesantirono le palpebre e si addormentò.



Quando Carly riaprì gli occhi, sua madre le aveva appoggiato una mano sulla spalla e stava cercando di svegliarla.
L’aereo adesso era fermo e la maggior parte dei passeggeri aveva iniziato a prendere i propri bagagli a mano per scendere dal velivolo.
Carly si stropicciò gli occhi, chiedendosi quando si era addormentata e come aveva fatto il tempo a passare così in fretta.
Lanciò un’occhiata distratta fuori dall’oblò e il sole di Los Angeles le fece strizzare le palpebre. Dio, quanto le sarebbe mancato il freddo di New York.
Arricciando le labbra, si alzò e tirò fuori da sotto al sedile il suo zaino, poi seguì sua madre verso l’uscita.
Un’hostess magra dai lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri le sorrise, augurandole una buona permanenza in città e Carly rispose con un sorriso tirato.
Appena uscì il sole la colpì in pieno, facendole fare una smorfia.
A Carly era sempre piaciuto il sole, ma quel sole in particolare sarebbe stato sempre lì a ricordarle ciò che aveva lasciato a New York e ciò che avrebbe potuto ancora trovare.
Un piccolo autobus portò tutti i passeggeri appena scesi dall’aeroplano fino all’aeroporto e nel breve tragitto, Carly osservò il paesaggio che si scorgeva oltre le piste d’atterraggio.
Dovettero aspettare l’arrivo delle valige per una buona mezz’ora, poi, finalmente, riuscirono a lasciare la zona del ritiro bagagli e dirigersi verso gli arrivi, dove Larry le stava aspettando.
Quando Carly intravide il corridoio che portava verso il cuore dell’aeroporto si fermò per qualche secondo, chiuse gli occhi e inspirò lentamente.
Stava per iniziare una nuova vita in una nuova città, con un nuovo padre e un fratellastro che era certa avrebbe odiato. Sarebbe stata la nuova arrivata a scuola, la nuova arrivata in città, la nuova arrivata ovunque. Sarebbe semplicemente stata ‘quella strana che è si è trasferita qui quest’anno’.
A Carly non piaceva essere pessimista, anzi, tutt’altro, solo che era talmente abituata ad essere vista come ‘quella strana’ che non si sarebbe sorpresa se anche lì avessero detto lo stesso su di lei.
Stringendo la presa sulla valigia seguì sua madre verso la zona arrivi e, superate le porte, il suo sguardo si perse nell’immensità dell’aeroporto.
Probabilmente non era più grande di quello di New York, ma Carly ne rimase comunque affascinata. O forse era solo una scusa per non guardare i volti di tutte quelle persone in attesa, rischiando di trovare quello del fidanzato di sua madre.
Larry e sua madre volevano che, prima di sposarsi, lei e Logan ‘facessero amicizia’. Carly fece una smorfia al solo pensiero.
Sapeva che era sbagliato giudicare una persona senza conoscerla, e lei non lo faceva mai, però avrebbe scommesso tutti i suoi libri di Harry Potter sul fatto che Logan fosse il solito attore dall’ego smisurato che si sente il centro del mondo. Perché avrebbe dovuto essere il contrario?
Riabbassò lo sguardo quando sentì sua madre urlare il nome del suo compagno.
Larry Lerman si sbracciava nella loro direzione, con un sorriso largo e luminoso. Accanto a lui, con i capelli neri coperti da un capello con la tesa, un ragazzo osservava il pavimento tenendo le mani nelle tasche dei jeans. Aveva lo sguardo basso, perciò Carly non riuscì a vedergli il viso, ma non aveva bisogno di quello per capire chi fosse.
Deglutendo seguì sua madre lentamente, nella segreta speranza di non colmare mai quella distanza.
Vide sua madre abbracciare Larry con un sorriso e il ragazzino alzare finalmente il viso, guardando prima i due adulti e poi incontrando per caso il suo sguardo.
Dal vivo era esattamente come in fotografia, forse un po’ meno alto di quanto sembrava e un po’ più magro. Ma i suoi occhi blu – gli stessi che Lily passava serate intere ad osservare – le fecero tremare le gambe.
Si morse la lingua con disappunto, maledicendosi per aver ceduto così facilmente a un paio di begli occhi chiari e continuò a camminare verso di lui, ignorandolo completamente.
Quando li raggiunse, sua madre sfuggì dalle braccia di Larry e la affiancò con un sorriso.
“Ragazzi, questa è mia figlia Charlotte,” disse, indicandola.
Carly sorrise, puntando lo sguardo su Larry e evitando completamente Logan.
“Mi chiamano tutti Carly,” specificò lei.
Larry le sorrise, appoggiando una mano sulla spalla del figlio.
“È davvero un piacere conoscerti, Carly,” le disse. “Tua madre ci ha parlato tantissimo di te, vero Log?”
Il ragazzo sobbalzò, come se fosse stato appena distolto da una riflessione, e guardò Carly.
“Oh, sì,” biascicò. “Io sono Logan,” disse poi, porgendo la mano a Carly.
La ragazza la ignorò, abbozzando un semplice sorriso.
Logan inarcò le sopracciglia, poi alzò le spalle e si infilò di nuovo le mani nelle tasche dei jeans.
“Be’, direi che siamo pronti per andare, no?” Esordì Larry, prendendo il borsone di Caroline. La donna annuì e Carly seguì i due adulti con uno sbuffo, evitando accuratamente di permettere ai suoi occhi di posarsi sul profilo di Logan. 






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Nel caso vi steste chiedendo se questa sarà una storia romantica, la risposta è sì. Lo sarà decisamente.
Spero solo che a qualcuno possa piacere e che mi facciate sapere cosa ne pensate :3
L'ispirazione mi è venuta guardando i Cesaroni, così ho ripreso una vecchia storia dimenticata in una delle tante cartelle e l'ho rielaborata, dando vita alla trama di We are infinite. 
Il titolo della storia è un chiaro riferimento a Ragazzo da Parete, libro che ho adorato e che *pubblicità occulta mode-on* vi consiglio di leggere *pubblicità occulta mode-off*
So di aver commesso una piccola imprecisione sul lavoro del padre di Logan che è un uomo d'affari e non un medico ortopedico, ma avevo bisogno di farlo essere un dottore ai fini della storia, quindi spero che non me ne vorrete. 
Spero di aggiornare presto. Se lasciate un segno del vostro passaggio non potete farmi altro che contenta :)
A presto,
Emily.

*Il titolo del capitolo è tratto dalla canzone Something about the sunshine di Anna Margaret
   
 
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