Non
pensavo di avere ancora quella fotografia, anzi ero piuttosto sicura di
averla
buttata via, dopo averla scagliata contro il muro con tanta forza da
far
crepare il vetro.
Ma
dovetti ricredermi quando Brittany, che mi stava aiutando a sistemare
gli
ultimi scatoloni, l’aveva tirata fuori da una scatola e
l’aveva fissata a lungo
prima di riportare lo sguardo su di me.
-Quella…-
balbettai –Quella si può buttare-
-Sicura?-
chiese –E’ una bella foto-
-Si
può buttare- ribadii seccata.
Brittany
riportò lo sguardo sull’oggetto che aveva in mano,
accarezzò delicatamente la
cornice e si soffermò sui soggetti della foto.
Ricordavo
benissimo quando era stata scattata, avevo si e no sette anni.
Mio
zio Ernesto era passato a trovarci e aveva insistito per scattare una
foto
all’intero clan dei Lopez.
La faceva
sembrare una gran cosa: il clan dei Lopez; esagerato per definire me e
i miei
genitori, ma all’epoca mi piacque da matti.
Era
prima che mia madre se ne andasse, e in qualche modo quelle parole,
“Clan dei
Lopez”, mi davano un senso di unione che adoravo attribuire
alla mia famiglia,
anche se unita non lo era mai stata.
Sotto
l’insistenza di Ernesto, e anche mia lo confesso, ci eravamo
riuniti in giardino:
io seduta sorridente sul primo gradino del portico e i miei un gradino
più in
alto stretti in un abbraccio rigido.
-San-
la voce di Brittany mi riscosse dai ricordi –Va tutto bene?-
Brittany.
Per un attimo mi chiesi se sarebbe successo anche a noi un giorno, di
stringerci in un abbraccio rigido solo per far credere agli altri che
tutto
vada bene quando non è così.
Perché
quello che era successo tra i miei mi aveva fatto capire che non tutte
le
coppie hanno un destino felice.
E
se fra Brittany e me andava tutto bene in quel momento, non era detto
che fra
qualche mese o anno sarebbe stato lo stesso.
Perché
c’era la possibilità
che tutto
andasse male.
Eppure,
mentre scrutavo quegli occhi limpidi che mi fissavano con apprensione,
mi dissi
che c’erano altrettante possibilità
che tutto andasse bene.
Dovevano
esserci.
E
io avrei fatto di tutto per farle avverare.
-Si
piccola, va tutto bene- risposi alla fine, ma a lei non
sfuggì l’occhiata
malinconica che lanciai alla foto che aveva tra le mani.
-Sono
i tuoi genitori?- chiese.
-Si,
prima che… quando ancora stavano assieme-
Spostò
il peso da un piede all’altro, cercando le parole giuste da
dirmi.
-Non
mi hai mai detto cosa è successo tra di loro…-
iniziò alla fine –Ti va di
parlarmene?-
Esitai
un attimo prima di rispondere.
-Mi
piacerebbe- confessai.
Brittany
mi condusse con lei sul divano e io, con le mani strette alle sue,
raccontai
tutta la storia della famiglia Lopez.
Era
la classica storia di un padre troppo impegnato con il lavoro, di una
madre
troppo debole per combattere, di un tradimento accompagnato da
immancabile
divorzio.
Da
quando lei se n’era andata, più o meno dieci anni
prima, non l’avevo più
rivista.
E
mio padre non era cambiato, era rimasto l’uomo assente che
era prima.
Mia
madre non mi aveva nemmeno guardato in faccia quella sera, aveva
semplicemente
preso le sue valige e mi aveva voltato le spalle.
Ci
aveva voltato le spalle.
Mio
padre non mi aveva abbracciato e consolato quando mi ero messa a
piangere, mi
aveva solo detto “La mamma se n’è andata
Santana, siamo solo io e te ora”.
E
in un qualche modo, ancora non so come, eravamo andati avanti solo io e
lui.
Cercava
di far sembrare tutto come era prima, come se niente fosse successo; ma
io lo
vedevo.
Lo
vedevo devastato e distrutto, proprio da quell’amore che un
tempo aveva creduto
così puro.
Quello
che era successo tra i miei mi aveva insegnato che l’amore fa
male, che può
distruggere un uomo in un solo istante.
Che
non importa crederci con tutte le proprie forze, l’amore
può sembrare forte e
ingannarti facilmente; ma basta una piccola crepa (o nel caso di mia
madre un
giardiniere argentino, giovane e con la fastidiosa tendenza di lavorare
a torso
nudo) per farlo crollare.
Mi
aveva insegnato che quando le cose diventano difficili bisogna scappare
prima
che possano ferirti.
Dissi
quello a Brittany, stretta accanto a lei sul nostro,
divano.
E
lo dissi con una facilità che mi sorprese: perché
ci avevo messo anni a
parlarne con Quinn, che pure conoscevo da quando ero piccola? Mi
chiedevo.
Perché invece con Brittany sembrava tutto così
dannatamente semplice?
Perché
accanto a lei tutto quello che sapevo sull’amore sembrava
così sbagliato?
-San?-
mi sussurrò, distogliendomi dai miei pensieri.
Mi
strinsi di più a lei.
-San-
continuò allora –Ti prometto che a noi non
succederà. Non faremo mai gli errori
dei tuoi genitori-
Quella
promessa, seppur fragile come purtroppo tutte le promesse sono, mi fece
stare
meglio subito.
Cancellò
le lacrime che non mi ero ancora resa conto di star versando.
-Lo
so- dissi allora, sentendomi libera per la prima volta da quel peso che
mi
portavo dietro da cieca dieci anni.
Perché
con Brittany l’amore sembrava una cosa meravigliosa.
Era
passata una settimana da quando io e Brittany eravamo andate a vivere
assieme.
Una settimana
perfetta.
Assolutamente
perfetta.
Almeno
fino a che non arrivò domenica mattina.
-Non
posso credere che mi vuoi davvero fare questo- la accusai -Fra noi
andava tutto
bene!-
-San,
lo sai che lo faccio per il mio...per il nostro bene-
replicò lei ferma -Non
possiamo più andare avanti così-
-Vuoi
davvero farlo?- la sfidai -Perché se continui con questa
pazzia non potremmo
più tornare indietro-
-San...-
provò
-No,
Brittany, se continui giuro che te ne pentirai...io giuro-
-Santana!-
mi interruppe in uno sbuffo -Non fare la melodrammatica, voglio solo
insegnarti
a cucinare-
-Questa
è una cosa drammatica Britt- esclamai, cercando di farle
cambiare idea -Io e le
pentole siamo come Quinn e i pantaloni: incompatibili!-
-Ora
stai esagerando-
-Io?
Tu invece? Perché devo imparare a cucinare per forza?-
-Perché
viviamo assieme ora, e quando si vive assieme ci si dividono i compiti-
Feci
per ribattere ma mi interruppe di nuovo -No, ordinare al ristorante
all'angolo
non vale, nemmeno se paghi tu. Quindi: pronta per imparare a cucinare?-
chiese
entusiasta
-Ecco...-
una scusa per scamparla, una scusa per scamparla -Io non ho il
grembiule!-
-Non
c'è problema Sannie, ti dò una mia maglia
vecchia-
Accidenti!
Brittany
scomparve in camera e fece ritorno dopo qualche secondo, sollevando
trionfante
una larga maglietta grigia con la scritta "Louisiana" sul petto.
-Avanti-
mi invitò lanciandomela –Iniziamo dai pancake,
sono facilissimi da fare!-
Non
erano facilissimi da fare.
O
meglio, forse lo erano per qualsiasi essere umano minimamente portato
all’arte
della cucina, che non era il mio caso.
Per
la seconda volta, da quando stavo con Brittany, mi ritrovai coperta di
farina,
uovo e Dio solo sa cos’altro.
E
per la seconda volta non avevamo smesso di ridere un attimo.
In
quel momento non potei fare a meno di pensare che avevamo decisamente
più di
qualche possibilità di essere felici assieme.
In
quel momento non potei fare a meno di pensare che niente, niente,
avrebbe
potuto mai rovinare la nostra felicità.
E
in quel momento mi sentii immensamente felice per la svolta che aveva
preso la
mia vita.
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Si,
ecco…lo so. So che non è il massimo.
Direi
che è un capitolo di passaggio ma mi sono appena resa conto
che questa storia
non può avere capitoli di passaggio quindi…
Spero
vi piaccia in ogni caso.
Grazie.