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Autore: buffinkaxD    14/11/2012    4 recensioni
Grace è l'unica cosa che tiene Liam legato a Burnage,
l'unica cosa importante nella sua vita...
Ma quando le loro strade si dividono dirle addio sembra + difficile
del previsto. (ma.. sarà davvero un addio??)
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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You & I: Definitely  out of time
 


30 Novembre 1991, Burnage.

 
La porta di casa Gallagher sbatté producendo un rumore sordo.
“Questa volta è finita!” urlò Peggy, mentre suo marito si allontanava barcollando sulla strada. Ubriaco. Un’altra volta.
Seduto sul divano di casa Noel osservava la sua chitarra appoggiata al tavolino di fronte a lui.
Nell’altra stanza sua madre singhiozzava: era la prima volta che lui la sentiva piangere in quel modo. Odiava suo padre, odiava il modo in cui, nonostante la famiglia numerosa, si sentisse solo.
Si alzò all’improvviso prendendo su la chitarra e uscì di casa, senza dire niente. Il cielo su Manchester era carico di nuvole grigie che annunciavano pioggia ma a lui non importava. Continuò a camminare con la chitarra in spalla e le mani nelle tasche dei jeans, ci pensava da quando era andato via e adesso che era tornato a casa era giunto il momento di dirlo a Liam. Suo fratello si credeva così fottutamente bello e affascinante da dargli sui nervi per la maggior parte del tempo ma gli voleva bene in fondo. Svoltò a sinistra e raggiunse il garage di Bonehead , un tipo di ventuno anni amico di Liam che, a suo avviso, era alquanto strano.
Era li che i “The Rain” si trovavano a provare, non che Liam si fosse degnato di dirglielo, ma non gli ci era voluto tanto per scoprirlo nonostante il tour in America con gli Inspiral lo avesse tenuto lontano dai tristi cieli grigi di Burnage per quasi un anno.
Quando entrò nel garage la band stava suonando una canzone, probabilmente scritta da suo fratello, l’unico tra tutti abbastanza coraggioso da osare tanto. Liam cantava al centro della stanza, la solita birra aperta per terra vicino al microfono, mentre gli altri suonavano. La melodia non era male ma il testo era veramente detestabile.
Noel restò qualche secondo a fissarli con un sorriso ironico stampato sulle labbra.
“Cosa fai qui?” gli chiese Liam a fine canzone.
“Ti salvo” rispose Noel.
Gli altri membri della band erano rimasti in silenzio i litigi tra i due Gallagher erano sempre stati all’ordine del giorno, ma da quando Noel se n’era andato le cose si erano calmate.
“Cosa cazzo dici?” sbottò Liam.
“Dico che se continuate così l’unico spettatore che avrete sarà il fottuto gatto di quella vecchia bacucca della signora Bridge, dico che avete bisogno di me”
Liam lo fissò irritato, prendendo un sorso dalla birra hai suoi piedi.
“Ce la faremo anche senza di te fratello, come abbiamo fatto fino ad ora”
“Smettila di fare lo stronzo, guarda le cose come stanno: siete ancora a suonare in un fottuto garage di merda nella periferia di Manchester” disse Noel.
Poi si voltò dando le spalle al gruppo e cominciò a ripercorrere la strada per tornare a casa. Sapeva che parlare con Liam era una perdita di tempo, ma quella volta sentiva che ne valeva davvero la pena, per entrambi.
Percorse poca strada quando Liam lo fece fermare toccandogli il braccio.
“Sei proprio un bastardo” gli disse fissandolo per la prima volta da quando era tornato a casa.
“Ma sai che ho ragione, e lo sai già da un po’ Our Kid”
Noel continuò a camminare ma ora Liam era accanto a lui con addosso quella camicia larga, il caschetto alla Beatles e quegli strani occhiali da sole, inadeguati visto il tempo.
“E se anche fosse?” chiese Liam.
“Prendi la gloria di John Lennon, il successo dei Rolling Stones, la carica dei fan dei Sex Pistols  e unisci il tutto. Ecco cosa penso, ecco cosa voglio”
Liam rimase in silenzio per qualche istante, nella sua fottuta mente da mancuniano sapeva che quello era esattamente tutto ciò che voleva anche lui.
“E come facciamo?” gli chiese all’improvviso.
Noel sorrise. Se suo fratello si degnava di continuare un discorso significava che gli importava tanto quanto a lui.
“Con la tua voce, le mie canzoni e gli altri” disse accennando al gruppo rimasto nel garage alle loro spalle.
“Risposta del cazzo”
“Ma funzionerà”
“E tu come fai a saperlo?”
“Lo so e basta”
Liam non gli rispose, continuando a camminare per poi dare un calcio a un sasso sulla strada. Noel sapeva bene che Our Kid non gli aveva ancora perdonato il fatto di essersene andato di casa per fare da supporto a una band, di averlo abbandonato come aveva fatto poco tempo prima loro padre.
“E così la mia voce e le tue canzoni?” chiese Liam all’improvviso, rompendo quel silenzio.
“Esattamente”
“E’ così fottutamente assurdo che potrebbe funzionare”
Per una volta, pensò Noel,  suo fratello aveva fatto la scelta giusta.
“Ah una cosa: il nome The Rain … scordatelo”
“Hai qualcosa di meglio?”
“Devi fare pur qualcosa anche te nonostante io sia un fottuto genio!” disse Noel.
“Beh.. sarà il nome della band più figa del mondo, all’altezza del frontman”
“Mi accontento di essere chitarra solista fratello, lascio a te il piacere di fare il bamboccio al centro del palco”
“Il bamboccio più figo del pianeta”
Sul volto di Noel si aprì un sorriso sincero, il primo, da quando era tornato a casa.
Leggere gocce di pioggia cominciarono a cadere dal cielo carico di nubi grigie, macchiando qua e la le strade e le case nel distretto di Manchester. Senza che se ne accorgessero erano arrivati davanti alla loro scuola, quella che Noel aveva finito da un po’ e quella da cui Liam era stato espulso diversi mesi prima per aver tirato sacchi di farina addosso ai professori. I loro sguardi si posarono su una ragazza dai lunghi capelli biondi e gli occhi chiari che proprio in quel momento stava uscendo da scuola con dei libri tra le mani, sorridendo ad alcune ragazze senza accorgersi di loro, dall’altra parte della strada.
Si appoggiarono al muretto sul marciapiede opposto restando ad osservarla.
“Non la lascio qui” sbottò Liam accendendosi  una Benson.
Noel restò in silenzio. Grace era esattamente come quando se ne era andato e, a quanto pareva, Our Kid era ancora innamorato di lei.
“Non puoi costringerla. Ci vediamo a casa” gli rispose The Chief, spegnendo la sua sigaretta per poi allontanarsi lungo la strada.
Liam, invece, restò immobile, con le mani nelle tasche dei jeans, i capelli scompigliati e lo sguardo che di tanto in tanto si volgeva verso il cielo. Improvvisamente gli ritornarono alla mente ricordi di qualche anno prima quando lo avevano picchiato due o tre ragazzi li nel piazzale davanti a scuola, il primo anno di superiori, a come Grace lo aveva accompagnato a casa, a come erano diventati amici, come gli era stata vicina quando non c’era nessun altro, quando anche suo fratello se ne era andato.
Il ragazzo scosse la testa nel tentativo di allontanare quei pensieri dalla sua mente, poi riprese a camminare con le gambe abbastanza divaricate e le braccia penzolanti lungo i fianchi, con quell’andatura così originale e bizzarra, lanciando un’ultima occhiata a Grace, questa volta diretto verso casa.
 

La finestra della camera di Grace vibrò impercettibilmente, quella sera di novembre, mentre un sasso vi sbatteva contro. La ragazza alzò lo sguardo dal libro di filosofia per poi avvicinarsi alla finestra.
“William! Cosa ci fai qui?”
“Devo parlarti, e sono fottutamente gelato, vieni giù!”
Grace sorrise scuotendo la testa, poi chiuse la finestra e, infilandosi il cappotto sopra la tuta, scese velocemente le scale raggiungendo l’antiporta.
“Non è l’ora di uscire Grace” le disse sua madre bloccandole la strada.
La ragazza la fissò per qualche istante soffrendo nel vedere quel viso così provato, stanco, triste e.. perso. Sua madre era così da quando lei e Grace erano rimaste sole al mondo, ogni giorno sembrava invecchiare di un anno, arrendersi al dolore e abbandonarsi al silenzio che regnava in quella casa ormai da un tempo indeterminato.
“Torno subito mamma” sussrrò Grace afferrando la maniglia della porta.
La donna scosse la testa.
“Non puoi andartene Grace! Non posso stare da sola!”
La ragazza guardò sua madre, il braccio che le aveva posato sulla spalla, poi, lottando con tutta se stessa per non pensare a come stavano realmente cose, uscì di casa chiudendosi la porta alle spalle e lasciando quel mondo, il suo mondo, chiuso tra quelle mura.
“Tu sei fuori Gallagher!” disse a Liam non appena ebbe attraversato la strada calandosi il cappuccio sulla testa mentre deboli gocce cadevano dal cielo nero.
“Si, decisamente fuori e gelato! Cazzo che merda di mese.. dai, andiamo” disse il ragazzo passandosi una mano tra i capelli e prendendole la mano per poi cominciare a correre finché non arrivarono ai bordi del campo da calcio.
“Cosa facciamo qui?” gli chiese Grace guardandolo, sorridente.
“Domani me ne vado” disse Liam tutto d’un fiato.
La ragazza restò a guardarlo, in silenzio, mentre il rumore di una macchina sulla strada alle loro spalle illuminava per un istante il campo di erba umida.
“William tu.. perché?”
“E’ il momento che io faccia qualcosa, con mio fratello, con i The Rain.. ma io voglio che tu venga con noi, con me. Non ti voglio lasciare qui”
La ragazza lo guardò con le lacrime agli occhi, e il respiro pesante, Liam Gallagher era il suo migliore amico, era l’unica cosa assolutamente irrazionale e diversa che aveva reso, soprattutto nell’ultimo periodo, la sua vita così movimentata e.. felice.
“Non posso.. Io non posso venire Liam” riuscì a biascicare guardando quegli occhi così azzurri e grandi del ragazzo.
“ Si che puoi Grace! Starai con me, io potrò darti tutto, molto presto bionda questo schifo di posto sarà solo un ricordo!”
La ragazza scosse la testa, asciugandosi il viso.
“Io non sono pronta, io.. devo stare con mia madre, è sola, devo andare all’università.. io sono la secchiona Liam, quella che passa i compiti, non sono fatta per la musica, per il successo, per essere mantenuta..”
Il ragazzo la ascoltò poi, velocemente, appoggiò le sue labbra sulle sue per la prima volta dopo quasi tre anni, assaporò il suo profumo affondando la mano nei lunghi capelli biondi della ragazza, premendo il suo esile corpo contro il suo, scaldandola in quella fredda notte inglese.
I loro respiri si fecero presto irregolari mentre le loro labbra combaciavano perfettamente e si cercavano desiderose di stare insieme mentre le mani del ragazzo si muovevano lungo la schiena di Grace.
Presto la ragazza sciolse quel bacio, quell’abbraccio, spezzando il momento che entrambi aspettavano da troppo tempo, mentre le sue mani accarezzavano il viso del ragazzo e le loro fronti si toccavano facendo sfiorare anche le labbra. I loro respiri uscivano dalle loro bocche in debole nuvolette di fumo causate dal freddo di quel rigido novembre.
“Sei un idiota, un fottuto idiota”
Un altro bacio, un altro contatto a fior di labbra che risultò incandescente sulla loro pelle, poi Grace pronunciò le due parole che avrebbero cambiato per sempre la loro vita:
“..Non posso”
Con lo sforzo più grande della sua vita Grace si staccò dal ragazzo allontanandosi velocemente lungo la strada mentre grandi lacrime le solcavano il viso e lo stomaco le si torceva per il dolore: era come se qualcuno le stesse dividendo il cuore a metà.
Our Kid la osservò andarsene verso casa, una lacrima gli scese sulla guancia dove poco prima c’erano le mani di lei; era andato con la maggior parte delle ragazze di Burnage, aveva baciato quasi tutte le ragazze di Burnage, ma nessuna era come Grace, nessuna, avrebbe mai potuto essere come Grace.
Si passò una mano sul viso camminando nella direzione opposta a quella da cui era venuto, senza mai voltarsi, mentre il calore che poco prima invadeva il suo corpo lasciava spazio al freddo pungente che invadeva le vie di Burnage quella notte. Ancora poche ore e avrebbe lasciato quel posto, quella città.. lei.
E questa fu la prima volta che decise di dirle addio.

 


  
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