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Autore: suzako    29/05/2007    11 recensioni
I morti non ridono, Sasuke. Non ridono.
Ma allora, forse... Siamo morti anche noi?
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Kan, Ya Ma Kan

Once there was, and once there was not.


…Perché un tempo ci fu, e un tempo non fu mai stato


....…..………………………………………… ~ * ~ .……………………………………………….



Non pioveva.
Neanche una goccia di fottutissima pioggia.
Il cielo era cupo, dense nubi purpuree s’addensavano scontrandosi fra loro. La terra era invasa da una luce surreale, secca e tremolante come quella delle lampade al neon, sul punto di spegnersi. Spirava un vento freddo e incostante. Gli alberi oramai bruciati si piegavano, docili, per mai più rianzalrsi. Il sole e la luna si nascondevano. Faceva freddo. Faceva così freddo.
Ma non pioveva.

Respirava a fatica. Non che fosse molto importante, al momento. Ogni istante poteva essere l’ultimo, e comunque, sarebbe arrivato mentre lui era lì, spaccato su quella terra sconosciuta, con gli occhi puntati su un cielo per lui privo di qualsiasi sfumatura. A meno che non fosse cambiato, durante quell’eternità che aveva oramai passato al suolo. Comunque, non avrebbe potuto vederlo.
I suoi occhi erano ciechi.
Udiva comunque, distintamente, il rumore erratico e raschiato di un respiro. Le unghie stridevano, graffiando sui sassi sporchi di sangue.
Doveva essere Naruto. Sakura aveva perso coscienza molto tempo prima.

“Sei… Ancora vivo?”

La sua voce, nonostante avesse metà della laringe strappata, era pressoché la stessa.

Sì. Era lui.

“Per ora.”

Ma non per molto, avrebbe voluto aggiungere.

Ma anche il sarcasmo, in quel momento, diventava patetico.

“Sas’ke, io…”

Tu.

Sempre e solo tu.

“Zitto – lo interrupe con un sibilo – sta’ zitto.”

Sasuke, immediatamente dopo aver detto quella frase, pensò che l’Idiota avrebbe risposto comunque. Era così che aveva sempre fatto.
Ma questa volta, dalle sue labbra uscì solo il suono raschiante e secco di un eccesso di tosse, che gli scosse il corpo.

Dopo un attenta analisi, giunse alla conclusione di aver perso completamente la sensibilità nelle gambe, e la stessa era notevolmente compromessa anche nella parte superiore del corpo. Con un immenso sforzo, riuscì a flettere le dite della mano sinistra, più per sciocca prova che per altro. Aveva la cassa toracica ridotta a un mucchio di schegge ossee che gli stavano distruggendo i polmoni e il resto della poltiglia che un tempo dove esser stato il suo stomaco. La mano destra era rotta, e non aveva ancora fatto l’inventario delle emorragie interne.

E poi, quello.
Era cieco. Non vedeva nulla. Il suo sharingan si era spento, lasciando le pupille a vorticare come impazzite, alla ricerca di una luce, una qualsiasi luce.
Ma non c’era nulla. Solo un nero assoluto, privo di spazio o forma. Niente. Niente.

E Sasuke capì, con lacerante intensità, che quello era stato il loro ultimo scontro.
Dopo tanti anni… Dopo tanto lottare, dopo tanto soffrire, per loro era giunta la fine.
Quand’era stata, la prima volta? Quanto tempo era passato…?

Kan, ya ma kan.


Dopo tutti quegli anni, loro erano ancora lì
Quanti anni trascorsi, da quando aveva lasciato Konoha?
Quanti anni ancora sarebbero dovuti passare, perché smettessero di inseguire la sua ombra?

- Naruto. Sakura. Vorrei poter dire ‘da quanto tempo’, ma a dir la verità vedo le vostre facce fin troppo spesso. -

- Sei diventato più loquace, Sas’ke. Sarà la vecchiaia, o quel bastardo di Orochimaru che tieni là dentro? -

- Lasciatemi in pace. Io non tornerò. -

Questa volta, fu Sakura a parlare, con voce sommessa.

- Lo sappiamo. E’ per questo che oggi, noi, ti uccideremo. -

Come faceva a dirlo in maniera così assurdamente naturale?
La domanda, si rispondeva da sola.
Perché siamo ninja. Perché in quanto tali, siamo nati per uccidere.

- Perché, finora cos’avete provato a… -

Non riuscì a terminare la frase, che un ombra rossastra gli fu addosso: con un movimento fulmineo, riuscì a schivare il calcio diretto alla sua mascella, balzando indietro di pochi metri.

- Ora hai capito cosa intendo, Sas’ke? -

Gli occhi del kyuubi scintillarono. Sasuke non rispose.

Pochi secondi dopo, i primi fulmini fecero crepitare l’aria.


Kan, ya ma kan.


E adesso si trovavano così, schiantati su quella terra fredda, più sangue sulle rocce che in corpo. Quante volte avevano combattuto? Quante volte s’erano trovati sul punto di ammazzarsi a vicenda?
Quante volte, si erano già uccisi? Quante volte, quante erano morti?
Eppure, solo in quel momento…

Sasuke rise. Perlomeno, fu un suono molto simile a una stentata risata, quella che gli uscì dalle labbra spaccate. Stava morendo. Lui stava morendo. E la cosa lo divertiva enormemente.

“Che cazzo fai? Che… Che stai facendo, Sas’ke?”, la voce di Naruto era un sussurro indistinto.

“Hai visto, Naruto? – replicò lui, fra i singulti – Alla fine ce l’hai fatta. Mi hai ucciso.”

“I morti non ridono. Non ridono.”, replicò lui, a denti stretti.

“Neanche tu, però.”

“Forse, allora, sono morto anch’io.”

Poi, il silenzio. E fu davvero come fossero morti. I loro corpi si muovevano appena. I respiri vagamente percepibili. Oramai tutti i sensi offuscati e ridotti. Senza dire una parola, o lasciarsi sfuggire un lamento. Senza neanche pensare, senza neanche essere. Stavano giocando ad essere morti. E Sakura, dormiva.

“Non volevo andasse a finire così.”

Le parole di Naruto erano come un pianto, e Sasuke non rispose.

“Non è così… Non è così che doveva andare.”

Sasuke non rispose.

“La prossima volta.”

Sakura.

“La prossima volta, Naruto…”

Sakura.

“…La prossima volta andrà tutto bene.”

Kan, ya ma kan.

Un tempo c’è stato, un tempo non c’era.

La sua voce era dolce, così limpida – eppure, eppure era certo di averle spezzato il collo – come una melodia. Naruto non singhiozzava più. L’oscurità nei suoi occhi si fece ancora più fitta, le pupille vorticavano, vorticavano impazzite.

Kan, ya ma kan.

Kan, ya ma kan…

I suoi occhi saettavano, completamente in preda alla follia. Una luce. Gli bastava una qualsiasi, piccolissima luce…

Kan, ya ma kan.

Fu allora, che lei incominciò a cantare.

Kan, ya ma kan.

Sasuke chiuse gli occhi.

Kan, ya ma kan.

E vide il buio.


Because once there was… And once there was not.

.

.

.

Il sole era abbagliante.

Il ragazzo aprì gli occhi, evidentemente infastidito. Con un borbottio sommesso, si alzò a sedere, stropicciandosi il volto. Tentò di mettere a fuoco il paesaggio, ma tutta quella luce glielo impedì. Era davvero troppa.
Per prima cosa, doveva capire in che razza di posto si trovasse. Aveva ricordi confusi. L’ultima memoria che riusciva ad evocare era quella del bruciore del fuoco, e un colore grigio uniforme sopra di sé. In quel momento, però, era tutto così splendente.

Un’ombra si stagliò sopra di lui, fendendo la luce.

“Dormivi, ne, Sasuke-kun?”

Quella voce. Ricordava quella voce.

“Ma dai, mi stai dicendo che anche lui dorme? Incredibile…”

Sasuke udì lo sbuffo irritato di Sakura, il lagnarsi di Naruto. Si coprì il volto con una mano, e dopo qualche istante, finalmente, riuscì a vedere:

Il campo di allenamento del Team 7 riluceva sotto i raggi del sole della tarda mattinata. L’erba verde chiaro splendeva, appena bagnata di rugiada. Una brezza leggera muoveva le cime degli alberi, che muovevano le chiome frondose stagliandosi contro un cielo perfettamente azzurro.

“…E non è mica colpa sua! Stiamo aspettando Kakashi-sensei da più di due ore, chiunque si sarebbe addormentato!”

“Io non l’ho mica fatto!”

“Sì, ma tu sei sempre iperattivo e fastidioso!”

“Ahh, Sakura-chan, non puoi essere così crudele…!”

Sasuke ascoltò distrattamente i due discutere un altro poco. Continuava a non capire. C’era qualcosa di strano, qualcosa di irrimediabilmente sbagliato. Non era così che era andata.
Non riusciva a ricordare nulla, ma quella frase martellava nella sua testa con fastidiosa insistenza. Non così. Non era andata così. Non era così. Ma cosa? Doveva trattarsi di qualcosa di fondamentale. Ma non riusciva a capire.

Prima che quel groviglio di pensieri confusi potessero condurlo da qualche parte, un’altra ombra si parò davanti a lui.

“Sas’ke-chan! Invece di stare qui ad oziare, alzati, e combattiamo!”

Naruto, in piedi davanti a lui, braccia incrociate e volte ghignante.

Combattere… Sì. Ricordava. Lo avevano fatto molte volte. Combattevano spesso.

Ma perché?

“L’hai voluto tu, dobe. Spero non piangerai, quando ti avrò cavato gli occhi.”, rispose, alzandosi.

La frase che lui stesso ebbe pronunciato, presa suo vero significato, lo colse di sorpresa, mozzandogli il respiro. L’aveva detto in modo spontaneo, gli era sembrato normale. Avrebbe anche potuto considerarsi uno scherzo…
Ma insieme a quelle parole, aveva provato anche il desiderio di uccidere.

Perché aveva parlato proprio in quel modo?
E perché gli era sembrato giusto farlo?

Sakura sorrideva tranquilla, l’espressione di Naruto non tremò neanche un poco. Anzi, si mise subito in posizione di combattimento.

“Allora? Da quand’è che sei così lento, Sas’ke?”

Il primo colpo andò a vuoto, e il calcio prese solo l’aria. Con un rapido stimolo del flusso del chakra, attivò lo sharingan. Si guardò intorno. Non a destra. Non a sinistra. Naruto era sotto di lui.
Ma da quando utilizzava kenjutsu?
Con un balzo si scostò di qualche metro, aspettandosi di vederlo emergere dalla crosta terrestre. Questo, perlomeno, finché non si sentì bloccare da entrambe le braccia da qualcuno. Si voltò, quel che era necessaria per vedere la faccia dell’Idiota a pochi centimetri dalla sua, che continuava a ridere, rideva continuamente.
Ma perché sorrideva sempre, lui? Non ricordava.
La sua mano, in un riflesso involontario, corse subito all’impugnatura della katana, e

Non c’era.
La sua spada non c’era. Non il fodero, non la cintura, niente di niente.
La realizzazione e lo stupore lo colpirono dritto in volto, insieme un pugno, precisamente sulla mascella.

“Scusa, Sasuke-kun. Era da una vita che volevo togliermi questa soddisfazione.”, sorrise Sakura, sempre radiosa.

La frase avrebbe dovuto lasciar intendere qualcosa di ovvio e immediatamente comprensibile per tutti, ma al contrario, Sasuke percepì solo vuoto. Anche Naruto, seppur minimamente, sembrava vagamente perplesso.
Ma lei no.

Perché?

Perché?

Il cielo era d’un azzurro lucido e perfetto e splendido e le cime degli alberi si piegavano dolcemente al vento che soffiava piano ogni cosa risplendeva risplendeva d’un colore brillante ed intenso e smagliante e tutto era perfetto tutto così
Artificiale.
E fisso.
Fisso come solo una finzione può essere.

E lei, lo sapeva.

“Sakura.”

La voce gli uscì in un ringhio basso e roco, quasi aggressivo.

“Che c’è, Sasuke-kun?”

I suoi occhi verde brillante si spalancarono appena, in un espressione di perfetto stupore.
Così falso.

“Sei tu, non è vero?”

Naruto si voltò a guardarli. L’ombra di un sorriso continuava ad aleggiare sulle sue lebbra. Ma i suoi occhi, i suoi occhi erano così tristi.

“Che cosa intendi?”

Lei rispose così, tranquillamente.
Sasuke prese un respiro profondo. L’aria non aveva nessun odore.

“Sei stata tu a creare tutto questo, non è così?”

Gli occhi smeraldo mostrarono rassegnazione. E il suo sguardo, s’incontrò con quello di Naruto.
Entrambi, adesso, si erano voltati verso Sasuke.

“Mi dispiace.”

“Noi… Volevano solo essere felici. Con te. Con tutti quanti.”

Sasuke spalancò gli occhi. Adesso, capiva. Adesso, sapeva.

“Ma questo… Questo…”

“Questo, è ciò che non fu mai. Ciò che avrebbe potuto essere stato. O almeno, una pallida imitazione, un tentativo di vita artificiale, neanche riuscito bene. Dopotutto, non sono mai stata brava abbastanza.”

Con un sospiro di rassegnazione, Sakura abbassò gli occhi.

“Naruto… Scusami.”

Tentò disperatamente di piegare le labbra in un ultimo sorriso, ma trovò che era impossibile. Il peso delle lacrime era troppo forte.

“E’ tutto a posto, Sakura-chan….”

Lui ci riuscì. Perché era quello che aveva sempre fatto.

Sorrise un ultima volta, e né Sasuke né Sakura avrebbero potuto dire se quello fosse un sorriso vero.

“E’ tutto a posto…”

La sua voce si stava già trasformando in un eco.

Un ricordo

lontano lontano

destinato ad essere dimenticato
per sempre


E poi, si dissolse.

Sasuke riuscì solo a guardare, atterrito. I colori incominciarono a sbiadire.

“Sasuke-kun…”

Sakura stava guardando lui, adesso. I suoi occhi erano chiusi.
Forse, gli avrebbe chiesto scusa…?

“…Se vuoi, puoi anche non perdonarci.”

E anche Sasuke chiuse gli occhi. E quando il buio lo avvolse, rivide la luce.

Kan, ya ma kan

Una vita in cambio di una vita, Sasuke.

La luce che adesso gli inondava il volto era ben diversa dal perfetto chiarore che aveva appena lasciato. Serrò un paio di volte gli occhi. Questa luce era opaca e debole. Sopra di lui, disteso in tutte le direzioni, si stagliava un cielo grigio e sordo. Il suo corpo sembrava bruciare, e ogni respiro aveva il suono di un rantolo secco. Ma era vivo, per il momento, era vivo.

“S…Sakura…”

La risposta giunse con inaspettata immediatezza.

“Siamo qui, Sasuke-kun.”

I suoi occhi si spalancarono immediatamente, cercando con cieca disperazione quella voce. La sua vista era ancora annebbiata, come si fosse risvegliato da un lunghissimo sonno: finalmente, come un’apparizione fra la nebbia, individuò, con la coda dell’occhio, la figura della kunoichi, inginocchiata di fianco a lui. Era completamente coperta di sangue.
Pochi passi più indietro, in piedi, Naruto lo guardava con aria di sufficienza. Gli mancava un braccio.
Sasuke serrò gli occhi, spaventato, e buttò la testa all’indietro, convulsamente.

Doveva essere un’altra illusione. Doveva esserlo. Non poteva, loro non…

“No, no…no…”

Cominciò a mormorare in modo sconnesso.
Sakura prese ad accarezzargli delicatamente il capo, a movimenti circolari, come si fa per tranquillizzare un bambino.

No, no…

Loro erano morti.
Ed erano i primi ad esserne perfettamente consapevoli.

“Sasuke…”

“Uccidetemi.”

La sua voce era stridula e stonata, priva di qualsiasi forza.

“Vi prego…”

Insignificante.

La mano di Sakura era appena percepibile. Solo un vago sentore di freddo, sulla sua pelle che bruciava.

“I morti non uccidono, Sasuke.”

La risata di Naruto era roca e stentata, come un suono dimenticato che si tenta di riprodurre artificialmente, per una recita troppo a lungo mandata avanti.

Dopotutto, l’aveva detto: i morti non ridono.

“Tu vivrai, Sasuke-kun.”

L’affermazione di Sakura, pronunciata così dolcemente, suonò come la più crudele delle condanne, alle sue orecchie.

“Prima di morire sono riuscita a curarti un poco. Ce la farai.”

Fu solo in quel momento che l’insignificante particolare lo colpì.
Vedeva. Distingueva le forme in maniera non chiara, ma vedeva. Non era più cieco.

“Recupererai anche lo sharingan, forse.”

Dal cielo, incominciarono a cadere le prime gocce di pioggia. A Sasuke, quell’acqua sembrò bollente. I suoi occhi continuarono a fissare il cielo, apatici.

“Sakura…”, Naruto la chiamò, esitante.

Lei annuì poco convinta, con un sospiro triste.

“Sì – mormorò, alzandosi – per noi, è il momento di andare.”

Sasuke, in un ultimo, disperato tentativo, alzò lo sguardo verso di lei, muta supplica.

Ma gli occhi di Sakura erano vacui e freddi come il ghiaccio. Un sorriso distorto le piegò le labbra bianche, e lui, per un istante, sentì la sua voce vicina, vicinissima [il respiro no, i morti non respirano], ma sempre così lontana.

“Questo è il pagamento, Sasuke… La nostra condanna, per te solo. Tu vivrai, vivrai come noi abbiamo vissuto, nella solitudine e nel rimorso. Tu solo, che più di tutti desideravi morire, riuscirai a vivere. Questa è il nostro ultimo dono, per te.”

“Perché noi avremmo voluto vivere, e invece siamo morti. Allo stesso modo, tu soffrirai.”

“Il nostro dolore, sarà tuo.”

E poi le loro voci svanirono, come un sogno, come qualcosa morto da tempo, tenuto in vita forzatamente.
Sakura e Naruto si voltarono, avviandosi sui piedi barcollanti, dissolvendosi lentamente, sempre più, ad ogni passo.
Sasuke li guardò sparire, per quanto sapesse perfettamente che i loro corpi erano ancora lì, esattamente dove erano caduti.

Sasuke perse il conto delle ore successive. Perse il conto delle piogge e delle lune, dei soli e delle notti. Rimase lì per un tempo che parve infinito.
Senza riuscire a morire.
Alla fine, con un sospiro stanco, s’arrese, e si alzò a sedere.

L’edera s’arrampicava sui tronchi bruciati, e, nei crateri che avevano lasciato dietro al loro passaggio, erano cresciute le erbacce, soffocando i fiori.

E dopotutto, era giusto così.

Per ciò che un tempo fu… E per ciò che non fu mai.

Kan, ya ma kan.

‘Il nostro dolore, sarà il tuo.’

Questa volta, non avrebbe lasciato la storia ripetersi.

T i m e t o l i v e


~ * ~

‘Il nostro spettacolo è finito.

Questi nostri attori,

Come ti avevo detto,

Erano tutti spiriti

E si sono dissolti nell'aria.

Come la scena priva di sostanza

Ora svanita,

Tutto svanirà senza lasciare traccia.

Noi siamo della stessa materia

Di cui sono fatti i sogni…’

Owari

Ahem.
Questa... Cosa che avete avuto il coraggio di leggere (e se siete riusciti ad arrivare fino in fondo, complimenti vivissimi) è stata scritta da me medesima in onore del Complèra della Ross. Che no, non è il suo compleanno (quindi, non incominciate a farle gli auguri) e no, non ho intenzione di stare a spiegarvi di cosa si tratta, perché sarebbe troppo complicato e troppo stupido.

Invece, dirò sì, che la dedico a una delle poche persone che riesce davvero a sopportarmi, con la quale ho passati le serate su Msn più lollose degli ultimi tempi *rotola rotola*... E che dovrei ringraziare un sacco per questo, ma ringraziare non è emo, quindi, scusa Ross, magari in privato. ù___ù

Ti voglio bene, 'mora.

E voglio rendere cosa pubblica che, noi due, il terzo dei Pirati dei Caraibi l'avremmo scritto meglio.

Ja Ne,

suzako

P.s.= Quasi dimenticavo... Questo è per commemorare il primo film visto insieme °_° *piange*

  
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