Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart
Segui la storia  |       
Autore: Rorat    07/11/2012    2 recensioni
La donna guardò gli uomini armati, i cadaveri che ingombravano la sala, senza che una contrazione di terrore, di orrore o di oscurità, si disegnasse sul suo viso.
Ryo le si avvicinò e rimase come impietrito, turbato, incapace di scostare lo sguardo da quegli occhi, che adesso poteva vedere da vicino, per la prima volta da quando si erano incontrati.
Aveva imparato a leggere le parole senza voce, a guardare le persone dal di dentro, senza quell’ingannevole velo che le avvolge quando si nascondono dietro le apparenze, quando celano i loro sentimenti, le loro paure al mondo. Ma in quegli occhi di ghiaccio Ryo non vide nulla, non trasmettevano nessuna emozione. Compassione, dolore, tristezza, odio, felicità erano sentimenti che sembravano non fossero mai appartenuti a quella donna. Erano occhi senz’anima quelli che aveva di fronte, occhi senza voce, senza lacrime da versare.
Genere: Azione, Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Un nuovo inizio

 

Sprofondata in una stasi, dove ogni cosa appariva lontana e sfumata come in un sogno, per giorni Angel dormì un sonno profondo, da cui si svegliò di rado. 

Da quell’abbandono, che la teneva distante da ricordi e realtà, emerse, suo malgrado, un pomeriggio. Nel torpore del dormiveglia si insinuò una voce melodiosa, un’antica canzone per bambini si diffuse nell’aria.

Sakura, sakura
Yayoi no sora wa, miwatasu kagiri
Kasumi ka kumo ka, nioi zo izuru
Izaya izaya mi ni yukan

La melodia parlava dei fiori di ciliegio, della primavera, della capacità di guardare avanti.

La 007 aprì gli occhi. Bagnata dalla luce di fine estate, che penetrava tagliente da una finestra, seduta accanto a lei, trovò Kaori.

“Credo di conoscere questa canzone,” disse.

La sweeper ammutolì, voltò la testa verso di lei e si scusò. Aveva le guance accese per l’imbarazzo.

“Angel, perdonami, non volevo svegliarti, ma quando sono sovrappensiero mi ritrovo a canticchiare senza che me ne renda conto…”

Era la prima volta che la city hunter la chiamava con il suo vero nome. D’altra parte, dopo tutto quello che era successo alla villa di Natsume, come avrebbe potuto ometterle ancora la verità? Saeba doveva averle raccontato tutto. Angel preferì nascondere lo stupore. Si mise a sedere. La ferita all’addome quasi non le doleva più.

“Come stai?” chiese Kaori premurosa, rompendo il silenzio impacciato che si era creato.

Come stava? Bella domanda. Fisicamente stava decisamente meglio, ma dentro si sentiva uno schifo.

“Non lo so,” rispose la 007 con aria depressa. Adesso che era sveglia, tornava a farsi vivo quel penoso senso di impotenza e sconfitta, che l’aveva sopraffatta quando McCarty aveva fatto fuoco, lasciandola inerme a terra, riuscendole a sfuggire. Aveva desiderato uccidere quell’uomo con tutte le proprie forze, aveva colmato il vuoto lasciato da Isabel con la ferma volontà di vendicarla, e adesso che aveva fallito, non riusciva a perdonarsi, così quella vecchia ferita ritornava a pulsare.

Vedendo il viso di Angel rabbuiarsi, la sweeper si rammaricò. La fatica nel regolare i conti con i fantasmi e i ricordi del passato, tentando di farli convivere con il presente, la conosceva benissimo. Rimase in silenzio a lungo, indecisa se parlare o tacere, consapevole di essere sul punto di toccare corde dell’anima dolorosamente scoperte.  

“Ryo mi ha raccontato di Isabel,” le rivelò d’un fiato.

“Quindi saprai anche che è stato tutto un totale fallimento,” asserì l’agente della CIA con tono pieno di amarezza. “Il suo assassino era di fronte a me, potevo vendicarla e non ci sono riuscita… Non la rivedrò più, mentre lui è ancora da qualche parte vivo. Come potrò perdonarmi?” dichiarò in preda allo sconforto.

 “Posso capire come ti senti,” disse Kaori. La sua voce sembrava una carezza triste. “Anche io avevo un fratello, anche lui, come Isabel, è morto. È stato assassinato dall’Unione Teope...”

Fino a quel momento, mai avrebbe creduto che la city hunter, all’apparenza così spensierata e combattiva, avesse un passato tanto simile al suo, mai avrebbe immaginato che quella donna convivesse con i suoi medesimi spettri, tuttavia, quando rivolse il suo sguardo verso quello di Kaori, non ebbe alcun dubbio. Angel si ritrovò appesa a due occhi fermissimi e asciutti, eppure in guerra con un tempo lontano. In essi riuscì a vedere riflessi, come in uno specchio, tutte le proprie sofferenze, le vecchie ferite dell’anima, i segni indelebili della sua storia.

“Il risentimento e il rancore a cui tenacemente ti sei aggrappata,” proseguì la sweeper, “non ti faranno sentire meglio, non ti ridaranno Isabel. Neanche la morte del suo assassino ti darà pace. Quando Hideyuki è morto, il vuoto lasciato dalla sua scomparsa è stato divorante, era come se mi avessero scavato una voragine dentro. Colmare la sua assenza con il ricordo era doloroso, il pensiero del presente e del futuro erano dolorosi, perché non ci sarebbe stato più lui. Ero distrutta o meglio… svuotata.”

La stanza ricadde nel silenzio, Angel poteva percepire il cuore di Kaori battere forte. La vide trarre un profondo respiro, come se cercasse di tenere a bada l’angoscia soffocante che quei ricordi portavano con sé.  

“Una volta, Ryo mi ha detto che, nel passato, ognuno di noi può decidere di trovare la propria distruzione o la propria salvezza. Per lungo tempo mi sono ossessionata con una domanda: se Hideyuki fosse stato ancora vivo, verso quale strada mi avrebbe indirizzato?”

Kaori chiuse gli occhi, quasi tentasse di intrappolare nella propria mente l’orma di un’antica memoria, quindi riprese a parlare.

 “Quando ero bambina, qualche volta, correndo, cadevo e scoppiavo in lacrime… mio fratello allora mi si avvicinava e con tono rassicurante mi diceva: non piangere, sei solo inciampata, nulla di grave, coraggio, alzati, su, ricomincia a camminare.”

La sweeper sollevò le palpebre. Il suo sguardo era ancora limpido e incrollabile.

“Quello che voglio dirti,” concluse, “è che, a volte, l’unico modo che abbiamo per andare avanti è rialzarsi e andare avanti.”  

Regolare i conti con i fantasmi del passato non avrebbe cambiato le cose, uccidere McCarty non le avrebbe restituito Isabel. Non poteva fuggire dalla realtà, non c’era niente che potesse fare per cambiare lo stato delle cose, poteva solo accettare quel vuoto, quell’immensa nostalgia che la morte di Isabel le aveva scavato addosso. Doveva far leva sulla propria volontà di sopravvivere, imparare a ricordare e dimenticare, a perdere l’equilibrio e avanzare. Isabel non avrebbe mai voluto che si arrendesse.

Angel volse lo sguardo oltre la finestra aperta, il cielo era azzurro e privo di nubi. In qualche modo, sentiva di aver trovato un appiglio nel naufragio dei pensieri.

Qualcuno bussò alla porta. Invitato ad entrare, si fece avanti un attempato signore in camice bianco. Era di bassa statura, portava con sé un bastone e il sorriso placido, sul viso rugoso, gli conferiva un’aria fanciullesca.  

“Vedo che finalmente hai smesso di fare la bella addormentata e che interagisci col mondo!” esclamò l’uomo.

Kaori glielo presentò come il Professore. Era un medico, era stato lui ad operarla e a darle ospitalità in quei giorni di degenza.

Angel lo ringraziò con somma gratitudine. Era merito di quel vecchietto se era ancora viva.

“Sono sempre lieto di ospitare delle belle e giovani ragazze,” le fece sapere l’attempato occhialuto, allungando nel frattempo una mano impudente sulle natiche di Kaori. La donna però, quasi se lo aspettasse, rispose prontamente torcendogli le carni del braccio con un pizzicotto.

“Vedi di stare attenta a questo tipo,” la informò la city hunter, con malcelato disappunto, “è stato il maestro di sconcezze di Ryo.”

Angel non poté fare a meno di appurare che, persino le scuse accampate per giustificare il proprio comportamento, erano insensate e improbabili, come quelle utilizzate da Saeba di fronte alla socia infuriata: la storia del riflesso incondizionato, la necessità di verificare la morbidezza del tessuto che cingeva il corpo alla sweeper.

Era la prima volta che vedeva quell’uomo eppure aveva l’impressione di conoscerlo da tempo. Da quando era in quella villa, in effetti, si ritrovò a pensare Angel, ad occuparsi di lei era stata una donna che le si era presentata come la fidanzata di Mick, Kazue Natori. Per quanto avesse avuto a che fare con l’americano per anni, aveva faticato a credere ai propri occhi. Ne aveva memoria di scapolo impenitente, perennemente interessato a corteggiare belle ragazze, preferibilmente impegnate sentimentalmente. Era irruento, persino nel lavoro, e sfidava il pericolo agendo esaltato dal desiderio di mettere costantemente alla prova la sua buona sorte. Di indole girovaga, poteva andare in qualunque luogo sentendo di non appartenere a nessuno. In Giappone però lo aveva trovato cambiato. Nonostante certi suoi atteggiamenti da donnaiolo fossero rimasti intatti, era meno spavaldo, più cauto e riflessivo. Aveva una relazione stabile, una casa, una donna con cui conviveva. Quando aveva chiesto a Mick le ragioni del suo mutamento, questi ne aveva dato il merito ai due city hunter, e in particolare a Kaori, alla sua incrollabile forza d’animo. “È come se quella donna riuscisse a spingere chi le sta intorno a tirar fuori il meglio di sé,” le aveva confidato l’americano.

Un ennesimo tentativo di attacco alle grazie di Kaori da parte del Professore, distolse Angel dai suoi pensieri. Minacciato di essere sepolto dai martelli della sweeper, il medico fuggì a razzo dalla stanza, lasciando le due donne nuovamente sole.

“Ti chiedo scusa per tutti i problemi che vi ho causato,” disse Angel, ricordandosi di non aver ancora ringraziato Saeba per averla messa in salvo. Non lo vedeva dalla sera del ballo, se ne stupì.

“Come mai non c’è il tuo socio in giro?” domandò. Solitamente i due city hunter erano inseparabili, Angel si aspettava che da un momento all’altro Saeba si materializzasse nella stanza con la sua tipica espressione da cane in calore.

“È con Mick. Stanno torchiando mezza Tokyo per riuscire ad avere quante più informazioni possibili sull’Organizzazione Odino. Più tardi anche loro verranno a farti visita,” sospirò la sweeper, certamente preoccupata di dover tenere entrambi i casanova a bada.

Kaori dunque sapeva anche dell’organizzazione, si ritrovò a ripetere mentalmente Angel. Quel Saeba era proprio strano. Aveva tenuto la propria socia all’oscuro di tutto, nell’ingenua speranza di tenerla lontana dal pericolo e alla fine era stato costretto dagli eventi a sputare il rospo. Eppure la sweeper sembrava non portare alcun rancore nei confronti del socio.

“Non sei arrabbiata con Saeba, per il fatto che ti abbia esclusa, che ti abbia mentito?” chiese a bruciapelo.

Kaori, spiazzata dalla domanda, rimase per qualche istante a meditare. Inizialmente, rammentò la sweeper, avrebbe voluto prendere il collega e strozzarlo con le proprie mani. Ma quando Mick le aveva raccontato tutto, aveva poco a poco cominciato a capire le paure di Ryo, le tarantole di incertezza, inquietudine e sensi di colpa che lo tormentavano e lo confondevano, sino a fargli credere che separarsi da lei sarebbe stata la soluzione migliore. Kaori sapeva che l’amore rendeva vulnerabili, soprattutto in un mondo come il loro. Conosceva il doloroso passato del city hunter, l’impronta delle cose in frantumi che aveva lasciato alle sue spalle. Odiava le insicurezze di Ryo, ma le comprendeva, consapevole del fatto che lo sweeper fosse capace di esprimere tutte le passioni, meno quelle che gli laceravano l’anima. Quell’uomo era ancora un enigma. Per quanto lo conoscesse, c’era sempre in lui un luogo segreto dove lei non poteva entrare. Il suo cuore era come una nuvola che non si lasciava afferrare. A volte aveva l’impressione che il socio la pregasse di leggergli dentro, ma molto spesso sul suo volto vedeva un’espressione che era come una porta chiusa. Ma l’amava e non poteva farci niente.

“Vedi Angel,” confessò la city hunter, cercando di rispondere alla domanda che la ragazza le aveva posto, “ogni bugia è una maschera, e per quanto ben realizzata, con un po’ di attenzione, si riesce sempre a distinguerla dal volto. Parlare non è l’unico modo per esternare i propri sentimenti; Ryo manifesta con le azioni ciò che non riesce a esprimere a parole, allo stesso modo di un bambino che piange e strilla con tutto se stesso perché ancora incapace a parlare.”

Quando Kaori nominava il collega, la sua voce, i suoi occhi, si colmavano d’affetto, non riuscendo più a celare i sentimenti che provava nei confronti di quell’uomo. Dalle sue parole si evinceva facilmente quanto profondamente lo conoscesse e, nell’udirle, Ryo si sentì un verme.

Appena arrivato alla villa del Professore, il city hunter aveva abbandonato Mick nella stanza in cui Kazue giocava al piccolo chimico e si era diretto, sparato, nella camera di Angel, intenzionato a dare sfogo alla propria intraprendenza sessuale. Sapeva che vi avrebbe trovato Kaori, quello che non si aspettava era che avrebbe sentito le due ragazze parlare di lui. Incuriosito, era rimasto a spiare la collega e adesso non riusciva a trovare il coraggio di entrare. Pensò che con quella donna non era mai stato in grado di mentire bene, non stupendosi affatto che quei sui occhi nocciola, così limpidi e sinceri, riuscissero a vedere oltre tutte le sue bugie e i suoi inganni.

Si fece coraggio e, imponendosi di mostrarsi scanzonato come al solito, spalancò con veemenza la porta, fiondandosi con un balzo verso il letto della 007. Ma Kaori, senza scomporsi, come sua consuetudine, sollevò uno dei suoi enormi martelli e Ryo, ancora sospeso in aria, finì con lo sbatterci contro, beccandosi una fragorosa craniata.

“Ti dovrebbero sterilizzare come fanno con i conigli!” sentenziò la city hunter, mentre il socio precipitava rovinosamente a terra.

Anche nei giorni successivi Angel poté assistere a scene simili. Il medico che l’aveva operata era un pervertito quanto quel dongiovanni di Ryo. Kazue, che gli faceva da assistente, era perennemente impegnata a difendere se stessa e la convalescente dalle attenzioni moleste di quel vecchio. Ad accrescere la confusione, poi, si adoperavano, con le loro visite, i due sweeper: Ryo con la sua smisurata intraprendenza sessuale, Kaori con la sua implacabile gelosia. Persino Mick finiva sovente sotto i martelli della city hunter. Era peggio che essere rinchiusi dentro una gabbia di matti; così quando il Professore la informò che il mattino seguente l’avrebbe dimessa, la 007 non poté fare a meno di tirare un sospiro di sollievo. Fu quella notte che Ryo, all’insaputa della socia, si intrufolò nella villa del medico e la convinse ad immergersi nei piaceri di Shinjuku.

Quell’uomo la incuriosiva e lei lo seguì.

Venne trascinata in vari show erotici, gay bar e strip club. Il city hunter era un cliente abituale, in qualunque locale entrasse veniva salutato, attorniato e coccolato da donnine semivestite o energumeni lascivi. Tra le vie di Kabukicho, illuminate dalle vistose insegne al neon, la notte si confondeva con il giorno, in un’incredibile sequenza di luci colorate. Un fiume di folla serpeggiava senza fretta, tra lo sfolgorio delle strade luminose e il buio dei vicoli, appena illuminati dal fioco bagliore dei lampioni e dai solitari distributori automatici.

Ryo si muoveva sicuro di sé, nonostante i litri di alcol in corpo. Conosceva ogni centimetro quadrato di quel quartiere, come se fosse casa sua.

In quel passeggio senza fretta, alla ricerca di piaceri futili, nello splendore indifferente delle vetrine dei negozi e delle sale di pachinko, pareva possibile vivere e basta, senza pensare a nulla, al riparo da rancori, rimorsi, rabbia.

Era ancora buio quando intrapresero il viaggio di ritorno verso l’appartamento dello sweeper.

Il passo di Saeba era pigro e barcollante. Molle sulle gambe, sbandava e procedeva a zig-zag, ma aveva ancora la forza di intonare canti agitando le braccia al cielo. Di fronte ai comportamenti giullareschi di quell’uomo, era impensabile riuscire a rimanere seri. Quella notte Angel si era ritrovata a ridere di gusto, come non faceva da tempo, stranamente di buon umore.

Il city hunter si era esibito in comici strip-tease e, una volta rimasto in boxer, aveva cantato a squarciagola canzoni popolari; aveva sfoggiato abilità circensi, facendo roteare sopra la testa bottiglie di saké vuote e si era improvvisato ballerino, cimentandosi in una improbabile danza dei ventagli.

L’aria era fresca, si era alzato un leggero vento che aveva preso a giocare con i capelli sciolti di Angel, scoprendone il collo, il volto, la pelle ambrata che non aveva ancora perso l’abbronzatura estiva. Ryo si appoggiò ad un lampione per godersi lo spettacolo. L’americana era bella, maledettamente bella, con quegli occhi smeraldo, il naso sottile, le labbra carnose.

“Sei stanco?” gli domandò la biondina.

“Sono indistruttibile,” rispose lo sweeper con fierezza, “potrei ancora offrirti del fantastico mokkori!”

In realtà era ubriaco ed esausto, anche se ancora ragionevolmente lucido.

Si stiracchiò e sentì qualche osso scricchiolare. Forse aveva esagerato con i bagordi.

“Mi sono davvero divertita”

“Era quello che speravo” disse allegro, cacciandosi le mani nelle tasche della giaccia per recuperare  una sigaretta e l’accendino.

“Devo dirti una cosa,” le comunicò, improvvisamente serio. Aveva acceso la sigaretta tra le labbra e ne aspirava lentamente il fumo.

“Io e Mick abbiamo fatto ricerche in questi giorni, gira voce che l’Organizzazione Odino abbia perso uno dei suoi luogotenenti e pare che tra i suoi ranghi sia già iniziata la scalata per occuparne il posto. Come sai l’organizzazione non ammette fallimenti, McCarty con molta probabilità è stato fatto fuori. Non ne abbiamo ancora la certezza, però…”

Non finì la frase perché, alzando lo sguardo, vide le guance di Angel rigarsi di pianto, ma non c’era traccia di tristezza sul suo volto, piuttosto sembrava sorpresa, sollevata.

Non piangeva da tanto tempo, per anni aveva creduto di non esserne più capace.  

Sentì le lacrime calde e brucianti di sale scivolarle sul viso. Era come se le ripulissero l’anima, come se la liberassero dai germi d’Inferno che si era portata dentro per anni. Si sentì libera, come rinata. Come se un artiglio gelido avesse finalmente abbandonato il suo petto, come se il fantasma di Isabel avesse trovato pace. E mentre piangeva qualcosa accadde intorno a lei.

Vide i primi bagliori azzurri del mattino levarsi sulla città, una luce lattiginosa inghiottire le stelle, mentre i contorni dei palazzi si facevano nitidi e il cielo diventava viola pallido, rosa, d’oro e porpora. L’alba li illuminò. Si rivide bambina, giocava insieme a sua sorella e insieme immaginavano tutto ciò che avrebbero potuto essere. Isabel le pettinava i capelli e le raccomandava di diventare una donna splendida. Per la prima volta dopo tanto tempo non percepiva il passato come un laccio che le stringeva la gola, ma come un abbraccio da cui potersi sciogliere, per vivere il presente.  

Ryo le si avvicinò, la tirò a sé.

“Non riesco a smettere,” singhiozzò la ragazza.

“Non preoccuparti,” le mormorò, “piangere fa bene, dicono che le lacrime lavino gli occhi e poi dopo si veda meglio.”

“È così.”

“Cosa farai adesso?”

“Ho voglia di casa, di tornare alla mia vita, al mio lavoro. Non ho più motivo di restare qui in Giappone.” 

Rimasero stretti l’uno all’altra a lungo, ognuno nel silenzio dei propri pensieri, mentre la città emergeva lentamente dal sonno.

 

 

 

 

  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > City Hunter/Angel Heart / Vai alla pagina dell'autore: Rorat