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Autore: Siyah    04/06/2007    8 recensioni
-Cosa c’è nii-san? Un incubo?-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Elric
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: Cari lettori, prima di leggere questo obrobio, dovreste sapere due o tre cosette: avevo bisogno di scrivere questa ff, davvero bisogno. Perciò l'ho scritta, dettata da una sottilissima vena ispiratoria.
E come vedrete fra poco non comporta alcun pairing speciale o spoiler. Una cosa però vorrei dirla comunque: Vi siete mai svegliati sapendo di aver sognato o ricordato qualcosa di speciale e stupido che però vi mette di buon umore?
Bè, la storia parla di questo e altro.
Ma non posso rivelarvi tutto, no?
Doveva nascere come drabble ma non ce lo fatta...T_T

Buona lettura e se ne avete voglia lasciate un commentino!^^



Sdang & Smack
“First sight”





Un giorno come tanti il sole impietoso batteva le strade sterrate e l’assenza del vento immobilizzava come stasi temporale quel piccolo pezzo di paradiso.
Una voce gentile e femminile ruppe la quiete pomeridiana e arrivò all’interno della casa gialla e strana dal tetto spiovente.
La porta si aprì silenziosamente alla luce asterna delineando i contorni e le fattezze della padrona di casa.
Capigliatura impossibile, capelli ormai opacizzati dal bianco, occhiali tondi e immancabile pipa alla bocca.
La piccola cinquantenne sorrise agli ospiti e poi si voltò verso l’interno della casa.
-Sara! Urey! Abbiamo visite!-
Scese le poche scale che la dividevano dagli ospiti.
-Ciao.-

-Trisha! Hohenheim!
Due figure più o meno bionde comparvero dietro di lei, raggiungendola in pochi attimi.
-E’ un piacere rivedervi!-
-Grazie.-
-Stavamo facendo una passeggiata con i bambini.-
Spiegò Hohenheim con uno dei suoi calmi sorrisi.
-Non pensavo ti piacesse la luce del sole, Hohen..-
Fece Pinako con malcelata ironia.
-Mà, dare un taglio alla tua lingua velenosa no? Eh?!-
-Non rompere, figlio!-
Urey sospirò mentre la moglie si avvicinava a Trisha.
La consorte di Van Hohenheim teneva in braccio un bambino veramente piccolo, che sembrava superare i dodici mesi di poco, gli occhioni dolci, di un chiaro nocciola, guardavano con curiosità la donna bionda che aveva davanti, tenendosi aggrappato con le manine paffute al seno materno.
Sara si abbassò di un poco, osservandolo un attimo prima di sorridergli in modo veramente tenero.
-Ciao Al.-
Trisha sorrise a sua volta poi mosse leggermente il braccio destro e la mano spingendo in avanti il primogenito che entrò nel campo visivo dell’altra donna.
Si abbassò di più, appoggiando tutto il peso del corpo sulle ginocchia piegate.
-Ehi! Ti nascondi, Ed?-
Lui semplicemente le sorrise di una dentatura lattea mentre apriva e chiudeva la manina in un primitivo cenno di saluto.
Sara gli scompigliò la testolina biondo grano rivolgendo anche a lui un solare sorriso.
Urey guardava la scena intenerito dalla dolcezza della moglie.
Poi si ricordò di qualcosa ed eslamò in preda al panico:
-Winry!-
Scattò verso casa, seguito dal resto della combricola allarmata.
Una volta entrati, sul tavolo da lavoro dell’anziana meccanica, i genitori potevano vedere la loro biondissima figlia giocare con bulloni e chiavi inglesi ridendo e divertendosi come una matta.
Un collettivo sospiro di sollievo eleggiò nell’aria.
-Che razza di genitori siete?!-
Inveì Pinako contro suo figlio e la nuora.
Nessuna risposta si fece spazio tra i presenti, solo reo silenzio ondeggiò nella penombra della stanza, poi Sara si piegò sulla figlia per accertarsi delle sue condizioni.
Quando sentì la sua mano sulla testa Winry guardò la madre felice, picchiando una vite sul legno chiaro.
L’improvvisato giocattolo fu salvato dal padre che gliela rubò dalle ditine incerte, rimettendola al suo posto.
Lei cercò inutilmente di riprenderla allungando le piccole braccia rosee e biascicando lamenti grammaticalmente scorretti.
Gli occhi le si riempirono di lacrime e sarebbe scoppiata a piangere se non avesse visto i due bambini che la guardavano.
Trisha notò lo sguardo e le sorrise.
Si avvicinò al tavolo, si piegò alla sua altezza e girò il piccolo Alphonse nella sua direzione.
Il bambino si sporse quanto più il suo equilibrio gli permise senza smettere di succhiare avidamente il ciuccio.
Lei sembrò sorpresa dalla curiosità del bambino e come per far smettere a quegli occhi di guardarla allungò una mano verso il visino di lui, gliela appoggiò sulla guancia e la percorse brevemente in una rude carezza.
Al smise subito di sbracciarsi nella sua direzione e rimase immobile finchè Trisha non lo sistemò nel passeggino.
Fu in quel momento che ella vide Ed, aggrappato senza ragione al pantalone del padre, imbronciare il visino verso la figura sconosciuta che il fratellino aveva analizzato prima di lui.
La gelosia infantile lo spinse fino al tavolo troppo alto.
Provò ad alzarsi sulle punte per cercare di aggrapparsi al piano di legno compensato tuttavia la presa instabile di un bambino di due anni si fece sentire, sbilanciandolo all’indietro.
Ma un’attimo prima dell’impatto con il pavimento una mano lo afferrò per la maglietta gialla.
Il piccolo Edward alzò lo sguardo confuso verso il padre che, con la solita espressione tranquilla e impenetrabile, gli sorrise impacciato e, prendendolo per i fianchi, lo sollevò facendolo poi sedere di fronte alla coetanea.
I bambini si guardarono negli occhi per un lungo istante, sbattendo le palpebre alternativamente.
La bambina si piegò in avanti avvicinandosi il più possibile al bambino mai visto prima, che le pareva immobile.
Spostò il visino in giù inclinandolo verso l’alto in modo da curiosare più dettagliatamente.
Il bambino seguì il suo movimento ma non si mosse, gli occhi rimanevano appiccicati a quelli cerulei della bimba.
Lei sembrò stufarsi e afferrò qualcosa al suo fianco.
Un suono sordo anticipò di una manciata di secondi un pianto infantile.
Le rispettive madri si girarono, Trisha smise di dondolare il passeggino di Al e Sara si mosse velocemente verso la figlia, strappandole la piccola chiave inglese che teneva spasmodicamente stretta nella manina.
-Winry! Quante volte ti ho detto di non toccare gli aggeggi della nonna?!-
La rimproverò schiaffeggiando leggermente la mano incriminata. Si rivolse all’amica.
-Perdonami Trisha, non riesco a staccarla dagli attrezzi di mia suocera!-
La donna sorrise e la rassicurò.
-Non ti preoccupare, gli verrà un piccolo bernoccolo, niente di chè.-
Sara Rockbell si rivolse ancora alla figlia e , smorzando il tono severo con dolcezza materna, si chinò verso l’orecchio della sua piccola bambina.
-Perché non gli fai una carezza? Per scusarti…-
Winry la guardò, cercando di associare le parole della madre ad un gesto che gli desse significato.
Ed smise di piangere nel momento in cui Winry gli appoggiò tutte e due le mani sulle guance, afferrandogliele saldamente.
Gli occhi dorati del bambino si spalancarono nel vedere l’espressione decisa della bambina.
Si sporse e premette le sue labbra su quelle di Ed per una manciata di secondi.
Il bambino biondo rimase lì, completamente immobile mentre Winry gli lasciava le guance rosse e morbide, sorridendo soddisfatta.
Si voltò verso la madre per cercare approvazione e la trovò alquanto stupita.
Poi Sara si voltò verso Trisha che teneva una mano davanti alla bocca per mascherare la sorpresa.
Si guardarono negli occhi e risero dell’innocenza beata di cui ancora godevano i loro pargoli.
Da lontano i rispettivi mariti, spettatori anche loro, ridevano tra battute maliziose.
Urey notò il modo in cui Hohenheim sorrideva, di una gioia autentica e vera.
Ora come non mai sembrava veramente umano, gli occhi rilucevano di gioia e non erano persi nel vuoto dell’orizzonte che sembrava voler bruciare.
I bambini non capirono il perché di quel divertimento e non potendo domandare con le parole voltarono i loro irresistibili occhioni verso le due madri a intermittenza.
Loro se ne accorsero e li presero in braccio.
-A prima vista, eh?!- -Già!-
Risate cristalline riempirono di nuovo la casa.

¤ ¤ ¤



Riverso sul suo letto a pancia in giù, Edward spalancò gli occhi.
Si alzò a sedere, mentre il ticchettio leggero della pioggia si faceva strada attraverso le pareti della locanda.
Udì un cigolio metallico.
-Cosa c’è nii-san? Un incubo?-
Lui si toccò la fronte, all’attaccatura dei capelli.
-No… non so, non penso… non ricordo.-
-Ti fa male la testa?-
Ed lo guardò un attimo, poi lo sguardo tornò sulle lenzuola.
-Un po’…-
Al rise, o almeno l’armatura provò a riprodurre un suono gioioso e scheggiato.
-Non è che Winry ti stà dando un po’ troppe chiavi inglesi sulla testa? Alla fine ti si è danneggiato il cervello.-
Il maggiore si voltò verso il fratello, indignato.
-Come osi dare del menomato mentale a tuo fratello?!-
Un qualcosa di morbido arrivò dritto sulla faccia metallica di Al, bucato dalla punta posizionata in fronte, sparse per qualche metro delicate piume candide.
Alphonse non ci pensò due volte e afferrò il cuscino del suo letto inutilizzato, lanciandolo con forza verso Ed che lo schivò con una pernacchia.
Cominciò così una lotta senza esclusioni di colpi, i letti divennero trincee, cuscini-bombe esplosero in bianchi proiettili che solleticavano e volteggiavano sopra due alchimisti che gicavano come due fratelli qualsiasi mentre il mondo picchiettava alla finestra sempre meno, ignorato e spazzato via da una leggera brezza mattutina.
E mentre Ed lanciava il guanciale ricreato con il consueto battito di palmi, si sentiva leggero e inconsistente come le piccole strutture aerodinamiche che spazzavano la stanza, forse felice.
Si fermò a pensare se fosse stato il sogno o il ricordo di esso, ma non fece in tempo a ringraziarlo che un altro cuscino lo colpì in pieno viso facendolo cadere rovinosamente a terra.
E dietro il cuscino un grosso, imbarazzante sorriso si riempì di piume.
  
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