Kan, Ya Ma Kan
Once there was, and once there was not.
…Perché
un tempo ci fu, e un
tempo non fu mai stato
....…..…………………………………………
~ * ~ .……………………………………………….
Non pioveva.
Neanche una goccia di fottutissima
pioggia.
Il cielo era cupo, dense nubi
purpuree s’addensavano scontrandosi fra loro. La terra era
invasa da una luce
surreale, secca e tremolante come quella delle lampade al neon, sul
punto di
spegnersi. Spirava un vento freddo e incostante. Gli alberi oramai
bruciati si
piegavano, docili, per mai più rianzalrsi. Il sole e la luna
si nascondevano.
Faceva freddo. Faceva così freddo.
Ma non pioveva.
Respirava
a fatica. Non che fosse
molto importante, al momento. Ogni istante poteva essere
l’ultimo, e comunque,
sarebbe arrivato mentre lui era lì, spaccato su quella terra
sconosciuta, con
gli occhi puntati su un cielo per lui privo di qualsiasi sfumatura. A
meno che
non fosse cambiato, durante quell’eternità che
aveva oramai passato al suolo. Comunque,
non avrebbe potuto vederlo.
I suoi occhi erano ciechi.
Udiva comunque, distintamente, il
rumore erratico e raschiato di un respiro. Le unghie stridevano,
graffiando sui
sassi sporchi di sangue.
Doveva essere Naruto. Sakura aveva
perso coscienza molto tempo prima.
“Sei…
Ancora vivo?”
La
sua voce, nonostante avesse
metà della laringe strappata, era pressoché la
stessa.
Sì.
Era lui.
“Per
ora.”
Ma
non per molto, avrebbe voluto aggiungere.
Ma
anche il sarcasmo, in quel
momento, diventava patetico.
“Sas’ke,
io…”
Tu.
Sempre
e solo tu.
“Zitto
– lo interrupe con un
sibilo – sta’ zitto.”
Sasuke,
immediatamente dopo aver
detto quella frase, pensò che l’Idiota avrebbe
risposto comunque. Era così che
aveva sempre fatto.
Ma questa volta, dalle sue labbra
uscì solo il suono raschiante e secco di un eccesso di
tosse, che gli scosse il
corpo.
Dopo
un attenta analisi, giunse
alla conclusione di aver perso completamente la sensibilità
nelle gambe, e la
stessa era notevolmente compromessa anche nella parte superiore del
corpo. Con
un immenso sforzo, riuscì a flettere le dite della mano
sinistra, più per sciocca
prova che per altro. Aveva la cassa toracica ridotta a un mucchio di
schegge
ossee che gli stavano distruggendo i polmoni e il resto della poltiglia
che un
tempo dove esser stato il suo stomaco. La mano destra era rotta, e non
aveva
ancora fatto l’inventario delle emorragie interne.
E
poi, quello.
Era cieco. Non vedeva nulla. Il
suo sharingan si era spento, lasciando le pupille a vorticare come
impazzite,
alla ricerca di una luce, una qualsiasi luce.
Ma non c’era nulla. Solo un nero
assoluto, privo di spazio o forma. Niente. Niente.
E
Sasuke capì, con lacerante intensità,
che quello era stato il loro ultimo scontro.
Dopo tanti anni… Dopo tanto
lottare, dopo tanto soffrire, per loro era giunta la fine.
Quand’era stata, la prima volta? Quanto
tempo era passato…?
Kan, ya ma kan.
Dopo tutti quegli anni, loro erano ancora lì
Quanti anni trascorsi, da quando aveva
lasciato Konoha?
Quanti anni ancora sarebbero dovuti passare,
perché smettessero di inseguire la sua ombra?
- Naruto. Sakura. Vorrei poter dire
‘da
quanto tempo’, ma a dir la verità vedo le vostre
facce fin troppo spesso. -
-
Sei diventato più loquace, Sas’ke. Sarà
la vecchiaia, o quel bastardo
di Orochimaru che tieni là dentro? -
-
Lasciatemi in pace. Io non tornerò. -
Questa
volta, fu Sakura a parlare, con voce sommessa.
-
Lo sappiamo. E’ per questo che oggi, noi, ti uccideremo. -
Come
faceva a dirlo in maniera così assurdamente naturale?
La domanda, si rispondeva da sola.
Perché siamo ninja. Perché in quanto tali, siamo
nati per uccidere.
-
Perché, finora cos’avete provato a… -
Non
riuscì a terminare la frase, che un ombra rossastra gli fu
addosso:
con un movimento fulmineo, riuscì a schivare il calcio
diretto alla sua
mascella, balzando indietro di pochi metri.
-
Ora hai capito cosa intendo, Sas’ke? -
Gli
occhi del kyuubi scintillarono. Sasuke non rispose.
Pochi secondi dopo,
i primi fulmini fecero crepitare l’aria.
Kan, ya ma kan.
E adesso si trovavano così, schiantati su quella terra
fredda, più sangue sulle rocce che in corpo. Quante volte
avevano combattuto?
Quante volte s’erano trovati sul punto di ammazzarsi a
vicenda?
Quante volte, si erano già uccisi? Quante volte, quante erano morti?
Eppure, solo in quel momento…
Sasuke rise.
Perlomeno, fu un suono molto simile a una
stentata risata, quella che gli uscì dalle labbra spaccate.
Stava morendo. Lui
stava morendo. E la cosa lo divertiva enormemente.
“Che
cazzo fai? Che… Che stai
facendo, Sas’ke?”, la voce di Naruto era
un sussurro indistinto.
“Hai
visto, Naruto? – replicò lui, fra i singulti
– Alla
fine ce l’hai fatta. Mi hai ucciso.”
“I
morti non ridono. Non ridono.”, replicò lui, a
denti
stretti.
“Neanche
tu, però.”
“Forse,
allora, sono morto anch’io.”
Poi, il
silenzio. E fu davvero come fossero morti. I loro
corpi si muovevano appena. I respiri vagamente percepibili. Oramai
tutti i
sensi offuscati e ridotti. Senza dire una parola, o lasciarsi sfuggire
un
lamento. Senza neanche pensare, senza neanche essere. Stavano giocando
ad
essere morti. E Sakura, dormiva.
“Non
volevo andasse a finire così.”
Le parole di
Naruto erano come un pianto, e Sasuke non
rispose.
“Non
è così… Non è
così che doveva andare.”
Sasuke non
rispose.
“La
prossima volta.”
Sakura.
“La
prossima volta, Naruto…”
Sakura.
“…La
prossima volta andrà tutto bene.”
Kan, ya ma kan.
Un tempo c’è stato, un tempo
non c’era.
La sua voce
era dolce, così limpida – eppure, eppure era
certo di averle spezzato il collo – come una melodia. Naruto
non singhiozzava
più. L’oscurità nei suoi occhi si fece
ancora più fitta, le pupille
vorticavano, vorticavano impazzite.
Kan, ya ma kan.
Kan, ya ma
kan…
I suoi occhi
saettavano, completamente in preda alla follia.
Una luce. Gli bastava una qualsiasi, piccolissima luce…
Kan, ya ma kan.
Fu allora, che
lei incominciò a cantare.
Kan, ya ma kan.
Sasuke chiuse
gli occhi.
Kan,
ya ma kan.
E vide il buio.
Because
once there
was… And once there was not.
.
.
.
Il
sole era abbagliante.
Il ragazzo aprì gli occhi,
evidentemente infastidito. Con un
borbottio sommesso, si alzò a sedere, stropicciandosi il
volto. Tentò di
mettere a fuoco il paesaggio, ma tutta quella luce glielo
impedì. Era davvero troppa.
Per prima cosa, doveva capire in che razza di posto si
trovasse. Aveva ricordi confusi. L’ultima memoria che
riusciva ad evocare era
quella del bruciore del fuoco, e un colore grigio uniforme sopra di
sé. In quel
momento, però, era tutto così splendente.
Un’ombra si
stagliò sopra di lui, fendendo la luce.
“Dormivi,
ne, Sasuke-kun?”
Quella
voce. Ricordava
quella voce.
“Ma
dai, mi stai dicendo che anche lui dorme?
Incredibile…”
Sasuke
udì lo sbuffo irritato di Sakura, il lagnarsi di
Naruto. Si coprì il volto con una mano, e dopo qualche
istante, finalmente,
riuscì a vedere:
Il campo di allenamento del Team 7
riluceva sotto i raggi
del sole della tarda mattinata. L’erba verde chiaro
splendeva, appena bagnata
di rugiada. Una brezza leggera muoveva le cime degli alberi, che
muovevano le
chiome frondose stagliandosi contro un cielo perfettamente azzurro.
“…E
non è mica colpa sua! Stiamo aspettando Kakashi-sensei
da più di due ore, chiunque
si
sarebbe addormentato!”
“Io
non l’ho mica fatto!”
“Sì,
ma tu sei sempre iperattivo e fastidioso!”
“Ahh,
Sakura-chan, non puoi essere così
crudele…!”
Sasuke
ascoltò distrattamente i due discutere un altro poco.
Continuava a non capire. C’era qualcosa di strano, qualcosa
di
irrimediabilmente sbagliato. Non era
così
che era andata.
Non riusciva a ricordare nulla, ma quella frase martellava
nella sua testa con fastidiosa insistenza. Non così. Non era
andata così. Non
era così. Ma cosa? Doveva
trattarsi
di qualcosa di fondamentale. Ma non riusciva a capire.
Prima che quel
groviglio di pensieri confusi potessero
condurlo da qualche parte, un’altra ombra si parò
davanti a lui.
“Sas’ke-chan!
Invece di stare qui ad oziare, alzati, e
combattiamo!”
Naruto, in
piedi davanti a lui, braccia incrociate e volte
ghignante.
Combattere…
Sì.
Ricordava. Lo avevano fatto molte volte. Combattevano spesso.
Ma perché?
“L’hai
voluto tu, dobe. Spero non piangerai, quando ti avrò
cavato gli occhi.”, rispose, alzandosi.
La frase che
lui stesso ebbe pronunciato, presa suo vero
significato, lo colse di sorpresa, mozzandogli il respiro.
L’aveva detto in
modo spontaneo, gli era sembrato normale. Avrebbe anche potuto
considerarsi uno
scherzo…
Ma insieme a quelle parole, aveva provato anche il desiderio
di uccidere.
Perché
aveva parlato proprio in quel modo?
E perché gli era sembrato giusto farlo?
Sakura
sorrideva tranquilla, l’espressione di Naruto non
tremò neanche un poco. Anzi, si mise subito in posizione di
combattimento.
“Allora?
Da quand’è che sei così lento,
Sas’ke?”
Il primo colpo
andò a vuoto, e il calcio prese solo l’aria.
Con un rapido stimolo del flusso del chakra, attivò lo
sharingan. Si guardò
intorno. Non a destra. Non a sinistra. Naruto era sotto di lui.
Ma da quando utilizzava kenjutsu?
Con un balzo si scostò di qualche metro, aspettandosi di
vederlo emergere dalla crosta terrestre. Questo, perlomeno,
finché non si sentì
bloccare da entrambe le braccia da qualcuno. Si voltò, quel
che era necessaria
per vedere la faccia dell’Idiota a pochi centimetri dalla
sua, che continuava a
ridere, rideva continuamente.
Ma perché sorrideva sempre, lui? Non ricordava.
La sua mano, in un riflesso involontario, corse subito
all’impugnatura della katana, e
Non
c’era.
La sua spada non c’era. Non il fodero, non la cintura,
niente di niente.
La realizzazione e lo stupore lo colpirono dritto in volto,
insieme un pugno, precisamente sulla mascella.
“Scusa,
Sasuke-kun. Era da una vita che
volevo togliermi questa soddisfazione.”, sorrise Sakura,
sempre radiosa.
La frase
avrebbe dovuto lasciar intendere qualcosa di ovvio
e immediatamente comprensibile per tutti, ma al contrario, Sasuke
percepì solo
vuoto. Anche Naruto, seppur minimamente, sembrava vagamente perplesso.
Ma lei no.
Perché?
Perché?
Il cielo era
d’un azzurro lucido e perfetto e splendido e le
cime degli alberi si piegavano dolcemente al vento che soffiava piano
ogni cosa
risplendeva risplendeva d’un colore brillante ed intenso e
smagliante e tutto
era perfetto tutto così
Artificiale.
E fisso.
Fisso come solo una finzione può essere.
E lei, lo
sapeva.
“Sakura.”
La voce gli
uscì in un ringhio basso e roco, quasi
aggressivo.
“Che
c’è, Sasuke-kun?”
I suoi occhi
verde brillante si spalancarono appena, in un
espressione di perfetto stupore.
Così falso.
“Sei
tu, non è vero?”
Naruto si
voltò a guardarli. L’ombra di un sorriso
continuava ad aleggiare sulle sue lebbra. Ma i suoi occhi, i suoi occhi
erano
così tristi.
“Che
cosa intendi?”
Lei rispose
così, tranquillamente.
Sasuke prese un respiro profondo. L’aria non aveva nessun
odore.
“Sei
stata tu a
creare tutto questo, non è così?”
Gli occhi
smeraldo mostrarono rassegnazione. E il suo
sguardo, s’incontrò con quello di Naruto.
Entrambi, adesso, si erano voltati verso Sasuke.
“Mi
dispiace.”
“Noi…
Volevano solo essere felici. Con te. Con tutti
quanti.”
Sasuke
spalancò gli occhi. Adesso, capiva. Adesso, sapeva.
“Ma
questo… Questo…”
“Questo,
è ciò che non fu mai. Ciò che avrebbe
potuto essere
stato. O almeno, una pallida imitazione, un tentativo di vita
artificiale,
neanche riuscito bene. Dopotutto, non sono mai stata brava
abbastanza.”
Con un sospiro
di rassegnazione, Sakura abbassò gli occhi.
“Naruto…
Scusami.”
Tentò
disperatamente di piegare le labbra in un ultimo
sorriso, ma trovò che era impossibile. Il peso delle lacrime
era troppo forte.
“E’
tutto a posto, Sakura-chan….”
Lui ci
riuscì. Perché era quello che aveva sempre fatto.
Sorrise un ultima volta, e
né Sasuke né Sakura avrebbero
potuto dire se quello fosse un sorriso vero.
“E’
tutto a posto…”
La
sua voce si stava già trasformando in un eco.
Un
ricordo
lontano
lontano
destinato
ad
essere
dimenticato
per
sempre
E poi, si dissolse.
Sasuke
riuscì solo a guardare, atterrito. I colori
incominciarono a sbiadire.
“Sasuke-kun…”
Sakura stava
guardando lui, adesso. I suoi occhi erano
chiusi.
Forse, gli avrebbe chiesto scusa…?
“…Se vuoi, puoi anche
non perdonarci.”
E anche Sasuke
chiuse gli occhi. E quando il buio lo
avvolse, rivide
la luce.
Kan, ya ma kan
Una vita in cambio di
una vita, Sasuke.
La luce che
adesso gli inondava il volto era ben diversa dal
perfetto chiarore che aveva appena lasciato. Serrò un paio
di volte gli occhi. Questa luce
era opaca e debole. Sopra di
lui, disteso in tutte le direzioni, si stagliava un cielo grigio e
sordo. Il suo corpo sembrava bruciare, e ogni respiro aveva il
suono di un rantolo secco. Ma era vivo, per il momento, era vivo.
“S…Sakura…”
La risposta
giunse con inaspettata immediatezza.
“Siamo
qui, Sasuke-kun.”
I suoi occhi
si spalancarono immediatamente, cercando con
cieca disperazione quella voce. La sua vista era ancora annebbiata,
come si
fosse risvegliato da un lunghissimo sonno: finalmente, come
un’apparizione fra
la nebbia, individuò, con la coda dell’occhio, la
figura della kunoichi,
inginocchiata di fianco a lui. Era completamente coperta di sangue.
Pochi passi più indietro, in piedi, Naruto lo guardava con
aria di sufficienza. Gli mancava un braccio.
Sasuke serrò gli occhi, spaventato, e buttò la
testa
all’indietro, convulsamente.
Doveva essere
un’altra illusione. Doveva esserlo. Non
poteva, loro non…
“No,
no…no…”
Cominciò
a mormorare in modo sconnesso.
Sakura prese ad accarezzargli delicatamente il capo, a
movimenti circolari, come si fa per tranquillizzare un bambino.
“No, no…”
Loro erano
morti.
Ed erano i primi ad esserne perfettamente consapevoli.
“Sasuke…”
“Uccidetemi.”
La sua voce
era stridula e stonata, priva di qualsiasi
forza.
“Vi
prego…”
Insignificante.
La mano di
Sakura era appena percepibile. Solo un vago
sentore di freddo, sulla sua pelle che bruciava.
“I
morti non uccidono, Sasuke.”
La risata di
Naruto era roca e stentata, come un suono
dimenticato che si tenta di riprodurre artificialmente, per una recita
troppo a
lungo mandata avanti.
Dopotutto, l’aveva detto: i
morti non ridono.
“Tu
vivrai, Sasuke-kun.”
L’affermazione
di Sakura, pronunciata così dolcemente, suonò
come la più crudele delle condanne, alle sue orecchie.
“Prima
di morire sono riuscita a curarti un poco. Ce la
farai.”
Fu solo in
quel momento che l’insignificante particolare lo
colpì.
Vedeva. Distingueva le forme in maniera non chiara, ma
vedeva. Non era più cieco.
“Recupererai
anche lo sharingan, forse.”
Dal cielo,
incominciarono a cadere le prime gocce di
pioggia. A Sasuke, quell’acqua sembrò bollente. I
suoi occhi continuarono a
fissare il cielo, apatici.
“Sakura…”,
Naruto la chiamò, esitante.
Lei
annuì poco convinta, con un sospiro triste.
“Sì
– mormorò, alzandosi – per noi,
è il momento di andare.”
Sasuke, in un
ultimo, disperato tentativo, alzò lo sguardo
verso di lei, muta supplica.
Ma gli occhi di Sakura erano vacui e
freddi come il
ghiaccio. Un sorriso distorto le piegò le labbra bianche, e
lui, per un istante,
sentì la sua voce vicina, vicinissima [il respiro no, i
morti non respirano],
ma sempre così lontana.
“Questo
è il pagamento, Sasuke… La nostra condanna, per
te
solo. Tu vivrai, vivrai come noi abbiamo vissuto, nella solitudine e
nel
rimorso. Tu solo, che più di tutti desideravi morire,
riuscirai a vivere.
Questa è il nostro ultimo dono, per te.”
“Perché
noi avremmo voluto vivere, e invece siamo morti.
Allo stesso modo, tu soffrirai.”
“Il nostro dolore, sarà tuo.”
E poi le loro
voci svanirono, come un sogno, come qualcosa
morto da tempo, tenuto in vita forzatamente.
Sakura e Naruto si voltarono, avviandosi sui
piedi
barcollanti, dissolvendosi lentamente, sempre più, ad ogni
passo.
Sasuke li guardò sparire, per quanto
sapesse perfettamente
che i loro corpi erano ancora lì, esattamente dove erano
caduti.
Sasuke perse
il conto delle ore successive. Perse il conto
delle piogge e delle lune, dei soli e delle notti. Rimase lì
per un tempo che
parve infinito.
Senza riuscire a morire.
Alla fine, con un sospiro stanco, s’arrese, e si
alzò a
sedere.
L’edera
s’arrampicava sui tronchi bruciati, e, nei crateri
che avevano lasciato dietro al loro passaggio, erano cresciute le
erbacce,
soffocando i fiori.
E dopotutto, era giusto
così.
Per ciò
che un tempo fu… E per ciò che non fu mai.
Kan, ya ma kan.
‘Il nostro
dolore, sarà il tuo.’
Questa volta, non
avrebbe lasciato la storia ripetersi.
T i m e t o l
i v
e
~ *
~
‘Il
nostro spettacolo è finito.
Questi nostri
attori,
Come ti avevo
detto,
Erano tutti
spiriti
E si sono
dissolti nell'aria.
Come la scena
priva di sostanza
Ora svanita,
Tutto
svanirà senza lasciare
traccia.
Noi siamo della
stessa materia
Di cui sono
fatti i sogni…’
Owari
Ahem.
Questa... Cosa
che avete avuto il coraggio di leggere (e se siete riusciti ad arrivare
fino in fondo, complimenti vivissimi) è stata scritta da me
medesima in onore del Complèra della Ross. Che no, non
è il suo compleanno (quindi, non incominciate a farle gli
auguri) e no, non ho intenzione di stare a spiegarvi di cosa si tratta,
perché sarebbe troppo complicato e troppo stupido.
Invece, dirò
sì, che la dedico a una delle poche persone che riesce
davvero a sopportarmi, con la quale ho passati le serate su Msn
più lollose degli ultimi tempi *rotola rotola*... E che
dovrei ringraziare un sacco per questo, ma ringraziare non è
emo, quindi, scusa Ross, magari in privato. ù___ù
Ti voglio bene, 'mora.
♥
E voglio rendere cosa
pubblica che, noi due, il terzo dei Pirati dei Caraibi l'avremmo
scritto meglio.
Ja Ne,
suzako
P.s.= Quasi dimenticavo... Questo
è per commemorare il primo film visto insieme
°_° *piange*