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Autore: BeaterNightFury    09/11/2012    2 recensioni
Quarta classificata al contest "Nulla è reale, tutto è lecito" sul forum di EFP.
Dopo il declino della famiglia Borgia, fonti provano che Giovanni Borgia, l'infans romanus, della cui storia si sono perse le tracce nelle sabbie del tempo, abbia trascorso parte della sua vita con sua madre Lucrezia, a Ferrara.
La Storia non dice ciò che è accaduto in quei giorni.
Ma dove non può arrivare la Storia, può arrivare una storia.
Genere: Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Nickname: JediKnightMarina55
Titolo: Open Air
Genere: Slice of Life, Triste
Avvertimenti: Missing Moments
Pacchetto scelto: 4, Lucrezia Borgia
Nda: La canzone da cui viene la citazione è "Into the Open Air" di Julie Fowlis, presente nel film "Ribelle - The Brave". Dato che parla dell'amore tra figli e genitori, mi ha guidato in tutta la scrittura, in realtà.

 

And now these walls come crumbling down
And I can feel my feet on the ground
Can we carry this love that we share
Into the open air?

(Julie Fowlis, Into the Open Air)

 

1506

Mamma

 

“Duchessa d’Este?”

Erano passati otto anni da quando Lucrezia aveva sentito quella voce per l’ultima volta. Le sue memorie la riportarono ai giorni passati nel convento di San Sisto, allo spagnolo incappucciato che si faceva passare per un messaggero e al ragazzo veneziano che si portava quasi sempre dietro.

Vecellio.

Non era più un ragazzo. Probabilmente aveva raggiunto la trentina, e si stava facendo crescere la barba. Ma la voce, sebbene più matura, era la stessa.

Non riusciva a vedere altro della sua faccia, celata dal caratteristico cappuccio a punta del suo Ordine, ma da quel poco che vedeva, riusciva a capire che quell’uomo, come lei, in quegli otto anni aveva sofferto.

Perotto, il maestro che aveva perduto, gli aveva voluto bene. E probabilmente, doveva aver perduto degli amici durante la guerra a Roma.

Nonostante fossero stati dai lati opposti del fronte, probabilmente erano molto più vicini di quanto sembrasse. Lui aveva pianto Perotto esattamente come aveva fatto lei. Probabilmente aveva anche perso degli amici, e forse anche una donna, da quello che lei sapeva c’erano anche stati Assassini femmine.

Lei aveva perso un marito, un fratello, un padre, persino il figlio che aveva avuto da Perotto, il piccolo Giovanni, per quello stupido scontro.

La perdita di Giovanni forse era quella che le aveva fatto più male.

Il suo bambino, convinto che lei non fosse altro che una zia, abusato da Cesare e Micheletto senza che lei potesse fare nulla. Quello che, tre anni prima, appena qualche giorno prima della caduta della famiglia, era sparito da Castel Sant’Angelo senza che nessuno lo rivedesse più.

 “Sei qui per finire quello che il tuo Mentore ha cominciato?” Lucrezia andò subito al punto.

Neanche due settimane prima, Ezio Auditore aveva fatto irruzione nel suo palazzo, l’aveva legata per le mani con il cordone di una tenda e le aveva rubato un quadro, per poi fuggire via prima che una qualsiasi delle guardie potesse arrivare anche a sfiorarlo.

“Se è per questo, è per suo ordine che sono qui.” mugugnò Vecellio. “Quello che ti ha detto è vero. Nessun uomo può guarire il tuo dolore. Devi guardare avanti. Ma forse c’è qualcosa che la Confraternita può restituirti.”

Fece un cenno verso la porta dalla quale era entrato. Non accadde niente.

E lei che aveva sperato che... che davvero, da quella porta potesse entrare il suo bambino.

Francesco fece roteare gli occhi e tornò indietro.

“Che fai, adesso, il timido?” Lucrezia lo sentì dire dall’altra stanza. “Andiamo! Fai l’uomo. Hai otto anni compiuti, ricordi?”

“E se non si ricorda più di me?” una vocina gli rispose. “E se non mi vuole più bene?”

“Sai, Giovanni, io ho lasciato a Pieve i miei genitori, mio fratello e le mie sorelle.” Francesco stava dicendo. “Ma mi vogliono ancora bene, tutti loro. Anche se Tiziano fa un po’ lo scemo.”

Con le lacrime agli occhi, Lucrezia varcò la porta e vide che Francesco era chinato davanti ad un bambino con i capelli scuri, vestito di bianco e decisamente rosso di imbarazzo.

Aveva subito girato la testa verso la fonte del rumore, probabilmente qualcosa che era stato abituato a fare in quegli ultimi tre anni.

Non era più il piccolino che Lucrezia aveva visto a Castel Sant’Angelo.

Non più quel bambino indifeso.

Aveva qualcosa nello sguardo, nella sua posizione. Se ne accorse soltanto allora, quel ragazzino aveva preso lo stesso portamento di Perotto.

Ma tutto svanì, non appena Giovanni Borgia si accorse chi era appena entrato nella stanza.

“MAMMA!”

Nonostante tutte le battaglie perse, nonostante tutte le persone a cui aveva dovuto dire addio, nonostante tutto, Lucrezia si rese conto che, questa volta, aveva vinto lei. E poter riabbracciare il suo bambino, sentirsi chiamare mamma per la prima volta dopo otto anni, era l’unica cosa che davvero le importava.

 

1513

Paura

 

“Quindi, adesso, dove stai a dormire?”

“Da Ludovico Ariosto.” Giovanni fece una smorfia, come se la prospettiva non lo allettasse affatto. “Il figlio grande è pazzo secondo me. Continua a blaterare di quanto sia noioso suo padre... provasse lui a crescere senza, e poi forse può giudicare!”

Erano otto anni che Francesco Vecellio lasciava Giovanni a Ferrara, due settimane all’anno. Lucrezia avrebbe voluto più tempo, se non proprio che Giovanni restasse con lei, ma era stato suo stesso figlio a dire di voler rimanere nella Confraternita, e i suoi studi non gli permettevano di stare là per più tempo.

Forse era anche stato meglio così.

Se fosse rimasto con lei, sarebbe stato sicuramente trattato dalla gente come lei era stata trattata un tempo. Una persona di seconda categoria. Un bastardo.

Nella Confraternita, lui non era diverso dagli altri. Nemmeno il disonore di suo padre, neanche il marchio nero che il suo cognome poteva essere, poteva renderlo da meno dei suoi coetanei.

Eppure, Lucrezia lo stava vedendo crescere, senza che gli potesse essere accanto. Ogni anno che passava, il suo ragazzo le ricordava sempre meno i suoi parenti e sempre più Perotto.

Aveva già quindici anni. Un uomo.

“Indovina un po’ chi ho conosciuto?” le chiese Giovanni tirando fuori il sorriso innocente di suo padre. “Il figlio di Caterina Sforza!”

“Ottaviano Riario?” chiese Lucrezia “Quella specie di lombrico?”

Giovanni ridacchiò.

“No... non lui. Il piccolo. Giovanni.”

“Giovanni Riario non era morto?”

“Giovanni De’Medici, mamma. Ha fatto un po’ di casino a Firenze e l’hanno spedito a Roma. Fino a Marzo faceva la bella statuina sugli acquedotti, ma adesso che è nell’esercito pontificio chi lo fa star fermo è bravo.”

Rimase in silenzio per un momento.

“Siamo amici.” confessò alla fine.

Lucrezia si trovò a dover sorridere. Giovanni non aveva preso da Perotto soltanto i capelli scuri, a quanto pareva.

A suo tempo, non aveva sopportato Caterina, ma aveva sentito che il suo terzo marito era stato una specie di santo... o di imbecille, a opinione delle persone. Probabilmente il ragazzo doveva aver preso l’astuzia della madre e il carattere del padre.

“A dire il vero il primo giorno per poco non ci siamo presi a pugni. Poi è arrivato Francesco e mi ha detto di smetterla, ci siamo girati entrambi, e non appena abbiamo capito di essere omonimi ci siamo messi a ridere!”

Stava crescendo, il suo ragazzo. Si stava allontanando da lei.

Era insieme una gioia e una tortura vederlo in quel modo. Una parte di lei avrebbe sempre ardentemente desiderato di vedere ancora il bambino di quattro, cinque anni che pendeva dalle sue labbra perché non poteva fidarsi di nessun altro. Un’altra guardava Giovanni e vedeva un ragazzo felice, forte, che finalmente riusciva ad andare avanti da solo.

Forse era stato quello l’errore di suo padre e suo fratello. Trattare gli uomini come bambini disubbidienti creava soltanto insicurezza, malcontento, ribellione. Aspettarsi che Giovanni diventasse quello che non era lo aveva soltanto spinto a scappare di casa. Come Roma sotto il controllo degli Assassini era rifiorita, anche il bambino timido e fragile che Giovanni era stato, ora era un giovane uomo fiero e capace.

Non per merito suo.

Non poteva fare a meno di pensare che ogni volta che Giovanni la visitava avrebbe potuto essere l’ultima.

“Mamma... va tutto bene?”

Non glielo avrebbe mai confessato.

La sua paura non avrebbe mai visto la luce.

Sapeva che un giorno o l’altro sarebbe arrivato il momento dell’addio. Aveva imparato a sue spese che la felicità aveva sempre e comunque una fine. Perotto, il Duca di Bisceglie, Patrizio, persino Cesare, nonostante non fosse stata davvero felice con lui, erano tutti andati.

Ma per due settimane all’anno, Lucrezia poteva essere felice. Felice che l’amore per il suo primo bambino, oramai più alto di lei, oramai un uomo, potesse essere per quei pochi giorni alla luce del sole.

 

24 Giugno 1519

Addio

 

Il dolore era insopportabile. Così forte da toglierle persino i pensieri.

I suoi bambini avevano lasciato la stanza da parecchio. Ci era voluta tutta la forza di volontà dell’undicenne Ercole per portare via Eleonora e Francesco, di soli quattro e tre anni, che proprio non capivano cosa stesse accadendo.

Non avrebbe visto Ercole diventare Duca, né Ippolito diventare cardinale.

Non avrebbe visto il matrimonio di Eleonora, né le conquiste di Francesco.

Quella stanza sarebbe stata l’ultima cosa che avrebbe visto.

Ed era di nuovo sola, come era stata la prima volta che era arrivata lì.

Tutto quello che aveva fatto, il modo in cui era cambiata, erano serviti a qualcosa, o sarebbe morta sola e abbandonata come era arrivata a Ferrara?

Un’ombra era entrata dalla finestra. Riconobbe le vesti di un Assassino.

Cosa potevano volere ancora gli Assassini da lei?

L’uomo in bianco, adesso in piedi accanto al suo letto, proprio nel punto in cui attimi prima era stato Ercole, la stava guardando. Non si muoveva da lì.

Ci vollero alcuni minuti perché Lucrezia si accorgesse che il giovane Assassino stava piangendo in silenzio.

E a quel punto, capì.

Fu soltanto quando il suo mondo iniziò a diventare buio che Giovanni Borgia si allontanò.

Non l’aveva mai abbandonata.

 

 

 

Rullo di tamburi… giudizio!

Quarto Posto

JediKnightMarina55


Open Air
Genere: Slice of Life, Triste
Avvertimenti: Missing Moments
Pacchetto scelto: 4 (Lucrezia Borgia)

Valutazione: 
Ortografia e Grammatica: 9/10 
Uso dei pacchetti: 9/10 
Piacere personale: 9.5/15 
Originalità: 13/15 
titolo: 9/10 
Totale: 49.5/60 
Sei riuscita a farmi conoscere una nuova Lucrezia. Una Lucrezia che ha un cuore, che pensa e soffre, non la solita str***a che viene messa in evidenza solitamente. Hai scritto correttamente e non ho riscontrato gravi errori grammaticali o di battitura. Le frasi brevi danno molta sospensione e accrescono il dolore che sente questa povera Borgia nel sentirsi separata da suo figlio. Il finale forse un po' troppo rapido ha comunque lasciato un senso di completezza e soddisfazione mista a dolcezza. :)

   
 
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