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Autore: LadySweet    08/11/2012    9 recensioni
Ciao! =) Eccomi con un'altra storia su Berubara! =) Questa volta i nostri personaggi sono catapultati in un'epoca diversa. Siamo nel tardo medioevo in Inghilterra. Una ragazza sta scappando da casa. Un ragazzo ha una missione importante, e mille ostacoli da superare per portarla a termine. Primo fra tutti:lei.
Spero di avervi incuriosite! =) Si accettano naturalmente recensioni e critiche costruttive! =) Mi raccomando ditemi cosa ne pensate così so se continuare o meno! =) Grazie! =)
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutte! =) Qualche tempo fa, ho ripreso in mano un vecchio libro, e l'inizio mi ha ispirato per questa storia. I protagonisti sono sempre quelli di Versailles no Bara... ma li conosceremo in vesti diverse dalle solite. Siamo in Inghilterra, nel tardo medioevo. Spero vi piaccia! =) Buona lettura! =)

Nevicava da giorni. Avvolta nel mio mantello bianco avanzavo con non poca fatica in quella coltre immensa di neve. I miei capelli erano troppi, e troppo lunghi per tenerli tutti sotto il cappuccio, così qualcuno era rimasto libero, in balia del vento gelido che soffiava, nonostante fosse quasi mezzodì. Mi muovevo piano anche per non lasciare traccia del mio passaggio. Dopotutto stavo scappando e non avevo alcuna intenzione di farmi trovare. Ad un certo punto alzai lo sguardo: quello che vidi intorno a me era una compatta ed uniforme massa di neve, alta almeno 50cm. Da quando avevo memoria, mai era capitata una nevicata così abbondante... Ma era un buon diversivo per avvantaggiarmi. Non sapendo bene dove stessi andando (non che mi importasse più di tanto, l'importante era allontanarsi dal castello), abbassai la testa e decisi di dirigermi verso ovest. Non essendo mai uscita dalle mura del castello non conoscevo quelle zone, ma prima o poi da qualche parte sarei arrivata, e una volta sul posto avrei pensato sul da farsi. Ho sempre avuto una indole piuttosto programmatrice e vivere, come si usa dire “alla giornata” non è il mio forte, ma in quelle condizioni non potei fare altrimenti. Quando le mie gambe iniziarono a cedere, era ormai buio, e la luna era già alta nel cielo. Non sapevo dove mi trovavo, e quanta distanza avevo messo tra me e il castello, ma fui costretta a trovare un albero, farmi un riparo nella neve e passare qualche ora di sonno. Sotto il mantello portavo una sacca abbastanza grande, in cui c'erano un paio di abiti e un mantello di ricambio, una coperta, delle provviste, un sacchetto con abbondante denaro e un pugnale, in caso dovessi difendermi. Tirai fuori del pane e del formaggio e diedi qualche morso. Finito di mangiare presi la coperta, mi ci avvolsi, rimettendo la sacca sotto la gonna del mio abito e chiusi gli occhi.
Le prime luci dell'alba colpirono i miei occhi, svegliandomi. Ci misi qualche istante a capire dove fossi, e perché mi trovassi seduta sotto un albero in buco nella neve. Poi ricordai della fuga che avevo organizzato, e così raccolsi in fretta le mie cose, e mi rimisi in cammino. Continuai a camminare per ore, poi notai che il colore della neve davanti a me cambiava: chiazze scarlatte spuntavano qui e la, sempre più grandi man mano che mi avvicinavo. Poi sentì delle voci in lontananza. Erano uomini. Decisi di avvicinarmi, anche se qualcosa, dentro di me, mi diceva che il pericolo era vicino. Trovai il passaggio nella neve, che molto probabilmente avevano lasciato quelle persone, e lo segui fino a quando non fui troppo visibile, così mi nascosi dietro un cumulo più alto di neve. Mi sporsi e vidi qualcosa che mi lasciò sbigottita: un uomo, avrà avuto circa la mia età, quindi 25 – 26 anni al massimo... vestito solo con una fascia di pelle intorno al bacino per coprire il suo... ehm... si insomma... quella parte del corpo di un uomo, e null'altro. Aveva i polsi legati con un catena ad un palo di legno, non molto alto, ben fissato nel terreno, poiché la neve era stata tolta. Stessa cosa per le caviglie. I suoi lunghi capelli corvini erano sciolti e venivano mossi dal vento che aveva ripreso a soffiare con forza. I suoi occhi verdi come smeraldi erano fissi su un uomo più basso e più tozzo, indossava una armatura, e teneva in mano una frusta. Il soldato parlava e parlava, ma il prigioniero non replicava. Non disse nulla. Non seppi perché ma dentro di me sentivo che dovevo fare qualcosa per quell'uomo. Dovevo aiutarlo, nonostante la vocina della mia coscienza, mi diceva che era una pessima idea. Cercai di studiare la situazione: altri due soldi se ne stavano più in disparte... dovevano essere sotto il comando di quello basso. Mmm non potevo affrontarli entrambi nello stesso momento. Decisi di attirarli verso di me, uno alla volta, avvantaggiata dal fatto che erano distanti abbastanza da non badare l'uno all'altro. Mi avvicinai a quello di destra e cercai di attirare la sua attenzione provando a chiamarlo sottovoce. Finalmente, dopo qualche tentativo si girò.
-Perdonatemi signore, mi sono persa e sono giorni che vago... potreste aiutarmi gentilmente? - chiesi con la vocina da ragazzina in pericolo.
-Ma certo signorina.
E così si avviò nella mia direzione, e appena fu stato vicino abbastanza, sferrai il mio attacco, uccidendo il soldato. Posizionai il corpo in modo che non fosse visibile, e gli gettai sopra della neve pulita, in modo che il sangue non attirasse l'attenzione. Poi feci lo stesso giochetto con il secondo, che adagiai accanto al primo, coprendolo di neve. Quando tornai a vedere com'era la situazione, l'uomo con la frusta e quello legato erano più o meno come li avevo lasciati: il piccolo e grassottello era solo più spazientito di prima, presumo per il silenzio dell'altro. “E adesso?” mi chiesi. Provare a fare il giochetto non avrebbe funzionato. Sferrare un attacco frontale non se ne parlava: il mio abito, per quanto comodo non mi consentiva di affrontare uno come lui, e se avessi tolto il mantello sarei di sicuro morta di freddo, e una mano che brandisci una spada, non può permettersi di tremare. Che fare allora? Continuai a scrutare la piccola piazzola e notai che la neve era stata appiattita solo fino al palo. Dal palo di legno in poi c'era ancora il muro di neve. Avrei approfittato di quello per cercare di slegare l'uomo, in modo che potesse difendersi e scappare. “Già, scappare... così non lo vedrò più... Cosa? Ma che diavolo mi prende??” Scossi la testa per levare quei pensieri dalla mia mente, e pensai ad agire. Con la massima cautela e il massimo silenzio cercai di arrivare dietro le spalle del tipo e senza nemmeno dirgli niente, presi uno dei fermagli che avevo nei capelli e lo infilai al posto delle chiavi. Per fortuna la grossa voce del soldato copriva i rumori del mio lavoro, attutiti già in parte dalla neve. Dopo qualche istante, finalmente, sentì lo scatto delle manette delle caviglie, e le vidi aprirsi. Così passai a quelle dei polsi, che però richiesero qualche attimo in più, ma alla fine riuscì ad aprire anche quelle. Quando il giovane fu libero gli diedi un colpetto sulla schiena e gli sussurrai che le catene erano aperte. Poi, così com'ero apparsa, ripercorsi la strada a retroso e tornai al cumulo di neve, dove assistetti alla scena. In un primo momento non successe nulla, poi quando il grassottello, si girò, il ragazzo si avventò su di lui, sfilandogli la spada e trapassandolo da parte a parte, e subito la neve tornò a colorarsi di rosso. Il giovane si guardò attorno, e poi venne dritto nella mia direzione. “Accidenti, mi ha beccato! Cosa gli dico ora??”
-Voi! - disse con una bellissima voce.
-Io? - chiesi leggermente titubante.
-Siete stata voi ad aprire le catene vero?
-Si... - dissi leggermente più sicura di me.
-Perché lo avete fatto?
-Come? Io... insomma eravate legato ad un palo, siete mezzo nudo, e quell'uomo stava per scorticarvi vivo con la sua frusta!! Credo di meritare un po' di riconoscenza! Dopotutto vi ho salvato la vita, e nemmeno vi conosco!!
-E cosa vi ha spinto a salvarmi?
-Io... non lo so. Ho seguito il mio istinto, credo.
-Beh, addio. - e così dicendo se ne andò raccogliendo la spada del grassottello.
-Cosa? Ma dove andate? Siete praticamente nudo, e qui si gela dal freddo!! - gli gridai mentre cercavo di seguirlo.
-Perché mi state seguendo?
-Beh guardatevi, finirete per morire congelato se non vi coprite e non trovate un posto in cui riscaldarvi davanti ad un fuoco.
-Mi state chiedendo di venire a casa vostra?
-NO! No... anche se volessi farlo, io non ho più una casa.
-Non più? E cos'è successo?
-Sono scappata, e non intendo farvi ritorno... ma queste sono cose personali, delle quali non mi va di parlare. Però con me ho un altro mantello. Non è molto ma almeno potrete coprirvi quando tornerete a casa vostra.- dissi tirando fuori dalla mia sacca il mantello nero, e glielo porsi. Lui mi guardò scettico per un momento, poi però allungò la mano, prese in mantello e lo indossò.
-Grazie. Beh adesso devo andare... buona fortuna mademoiselle.
Mademoiselle? Conosce la lingua dei Franche anche lui?”
Lo vidi incamminarsi verso ovest, la stessa direzione che avevo preso io. Allora lo raggiunsi.
-Perdonatemi, anche io sono diretta in questa direzione... vi recherebbe disturbo se viaggiassi con voi? Forse vi sono di intralcio per una missione importante?
-No. Potete venire con me. Sarete mia ospite al mio palazzo per ringraziarvi di avermi aiutato.
Così felice mi avvicinai a quell'uomo sconosciuto e ci incamminammo in silenzio...
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Allora, come avete potuto notare i nostri eroi sono un tantino diversi. Spero di avervi incuriosite! =) Fatemi sapere! Alla prossima! =) 

   
 
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