Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: Sion    08/11/2012    2 recensioni
“Ho paura che non torni più. Ho paura di svegliarmi e non trovarla più. Ho paura che la mamma crolli di nuovo, ed ho paura che, se Katniss vincerà, niente sarà come prima”.
Una chiacchierata tra padre e figlia.
( questa storia si è classificata 1° nel contest Behind The Scenes - Missing Moments ).
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Titolo: Talk
Autore: ellisexual – Sion su EFP.
Fandom: Hunger Games
Rating: Verde.
Personaggi/Pairing: Primrose Everdeen (presente), Katniss Everdeen, Mr. Everdeen, Peeta Mellark, Mrs. Everdeen, Gale Hawthorne (nominati)
Lunghezza:  1435
Avvertimenti: Spoilers per il primo libro.
Genere: Generale.
Disclaimer: Hunger Games, tutti i personaggi nominati e l’universo in cui vivono non mi appartengono, ma sono di proprietà di Suzanne Collins.
Note dell'Autore: Beh, ho avuto parecchia indecisione prima di scrivere questa fanfiction, perché non avevo idea di su chi incentrarla. Poi, tra tutti, ha vinto Prim. È ambientata nell’arco temporale che va dalla mattina in cui Katniss si sveglia nella caverna dopo essersi ferita al capo e la morte di FoxFace. Spero che piaccia. :)
Questa FanFiction si è classificata 1° al Behind the Scenes – Missing Moments Contest [Hunger Games] indetto da Rowizyx.





Talk




C’è vento, questa domenica. Il sole è già alto e scalda, anche se è mattino presto. Il Distretto 12 si sta svegliando lentamente, il Giacimento è vuoto, e Primrose Everdeen è già in piedi. Ha gli occhi cerchiati di nero, perché dormire è difficile quando tua sorella è negli Hunger Games. Gli incubi di lei morta,  uccisa mentre dorme, o magari  accerchiata dai Favoriti, la perseguitano. Anche se è totalmente certa che Katniss vincerà – gliel’ha promesso, e Katniss mantiene sempre le promesse che le fa – ha comunque paura.
Ha indossato un vecchio vestito che a sua sorella andava stretto e si è intrecciata i capelli come al solito, in due lunghe trecce che cadono sulle spalle. Ha indossato un vecchio abito di sua sorella che ormai non le sta più bene ed ha raccolto un po’ di soldi da sotto al cuscino, dove mette quelli che guadagna vendendo il formaggio che ricava dal latte di Lady, i soldi che tiene per le emergenze.
Questa forse non è un’emergenza, ma per lei è importante.
Esce di casa con una calma innaturale, stando attenta a non fare rumore per non svegliare sua madre che ancora dorme dopo essere rimasta sveglia a guardare gli Hunger Games – ultimamente lo fa sempre: rimane alzata sino a quando non vede Katniss addormentarsi. Le fa tenerezza, ed ogni notte si sveglia per rifugiarsi nel suo abbraccio, cercando il conforto che adesso Katniss non le può dare.
Si chiude la porta alle spalle e si avvicina a Lady, che bela non appena la vede; le posa una carezza sul capo irsuto, e poi si avvia verso il centro del Distretto 12, avvertendo il denaro tintinnare nella sacchetta in cui l’ha riposto.
Nonostante il Distretto stia ancora metabolizzando il risveglio, la bancarella del fioraio nel Forno è già allestita. La donna che lo gestisce, Jenna, ha un sorriso sdentato che le fa tenerezza. Quando si avvicina alla bancarella glielo mostra, e Primrose lo ricambia.
“Buongiorno, piccola”.
Primrose si sporge verso il banco della bancarella, già pieno di infiorescenze e fiori colorati.
“Buongiorno, Jenna”.
“La tua capretta fa ancora dell’ottimo formaggio?” chiede, forse già pregustando il sapore del formaggio che pensa Primrose abbia portato al Forno per venderlo. Ma la ragazzina alza le mani vuote eccetto che per la sacchetta col denaro.
“Certo. Ma oggi non sono venuta per vendere”.
Jenna si sfrega le mani e poi le allunga verso la mercanzia, come per mostrarla.
“Cosa posso darti, piccola?”
Primrose esamina i fiori, ad uno ad uno, e poi punta l’indice verso un paio di garofani selvatici dal colore vivido, accennando un sorriso.
“Vorrei due di questi, Jenna”.
Jenna li raccoglie e li lega insieme con un nastro sbrindellato dello stesso colore lilla dei fiori e glieli porge, accettando il denaro che Primrose le offre in cambio. Si salutano con un sorriso ed un cenno del capo, e poi Primrose si allontana. Sa che Jenna non ha detto nulla, ma ha visto nei suoi occhi grigi – simili a quelli di Katniss, ma così diversi – la compassione che prova nei suoi confronti. Si stringe contro l’esile mazzolino di garofani, e supera il Forno, tornando verso la periferia del Distretto.  
Non vuole fare tardi, sono già quasi le otto e non vuole rischiare di perdersi qualcosa di importante negli Hunger Games.
Cammina con passi sicuri lungo la strada che ha percorso così tante volte – a dispetto di sua sorella, che al ricordare suo padre come un viso su una lapide, preferisce ricordarlo come l’uomo che le ha insegnato quasi tutto ciò che sa. Ma Primrose, ogni domenica, gli porta un mazzo di garofani selvatici, perché a suo padre piacevano tanto, e perché sa che a lui fa piacere.
Il cimitero del Distretto non è che un camposanto che si estende per parecchi metri oltre il Prato, ma a Primrose piace perché è calmo e le permette di ricordare chi ormai non c’è più. Non l’ha mai trovato un luogo macabro, forse perché ha visto feriti morire talmente tante volte che la morte per lei non si trova nel cimitero, ma nelle case delle persone. Perciò è con un sorriso che supera la lapide di Hellen Garth, morta più o meno mezzo secolo prima, e si ferma davanti a quella di suo padre. Posa i fiori di traverso alla base della lastra di pietra, rivolgendo un cenno di saluto anche al padre di Gale, sepolto lì accanto.
Si inginocchia sull’erba chiara del prato, ai piedi della tomba di suo padre, e gli sorride.
“Ciao, papà”, mormora, baciando le tre dita centrali della mano destra ed alzandole verso la fotografia di suo padre – un uomo sorridente, un po’ sporco di carbone, con grandi e intelligenti occhi grigi.
“Scusami se non sono venuta prima, ma è successa una cosa davvero sconvolgente”, continua, mettendosi più comoda sulle gambe piegate e incrociando le mani sul grembo. “Katniss è stata scelta come tributo per gli Hunger Games”. Tossicchia, poi, correggendosi. “In realtà ero stata scelta io, ma lei si è offerta volontaria. È stata davvero coraggiosa. Saresti stato fiero di lei”.
Come in risposta, il vento si alza appena, scompigliandole le ciocche di capelli che sono rimaste libere sulla nuca.
“E’ stato un gesto avventato, ma mi ha salvata. Come sempre, dopotutto”. Primrose tira su col naso e sistema pieghe impercettibili sulla gonna del vestito, guardando dritto negli occhi suo padre – la foto scolorita di suo padre. Cerca di ricordare com’era quel viso quando le sorrideva, ma ricorda solo sprazzi fumosi del suo volto e della sua voce.
“Anche la mamma si sta comportando bene. Lavora, mi aiuta coi compiti. Ogni sera guarda gli Hunger Games con me e rimane sveglia fino a quando Katniss non va a dormire. Le manca tanto, sai?”, mormora, la voce che si spezza nella domanda. “E manchi tanto anche tu, a tutte noi. Ho tanta paura, papà”.
Tira di nuovo su col naso, trattenendo le lacrime perché non vuole piangere, vuole essere forte come Katniss, come lo era suo padre.
“Ho paura che non torni più. Ho paura di svegliarmi e non trovarla più. Ho paura che la mamma crolli di nuovo, ed ho paura che, se Katniss vincerà, niente sarà come prima”.
Il vento si indebolisce, e Primrose si asciuga il principio di lacrima che ha fatto capolino all’angolo dell’occhio destro.
“Ma dentro di me ne sono sicura, Katniss vincerà. È troppo forte per perdere”, continua, assennata.
Primrose accarezza di nuovo la fotografia del padre, segue coi polpastrelli le lettere del suo nome incise nella pietra, e poi la data di nascita, ed infine quella di morte. Sistema i fiori, mettendoli ben distesi e dispiegando bene i petali lilla.
“Vorrei tanto sentirvi cantare di nuovo. A te e a Katniss, insieme.  Non canta mai, adesso”, si lamenta, intrecciando le mani sul grembo, le labbra arricciata. “Spero che lei torni. E che quando tornerà, mi canti una canzone”.
Socchiude gli occhi, sognante, le labbra tese in un sorriso spontaneo nel pensare alle dita di Katniss che intrecciano i propri capelli, mentre le note lievi di una canzone fioriscono sulle sue labbra.  
“Ha una voce bellissima, non è così, papà?”, chiede al nulla, guardando un punto imprecisato oltre la rete elettrificata che segna il confine del Distretto. “Così morbida, e limpida”.
Abbassa lo sguardo e si alza in piedi, accarezzando il bordo della lapide con le punte delle dita, per poi scrollarsi di dosso i fili d’erba rimasti impigliati nella trama del tessuto.
“Adesso vado, papà.  Sono rimasti in pochissimi, adesso, e Katniss si è fatta male al festino. Ho avuto davvero paura che morisse, e invece mi ha sorpresa come sempre, aiutando Peeta con molta maestria”. Primrose ridacchia, attorcigliando l’estremità di una treccia attorno ad un dito. “Sai, Katniss sembra aver trovato un’anima gemella. Anche se… Gale…”, mormora, guardando poi nella direzione della tomba del padre di Gale. “Non capisco mai cosa provi Katniss nei suoi confronti. È probabile che non lo sappia bene neanche lei. Ma Peeta sembra diverso, ed ora è nell’arena con lei...”, esita, cercando le parole, per poi guardare la lapide ed il sorriso luminoso di suo padre.
Sorride di rimando e scrolla le spalle. “Sai, non importa. Torneranno insieme, ne sono sicura. E poi il tempo guarirà tutte le ferite”, celia, alzando di nuovo le tre dita centrali della mano destra verso la fotografia prima di voltarsi e tornare a casa.
“Grazie per la chiacchierata, papà. Ci vediamo domenica prossima”.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: Sion