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Autore: Mirrine    11/11/2012    3 recensioni
Matt, Mello e Near.
In Death Note abbiamo visto i tre autentici eredi di L lottare contro il caso Kira e... basta.
Sì, credo che manga e anime non ci abbiano mostrato il lato "umano" di questi tre piccoli geni e io spero invece di scoprirlo proprio in questa mia storia! Desidero che i nostri amati successori di L scendano un po' dall'alto piedistallo creato dalla loro intelligenza per tornare a essere ragazzi con gioie e, purtroppo dolori.
Il caso Kira rivisitato in maniera umana, nel proprio background più denso di sentimenti.
Buona lettura!!!
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Matt, Mello, Near, Watari | Coppie: Matt/Mello
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il mattutino cielo azzurro brillava incredibilmente terso e assolutamente privo di imperfezioni così che l’intera volta dava la lucente impressione che un benigno demiurgo l’avesse drappeggiata di eleganti e raffinatissimi stralci di pura seta.
Nugoli scuri di rondini cinguettanti si alzavano aggraziatamente in volo dai secolari arbusti che torreggiavano nel modesto giardino solcando quel delicato ricamo celeste con la felice libertà che solo i volatili inconsciamente possiedono.
A Mihael avrebbe fatto infinitamente piacere seguire l’eterno volo  di quei cupi uccelli lungo gli scuri tetti della Londra uggiosa che si distendeva pigramente appena fuori le pesanti cancellate dell’istituto ma in quel momento un paio di pesanti tende color avorio gli vietavano crudelmente una tale paradisiaca vista.
-      Ti rendi conto, vero, che hai comunque fatto una cosa terribile?
Si voltò, lentamente, cercando di mettere in quell’unico gesto tutto il fastidioso dolore che, ormai da giorni, gli graffiava incessantemente la schiena con i propri affilati artigli di ferro e fuoco.
-      So bene che Mail ti ha insultato ma...
Il resto della frase però si perse nella pesante aria circostante dissolvendosi in minuscoli atomi insignificanti di cui nemmeno un quark giunse alle ovattate orecchie di Mihael.
Alla fine Roger ci aveva creduto.
Che la colpa della piccola rissa era in gran parte imputabile al rosso.
In teoria avrebbe dovuto esserne contento.
Sarebbe toccato al pomodoro scontare, senza possibilità alcuna di riduzione o trattazione, un intero mese di dura punizione mentre a lui sarebbe toccata una sola settimana.
Era perfetto, in effetti.
E allora perché qualcosa in lui continuava a strillargli senza posa che avrebbe dovuto essere il contrario?
Perché un prepotente senso di profonda ingiustizia non accennava a voler lasciare la presa sulla propria  sino ad allora insensibile coscienza?
Perché si sentiva in colpa?
Un brivido gli corse rapido lungo la schiena gelida mentre un assurdo timore gli si insinuava malignamente tra le innumerevoli pieghe del suo cuore di ghiaccio arrivando sapientemente a scheggiarlo.
E se avesse iniziato a tenere a quel rosso?
No.
Era semplicemente impossibile.
Lui non teneva a nessun’altro che non fosse sé stesso.
Il rosso non poteva significare qualcosa per lui.
Non doveva.
-      Dovrai prestare aiuto alla mensa per una settimana, chiaro?
-      Chiaro.
La propria voce stranamente atona e incurante fece  notevolmente accigliare Roger che lo studiò da dietro i suoi scuri occhiali metallici con rinnovato rimprovero e, con una tonalità caustica che Mihael non gli aveva mai sentito usare, aggiunse:” Inoltre ti è proibito incontrarlo.”
Gelo.
Totale e assoluto.
Come un iceberg  intimamente ghiacciato che improvvisamente esplode con violenza in un potente getto di acqua infinitamente gelata, la frase appena pronunciata da Roger gli piombò prepotentemente addosso minacciando di schiacciarlo con un solo crudele gesto.
-      C-cosa?- boccheggiò ansante mentre un inaspettata ira travolgeva cieca gli  argillosi argini della sua fredda razionalità per invadergli l’anima a guisa di un burrascoso uragano.
-      Hai compreso alla perfezione.- il vecchio istitutore congiunse severamente le braccia continuando a guardarlo con dura ira. -  Non vogliamo altri incidenti di questo genere.
Non ci poteva credere.
In un istante gli parve d’esser tornato  infinitamente indietro nel tempo, ai propri primi anni in quell’orfanotrofio, quando Roger, nel goffo tentativo di gestire il suo carattere pericolosamente esplosivo, non faceva che porgli caustici divieti senza comprendere che, in questa maniera, alimentava ancora di più la sua sete di caos e anzi gli donava una ragione in più per compiere le proprie infantili malefatte.
Era stato il mantra della propria tenera infanzia.
Più categoricamente era proibito, più ci si doveva impegnare per farlo.
E questa volta non sarà diverso. – sibilò con voce sottile ma profondamente malvagia la parte  maligna di lui che, da qualche tempo  a quella parte, giaceva assopita sul fondo spinoso della sua anima in attesa dell’occasione giusta per tornare a causare guai.
-      Perfetto
Voce alta, sicura e decisa.
Roger gli dedicò un intenso sguardo di sottecchi, sospettoso più di quanto non lo fosse stato fino ad un secondo prima ma Mihael non gli diede un singolo istante per indagare sul proprio repentino cambio improvviso di atteggiamento.
Semplicemente, prima che l’anziano istitutore potesse anche solo meditare di complicargli ulteriormente quel periodo già propriamente burrascoso, si alzò dalla pesante sedia in pelle scura per poi abbandonare rapidamente l’ufficio senza voltarsi.
L’antiquata porta in legno si chiuse con un tonfo tombale alle sue spalle rigide ma in quel momento neanche un poderoso colpo di cannone sarebbe riuscito a destarlo dall’abissale trance in cui era precipitato.
Quell’immagine lo tormentava.
Mail, accasciato sul pavimento, quasi privo di sensi che continuava strenuamente ad addossarsi la colpa con una fedeltà di un’assolutezza così zelante che sembrava dovesse ricompensare Mihael di avergli salvato la vita o  per un miracolo simile.
E poi i suoi occhi.
I suoi splendidi occhi di  puro smeraldo lucente che lo fissavano per pochi ma inumanamente intensi istanti prima di essere celati dalle palpebre in un esausto moto incosciente.
 
Scalpiccio, voci allegre e il biondo si riebbe di colpo.
Doveva parlare con Mail.
Capire, domandargli perché diavolo si fosse fatto prendere a pugni senza fiatare e soprattutto per quale dannato motivo lo aveva coperto anche con la scontata prospettiva di una colossale punizione e, in particolar modo, quando avrebbe dovuto avere ben di meglio a cui pensare dal momento che, proprio in quegli istanti, era in evidente procinto di svenire.
Organizzò tutto con cura.
Passò, come Roger gli aveva severamente imposto, il proprio primo turno nelle cucine a lavare le montagne di piatti accumulatesi durante il pranzo ma non con il contrito contegno che ci si aspettava dovesse avere un ragazzo pentito della birichinata compiuta.
Perché lui non aveva proprio nulla di cui pentirsi.
Non però perché non si vergognava del gesto fatto ma perché quella colpa, che lui avrebbe dovuto sentire e per cui avrebbe dovuto scontare quel castigo, se le era caricata in spalla, contro la sua volontà stavolta, qualcun altro.
La smania lo aveva tormentato per tutto il pomeriggio e lui non si era preoccupato affatto di trattenerla.
Aveva strepitato per tutta la durata del suo turno lamentandosi a gran voce, come suo solito, per l’ingiustizia della punizione fino a che l’addetta alla mensa, esasperata dalle sue asfissianti proteste, non lo aveva letteralmente cacciato dalle cucine.
Tutto come aveva previsto.
Ghignando sommessamente se l’era filata da quel buco infernale di cucina per poi lanciarsi di corsa contro i corridoi, a quell’ora ormai deserti, per raggiungere la tanto agognata infermeria prima che venisse chiusa per la notte.
I muscoli delle gambe si lamentavano con dolorosa veemenza per lo sforzo a cui li stava sottoponendo ma Mihael li ignorò bellamente.
Aveva un obbiettivo e non sarebbero state le sue gambe a fermarlo.
Le candide porte dell’infermeria gli apparvero dopo pochi minuti di folle corsa e, concedendosi appena pochi istanti per prendere fiato, si infilò silenziosamente nell’enorme salone archi voltato.
I raggi rossastri del sole morente trafiggevano le enormi vetrate istoriate inondando i letti candidi di mille colori brillanti ma aveva troppa fretta per mettersi ad ammirare quegli splendidi giochi di luce.
Dopo un rapido sguardo attorno individuò un lettino più in disparte rispetto all’entrata e, senza pensare  minimante agli infiniti strati di polvere che avrebbe potuto incontrare, ci si infilò sotto ad attendere che la notte scendesse a coprire il proprio deciso atto di disobbedienza.
Il tempo parve scorrere infinitamente lento in quel bugigattolo in penombra ma finalmente, quando ormai la pazienza di Mihael era quasi giunta agli sgoccioli, scese la bramata oscurità e l’infermiera decise, con sua infinitamente sollevata gioia, di andarsene a letto.
Il campo era infine sgombro.
Un sospiro e il biondo forzò  aggressivamente i propri muscoli intorpiditi a risvegliarsi e muoversi per uscire dal proprio poco fantasioso ma efficace nascondiglio.
Totalmente al buio e senza la consueta presenza rinfrancante della propria allegra addetta, l’infermeria sembrava un luogo molto più cupo e soffocante di quanto non apparisse normalmente ma Mihael non sentì alcun fremito di paura fargli tremare le vene.
Era abituato al buio e anzi, nel proseguo dei propri anni, aveva avuto modo di preferirlo di gran lunga all’accecante luce del giorno.
L’oscurità lo faceva sentire protetto e assurdamente invincibile.
Altro che la stupida paura dei suoi coetanei.
 
Mi fa più timore quello che potrei provare per Mail... gli scappò pensato prima che potesse impedirselo.
Scosse la testa, lui non provava proprio nulla per quello stupido rosso e se era arrivato sino a lì era solo ed esclusivamente per concludere quella faccenda una volta per tutte in modo da potersene dimenticare in santa pace.
E a proposito di quel pomodoro, dove diavolo é?
Lasciò scorrere il proprio attento sguardo sui bui letti vuoti che lo circondavano ma la tenue luce della luna aiutava ben poco i suoi occhi ciechi così iniziò cautamente ad incamminarsi lungo  quell’ampia sala spettrale  raccolto in un profondo silenzio.
Un tranquillo ronfare regolare catturò immediatamente l’attenzione delle sue orecchie spasmodicamente tese e, preso nuovamente dalla famelica smania che in quei giorni lo aveva pedantemente provocato, si diresse subito verso la fonte di quel rumore così buffo con il cuore che andava lentamente accelerando i propri battiti.
Disteso in maniera scomposta tra le lenzuola caoticamente stropicciate e con un espressione di infantile fastidio dipinta sul volto perfettamente ovale dormiva profondamente il per lui incomprensibile rosso.
Mihael allungò una mano con la vendicativa intenzione di affibbiargli uno scossone per svegliarlo ma un improvviso raggio lunare inondò il letto completamente disfatto bloccandogli la mano a mezz’aria.
Le lucenti mani argentate della Luna accarezzavano dolcemente il volto addormentato di Mail mettendone piacevolmente in risalto i punti che già, con la loro spontanea bellezza, avevano attirato la perspicace attenzione di Mihael.
Le lievi efelidi di un leggerissimo porpora gli solcavano le guance magre rendendole di un allegro cinabro sbiadito e giocavano felicemente a nascondersi sotto le candide bende che gli coprivano premurosamente la piccola altura del naso.
I capelli di autentico rame fuso erano sparsi sul cuscino bianco in maniera assolutamente disordinata tanto da sembrare un’insensata mano di vernice purpurea,  insano prodotto di una crisi di follia di un pittore all’apice della propria pazzia artistica.
Il volto roseo di fresco riposo era contratto in un espressione di lieve fastidio che rendeva la sua bocca sottile un’onda rossastra di un mare increspato e be’  Mihael lo trovò... carino...
Come?
Il biondo ritrasse la mano di botto e indietreggiò rapidamente.
Forse avrebbe dovuto dar retta a Roger per una volta.
Smettere di vedere Mail, allontanarsi da lui finché era in tempo.
Ma in tempo per cosa?
Per non farsi coinvolgere nuovamente in un altro affetto che gli avrebbe sicuramente portato ancora  atroce dolore?
Istintivamente Mihael scosse la testa.
Questa volta, si disse con falsa sicurezza, non avrebbe corso rischi.
 Perché in fondo, continuò a mentirsi con sapiente convinzione, non provava nessun tipo di affetto per il rosso, giusto?
E senza aspettare una risposta che molto probabilmente non gli sarebbe piaciuta proprio per niente allungò nuovamente la mano e cominciò a scuoterlo per svegliarlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Uff!
Ciao a tutti * saltella salutando con la mano * finalmente ce l’ho fatta!!
Questo capitolo mi ha spolpata, sul serio, ero convinta che non sarei mai riuscita a finirlo!!
Ogni volta che mi mettevo al computer venivano fuori mille inconvenienti che mi impedivano di finirlo e nell’ultima parte mia zia mi chiamava a ripetizione distraendomi e...
Alla fine sono esplosa di follia e dopo essermi asserragliata in camera ci sono riuscita * tende la mano con dei foglietti sparsi * consegno a voi quest’altro capitolo!
Solitamente i capitoli di Mello mi escono sempre un po’ bruttini ma spero di riscattarmi con questo!!!
Chi ha avuto la santa pazienza di aver letto tutto fino a qui merita una stellina al valore *
Be’ che altro dire, grazie un milione all’infinito a dogliva e ad Ele che hanno la santissima pazienza di sopportarmi e fanno il caritatevole atto di recensirmi ogni volta!!
Grazie mille!!!!
Vi adoro!
Giuro che vi faccio un altarino e inizio un vostro culto ;)
Be’ ho parlato troppo oggi, quindi vi saluto!
Spero di riuscire a postare in fretta il prossimo capitolo e far contento chi mi segue!
Bacioni, Mir!
  
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