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Autore: hikachu    10/11/2012    1 recensioni
"Per favore, corri, lui ti ascolterà! Sicuramente!" Casca gli afferrò la mano, la tirò, pensando, com’è fredda!, e finalmente vide il ghiaccio negli occhi di lui, finalmente ricordò: anche Griffith è semplicemente un uomo.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Casca, Griffith
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Aria

 
Il frammento di sogno / che tu mi hai dato / si cela nella notte senza fine (Aria, Kalafina)
 
 
 
Forse il suo errore era l’avere troppa fede; non in dio, e non nelle persone che indossavano stracci come lei una volta e che le avrebbero tagliato la gola per sopravvivere un’altro giorno; non negli aristocratici che la guardavano dall’alto in basso come non fosse altro che un’intrusa nel loro mondo. Casca aveva creduto troppo nel piccolo mondo fatto di tende e uomini urlanti, in quella calma che permaneva integra battaglia dopo battaglia, e la certezza che le cose andassero bene così com’erano, anche quando lei già sapeva che non sarebbero rimaste le stesse.
 
C’erano cose su cui lei aveva pensato non valesse la pena riflettere, che non avessero altro significato che non fosse ‘siamo compagni’ e ‘devo accettarlo perché Griffith l’ha già fatto’ dietro ogni parola o gesto che non fosse troppo brusco e che lei aveva indirizzato a Guts. Nemmeno adesso, Casca riusciva davvero a capire, non riusciva a trovare le parole adatte per descrivere la sensazione dolceamara di panico che l’aveva posseduta, eppure era finalmente in grado di vedere, perlomeno, che aveva commesso un errore da qualche parte, che aveva sottovalutato qualcosa di cui ancora non conosceva il nome o, forse, era invece se stessa che Casca aveva sopravvalutato, e il pensiero, sebbene vago e confuso, la faceva sentire un po’ male. Ricordandosi, arrabbiata e stanca, mentre gridava a Guts, non comportarti come un cane impazzito, pensa ai tuoi compagni, si sentì un po’ come un’ipocrita.
 
Il suo errore era l’avere troppa fede, e Casca di fede ne aveva troppa anche in Griffith, a volte: nonostante lei vedesse, nonostante lei capisse che in realtà lui era comunque soltanto un uomo nato con nulla.
 
Casca spinse e la porta della stanza di Griffith si aprì violentemente, sbattendo contro la parete di pietra con un rumore terribile che riecheggiò nel corridoio.
 
Griffith era curvo su volumi spessi che lei aveva sempre ritenuto troppo noiosi per lei, sebbene solo il pensiero di dire la verità a Griffith (o di dare apertamente ragione a Guts) le faceva bruciare le guance dalla vergogna.
 
"Casca…?" Griffith era ancora vestito: begli abiti eleganti che ne facevano risaltare il viso, la pelle e i capelli, facendolo sembrare una piccola stella. Griffith era ancora vestito: non aveva dormito affatto.
 
Casca aveva troppa fede in Griffith a volte, perciò non avvertì nulla nella sua voce che non fosse la solita, quieta gentilezza che usava quando parlava con lei.
 
Casca non avvertì quella sensazione che ricordava vagamente la paura, che nasceva dall’ammissione che questa volta potrei non farcela, nella sua voce. Non la vide nei suoi occhi, che brillavano debolmente come ghiaccio.
 
Casca non poteva saperlo allora: che qualcosa sul suo viso, qualcosa nella sua espressione, aveva già rivelato tutti i rimpianti, la paura, la frustrazione, la rabbia, ed anche se Griffith talvolta non riusciva affatto a leggere se stesso, leggere le persone gli riusciva fin troppo bene.
 
Lentamente, rigidamente, senza espressione, si alzò per confrontarla.
 
"Cosa è successo? Casca?"
 
"Lui… Guts sta…! Guts sta per—"
 
In quell’istante, Griffith sentì qualcosa di simile ad acqua ghiacciata, una fanghiglia velenosa che gli riempiva lo stomaco e gli stringeva il cuore: continuava a riempirlo sempre di più, salendo su e poi ancora più su fino alla gola e poi la bocca, fino a che dovette stringere i denti, pensando che se non l’avesse fatto, avrebbe potuto finire col vomitare.
 
Si trattava di tutte le parole che si era sempre rifiutato di pronunciare o anche pensare; era il desiderio che era divenuto, ad un certo punto, più importante del sogno, che stava iniziando a marcire, adesso, come una ferita trascurata.
 
Ma certe volte Griffith – non troppo diversamente da Casca – aveva troppa fede nel fatto che il suo mondo cambiasse solo secondo i suoi desideri. Credeva troppo in se stesso quando si trattava di decidere cosa lo appagava e cosa fosse più importante.
 
E ad un punto che sarebbe sempre stato troppo presto per uno come lui, Griffith – che pure non lo sapeva, che pure non poteva, non voleva vederlo ancora – aveva iniziato a credere troppo in Guts.
 
"Per favore, corri, lui ti ascolterà! Sicuramente!" Casca gli afferrò la mano, la tirò, pensando, com’è fredda!, e finalmente vide il ghiaccio negli occhi di lui, finalmente ricordò: anche Griffith è semplicemente un uomo.
 
Ma era troppo tardi per riprendersi quelle parole, quella responsabilità, sollevarle dalle spalle di Griffith, e poi, costasse quel che costasse, Casca non voleva lasciar andare né lui né Guts.
 
Le fece pungere, poi gelare il cuore, quando vide Griffith – il viso ancora inespressivo – afferrare la spada prima di uscire nel corridoio.
 
"Fammi strada," fu tutto ciò che disse, e Casca annuì.
   
 
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