Prologo
Le sue lunghe dita affusolate battevano i tasti
della macchina per scrivere, che imprimeva lettere su carta ad una velocità
impressionante. Quel ritmo che conosceva bene, che aveva imparato a conoscere
fin da quando aveva imparato a scrivere, era ciò che gli dava il pane per
vivere. Era con quello che aveva costruito lo studio dove si trovava in quel
momento, il camino acceso accanto a lui che gli regalava calore, il letto in
cui da lì a poco l’avrebbe ospitato. Una piccola reggia, costruita solo e
unicamente sulle parole.
Ma a lui, tutto ciò non importava nulla.
Erano altri, i motivi per cui scriveva.
…Il demone allora
spiegò le ali, rivelando tutta la sua imponente corporatura. – Non dovevi
venire fin qui. Ti ucciderò così lentamente da farti pentire di essere nato –
disse, e allungò gli artigli verso Brandon.
Non sarò certo io quello che farà la fine del topo, pensò il ragazzo. Gli artigli del mostro
fendettero l’aria sopra la sua testa, lui si scansò e andò a finire contro
un’armatura, che si disfece in tutti i suoi pezzi. Con una prontezza di
riflessi degna di un cavaliere, Brandon raccolse l’alabarda e la impugnò
saldamente, correndo incontro al demone.
- Ah ah ah! …povero sciocco, credi di
potermi fare fuori? – la sua risata era stridula come un’unghia che gratta su
di una lavagna.
Brandon continuò la
sua corsa, ma non si accorse che il demone gli aveva teso una trappola: con una
mossa repentina, fece saettare i suoi artigli dritti verso il ragazzo, che
inciampò e cadde a faccia in giù.
- Un ultimo
desiderio, prima che io ti uccida? –
- Fottiti – riuscì a
dire Brandon.
Ridendo, il demone
alzò la mano, preparandosi a vibrare il colpo di grazia…
*****
- Tom, vuoi venire a
darmi una mano, per favore? –
L’avvincente romanzo
fu interrotto sul più bello dal richiamo della madre, quella rompiscatole.
Sicuramente voleva aiuto per un’altra delle sue faccende domestiche. Che
diamine! Perché non se le sbrigava da sola?
- Uff… arrivo! –
disse Tom, posando il libro. S’intitolava “Gli occhi dell’oscurità”, di Howard
P. Jackson.
Prima di uscire dalla
porta, a Tom caddero gli occhi sulla copertina del libro. Raffigurava due occhi
felini su sfondo nero, che a Tom parvero brillare. Fu un attimo di
estraniamento per Tom, che restò fermo sulla soglia della porta a guardare nel
vuoto.
- Tom, ti decidi a
venire o devo prenderti per un orecchio? –
Senza rispondere, Tom
si avviò lentamente per le scale.
Come previsto, sua
madre era da basso che aveva appena tirato fuori il bucato dalla lavatrice.
- Ne ho fatto veramente
tanto. Se non mi dai una mano, non riuscirò mai a stenderlo tutto da sola. –
Tom non si accorse di
quello che la madre gli aveva appena detto. Andò al banco della cucina e prese
un utensile da un cassetto…
- Tuo padre si
lamenta sempre che quando arriva non è mai pronta la cena. Bè, adesso che sei a
casa, puoi anche darmi una mano, non cr…………. –
E fu un attimo. La
donna si vide arrivare una coltellata proprio sul collo, che le aprì una ferita
grande abbastanza da far sgorgare un bel po’ di sangue, che schizzò tutto sui
capi appena tirati fuori puliti dalla lavatrice.
- Tom!!! Che
cosa…..?!? –
Ma non ebbe il tempo
di finire, che Tom le fu addosso e la riempì di coltellate, alla gola e
all’addome. Morì quasi subito, mentre la cucina si riempiva del sangue caldo
della poveretta.
Intanto, nella camera
da letto, il libro era sempre lì, fisso. Con quei due occhi gialli che
guardavano il mondo con malocchio.
In the eyes of Darkness
Fan-fiction di
Notrix