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Autore: Clash    11/11/2012    5 recensioni
"Poteva essere molto più semplice di così, niente analisti o dottori, niente rompicapo, solo un banalissimo codice binario. Acceso o spento. Un interruttore.
Potevo mandar via il dolore se volevo, potevo ricominciare a vivere, essere una nuova persona. Bastava partire da zero, far sì che il passato scivolasse nell'oblio e scoppiasse come un'umile bolla di sapone. Avrei detto addio a un'esistenza senza senso, ma poi?
Poi cosa sarebbe stato dei suoi occhi?" (dal testo)
Il destino non è mai stato gentile con la giovane Elena Gilbert.
Nella sua breve vita la ragazza aveva vissuto le più svariate esperienze, aveva amato e sofferto più di qualsiasi altro uomo avesse fatto nella sua completa esistenza. Gli anni successivi alla sua trasformazione furono i più difficili. Sembrava che ormai , dopo la sua umanità, non avesse nient'altro da perdere. Ma il destino è beffardo, Elena lo sapeva.
Quel maledetto destino le portò via lui, il suo Amore.
Ma questa volta non le importava, all'alba sarebbero stati di nuovo insieme.
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore, Elena Gilbert | Coppie: Damon/Elena
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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At daybreak we'll be together

Vorresti tu forse vivere con l'anima tua nella tomba.
-Cime Tempestose


« Vuole ordinare?»
« Una tazza di thè, grazie.»
 
« Per favore Elena se devo offrirti da bere, almeno prendi qualcosa di lontanamente decente, non un thè annacquato.»
Mi fissò di sottecchi con il sorriso sghembo da strafottente che lo caratterizzava.
« Mi chiedo come mai ancora non ti hanno chiamato per uno spot... Sarai praticamente il primo consumatore al mondo di Bourbon! E poi non è troppo presto per bere? Sono solo le cinque del pomeriggio»
« Oh, da qualche parte sicuramente sarà l'orario giusto.»
Mi sorrise, questa volta un sorriso puro, uno di quelli per cui sei grata anche solo di esistere, uno di quelli belli e ampi che possono illuminare una cittadina intera.
Inutile dire che, senza alcuna spiegazione logica, mi ritrovai con il bicchiere del famigerato liquore tra le mani.
 
« Signorina?!»
« Signorina, desidera qualcos'altro?»
 
Sibilai un no a denti stretti, freddo e distante, un 'no' a me stessa più che alla cameriera.
Un disperato cenno di diniego alla mia mente che inarrestabile da mesi non mi dava tregua,  offuscandomi la ragione con il fumo nauseante dei ricordi.
In preda al panico, conscia che non avrei sopportato un'altra ondata di quelle immagini dolorose, afferrai la mia borsa e, famelica, cominciai a rovistare tra le tasche.
Trovai gli antidepressivi e tirai un sospiro di sollievo quando sentii quella piccola pillola raschiarmi la gola prima di essere inghiottita.
Sarei stata tranquilla forse per un'ora o poco più, cullata dalla promessa illusoria che, forse, la medicina mi avrebbe liberata dai miei incubi.
Che mi avrebbe salvata.

 
Quel viaggio mi era costato molto, non era stato facile tornare a Mystic Falls, soprattutto dopo quello che avevo perso.
La città intera era un'immensa spaventosa collezione di ricordi.
Non c'era vicolo, non c'era via, non c'era sconosciuto che non sapesse di te.
Eri esploso nell'aria e avevi pervaso il mondo con la tua essenza.
Invisibile ma pur sempre presente, come c'eri sempre stato per me, d'altronde.
Inspiegabilmente perfino il mio stesso viso mi parlava di te.
Cominciai a detestare quel mio piccolo neo sul collo, così insingnificante e inutile ora che non era più sfiorato dalle tue labbra, come se fosse nato per quello scopo e null'altro.
 
Un rumore sordo di stoviglie proveniente dalla cucina, mi fece sussultare e al contempo destare dai miei pensieri.
Fu allora che guardai per la prima volta il bancone del bar.
Un immenso vuoto si impadronì di me, squarciandomi il petto.
 
« Dove sei? Sono ore che ti aspetto al Mystic Grill, c'è una bella biondina che potrei intrattenere se non ti fai viva tra cinque minuti»
« Che ne dici della bruna dietro di te?» dissi ridendo, abbracciandolo da dietro
« Decisamente meglio, grazie del consiglio.» continuò parlando alla cornetta mentre con i suoi occhi cristallini, si girò a fissarmi.

Un signore alticcio e in là con gli anni sedeva al suo posto.
Mi fissò per qualche istante  lasciandosi andare ad una risata sguaiata, feroce. Si prendeva gioco di me, come tutto il resto tra l'altro.
Ridevano di me e del mio thè.

D'un tratto si alzò in piedi, reggendosi a stento sullo sgabello.
« Guardala povera ragazza. Chi aspetti, il principe azzurro? Lui non tornerà, lo sai? Ti ha lasciato, hai capito? LASCIATO. Non tornerà più.»
Urlò con voce tagliente, sputando parole che sembravano lame. Altre risate.
 
Quel vecchio si sbaglia, non lo conosce.
Lui verrà, entrerà da quella porta e mi salverà. L'ha fatto tante volte, lo farà ancora.
Sì, sarà lui a salvarmi non qualche stupida pillola da strizzacervelli.
Lui è ciò di cui ho bisogno. Da sempre.
 
La porta restò chiusa, il silenzio tornò a regnare sovrano. Ma aveva davvero parlato qualcuno? Il thè si era raffreddato e quel posto mi stava soffocando.
Corsi fuori nell'oscurità della strada.

 
« Non ti lascerò mai più»
Avevi detto così, giusto? Mentivi. Perché l'hai fatto?
Era una promessa, ti avevo creduto.
 
« Ti fidi di me?»
Mi sono fidata, ma cosa ho ricevuto in cambio?
Solo questa sofferenza che ora è la mia ombra.
 
Avevi sempre detto che desideravi una vita migliore per me, mi avevi augurato di realizzare i miei sogni, di ottenere ciò che volevo.
Eri tu ciò che aspettavo.
 

Camminai per isolati, scossa dai singhiozzi ma instancabile, come se tutte le cellule del mio corpo, ogni singolo nervo tendesse a quel luogo.
Una strada poco trafficata di cui non ricordo neanche il nome.
Avevo ben impresso però, il profumo di erba fresca, l'ilarità della festa che aleggiava nell'aria e il rumore delle cicale di quella sera.
Era una notte d'estate, la notte in cui morirono i miei genitori, la notte in cui conobbi te. Destino beffardo, non trovi?
 
Mi stesi a terra, in un punto imprecisato della via.
Le ondate di dolore si acquietarono un poco, respirai a fondo e chiusi gli occhi non pensando al bruciore alla gola che la sete mi procurava.
 
Per la prima volta, dopo tanto tempo, ti vidi.
Sentii la consistenza soffice dei tuoi capelli tra le dita, il profumo della tua immancabile giacca di pelle, le labbra dal retrogusto amaro e bruciante dell'alcool e infine gli occhi. Gli occhi me li lasciai per ultimi.
 
« Due punte di diamante acceso.»
« Cosa?»
« I tuoi occhi. Sono due punte di diamante acceso.»arrossii violentemente.
« Una Emily Dickinson al mondo, basta e avanza.» rispose ironico, non nascondendo però la sua felicità simile a quella innocente e pura di un bambino al suo primo Natale.
Si era avvicinato e mi aveva soffiato un 'ti amo' tra i capelli.
 
Sorrisi, impercettibilmente. Cosa avrei fatto una volta aperti gli occhi?
Una volta scoperta l'illusione?
 
Poteva essere molto più semplice di così, niente analisti o dottori, niente rompicapo, solo un banalissimo codice binario. Acceso o spento. Un interruttore.
Potevo mandar via il dolore se volevo, potevo ricominciare a vivere, essere una nuova persona.
Bastava partire da zero, far sì che il passato scivolasse nell'oblio e scoppiasse come un'umile bolla di sapone.
Avrei detto addio a un'esistenza senza senso, ma poi?
Poi cosa sarebbe stato dei suoi occhi? L'idea di vederli finire nel dimenticatoio, come se non fossero mai esistiti, mi straziava.
 
No, ci doveva essere un altro modo.
Il buio stava via via diradandosi, riuscivo a percepire lo schiudersi dei fiori, l'opera instancabile delle prime formiche mattiniere mentre le gocce di rugiada sui fili d'erba aspettavano il primo raggio di sole per fingersi modeste perle.
In quell'istante capii, in quell'istante feci la mia scelta.
Delicatamente sfilai l'anello dalla mano sinistra gettandolo nel prato antistante, il tonfo fu leggero probabilmente attutito da qualche foglia.
Eravamo come la luna e il sole, distanti e irraggiungibili.
Oggi, però, all'alba saremo di nuovo insieme.
Non avevo paura, finalmente ero felice.
Aprii gli occhi. Un pittore dalle mani d'oro dipingeva il cielo.
Era azzurro. Azzurro caldo, familiare.
Ho sempre voluto morire dei tuoi occhi.
 
« Sceglierò sempre te.»
Anche io, Damon. Anch'io.

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ANGOLO AUTRICE

Finalmente sono riuscita a postare la mia prima fan fiction! Confesso di essere un po' emozionata e allo stesso tempo impaurita.
Spero solo di non ricevere in faccia qualche pomodoro o qualsiasi altro tipo di ortaggio :)

Questa one shot è nata così di getto, dopo aver visto la 4x05 mi sono semplicemente chiesta cosa sarebbe successo a Elena -che come sappiamo è sempre la solita indecisa cronica- se avesse perso Damon. (Sì,Delena fino all'osso e pienamente convinta che questi due siano destinati! ;D) 
Ovviamente è ambientata qualche anno dopo dalla trasformazione di Elena, i due si sono messi insieme per un breve ma intenso periodo ma purtroppo il destino li ha divisi ancora.
Elena cerca di affrontare la sua scomparsa, ma capisce che ora la sua vita è priva di senso quindi decide di ricongiungersi a lui al sorgere del sole.

Vediamo un' Elena confusa, quasi allucinata. I suoi pensieri si accavallano e sono sempre interrotti dalla sua stessa mente che spesso e volentieri le propina vecchi flashbacks troppo dolorosi da sopportare. Pensa per un attimo di spegnere la sua umanità ma sa che perderebbe oltre al dolore, anche quei piccoli istanti di felicità.
Riguardo la frase iniziale di citazione, che dire, amo quel libro e forse avrete notato che in alcuni punti mi sono ispirata prorprio al vecchio caro Heathcliff.
Penso di aver detto tutto, anche perché ho scritto un papiro... quindi buona lettura e se potete, condividete ciò che pensate :**

Roberta


  
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