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Autore: franceskik    09/11/2012    3 recensioni
Louis incontrerà per dieci volte una psicologa con cui parlerà del suo passato e cercherà risposte per il suo presente. Inizialmente è freddo e distaccato, ha paura del giudizio di una persona che non conosce. Non vuole raccontare il motivo del suo "mutamento psichico".
Al solo nome "Harry.." Louis abbassa lo sguardo e fugge via dal discorso.
[Ogni capitolo è un incontro con la psicologa.]
Genere: Drammatico, Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le pareti erano bianche, di quel bianco sporco, quel bianco asettico, trsite, monotono, sempre tutto uguale.
Quel bianco che incanta gli occhi, non appena li rivolgi al muro e, allora con poca delicatezza, ti porta al passato. Il tuo odioso passato.
Louis respirava a fondo, seduto in quella seggiola di velluto rosso. Muoveva l'indice sul suo ginocchio a ritmo di una canzoncina che dettava la sua mente.
Si stava ancora chiedendo perchè fosse lì.
Lo avevano mandato i suoi amici, ormai esasperati, iginocchiati a supplicarlo. "Che idiozia!" Continuava a ripetersi nella testa, come una cantilena.
Era tutto silenzioso intorno a sè, e si sa, il silenzio gioca brutta scherzi.
Louis pensava: pensava a cosa sarebbe stato il suo futuro dopo quelle 10 ore, pensava a cosa avrebbe detto a come lo avrebbe detto.
"Chi me lo ha fatto fare?" Continuava a chiedersi, confuso e impaurito da quell'aria perfettamente troppo rigida.
C'era una ragazza a poche sedie di distanza, avrà avuto più o meno quindici anni. Era magra, molto magra. Aveva gli occhi incavati, gli zigomi pronunciati, la bocca rosea. Teneva lo sguardo basso, intimorito, forse anche lei pensava, persa nel bianco di quel posto.
"Perchè è qua? E' così giovane.." Louis rifletteva. Sua madre, affianco a lei continuava a guardarla, senza toglierle gli occhi di dosso. Aveva l'aria preoccupata.
Era tutto troppo silenzioso. Non era uno di quei posti in cui si può scambiare due chiacchere, pensò Louis.
Magari chiedi "Come stai?" E finisci per ascoltare storie tragiche, drammatiche e in puro stile film malinconico anni '60.
A questo punto era meglio il silenzio, fatto di pensieri e preoccupazioni, sorrisi di speranza e smorfie di dolore.

"Il signor Louis Tomlinson?" Bianco anche il camice della signorina che si affiacciò dalla porta nera, era cordiale, impeccabile, professionale.
Louis si alzò, appoggiando le mani alla sedia e finendo di cantare quella canzoncina che lo torturava sin dal momento del risveglio mattutino.
Entrò cauto nella stanza, in punta di piedi, sibilando un "Buongiorno.." nel vuoto.
C'erano foto di bambini attaccate alle pareti, disegni col colore sbiadito, luci che coloravano la stanza. Un ambiente totalmente diverso, immensamente colorato.
"Prego, accomodati Louis." Suggerì la donna, indicando la sedia. Si alzò con cautela avvicinandosi ad un bancone rotondo, con degli scaffali pieni di bottiglie di bibite. "Gradisci qualcosa?" Domandò cordiale la signora. "No, grazie. Sono a posto così.." Rispose Louis, accomodandosi in una comoda poltrona nera.
"Sono Katylin" Affermò decisa la donna, allungando la mano destra. "Beh, lei mi conosce." rispose Louis, stringendo la mano di Katytlin.  La signora sorrise, iniziando a bere il suo drink.
"Come stai, Louis?" Il ragazzo si guardò attorno, doveva sicuramente esser uno scherzo, pensò. "Dove sono le telecamere?" Domandò sorridendo sarcasticamente. "Cosa?" Non capiva la donna. "E' tutto finto." Rispose lui. "Perchè?" Domandò incredula Katylin. "Non c'è il lettino, lei sta bevendo un drink alcolico e invece di raccontarmi storie di mostri, mi domanda come sto. Dev'essere uno scherzo organizzato dai ragazzi.." Affermò Lou, sotto lo sguardo divertito della donna.
"Louis, faccio la psicologa non una maga veggente. Ho ritenuto più comodo farti sedere sulla poltrona, bevo un drink perchè ne avevo voglia e beh, ti ho chiesto come stavi per cortesia, non pensavo ti desse tanto fastidio."
Louis rimase in silenzio, contemplando l'aria tranquilla della dottoressa. "Perchè pensi che i tuoi amici vogliano farti uno scherzo del genere?"
"E' l'unica risposta a questo. Sto bene, non ho problemi, non capisco perchè sia qua.." Louis rispose, osservando la dottoressa scrivere qualcosa su un quadernino, chiedendosi cosa stesse scrivendo di lui, dal momento che lo conosceva da neppure un'ora. "Già." Commento la donna. "Ma qua non vengano solo coloro che stanno male sai? Le persone si affidano a me semplicemente per parlare.."
"Io ho già i miei amici, con loro parlo molto." Confessò Louis, guardandosi attorno, osservando ogni disegno sul muro.
"A cosa sei interessato, Louis?" Domandò attenta la dottoressa, giocando con la sua penna, facendola roteare tra un dito e l'altro.
"Ai disegni. Sono fatti da bambini, vero?" Domandò Lou. Katylin sorrise. "Quello è stato fatto da un ragazzo di venti anni." Indicò una casetta colorata tutta di azzurro, storta, al lato del foglio. "E quello da un uomo di cinquanta." Indicò, questa volta, un gatto giallo, senza bocca e senza orecchie. "Sono disegni fatti da persone autistiche, tengo molto a questi dipinti." Louis sorrise, ascoltando le parole della dottoressa, provava una sorta di tenerezza per quella situazione.
"Sa, dottoressa: di là, c'è una ragazzina. Avrà più o meno quindici o forse sedici anni, ha l'aria triste, faccia entrare lei."
La dottoressa bevve un altro sorso del suo drink per poi rispondere, con estrema pacatezza, a Louis. "Si chiama Charlene, ha diciassette anni, viene qua ogni Venerdì con sua madre, parliamo molto quando lei lascia la ragazza per andare a fare commissioni. Ha appuntamento alle 17.00, così ho tutto il tempo per parlare con te."
Sul volto di Lou si spostò una smorfia di delusione, quasi d'ira.
"Raccontami di te, Louis." lo incitò Katylin, con un lieve sorriso sulle labbra.
"Non c'è molto da raccontare, effettivamente.." Il tono del castano era freddo e distaccato, quasi pieno di paura di aprirsi.
"Tutti abbiamo qualcosa da raccontare, tutti abbiamo una storia diversa. Faccio questo lavoro da ventitrè anni, di storie ne ho sentite, Louis. Una in più non fa la differenza.." La donna sorseggiò ancora un po' dal suo bicchiere, per poi alzarsi e riempirlo questa volta, solo d'acqua minerale naturale.
"Quanti incontri abbiamo?"
"Louis, ti spiego una cosa: venire qua non deve essere un obbligo, il mio obiettivo sarà farti attendere con voglia il Venerdì, al pensiero che tu venga qua. Ci riuscirò." Sorrise la donna, alzando il bicchiere verso Louis come a volergli dedicare un brindisi.
"Ho venticinque anni. Vivo a Londra, sono un cantante di una nota boyband internazionale. Ho due occhi, una bocca e so parlare." Faceva il sarcastico, Louis,
La dottoressa si limitò a sorridere, abbassando lo sguardo. Era un tipico comportamente da primo appuntamento.
"Ti piace cantare, Louis?"
"Faccio il cantante, le ho detto."
La dottoressa sorrise. "Già. Lo ricordo. Mi hai detto che fai il cantante in una famosa boyband.."
"Già." Rispose a tono il giovane. "Allora perchè questa domanda?"
"Tu non mi hai detto che ti piace cantare, Louis. Mi hai detto che fai il cantante in una boyband famosa, internazionale." Louis sospirò ansioso sotto le parole della dottoressa. "Molte volte si fanno cose che non amiamo, così: per abitudine. A te piace cantare?"
Il ragazzo sussurrò un leggero "Mi piaceva molto."
"E adesso? Perchè adesso non più, Louis?"
"Uno dei miei migliori amici, ci ha lasciati. Ha preferito prendere un'altra strada, ha lasciato la sua passione per colpa mia..."
La dottoressa scriveva nel suo quadernino, Louis parlava con aria fredda e distaccata, perchè, insomma, raccontare i propri stati d'animo ad una sconosciuta non è così banale e semplice.
"Ah, sì?" Domandò retorica Katylin. "Come si chiama questo tuo amico?"
Louis abbassò lo sguardo, iniziava a torturarsi le mani, strusciandole l'una con l'altra per asciugare il sudore. "Si chiama Harry, Harold, ma per tutti è Harry."
La dottoressa scrisse il nome di Harry sulla sua pagina.
"Vuoi parlarmi di Harry?"
"Sono le 17, dottoressa. Non vorrà mica far aspettare la ragazzina?"
La donna osservò gli occhi di Louis, erano lucidi e grandi, grigi di confusione, di dubbi, di malinconia.
"Hai ragione, Louis. Il tempo è finito."
Il giovane si alzò, seguito dalla dottoressa che, gentilmente, aprì la porta. "Ci vediamo venerdì, Louis."
"A Venerdì, Dottoressa."

La ragazza entrò nella stanza, seguita puntualmente dall'ansia di sua madre.
Louis avrebbe voluto mostrare ai suoi amici che ci sono persone più bisognose che necessitano di una visita dallo psicoanalista, ma i ragazzi gli avrebbero detto la stessa cosa di sempre:
"Ognuno ha i suoi problemi, Louis. Non è importante il problema in se per se, tanto quanto l'importanza che tu gli attribuisci."







Ma lo sapete che questa doveva essere una os? Lol.
Però boh, mi è venuta in mente una long e ho scritto, non so cosa ne verrà fuori, vi va di intraprendere questo viaggio con me?
Saranno 10 capitoli. Ogni capitolo sarà una visita dalla psicologa in cui Louis rivedrà i ricordi del passato e cercherà di trovare risposta per il futuro.
Beh, spero di avervi incuriosito almeno un po', altrimenti vorrà dire che sono un disastro!
Grazie mille per aver letto e se volete lasciate una piccola impressione iniziale, così per sapere se c'è qualcuno che leggerà questa ff.
Baci,
Fra.
  
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