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Autore: NiallsUnicorn    07/11/2012    7 recensioni
One shot ispirata alla canzone "fix you" dei coldplay.
Dal testo:
"Naisha oltrepassa la linea gialla e scende un profondo gradino, mettendo i piedi su uno strano materiale marroncino, che somiglia molto alla terra. Vede anche due lunghe strisce di ferro, che corrono oltre l'orizzonte. Sorride con le guance rigate di lacrime e inizia a camminarci sopra, stando attenta a calpestare solo il freddo metallo come in un gioco.
È ormai molto tardi, e in stazione non c'è nessuno. Nessuno che le dica che è pericoloso, nessuno che la prenda per mano o che le dia uno schiaffo, dicendole che non si fa.
Naisha rimarrà sempre quella bambina di tanti anni fa, che è morta assieme ai suoi genitori."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Cammina verso una luce rossa intermittente, visibile anche da decine di metri di distanza. A tracolla una borsa leggera, sulle guance fiumi di lacrime, negli occhi solo il buio.
Un piede dopo l'altro, un passo lento e strascicato condotto a testa bassa, il passo di chi non solleva il capo da ormai troppo tempo. Di chi, forse, non lo ha mai davvero fatto.
Una vita trascorsa a guardarsi i lacci delle scarpe, una vita passata nell'ombra a fare da tappezzeria, una vita mai vissuta.
Una vita dedicata a nascondersi, a trovare il modo di essere invisibile, a cercare la propria maniera di brillare lontano dagli occhi di tutti. Una vita sprecata, pensa, dando un calcio ad un mozzicone di sigaretta.
Fa freddo, e il gelo le ghiaccia le ossa. Cammina, Naisha, cercando di non pensare a cosa sta andando incontro. In realtà è uscita di casa solo per fare una passeggiata, e magari piangere un po' sotto una pioggia che non si decide a cadere. Sono stati i suoi passi a portarla alla stazione di quella cittadina, sprovvista di un biglietto per partire e dei soldi per comprarlo.
Una ragazza come lei, che non si è mai mossa dalla sua città se non in rare occasioni, non ha mai avuto un valido motivo per recarsi in quel posto che ha sempre considerato così triste, un posto dove tutti si dicono addio.
Lei, che ha detto addio a tutto tanti anni prima.
 
Un auto che sbanda sul ghiaccio, un rumore assordante, delle urla.
Si risveglia in un ospedale, indolenzita, ricoperta di tubi. Tutti le dicono "sei sopravvissuta per miracolo, te la sei vista davvero brutta".
-Mamma e papà?- domanda lei, con voce rotta e impastata dall'effetto degli antidolorifici.
Silenzio.
Nessuno le risponde, nessuno incrocia i suoi occhi stanchi dopo quella domanda. Tutti escono dalla stanza a testa bassa, scuotendo il capo. L'unica che apre bocca è la zia che, dopo qualche secondo di silenzio sofferto, le dice: -Sono in un posto migliore.-
Ma Naisha non riesce ad immaginare cosa ci possa essere di meglio della sua casa linda e pulita, delle sue coperte soffici e calde, dell'abbraccio dei suoi genitori tra le mura domestiche. Mura che non vedrà mai più, perché la zia la porta lontano, in un paesino triste e sperduto.
Un paesino dove i bambini non la conoscono e non vogliono parlare con lei, perché tutti pensano che la ragazzina dalle trecce nere che ha visto morire i suoi genitori porti sfortuna. E la prendono in giro, per la sua storia, per i suoi vestiti, per il suo stupido nome che prima amava tanto, ma che ora odia.
Perché i bambini non capiscono quanto le loro parole possano pesare su una persona, quando possano ferirla e renderla inerme.
 
Naisha appoggia i piedi coperti dalle scarpe troppo leggere su una linea gialla, senza sapere cosa rappresenti. Magari oltre questa linea c'è un altro mondo, dove ci sono luce e calore anche di notte, pensa speranzosa. Desidera ardentemente trovare una porta aperta, per una volta. Desidera venire accolta da qualcuno che non sappia chi è, o cosa ha dovuto sopportare in tutti quegli anni. Desidera trovare qualcuno che la ami, che nutra per lei quel genere di amore che sua zia non può darle.
 
Noah è bellissimo. Non é solo lei a pensarlo, ma tutte le ragazze della sua classe e dell'intera scuola. Le sente parlare in bagno, mentre si aggiustano il trucco davanti allo specchio. Dicono che è "figo", anche se per lei è molto di più.
Per lei Noah è tutto. Si sente volare ogni volta che il suo sguardo la accarezza, anche solo per un momento. La sua bocca si curva in un gigantesco sorriso, ed è costretta ad alzarsi e correre via, per paura che qualcuno senta quanto il suo cuore corre veloce.
Quelle oche continuano a parlare, ridono stupidamente, fanno commenti sconci che farebbero arrossire chiunque. Naisha si lava le mani a testa bassa, sperando che non notino il suo disagio e che la lascino andare via senza aggiungere una delle loro solite critiche sui suoi vestiti. Ma purtroppo, per quanto Naisha cerchi sempre di rendersi invisibile agli occhi del mondo, la sua anormalità non l'ha mai protetta dalle prese in giro.
Ad una delle ragazze sfugge dalle mani una sottile matita per occhi, che rotola dolcemente fino ai suoi piedi. Questa si volta verso di lei e, mentre le ordina di raccoglierla con aria di superiorità, sembra finalmente rendersi conto della sua presenza.
Naisha obbedisce, perché quel gesto non le costa niente. Nessuno le ha mai insegnato il rispetto per sé stessa, nessuno le hai mai spiegato cosa sia il bullismo.
Le porge la matita con dolcezza, e non fa una piega quando la ragazza gliela strappa dalle mani come se non fosse nemmeno degna di toccarla. Succede sempre, è normale. O almeno questo è quello che crede lei.
Prova a sgattaiolare via, ma una giovane dai capelli malamente tinti di rosso le si para davanti, con le braccia sui fianchi. -Sai cosa si dice in giro?- domanda, con aria di sfida.
Naisha scuote la testa, con aria smarrita. Di lei si dicono così tante cattiverie che è impossibile star dietro ad ognuno dei pettegolezzi che nascono quando i ragazzi non hanno altro di cui parlare.
-Che tu ti sia presa una cotta per Noah- continua un'altra dai capelli lisci come seta, canzonandola. Lei abbassa la testa, schiacciata da quelle parole. In verità non vede niente di male nel suo interesse per quel ragazzo, ma col tempo ha imparato che chinare il capo è la risposta a tutto.
-Che fai, non rispondi?- a parlare questa volta è la ragazza a cui era caduta la matita, e lo fa senza nemmeno guardarla. Si pettina i capelli allo specchio, si aggiusta la maglietta.
La rossa ghigna con cattiveria, prendendo il suo silenzio come una conferma alle loro parole. -A lui non piaci. Gli fai schifo, come a tutti in questa scuola e in questo paese.-
Fa male. Naisha si lascia ferire dalla verità di quelle parole, rimane immobile come una statua, ma riesce quasi a sentire la sua anima morire. Naisha è una bambina di diciassette anni, una bambina che non è mai riuscita a crescere e a ribellarsi alla vita.
Naisha non è altro che una parte della tappezzeria, un qualcosa di irrilevante. Lo è per gli altri e anche per sé stessa, e sa di aver superato il punto di non ritorno. Da quell'involucro vuoto non uscirà mai una persona forte e accettata, la persona che ha sempre desiderato essere. Lei è perduta, e nessuno potrà mai ripararla.
 
Naisha oltrepassa la linea gialla e scende un profondo gradino, mettendo i piedi su uno strano materiale marroncino, che somiglia molto alla terra. Vede anche due lunghe strisce di ferro, che corrono oltre l'orizzonte. Sorride con le guance rigate di lacrime e inizia a camminarci sopra, stando attenta a calpestare solo il freddo metallo come in un gioco.
È ormai molto tardi, e in stazione non c'è nessuno. Nessuno che le dica che è pericoloso, nessuno che la prenda per mano o che le dia uno schiaffo, dicendole che non si fa.
Naisha rimarrà sempre quella bambina di tanti anni fa, che è morta assieme ai suoi genitori.
Un fischio lungo e prolungato squarcia l'aria, e Naisha cade a terra con le mani strette attorno al capo, per tapparsi le orecchie. Quando trova il coraggio di aprire gli occhi vede un paio di luci brillanti in lontananza, e sente un rumore sordo e fastidioso. Lo stesso pezzo di ferro su cui è seduta trema in modo sinistro, ma la cosa non la preoccupa più di tanto. Si solleva lentamente in piedi e inizia a camminare incontro alle luci, che si avvicinano ad una velocità incredibile. Inciampa più volte ma continua ad avanzare perché sente che, una volta raggiunte le luci, sarà finalmente libera.
Le luci la porteranno a casa, di questo ne è sicura.
Naisha si ferma dopo qualche metro, quando si accorge che quella luce la raggiungerà comunque, anche se non le va incontro. Si porta una mano sugli occhi, quando il bagliore diventa insopportabile, e attende.
Però, pochi secondi prima che la pace la raggiunga, sente una voce che la strappa al suo mondo immaginario, e la costringe ad aprire gli occhi.
-Ma sei pazza? Levati di lì!- urla una ragazza, che Naisha non riesce a mettere a fuoco. Vorrebbe rispondere sì, che lei è davvero pazza. Lo dicono i suoi compagni di scuola, lo pensa lei, lo dicono anche i medici, anche se usano degli inutili giri di parole definendolo un "disturbo post-traumatico da stress".
Si volta nuovamente verso le luci e si prepara ad essere finalmente felice, ma niente è più come prima: la magia è svanita. Le luci belle e pacifiche di qualche secondo fa le appaiono come ciò che sono davvero, cioè un treno in corsa fin troppo vicino che sta per investirla. Naisha, con gli occhi grandi di terrore, e serra i pugni e le palbepre, come fa ogni volta che succede qualcosa che non le piace. Ha paura, ma non riesce ad ordinare alle sue gambe di scappare, non riesce a tenere a bada i suoi pensieri che stanno fuggendo in migliaia di direzioni differenti, lasciandola sola.
-Scappa!- ripete la voce della ragazza che, non appena comprende la situazione, inizia a correre come una forsennata nella sua direzione, temendo di vederla morire.
Il rumore del treno si fa sempre più insopportabile, e Naisha si tappa nuovamente le orecchie, disperata. Geme e scuote la testa, piangendo quasi con rabbia. Perché sta succedendo a lei? Perché non é rimasta a casa aspettando che la zia tornasse dal supermercato?
Avverte uno strattone al braccio destro e si lascia trascinare di lato, mentre i suoi capelli lunghi sfiorano la fiancata del treno. Un paio di braccia esili la stringono forte ad un petto minuto che martella di agitazione e lei vi si avvinghia, bagnando di lacrime il maglione vecchio e consunto della sua salvatrice.
La ragazza respira affannosamente, e Naisha si stacca da lei solo per permetterle di riposarsi su una panchina fredda e metallica. La guarda sedersi e nota per la prima volta il viso sporco e trascurato, i capelli biondi e spigolosi tagliati in ciuffi corti, il suo abbigliamento povero e i vestiti che le calzano decisamente troppo larghi.
Probabilmente è una senzatetto, una di quelle persone da cui la zia le dice sempre di stare lontana. Eppure Naisha non la crede pericolosa.
Infatti, quando questa le fa cenno di sedersi accanto a lei, la ragazza non se lo fa ripetere due volte.
Si asciuga le lacrime con la manica della felpa e le si avvicina sempre di più, fino a posare la testa sulla sua spalla. Non può essere pericolosa se le ha salvato la vita.
-Perché hai cercato di ucciderti?- le domanda, ancora con l'affanno.
Naisha inarca un sopracciglio, perplessa. -Io non volevo, io... Io aspettavo le luci- dice, con aria malinconica. La ragazza sembra non capire, ma a Naisha non interessa. Le importa solo di aver finalmente trovato una persona che non sa chi è, una persona che la ascolta senza prendere appunti su un taccuino in pelle con un'elegante stilografica.
-Ti prego, aggiustami- aggiunge con occhi imploranti abbracciando nuovamente la ragazza, che la guarda spaesata. In breve tempo, però, questa ricambia la stretta e sorride con dolcezza, senza preoccuparsi di scoprire l'identità di quella giovane spuntata dal nulla.
-Va bene- le risponde respirando l'odore di pulito emanato dalla pelle di Naisha che, per la prima volta dopo anni, si sente felice.
Perché ha scoperto che la luce può essere trovata anche negli occhi di chi, come lei, sta sprofondando nelle tenebre.
Perché ora sa che la luce che tutti cerchiamo non è quella artificiale che illumina, ma quella vera che scalda.
Perché la luce rimarrà sempre dento di noi, come una fiammella temprata dal gelo e dal vento, ma non smetterà mai di tenerci ancorati alla vita finché avremo qualcosa per cui lottare. 




My space:
Buonasera a tutti, e grazie per aver avuto la pazienza di leggere la mia prima "storia originale".
L'ho scritta per il compleanno di un'amica e avevo in programma di pubblicarla da circa un mese, ma non riuscivo a trovare il tempo... fortunatamente stasera ho finito di studiare prima del solito :)
Quindi! Non soffrendoconoscendo nessuno che soffre di u
n disturbo da stress post traumatico, non so se sono riuscita a rendere al meglio le sensazioni di Naisha. A mia discolpa posso dire di aver passato un pomeriggio a documentarmi su wikipedia e, nel caso avessi sbagliato qualcosa, prendetevela con il suo fondatore che ci passa informazioni scorrette lol.
Fatemi sapere cosane pensate, tengo molto a questa storia :')
A presto!

Bascii, medusa c: 
   
 
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