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Autore: Desperate Housewriter    16/11/2012    18 recensioni
Prova ad immaginarti la scena. Trovi una lettera molto lunga, c'è scritto sopra che è vietato leggerla. Con la coda dell'occhio riesci a leggere questa frase:
"Nascondo un segreto che non ho mai detto a nessuno, ma finchè non lo svelerò sarò rinchiusa qui dentro. Tutti nella vita abbiamo un piano A, come uno B, uno C e come ultimo uno D. Ecco, io sono stata costretta a portare a termine l'ultimo. Ho esagerato. Capisco che è giunto il momento di confessare. Ecco perchè ti sto raccontando tutto questo."
Continueresti a leggerla?
Se decidi di farlo, pian piano scoprirai il motivo per cui Sisi è andata in prigione, o, meglio, perchè ha voluto andare in prigione. Sí, perchè per una serie di problemi ha dovuto cercare di farsi beccare dalla polizia.
Perchè mai avrebbe voluto?
E tu, caro intruso, sei pronto a scioccarti?
"Un giorno tutti mi ameranno. Un giorno tutti verranno da lontano per sentire la mia voce. Un giorno tutti faranno a gara per starmi accanto. Ma non oggi."
Oh, dimenticavo, È ASSOLUTAMENTE VIETATO LEGGERE QUESTA LETTERA.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il seduttore che si vanta di iniziare le donne ai misteri dell’amore, è come il turista che arriva alla stazione e si offre di mostrare alla guida locale le bellezze della città.
Karl Kraus


PROLOGO
Era il 12 Giugno del 1990 quando Rolf decise di andare in un villaggio di Uganda, principalmente per due motivi. Il primo era per lavoro, stabilendo un contratto con il capo della tribù per costruire un edificio nel loro territorio, così da poter sfruttare il loro caldo sole e produrre energia. La seconda ragione, la più importante secondo lui, era quella di abbronzarsi un po’. Aveva bisogno di lasciare un posto umido e piovoso come Londra per andare in un posto caldo come l’Uganda. Infatti, la sua, era una pelle bianca, come quella di un'oca, così almeno lo descriveva mia madre. Dopo essere atterrato, delle macchine nere su terra battuta portarono lui e la sua compagnia verso il centro del villaggio, dove avrebbero soggiornato in attesa di essere ricevuti dal capo della tribù.
Il caso vuole che la casa dove venivano ospitati fosse quella a fianco all’abitazione dove vivevano mia madre Helen, e sua sorella, Sira. Di quest’ultima non ho mai saputo molto. Infatti, se ne è andata quando io avevo pochi mesi. Comunque, mia madre rimase incantata quando, da dietro la finestra senza vetri, vide Rolf e i suoi uomini camminare giù per la stradina a lei tanto familiare. Rolf, dei tredici, era il più elegante. Non gli si vedeva il viso: portava degli occhiali alla moda dalle lenti scure, che incantarono Helen. Camminava con un passo accelerato, come se volesse al più presto rifugiarsi in qualsiasi alloggio purché degno del suo alto rango. Si poteva immaginare che dietro di sé lasciasse una scia di profumo di acqua di colonia e un’aria di disagio a chiunque egli avesse guardato in viso. Portava una specie di cappio al collo, chiamato cravatta. Mia madre rimase stupefatta: non aveva mai visto un oggetto di tale insignificanza. Helen aveva uno di quegli sguardi “ebeti”, bocca socchiusa, mento reclinato verso il basso e sguardo vitreo. Quando mia madre si riprese dallo shock di tale bellezza e perfezione, Rolf passò accanto alla casa da dove lei guardava la scena, e, o per fantasia o veramente, le parve che l’uomo le avesse regalato uno sguardo.
Tutte le mattine, Helen passava davanti alla casa della vicina, dove Rolf alloggiava, per prendere l’acqua al pozzo. E tutte le mattine era sempre la stessa scena. Rolf era seduto in giardino su una sedia a dondolo con un libro nella mano destra e la testa retta dalla sinistra, da quanto mi ha raccontato mia madre negli anni. Dopo qualche timidezza iniziale, fecero conoscenza, passando le mattinate a parlare del più e del meno con l’inglese perfetto di Helen, ma con un accento fortemente africano. Un po' di giorni dopo, tra loro scoppiò l'amore. Allora Rolf decise di prolungare la sua "vacanza", per passare un po' di tempo con la sua fidanzata.
Proprio l'ultimo giorno, mentre stava per partire, mia madre gli annunciò sottovoce e con una certa impazienza che era incinta. Rolf ci mise un po' a mettere insieme tutte le sue parole, ma poi capì e la sua testa si alzò velocemente, come un cucciolo indifeso. Non risultò affatto contento, anzi, disse che riusciva sempre a mettersi nei guai. Mia madre non sapeva che cosa dire, si sentiva colpevole. Per la prima volta da quando si erano conosciuti le mancavano le parole. Allora Rolf le propose di tornare a Londra via con lui o qualche altra sciocchezza simile ma mia madre rifiutò. In Uganda aveva tutta la sua famiglia, tutti i suoi amici. D'altronde, aveva sempre vissuto in un semplice villaggio, non si sarebbe potuta mai adattare a stare a Londra. Questo almeno Rolf riuscì a capirlo, le promise che sarebbe venuto a trovarla spesso e poi partì. Mia madre pianse, quando lui lasciò la sua mano. Andando via, quel pomeriggio del 30 giugno, portò con sé quella parte del cuore di mia madre di cui lui aveva fatto parte così intensamente.
Il 24 marzo dell'anno successivo nacque un vero pasticcio, io. Sono capitata con la pelle di un bianco abbronzato, sfortunatamente. Si, perché nel mio villaggio mi facevano sentire un'intrusa, da sempre, pensavano che fossi inglese. Quello che non hanno mai capito, invece, è che io ho sempre vissuto lì e la mia cultura era proprio quella, non ero diversa. Tra l'altro, mio padre non l'avevo mai visto di persona. Aveva chiamato per i miei due primi compleanni e poi non si era fatto più sentire.
Quella che ci era rimasta male non ero io, ma mia madre. Sentiva tanto la sua mancanza. Per questo voleva partire per Londra. Avevo ribattuto, ma mia madre mi aveva risposto che lì avrei avuto un futuro migliore e che in questa tribù non avrei potuto fare niente, io però volevo restare, sapevo che Rolf era poco affidabile, me lo sentivo. Bastò una telefonata per convincere mio padre e a farci dare l'indirizzo, anche se era sembrato parecchio confuso, dopo sedici lunghi anni.
Io sono Sisi e questa è la mia storia, non una di quelle semplici, no. Nascondo un segreto che non ho mai detto a nessuno, ma finché non lo svelerò sarò rinchiusa qui dentro. Tutti nella vita abbiamo un piano A, come uno B, uno C e come ultimo uno D. Ecco, io sono stata costretta a portare a termine l'ultimo. Ho esagerato. Capisco che è giunto il momento di confessare. Ecco perché ti sto raccontando tutto questo.

Nessuna donna viene abbandonata senza ragione. È un assioma scritto in fondo al cuore di ogni donna; di qui il furore delle abbandonate.
Honoré de Balzac, Piccole miserie della vita coniugale, 1846


Hey! Allora, beh, questo diciamo che é il prologo, si un po' cortino ma vi prometto che i prossimo capitoli saranno più lunghi, non come nell'altra storia. Come vedete ho modificato. Mi farebbe sapere la vostra opinione.
Salutatemi Qualcuno
Desperate Housewriter
  
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