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Autore: SeaLight    12/11/2012    8 recensioni
«Lasciami qui, Yūshoku.»
«Mamma, sei sicura?»
«Sì. Vorrei restare qui da sola, per un po’.» [...] «Sai, Yūshoku... non te l’ho mai detto, ma assomigli moltissimo a tuo padre.»
Yūshoku la fissò stupito, mentre scendeva cautamente dal veicolo liberandosi dal cappotto.
Lui non assomigliava affatto al marito di sua madre.
[...]
«E così alla fine ti ho trovato, Tenshinhan. Te l’avevo detto, che non saresti mai riuscito a sfuggirmi.»

One-shot di circa 1200 parole, ambientata non so precisamente quando, ma molto in avanti con gli anni. Tenshinhan/Lunch decisamente diversa dal mio solito, mi affido ai vostri giudizi.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lunch, Nuovo personaggio, Tenshinhan | Coppie: Lunch/Tenshinhan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Titolo della storia: Di nuovo a casa
Nickname: SeaLight
Rating: Verde
Fandom: Dragon Ball
Track: Motherland dei Crystal Kay (terza ending di Fullmetal Alchemist)
Introduzione

«Lasciami qui, Yūshoku.»
«Mamma, sei sicura?»
«Sì. Vorrei restare qui da sola, per un po’.» [...] «Sai, Yūshoku... non te l’ho mai detto, ma assomigli moltissimo a tuo padre.»
Yūshoku la fissò stupito, mentre scendeva cautamente dal veicolo liberandosi dal cappotto. 
Lui non assomigliava affatto al marito di sua madre.
[...]
«E così alla fine ti ho trovato, Tenshinhan. Te l’avevo detto, che non saresti mai riuscito a sfuggirmi.»

Note: Questa fanfiction partecipa al contest "Red carpet: fanfiction da oscar" di clalla97 [NdA in fondo]
Disclaimer: Nulla di quanto citato in questa fanfiction mi appartiene, eccetto la trama. Tutti i diritti appartengono ai loro rispettivi proprietari. La storia non ha alcun fine di lucro.
 


 


Di nuovo a casa

La vita li aveva divisi, l’eternità li avrebbe riuniti.
 

 


«Lasciami qui, Yūshoku.»

Yūshoku guardò curioso fuori dal finestrino dell’aerojet, salvo non scorgere assolutamente nulla – era né più né meno un altopiano identico a tutti gli altri, le stesse montagne, le stesse rocce, gli stessi prati verdi in fiore.


«Mamma, sei sicura?»

«Sì. Vorrei restare qui da sola, per un po’.»

Con l’abilità tipica dell’abitudine il giovane atterrò fluidamente e silenziosamente a terra, sollevando nuvole di polvere e matasse di novella erba verde.

«Non fare sciocchezze, mamma. Mi raccomando, sta’ attenta alla tua gamba.»

«Sono vecchia, ma non ho ancora bisogno della carrozzella, grazie.»

La ignorò. «Resterò qui a tenerti d’occhio. Se hai bisogno, chiamami.»

«Sono abbastanza grande da badare a me stessa » rispose, aprendo il portellone e dandogli le spalle. Poi sembrò ripensarci, lo guardò in volto e sorrise.


«Sai, Yūshoku... non te l’ho mai detto, ma assomigli moltissimo a tuo padre.»

Yūshoku la fissò stupito, mentre scendeva cautamente dal veicolo liberandosi dal cappotto.

Lui non assomigliava affatto al marito di sua madre.
 




«Sono di nuovo a casa.»

Due pietre chiare, lisce e spoglie piantate appena nel terreno erano l’unico segno che distinguesse quel prato da qualunque altro. La donna si sedette su uno dei due tumuli di terra che stava loro di fronte – trattenendo una smorfia per una fitta alla schiena – e le osservò a lungo, accarezzando e cercando di interpretare, con la sua vista rovinata dall’età, le piccole lettere incisevi rozzamente sopra.

«Due giorni dopo» mormorò infine. «Non sareste riusciti a sopravvivere, separati.»

Sospirò e alzò lo sguardo al cielo, contemplando le nuvole mutare sobbollendo nel loro lento muoversi, sopra le montagne imbiancate dalle nevi perenni. Inspirò una boccata d’aria fresca, pulita, come non ne respirava da anni – in città non ce n’era più, di aria così.

«E così alla fine ti ho trovato, Tenshinhan. Te l’avevo detto, che non saresti mai riuscito a sfuggirmi.»

Una farfalla dalle ali variopinte si posò su un piccolo fiore giallo, con i suoi simili unico ornamento della sepoltura. Lunch la guardò con un sorriso accennato.

«Sarai contento, ora che sei là sotto. Tutti gli animaletti possono succhiarsi via il tuo corpo.»

L’insetto, terminato il suo pasto, volò su un altro fiore fluttuando quasi con voluttà. Il frinire dei grilli risuonava nelle orecchie della donna, che si passò una mano fra i ricci biondi – più bianchi che biondi, per la verità – e si sdraiò di fianco alla tomba. Un filo d’erba le solleticò il naso, ma l’allontanò e resistette alla tentazione di starnutire.

«Bel posto per vivere, qui, huh? Dev’essere bello anche morirci.»

Lontana, una rana gracidò in risposta.

«Ti ricordi quando vivevamo insieme, Tenshinhan? Ero un tormento» ridacchiò. «Ti seguivo ovunque. Non ti lasciavo un attimo di respiro. Dev’essere stato snervante. Ma è stato il periodo più bello della mia vita.»

Fissò la lapide chiara come se quella potesse parlare. Non ricevendo obiezioni, accarezzò l’erbetta che celava, da qualche parte più sotto, il corpo di Tenshinhan.

«Eravamo così giovani. Mi ricordo ancora quando potevo incutere terrore solo con una pistola in mano. Adesso, se mi avvicino a un’arma da fuoco credono che sia demenza senile e mi dicono di andare a dormire, che “alla mia età è meglio”.»

Sospirò, tornando a guardare il cielo.

«Ti ricordi la notte, Ten? Tu arrivavi sempre tardi. Ma quando ero ancora sveglia, per te era la fine» ghignò. Si voltò di profilo e posò la gamba sinistra sul tumulo di terra. «E poi ti dormivo appiccicata. Mettevo la mia gamba così, sopra alla tua, e tu arrossivi, anche se avevamo appena fatto l’amore.»

Senza un apparente motivo, sghignazzò.

«E poi» continuò, asciugandosi una lacrimuccia «e poi a volte Jiaozi arrivava, la mattina, e Dio, che scuse assurde per spiegare perché avessimo dormito insieme. Quando gli hai detto che era un tipo di allenamento ha chiesto se poteva provare anche lui, ricordi?»

Continuò a ridere.

«Chissà come ve la cavavate con l’altra mia metà. Ah, ma ormai è troppo tardi per scoprirlo.»

Ritornò seria, sdraiandosi nuovamente a pancia in su. Recuperò il cappotto, abbandonato per terra, e prese a scuoterlo. La gonna a fiori e la camicia bianca erano ormai completamente macchiate di verde.

«E chissà come siete morti. Magari siete caduti giù da un burrone mentre vi allenavate, e... ma come diavolo avete fatto a farvi le tombe da soli?» Sbuffò. «Non capirò mai i vostri trucchetti.»

Arricciò le labbra secche e sottili, all’apparenza alterata. Ma presto non seppe più trattenersi, e sbuffò nuovamente una risata fra i denti.

«Ma guardami! Mi sono ridotta a parlare con un mucchietto d’ossa. Neanche quando è morto mio marito ho fatto così.»

Si sedette nuovamente, appoggiò il gomito sinistro sul ginocchio e il mento sul palmo, fissando intensamente la lapide.

«Yūshoku... tuo figlio ti assomiglia moltissimo, Tenshinhan. Avete gli occhi della stessa forma, ma lui... ne ha solo due» rise. «E pensa che ha sempre avuto tantissimi capelli, neri e folti, ma non appena è diventato abbastanza grande ha cominciato a raparsi a zero. Sai, lui ha studiato. Sono molto fiera di lui... so che anche tu lo saresti. Ma non sa nulla di te, ovviamente.»

Accarezzò ancora la pietra, chiudendo gli occhi.

«Se solo non ci fossimo separati prima ancora che io sapessi di aspettarlo, saresti stato tu suo padre.»

Prese un gran sospiro, riaprendo le iridi verdi.

Tenshinhan le sorrise, in piedi davanti alla sua stessa lapide, giovane, bellissimo, etereo – non apparteneva a questo mondo da tempo. Una luce soffice si diffondeva dalla sua figura dai contorni quasi indistinti, i suoi piedi non calpestavano l’erba, il vento gonfiava i suoi abiti candidi. E il suo volto era disteso, in pace, come mai l’aveva visto da vivo. Sembrava fatto di luce, di puro spirito; ma quando la sua mano le sfiorò la guancia, tergendola da una lacrima, Lunch la sentì calda sulla pelle.

Sorrise, posando la propria mano ossuta e rugosa su quella di lui, beandosi del suo calore.

«Mi hai aspettata.»

Lui le accarezzò il viso col pollice.

«Ti stavo aspettando.»

La donna abbassò lo sguardo, quasi incapace di trattenere le lacrime.

«Beh, potevi anche... potevi anche pensarci prima.»

Quando tornò a guardarlo, lui non aveva smesso di sorridere.

«Aspetterò ancora, se vuoi tornare da nostro figlio.»

«Mmh» tirò su col naso «Sono vecchia decrepita, ormai. Gli risparmierò le spese della casa di riposo. Credo che alla fine sia ora di andare anche per me.»

Non poteva smettere di guardarlo – si attraevano l’un l’altra, tanto che si sentì quasi bruciare sotto i suoi occhi di luce. Avevano aspettato fin troppo per ricongiungersi; ora Amore e Morte reclamavano le loro anime.

Tenshinhan le porse la mano destra, e Lunch l’afferrò. E in quel momento non importò se fosse bionda o avesse i capelli più blu del mare, né quanti anni avesse, né quanto tempo fosse passato; la sua anima premeva per uscire, i suoi ricordi si fondevano gli uni con gli altri, e ricordò ogni singolo istante della sua vita, e si sentì senza tempo. Si alzò, improvvisamente impalpabile, leggera; e la mano di Tenshinhan le parve sempre più reale nella sua.

E così come, in passato, aveva lasciato tutto ciò che aveva costruito prima di incontrarlo per seguirlo in mezzo a quei monti, quel giorno Lunch abbandonò il proprio corpo e s’incamminò un’altra volta con lui, sparendo nel Sole.

Quella volta, sarebbe stato per sempre.




 

Watashi wa kimi ni totte no sora de itai 

kanashimi made mo tsutsumi konde 

itsudemo miageru toki wa hitori janai to 

tooku de omoeru you ni 

kaeru basho de aru you ni.
Voglio essere il cielo per te

Persino avvolgendo tutte le tue pene

Tutte le volte che guardo in su, voglio sentire

Che non sono sola anche se sono lontana

Lascia che lì ci sia un posto dove tornare.











 



Note dell'autrice
Buongiorno, buonasera e buonanotte. SeaLight è ancora qua con questa one-shot di 1221 parole, ovviamente Ten/Lunch sono la mia condanna, ma del tutto diversa da quelle che sono abituata a scrivere. Spero che questo, diciamo così, esperimento, sia venuto bene: mi affido alla vostra capacità di giudizio per poter migliorare. Come sempre, il titolo è il mio tallone d'Achille. 
Pur non essendo affatto una song-fiction, mi è stata molto ispirata da Motherland, la terza ending di Fullmetal Alchemist, che vi consiglio di ascoltare - se l'ascoltate mentre leggete, ancora meglio. Non chiedetemi cosa c'entri FMA con Tenshinhan e Lunch, ultimamente me lo ritrovo dappertutto *w*
Un piccolo appunto: il nome "
Yūshoku" non l'ho scelto a caso. In giapponese, significa "cena".
Il disclaimer è sottinteso, assolutamente nulla di quanto citato tranne la trama mi appartiene.
Dedico questa storia a tutti voi che leggete, e soprattutto a chi segue la mia raccolta Ten/Lunch, per ringraziarvi . Spero davvero che vi sia piaciuta, se vorrete lasciarmi un parere sarò ancora più felice del solito.
SeaLight


   
 
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