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Autore: TheHeartIsALonelyHunter    14/11/2012    5 recensioni
[Il Gatto con gli stivali]
E si addormentarono insieme.
E Kitty rimase tutta la notte con lui.
E rimasero insieme fino alla fine.
[Per La Mutaforma]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gatto con gli stivali, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lui era rimasto fermo troppo a lungo.
Immobilizzato sul posto per troppo tempo.
Era rimasta a guardare mentre lentamente se ne stava andando.
Stava morendo.
 
“Kitty…”
Quando aveva, lievemente, sussurrato il suo nome, con la sua piccola voce malata, lei si era avvicinata subito.
“Sì?”
Lui era rimasto per qualche istante senza parlare, guardandola semplicemente. I suoi occhi verdi come la speranza per un attimo le avevano fatto venire voglia di piangere.
Quei bellissimi occhi che un tempo la guardavano con amore, e quella bocca, che le sussurrava paroline dolci durante le notti d’estate, quegli occhioni con cui aveva incantata mille altre micie, non solo lei, si stavano lentamente chiudendo.
E lui lottava ostinatamente perché non fosse così.
Ma il Fato era crudele e non gliel’avrebbe riportato.
E Kitty lo sapeva troppo bene.
“Ti…Ti ricorderai di me, vero?”
Kitty era rimasta un attimo interdetta. Poi, chiudendo con fermezza le palpebre per non far salire le lacrime,aveva risposto solamente:
“Sì.”
E nella sua voce non aveva potuto nascondere il rimpianto e la paura di quegli istanti, e la crudele realtà che tanto le pesava: se ne stava andando, e se ne andava nel peggiore dei modi.
Persino i tristi momenti in cui, sola, si risvegliava le mattine e la cesta era vuota, persino quelle cupe notti passate all’adiaccio, persino quella speranza sempre viva nel cuore e invece la cocente delusione.
Perché lui sarebbe sempre ritornato da lei.
Presto o tardi, lei sapeva che l’avrebbe rivisto.
Ma stavolta l’addio era per sempre.
E Kitty si rese conto di quanto era lungo il “per sempre”.
 
Kitty gli aveva stretto convulsamente la zampa, in tutti quei lunghi giorni.
Gli aveva parlato, e gli aveva raccontato tante cose, mille cose con le lacrime agli occhi.
E lui ogni tanto le chiedeva, risvegliandosi momentaneamente dal suo stato:
“Mangia qualcosa Kitty. Sono giorni che non mangi…”
E lei leggermente gli sussurrava:
“Sì, sì, sì…”
E gli stringeva più forte la zampa, bagnandola di calde lacrime quando lui non la guardava.
“Perché piangi?”
E lei era rimasta zitta, senza dire nulla, per alcuni istanti.
“Non sto piangendo.”
Lui si era riaddormentato quasi subito.
E lei era rimasta sempre al suo fianco.
 
Era stato in una sera d’estate che lui era tornato da lei.
E stavolta con una notizia straordinaria.
“Resto con te.
Per sempre.”
E a lei era sembrato il più bello dei regali.
Era stata una notte intensa, la più bella della sua vita, e la consapevolezza che cento, mille, duemila altre notti sarebbero seguite a quella, l’avevano finalmente resa felice.
Non c’era più l’ansia della mattina dopo, e la paura del non ritorno.
Solo lei, Gatto, e il suo caldo pelo da accarezzare.
E le sue orecchie appuntite da grattare con dolcezza.
Era stato così bello che non le era sembrato vero.
Era stato qualcosa di bellissimo e felice, come mai le era capitato con lui.
Era stata felice.
Poi era arrivato Fernando.
Gli doveva dei soldi già da tempo, ma non credeva si sarebbe spinto alla rissa.
E lei avrebbe potuto morire.
Se non fosse arrivato Gatto.
E non si fosse messo tra lei e quella maledetta spada.
E la spada gli aveva attraversato il petto veloce e precisa.
Dritta al cuore.
E il suo sangue era schizzato sulle sue zampe.
Kitty sapeva che le sue zampe non sarebbero state mai più bianche.
 
Non c’era stato nulla da fare.
Gatto era ancora vivo, ma era come un fantasma. La sua vitalità, il suo spirito sagace, tutto quello che lo rendeva vivo era lentamente scomparso ogni giorno che passava.
Era come se qualcuno avesse preso dal suo petto il suo cuore e gliel’avesse strappato.
Era ancora vivo.
Ma non lo era più, ormai.
Non sarebbe stato più lo stesso.
La sua debolezza era estrema, e per giorni Gatto non si era alzato dal giaciglio che Kitty gli aveva costruito.
La ferita non voleva rimarginarsi, e il sangue continuava a uscire copioso, di tanto in tanto.
E Kitty provava a fermarlo, e provava a ricucire la ferita, ma l’unica cosa che otteneva era il sangue che sprizzava sulle sue zampe, e la sua voce che diceva:
“Non serve a nulla…”
E ancora lacrime.
E il suo sangue sulle sue zampe.
Sarebbe stata sporca per tutta la vita.
 
Gli stava vicino e continuava a rimanere lì, accanto a lui, quasi sempre sveglia.
Alle volte, di notte, si addormentava stringendogli la zampa, ai piedi del suo giaciglio.
E si svegliava solo quando lo sentiva tremare o sentiva il suo respiro improvvisamente diventare irregolare.
E allora passava un panno imbevuto d’acqua per abbassare la febbre sulla sua fronte, e lo accarezzava fino a quando non arrivava la mattina.
Non era ancora arrivata notte intera in cui Kitty fosse riuscita a dormire.
 
Si era addormentata di nuovo.
E un suo lieve richiamo l’aveva fatta svegliare.
“Kitty…”
E lei, subito, vicino a lui.
“Sì?”
Lui le aveva sorriso, debole, e per un istante Kitty aveva rivisto quello schietto spadaccino che aveva conosciuto tanto tempo prima.
“Ti…Ti ricorderai di me, vero?”
Kitty non aveva risposto subito.
“Sì.”
Lui allora, di nuovo le aveva sorriso, e le aveva sussurrato, con un filo di voce:
“Vieni qui.”
Kitty aveva per un istante spalancato gli occhi, interdetta dalla richiesta.
“Vieni.”
E lei non aveva potuto rifiutare. Non aveva voluto rifiutare.
I suoi occhi si stavano lentamente chiudendo, e lei voleva rimanere con lui fino alla fine.
Si stese sopra di lui, abbracciandolo più stretto che poté.
E lui le passò le braccia dietro al collo, con affetto e commozione enorme.
Allora Kitty cominciò a piangere.
Le lacrime vennero senza controllo, e Kitty non fece nulla per fermarle.
Lui con dolcezza l’aveva calmata, e aveva pianto con lei, e l’aveva abbracciata fino alla fine della notte.
Lei gli aveva parlato, chiedendogli scusa e dicendogli tutto quello che fino ad allora non gli aveva detto.
Lui l’aveva baciata e stretta al suo petto, con sicurezza e con fermezza eroica.
La ferita pulsava, ma a Gatto non importava.
La voleva lì, con lui.
E si addormentarono insieme.
E Kitty rimase tutta la notte con lui.
E rimasero insieme fino alla fine.
Fino a quando, all’alba, Gatto non emise il suo ultimo respiro.
E Kitty se ne accorse solo quando si svegliò.
E ringraziò Iddio di non averlo visto morire.
 
Kitty guardava la luna che spuntava all’orizzonte.
Era già sera.
Un’altra giornata era passata.
Chissà quante ne mancavano ancora alla fine della sua vita.
Lo stomaco mandò un lieve richiamo.
Ma Kitty non voleva rispondere.
Non voleva mangiare.
Si sentiva vuota, piena solo di tanto dolore, troppo dolore che non sarebbe mai sparito.
E le lacrime non venivano: ne aveva versate tante, tutte davanti a lui.
Lui l’aveva vista piangere.
Lo stomaco borbottò di nuovo.
Kitty si piegò senza accorgersene in due.
E si accorse di avere molta, MOLTA fame.
Bé, forse poteva mangiare qualcosa, in fondo.
Se non per lei, almeno per il cucciolo.  

  
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