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Autore: Lory402    14/11/2012    3 recensioni
Premetto che la cosa che (forse) state per leggere è un qualcosa di assolutamente irripetibile. In un momento di simil-depressione-acuta ero sul terrazzo e afferrrata la prima agenda che ho avvistato sono arrivata a scrivere di una ragazza che ha perso le speranze...
Dalla storia:
< Io non ero disperata, solo rassegnata. >
Se qualcuno vorrà lasciare una recensione per farmi sapere se sono o no da ricoverare ne sarei più che felice ^^"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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ADESSO

 

Era giunto il momento.

Non potevo continuare così, ne ero certa.

Oramai era da troppo tempo che mi trascinavo in una vita priva di significato, tutti i miei obbiettivi e le mie aspirazioni per il futuro sfumavano d’ innanzi a ciò che dovevo sopportare.

Caduta in miseria spirituale, non era più il desiderio che mi faceva continuare a vivere, ma solo il primordiale istinto di sopravvivenza insito in ogni essere, che, contro ogni logica, stentava ad abbandonarmi. Nonostante questo, l’ ora era arrivata.

Aprii la porta finestra poggiando un ginocchio sugli infissi in legno, da sempre l’ ingranaggio era difettoso. Spalancato il sottile strato di vetro tenuto insieme dal bianco della struttura, una piacevole brezza m’ investì, scuotendomi i capelli a ritmo col vento. Avanzai di un passo, e di un altro ancora, mi affacciai al parapetto osservando quella porzione di mondo che da sempre conoscevo. Appoggiai gli avambracci sul ferro bollente e dandomi una leggera spinta verso l’ alto posizionai il tallone di una gamba a poca distanza dal resto del corpo. Saltai lievemente sull’ altra gamba, appoggiando i palmi delle mani al parapetto, stesi le braccia e piegai la gamba sollevata per sporgerla nel vuoto. Con una spinta più potente delle altre alzai anche l’ arto inferiore prima ben saldo in terra fino a sedermi sopra al ferro. Indirizzai lo sguardo verso il basso, per l’ ultima volta osservai il nero dell’ asfalto sotto di me e scorsi con lo sguardo tutte le persone presenti. Nessuna mi sapeva in quello stato, era una cosa che avevo già notato in precedenza: ormai nessuno guarda più verso l’ alto.

In realtà devo confessare che non guardai giù solo per osservare questo fenomeno umano. Pensai che, teoricamente, se la mia fosse stata una decisione dettata solo dalla rabbia di quel frangente, mi sarei riscoperta ansiosa, timorosa, o per lo meno indecisa, questo, unito all’ adrenalina del momento, mi avrebbe dovuto far perdere lucidità, e, rendendomi conto della sensazionale altezza, non sarei dovuta riuscire a mantenere l’ equilibrio. In quel caso probabilmente avrei cercato di cadere nuovamente verso il sicuro balcone della mia abitazione, così che in pratica non mi succedesse nulla. Ciò però non avvenne.

Ero perfettamente calma in quegli istanti, fu così che capii una volta per tutte, senza ombra di dubbio, che la mia era una decisione maturata con gli anni nel pieno possesso della mie facoltà mentali, assolutamente sensata da un punto di vista d’ interessi: se quello successo fino ad allora non era risarcibile, contando il fatto che ancora per molti anni sarebbe stata la mia situazione, la mia era una decisione assolutamente sensata e comprensibile. Io non ero disperata, solo rassegnata.

Solo messo in chiaro questo con me stessa, mi buttai. Senza urlare, ormai avevo fatto la mia scelta, sarebbe stato più che da sciocchi pentirmene a quel punto.

Il vento mi sferza sul viso implacabile, ma solo per qualche secondo.

Il contatto con il terreno arrivò presto a placare il furioso ragionamento in atto nel mio cervello, a mala pena registrai qualche sensazione.

Fu così che un giorno assolutamente normale… divenne il giorno della mia morte.

Finalmente conquistai la pace… 

  
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