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Autore: miseenabime    17/11/2012    0 recensioni
Dal testo:
«Diciamo che ti ho persa dopo i primi tre secondi. Cosa dovresti fare essenzialmente con i mesi e i giorni?»
« Okay. Facciamo che dimentichi tutto quello che ti ho detto, va bene? Cancellali, Tabula rasa, Zero assoluto, okay?»
«Va bene, ma tu ora non riprendere uno dei tuoi discorsi insensati e arriva al punto. Al punto!»
«Certo, ok, ci sto. Il punto. Il punto è: senza rimpianti»

La paura di ognuno di noi è vivere con dei rimpianti. Cose che avrebbero potuto essere realizzate ma non si ha avuto il tempo, il coraggio di metterle in pratica.
C'è un tempo per ogni cosa, basta trovarlo
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Senza Rimpianti?

 

 

 

 

 

 

 A S.L., perché le orecchie dovrebbero fischiarti in continuazione.  

 

 
 
 
 
 
La verità è che soffro di rimpianti da quel giorno. 
Dal giorno in cui ho provato a eliminarli tutti, si sono moltiplicati.

Sei il mio rimpianto più grande. L’unico veramente importante.

 

 

 

«Vieni un attimo, che devo dirti una cosa!»

«E non puoi dirmela qui?»

«E’.. da Francesca, è abbastanza segreta mi ha detto, quindi non fare storie e seguimi!»

Presi Edoardo per un braccio e lo trascinai via.

Era l’intervallo tra la quinta e la sesta ora, per cui, poi saremmo andati a casa. Mi fermai alla fine di un corridoio secondario, dietro una colonna ed entrammo in un’aula vuota, la cui classe era uscita un’ora prima. Edo rimase davanti a me, con un sorriso sghembo stampato in faccia.

«Allora, Sam?» chiese impaziente. Odio quel soprannome, mi fa sembrare un maschio. Io mi chiamo Samanta, non Sam! Lui lo sa, e sono convinta che lo faccia di proposito a chiamarmi così. Soprattutto da quel sorrisetto che ha in faccia. 

«Allora, come tu sai… no aspetta, tu non lo sai!» l’illuminazione arrivò come un fulmine a ciel sereno. Lui non lo sapeva. Nessuno lo sapeva, tranne Francesca, Cate e Mary.

La sua espressione si fece più confusa.

«La professoressa dovrebbe dirvelo domani, comunque io oggi saluterò tutti. Cioè, non l’avevo ancora detto a nessuno, aspettavo l’ultima ora. Io non verrò più a scuola. »

«Come sarebbe a dire non verrò più a scuola?» ora era molto confuso.

«Nel senso, non che non andrò più a scuola, ma non qui. Io… Io mi trasferisco. » aspettai una sua reazione, ma non avvenne assolutamente nulla, restava lì fermo e non riuscivo a capire se stesse guardando me o se avesse lo sguardo perso. Comunque non avevo il coraggio di guardarlo troppo negli occhi.

«Sai, cioè, voi sapete che io ho sempre avuto questa osses-, no, volevo dire, passion-, insomma, questa propensione…» Pausa. Dio, che mi prendeva? Non sapevo formulare una frase di senso compiuto. Di solito ero impacciata, ma non fino a questo punto, la verità è che lui mi metteva in soggezione. Non dava segno di alcuna reazione alla notizia e io non sapevo cosa aspettarmi. Il dubbio mi metteva timore. «Questa propensione alla danza. Ho dato l’esame. Mi hanno presa, vado in accademia. Sono già in ritardo quindi non vogliono farmi perdere nemmeno un giorno e inizio domani. Inolt-»

«Dove?» mi interruppe bruscamente

«A… A Milano.»

«Ah.» fu la sua unica risposta

Io non sapevo più che dire. Stavo per girarmi, andarmene e dimenticare il motivo per cui l’avevo trascinato lì, il motivo per cui Francesca mi aveva spinto a farlo, volevo solo uscire da quella situazione soffocante. Quando lui mi fece la domanda che aspettavo:

«E io cosa c’entro?» chiese. E parve tornare in sé, il suo sguardo trovò il mio e ci guardammo negli occhi, non era più perso, aveva assimilato la notizia. La soggezione, però, restava.

«Ecco, Francesca mi ha convinto- Volevo dire, abbiamo ragionato. Dopo un discorso di qualche ora, o forse mezz’ora, comunque molto tempo siamo arrivate a alcune conclusioni e abbiamo stilato una lista di punti fondamentali che non possono essere trascurati in una situazione del genere.» che discorso sconnesso, facevo fatica a seguire me stessa, figuriamoci come avesse dovuto sforzarsi lui!

« Lei aveva le sue ragioni, io le mie. Ma è un situazione molto complicata e per non andare via senza aver sfruttato al massimo della potenzialità questo istituto, questo spazio di vita, ogni anno, ogni mese, ogni settimana, ogni giorno, minuto o secondo che ho passato qui siamo arrivate a una soluzione che sarebbe quella che io avrei dovuto vivere al meglio ogni istante dei suddetti tempi detti prima ma qui si pone il problema: l’atto non è stato eseguito, perciò in qualche modo devo rimediare prendendo le occasioni che non ho sfruttato in passato e facendo tutto al presente prima che io parta. Lo capisci?»

Era basito. Confuso, molto confuso. In effetti il mio discorso non aveva per niente senso, colpa dell’agitazione.

«Diciamo che ti ho persa dopo i primi tre secondi. Cosa dovresti fare essenzialmente con i mesi e i giorni?»

« Okay. Facciamo che dimentichi tutto quello che ti ho detto, va bene? Cancellali, Tabula rasa, Zero assoluto, okay?»

«Va bene, ma tu ora non riprendere uno dei tuoi discorsi insensati e arriva al punto. Al punto

«Certo, ok, ci sto. Il punto. Il punto è: senza rimpianti»

Il punto, perfetto, non aspettavo altro che il punto. Quindi arrivai al punto, gli corsi incontro come un uomo nel deserto corre incontro ad un’oasi, come un atleta corre al traguardo, verso le sue speranze, i suoi sogni, i suoi obiettivi. Gli corsi incontro il prima possibile, perché ormai avevo sprecato troppo tempo.

Gli corsi incontro e lo baciai.

Non il punto, Edoardo.

Un punto non si bacia, almeno credo. Un ragazzo sì invece, ed è anche piacevole, specialmente sei il ragazzo è lui. Vai via da qui con la consapevolezza di aver fatto tutto quello che volevi fare. Avevo fatto tutto: primo, insultato la bidella per tutte le volte in cui mi aveva negato le fotocopie ed ero stata sgridata per colpa sua dal professore; secondo, spiegato alla prof. di latino che una capra ammaestrata (non necessariamente) spiegherebbe meglio di lei; terzo, ringraziato la signora del bar per tutte le caramelle che mi aveva regalato; quarto, aver fatto una schiacciata in faccia, durante ginnastica mentre giocavamo a pallavolo, al mio compagno di classe che non rideva come un cretino ogni volta che venivo fuori interrogata. Mi mancava solo Edo.

L’avevo tenuto per ultimo perché il bello del gioco arriva alla fine, il finale deve essere spettacolare, volevo che l’ultimo ricordo della scuola fosse dolce e profumato. Proprio come lui.

Proprio come lui che ora mi sta baciando, anche se non ha capito nulla del perché. Che ha accolto le mie labbra, ha una mano sulla mia vita e mi ha permesso di fargli passare la mia tra i capelli.

Lui che mi abbraccia, approfondisce il bacio e mi spinge all’indietro finché non urto contro un banco e continuiamo a baciarci. Edoardo che ho sempre guardato da lontano senza aver il coraggio di dirgli nulla, che ho sognato, su cui ho fantasticato tante volte. Avevo immaginato come sarebbe stato baciarlo, in tutt’altre situazioni, certo, ma questa era perfetta. Questo attimo era perfetto e, anche se è una cosa sdolcinatissima e sentimentale, avrei voluto continuare a baciarlo all’infinito. Continuare a sentire il suo sapore di menta fresca e i suoi capelli tra le mie dita, ma tutto questo sarebbe durato solo un attimo. Durò solo un attimo.

Quando ci staccammo poggiai la mia fronte sulla sua. Non ebbi il coraggio di aprire gli occhi. Non so se lui lo fece. Io non pensavo a niente, solo a imprimere nella mia mente ogni particolare di ogni sensazione per non farlo più andar via, per impedire a questo momento di essere cancellato. E quasi mi veniva da piangere.

«Senza rimpianti?» chiese.

«Senza rimpianti».

  
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