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Autore: Nana Kudo    17/11/2012    7 recensioni
“Non è venuto, vero?”
Chino il capo.
Fa male. Sì, fa davvero male sentirmelo dire tutte le volte. Doverti mentire tutte le volte. Vederti piangere, odiarmi ed amarmi allo stesso tempo… tutte le volte.
Ma soprattutto, sapere che non posso farci niente. Che nonostante io sia qui, a prescindere dal corpo con cui mi presento, non posso nemmeno congratularmi con te come vorrei. Che nonostante continui a ripeterti che sei stata bravissima e che sono orgoglioso di te, so che non sarà mai abbastanza, e che in fondo, alle tue orecchie queste parole giungono come quelle di un bambino di appena sette anni, del tuo dolce e caro fratellino, ma non come parole dette da Shinichi, quel detective stacanovista che –come credi tu- ti ha abbandonata per andare a risolvere casi in giro per il mondo, ti ha lasciata sola.
Genere: Malinconico, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Sonoko Suzuki | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                     Never want to see her cry anymore

 Dedicata a Paddy-chan❤ 

***

She would want to see me.
If I had say how I feel about her,
She would miss me even more.
All this time I’ve breaking her heart by
Keeping her wait, yet
I can’t still appear
Before her eyes.
 
***
 

 
Ti lancio uno sguardo, e sorrido.
Per poi ricevere una tua bellissima curvatura delle labbra che trasmette tutta la tua felicità in questo momento, per tutta risposta.
E rimaniamo così, te in mezzo ad una palestra, con addosso un candido kimono bianco ed una medaglia dorata al collo. Ed io in mezzo ad una tribuna, con tutti i nostri amici e parenti accanto, che, felici, festeggiano la tua vittoria abbracciandosi tra loro, chi in modo normale e chi nel più esagerato. E, sempre tu, arrossisci nel vedere tuo padre passarsi tutti i famigliari e amici degli altri concorrenti, urlandogli qualcosa simile a “Ah! Ben ti sta! Ha vinto mia figlia, ha vinto mia figlia!”, e accompagnare il tutto con dei salti e risate causate dalla sbronza di ieri sera, che purtroppo ancora non gli è passata. Quell’uomo è imbarazzante, lo sappiamo tutti ormai, non possiamo farci proprio nulla.
Aspetti che si calmino le acque, e ti decidi finalmente ad avvicinarti a noi.
Abbracci i tuoi genitori. Ringrazi tua madre per aver trovato il tempo ed essere venuta al tuo incontro. Per poi spostare tutta l’attenzione sul piccolo detective con gli occhiali, distante poco più di un metro da te, che continua a sorriderti e farti i complimenti per la vittoria appena conquistata. E sorridi malinconicamente, mentre Eri e Kogoro lasciano la palestra assieme ai bambini per comprare qualche merendina ad uno stand qui fuori.
Siamo soli. Soli. Io, te, soli… con solo quell’oca di Sonoko sempre in mezzo alle scatole, purtroppo.
Ma non le diamo molta importanza, e, come se niente fosse, ignorando i festeggiamenti intorno a noi, al di fuori di questa fragile bolla di sapone che ci protegge dal mondo esterno, continuiamo questa nostra intensa e pesante gara di sguardi; anche dopo che quelle tue rosee labbra dischiudono quel loro sigillo creato dal tuo sorriso, e iniziano con le tipiche frasi che tra poco porteranno l’ennesima frattura al mio cuore.
“Non è venuto, vero?”
Chino il capo.
Fa male. Sì, fa davvero male sentirmelo dire tutte le volte. Doverti mentire tutte le volte. Vederti piangere, odiarmi ed amarmi allo stesso tempo… tutte le volte.
Ma soprattutto, sapere che non posso farci niente. Che nonostante io sia qui, a prescindere dal corpo con cui mi presento, non posso nemmeno congratularmi con te come vorrei. Che nonostante continui a ripeterti che sei stata bravissima e che sono orgoglioso di te, so che non sarà mai abbastanza, e che in fondo, alle tue orecchie queste parole giungono come quelle di un bambino di appena sette anni, del tuo dolce e caro fratellino, ma non come parole dette da Shinichi, quel detective stacanovista che –come credi tu- ti ha abbandonata per andare a risolvere casi in giro per il mondo, ti ha lasciata sola.
“Lo sapevo…” sussurri, con una sfumatura di amarezza nella tua voce, e con una piccola goccia amara che i tuoi occhi –divenuti ormai spenti per colpa mia- si lasciano sfuggire, permettendole di rigarti il viso, di solcare quelle tue morbide quanto delicate guance, segnandole come cicatrici.
“Ran..” prova a calmarti Sonoko, allungando un braccio verso di te, notando le lacrime straripanti dai tuoi occhi raddoppiarsi, crescendo in numero e cominciando a poco a poco ad offuscarti la vista, a velarti le stesse iridi chiare da uno strato leggero creato da esse. Beh, per una volta quell’oca prova a fare qualcosa di utile.
“No, lasciami!” rispondi, scostandola in modo a dir poco brusco, e cominciando ad esprimerti in singhiozzi.
Fa male.. di nuovo.
Vorrei dare la colpa al sottoscritto per averti illusa, facendoti credere che sarei venuto a vedere il tuo incontro, ma non posso. Non posso perché io te l’avevo detto che non ce l’avrei fatta a venire. Che avevo un caso importante da risolvere. E che mi dispiaceva. Ma tu hai semplicemente chiuso la telefonata, e sorriso sperando che in fondo, alla fine, ci sarei venuto all’incontro. Ti sei costruita tutto un muro di convinzioni e speranze, di sogni e sorrisi, di felicità, perché pensavi sarei venuto comunque, che avrei messo da parte il lavoro e sarei venuto a vederti. Ma ora, invece, nel vedere questo muro crollare davanti ai tuoi occhi, e queste convinzioni, speranze e sogni dissolversi come neve al sole, non puoi far altro che crollare insieme a loro, contagiando però anche chi ti sta attorno.
Ed ora sì che penso che forse, è comunque colpa mia.
Ed ora sì che non posso far altro che abbassare il capo colpevole, sapendo che niente, nessuna scusa, nessuna bugia, potrà sistemare le cose.
Lasciamo correre il tempo, come se ormai di lui non ce ne importasse più niente, mantenendo sempre la stessa e identica postazione, in un silenzio rotto solo da qualche tuo singhiozzo.
“Vado a farmi una doccia” azzardi all’improvviso, per poi asciugarti le lacrime con la manica del kimono e avviarti allo spogliatoio.
Aspetto che tu sia distante da noi, per poi rivolgere uno sguardo a Sonoko, che lei, stranamente, capta al volo.
“Ho capito, vado” mi risponde, prima di raggiungerti di corsa, e lasciarmi di conseguenza solo, senza nessuno accanto, solo i molteplici palloncini e coriandoli che a volte mi sfiorano le gote.
 

People say, we shouldn’t be together
We’re too young, to know about forever
But I say, they don’t know what they
Talk, talk, talkin’ about
‘Cause this love, is only getting stronger

 
Lascio che i ciuffi ribelli e corvini mi ricadono sulla fronte, oscurandomela, aiutandosi anche con i riflessi che le luci della palestra puntate sulle lenti dei miei occhiali producono.
Curvo le labbra in un sorriso, amaro.
L'ho fatta piangere… di nuovo. Sembra come se la cosa fosse diventata abituale, ormai. Come se non farla piangere porterebbe la nostra vita a perdere equilibrio, a farle perdere l’orientamento o privarla di un senso.. ma non riesco comunque a sopportarlo.
Stringo una mano in pugno.
Fa male…
Improvvisamente, inizio a sentire la gente bloccare i loro festeggiamenti, e lasciare per un attimo trombette, coriandoli e palloncini, mettendoli da parte, e rendere il silenzio sovrano di questo posto.
Devono essersi accorti che tu non ci sei, che hai lasciato la stanza.
“Dov’è andata la Mouri?” la prima voce a spezzare questo silenzio insopportabile. Non la conosco, ma credo sia un nostro compagno di scuola.
“L’ho vista andarsene via in lacrime poco fa” interviene una voce femminile, dietro di me, in risposta a quella del ragazzo. “Evidentemente starà così per lui… non è venuto nemmeno ‘sta volta”
“Nemmeno questa?” chiede conferma il ragazzo, sorpreso.
“No, nemmeno questa”
“A volte penso che dovrebbe dimenticarlo, in fondo è ancora così giovane, può sempre trovarsene un altro di ragazzo” si unisce a loro un’altra ragazza, che forse –se non sbaglio- era in classe con noi.
“Sì infatti. In fondo sono troppo giovani per pensare ad un per sempre insieme, non trovate anche voi?” l’ennesima voce che si aggiunge alle tre, seguita poi da altre e altre ancora, che pian piano formano una piccola discussione su di noi, ma che io respingo, ignoro, non calcolo nemmeno.
In fondo chi sono loro per giudicarci? Per provare anche solo a capirci, a capire cosa proviamo e come vorremmo sentirci, quando in realtà non sanno niente, niente di noi?
Quando in realtà non sanno che il filo che ci unisce da sempre, si sta solo andando a rafforzare in questo modo?
Quando invece, le loro parole servono soltanto a farmi capire quanto in realtà tutto ciò servirà a rendere il mio ritorno ancora più unico e.. non saprei nemmeno come descriverlo, a dir la verità.
 

They don’t know about the things we do
They don’t know about the I love you’s
But I bet you if they only knew
They will just be jealous of us
They don’t know about the up all night’s
They don’t know I waited all my life
Just to find a love that fills this right
Baby, they don’t know about,
They don’t about us

 
Li lascio parlare, ignorandoli, non permettendo neanche alle loro parole di raggiungere i miei timpani; mentre mi vado a sedere sugli spalti a cui stavamo appostati io e gli altri fino a poco fa, fino alla fine del tuo incontro, Ran.
Mi appoggio su quei gradini rivestiti di gomma nera, fredda e nera come la pece; e non posso far altro che pensare a noi due e a tutto ciò che la gente in questo momento sta spettegolando su di noi.
Mi lascio sfuggire un risolino. Come possono parlare quando non sanno nemmeno ciò che facciamo noi due insieme?
In fondo loro non sanno che in realtà, il sottoscritto ti accompagna in tutte quelle faccende quotidiane che svolgi. Non sanno che quello che tutti i giorni viene a fare la spesa con te, altri non è che Shinichi. Non sanno che quello che ti tira sempre su il morale tramite piccole e semplici cose sono io, sempre io, Shinichi, e non il piccolo Conan Edogawa. No. Non lui.
Non sanno di tutte le notti insonne che entrambi passiamo, ferendoci l’un l’altro, con frasi che ti lasci sfuggire per la rabbia e il dolore, e per atteggiamenti che io intraprendo pur di non doverti dire l’unica e sola verità, sperando possano in qualche modo sistemare le cose… ma invano.
Non sanno quanto io provi a risolvere questo difficile ed intricato caso di cui al momento mi sto occupando, di quanto preferirei essere con te, o di quanto preferirei non vederti piangere per colpa di tutto ciò.
Non sanno neanche quanto ti amo, forse non lo sai neanche tu, forse a Londra non sono riuscito a farti capire quanto tu sei importante per me e quanto questo sentimento abbia stravolto tutto ciò in cui ho sempre creduto, ho sempre amato. Perché sì, Sherlock Holmes, il mio idolo e il motivo per cui tu mi chiami maniaco di gialli, ha sempre considerato l’amore come un sentimento irrazionale, una distrazione, un fastidio, un qualcosa di troppo. Ed io all’inizio ci ho creduto, lo ammetto, ma fino a provare quel sentimento nei tuoi confronti. L’amore… no, l’amore non è zero, non è una distrazione, un fastidio, né una debolezza. Chi lo crede e ne è convinto, si sbaglia. Evidentemente l’amore lui se l’è fatto scappare. Non è riuscito a trattenerlo, ad incatenarlo e legarlo a sé come fosse una manetta legata al braccio di un ladro, il ladro che è riuscito in qualche modo ha rubarti il cuore. Ha fallito, in pratica, e di questo fallimento ne fa la convinzione che in realtà non poteva esistere vittoria e che in realtà quel braccio su cui ammanettare le proprie manette, non esisteva neanche, pur di non ammettere la propria sconfitta. No, con te è diverso, con te sia braccio che manetta esistono, e non voglio perdere né uno né l’altro.
Tutti coloro che provano anche solo a dire qualcosa contro ciò.. beh, loro non hanno conosciuto noi due a quanto pare. Non sanno niente, e non credo riusciranno neanche mai a capirlo.
Perché anche se ci provassero, non ce la farebbero, o in caso contrario, sarebbero solamente gelosi di un sentimento vero come questo. Sì, gelosi.
 

They don’t know how special you are
They don’t know what you done to my heart
They can say anything they want
‘Cause they don’t know about us

 
Perché in fondo loro non sanno neanche quanto in realtà tu sia speciale. Rimanendo comunque ad aspettarmi nonostante il mio ritorno si fa sempre più lontano. Continuando ad amarmi come –o forse anche più- di prima nonostante io non sia lì con te, o almeno, lo sono ma a tua insaputa, e con un corpo differente dal mio.
Non sanno quello che con questi tuoi modi di fare, la tua paura, la tua dolcezza, e la tua insicurezza sei riuscita a fare al mio cuore, facendogli vedere improvvisamente tutte queste complicanze con occhi diversi, occhi di chi sa che dopo il dolore, dopo la tempesta, c’è sempre la felicità, l’arcobaleno.
Distolgo lo sguardo dalle punte bianche delle mie converse, e lo sposto sulla tua figura che lentamente si avvicina al sottoscritto.
Sorrido, e mi alzo da quei gradini freddi e duri, per venirti in contro. Passando tra tutta quella gente che continua a parlare sul mio presunto abbandono nei tuoi confronti, e tutte le belle impressioni che per questo cominciano a farsi.
Metto le mani in tasca, e mi lascio sfuggire un altro sorriso, divertito sta volta. Possono dire tutto ciò che vogliono, tanto qualsiasi parola esca dalla loro bocca non può farmi né caldo né freddo, perché loro tanto non sanno niente di noi.
Cammino ancora un po’ tra loro, fino a raggiungerti, finalmente.
“Vogliamo andare?” mi chiedi, sempre con una leggera nota di tristezza e delusione nella tua voce, mentre Sonoko accanto a te mi guarda come per farmi intendere che non è riuscita a far molto.
Sorrido, e abbasso lo sguardo, sotto il tuo incuriosito e stupito al tempo stesso.
“Ran-neechan…” sussurro, ma con un tono di voce che arriva comunque alle tue orecchie nitido e chiaro come il cielo. “In realtà… Shinichi-niichan è venuto al tuo incontro”
“Cosa?” sussulti nel dirlo, tanta la sorpresa.
“Shinichi è venuto a vederti, l’ho visto, se ne stava da solo in un angolino.” ti rispondo, indicandoti un piccolo punto della palestra dove, stranamente, non è presente praticamente nessuno. “È rimasto fino alla fine della premiazione, poi se n’è andato via con un sorriso disegnato sul volto” concludo, sorridendoti e azzardando quel solito tono infantile che ormai, da quando ho cominciato a vivere in questo corpo da bambino delle elementari, giunge continuamente alle tue orecchie.
Ti vedo un po’ insicura, sorpresa, per poi notare una nuova luce colorarti il volto, un sorriso illuminartelo, facendo tornare a splendere anche in me il sole.
“Allora il maritino alla fine è venuto!” ironizza Sonoko, cercando di spezzare una po’ quest’atmosfera. “Ma che dolce! E così sorrideva prima di uscire, eh eh eh?” parte, chinandosi davanti a me in cerca di un , che per sua sfortuna fu sostituito da un mio sbuffo. Stupida Sonoko! Ed io che cominciavo a pensare che, forse, per una volta, cominciava ad essere meno oca e rompiscatole. E invece… “Sai una cosa, Ran? È arrivato il tanto atteso momento della tua telefonata!”
“Quale telefonata?” fingi di non capire, mentre con dei sorrisi a trentasei carati a colorare i nostri volti, cominciamo ad avviarci verso l’uscita della palestra del nostro liceo.
“Ma ovvio! La telefonata a Kudo-kun, in cui gli darai finalmente risposta alla sua dichiarazione a Londra!”
“M-M-Ma… COSA?!” rispondi te, mentre il rossore inizia copioso ad espandersi sul tuo viso.
Rido, senza farmi notare da te. Mentre dentro di me, non posso far altro che sorridere e sentirmi felice. Perché io non posso vederti piangere, Ran. Non posso. E non voglio nemmeno più vederti farlo, che sia per colpa mia o meno.
Non voglio più vederti piangere, ecco tutto.
E sapere che, anche questa volta sono riuscito a fermare le tue lacrime, in un modo o nell'altro, mi rende felice.
Anche perché, in fondo, la mia non è una bugia: io c'ero all'incontro, non nell'angolino, non nel mio corpo, però c'ero.
“Allora è deciso!” la voce di Sonoko, all’improvviso, mi riporta alla realtà. “Moccioso, apri bene le orecchie, perché la qui presente Ran sta per confessare al suo più grande amore ciò che anche lei prova per lui”
“Sonoko scordate-” provi a rispondere, per poi bloccarti nel vedere la tua cosiddetta migliore amica puntarti il display del cellulare in faccia e ridere in quel modo così insopportabile che solo lei riesce a fare. “T-Tu…”
“Sì, sta già squillando, quindi sbrigati ad avvicinarlo al tuo orecchio” mormora, avvicinandoti ancora di più l’apparecchio.
Continuo a guardare la scena un po’ confuso, fino a quando qualcosa nella tasca dei miei jeans non comincia a vibrare e, di conseguenza, a suonare.
Sbianco.
Mentre voi due guardate la tasca del mio jeans perplesse.
“Scusate devo rispondere al telefono. Non aspettatemi!” m’invento, prima di scappare via come un razzo e nascondermi dietro il cesto dei palloni del club di basket.
Sospiro, un sospiro di sollievo, e sottraggo il mio smartphone dalle tasche con una mano, invece con l’altra imposto la voce di Shinichi, la mia voce, con il farfallino rosso creato da Agasa.
Sto per rispondere alla telefonata quando mi blocco, e arrossisco: Ran sta chiamando per rispondere alla mia dichiarazione…
Sento le guance surriscaldarsi. Non voglio nemmeno sapere su che tonalità di rosso sono adesso, ma spero solo nessuno mi veda.
Guardo ancora per qualche secondo il nome di Ran presente sul display del mio telefono, e, finalmente, mi decido a pigiare il tasto verde e rispondere alla sua chiamata.
“Pronto?”
“C-Ciao Sh-Shinichi” balbetti, con tono visibilmente imbarazzato. Faccio per dirti qualcosa quando la tua voce mi blocca. “D-Devo d-dirti una c-cosa…” sussurri, sempre con non poco imbarazzo; mentre il mio viso comincia già ad imporporasi, al solo pensiero della cosa che devi dirmi.
“S-Sì?”
“Shinichi, vedi… io… riguarda Londra.. ecco..”
Deglutisco, mentre dentro di me inizio a non riuscire più a sopportare la snervante attesa.
“Io..” incurvo le labbra in un sorriso, pronto a sentire la cosa più bella che le mie orecchie potranno mai udire.
“Io.. quand’è nato Conan Doyle?"
“Cosa…?”
 
 


Nana's Corner:
Bene, non chiedetemi cosa dovrebbe essere questa "cosa" perchè fin'ora non l'ho capito nemmeno io ^^"
E so anche che starete pensando in questo momento: non potevi scrivere il chap della tua long?
Beh, diciamo che questa shot non era neanche in programma, mi è uscita così, mentre tornavo a casa da scuola, e ascoltavo una canzone: They don't know about us dei One Direction, ovvero quella presente in questa song o shot... chiamatela come la volete chiamare. Ma vi consiglierei di sentirla, a me è piaciuta molto, e poi mi sembrava adatta a Kudo e Ran u.u
Cmq, questa shot, vorrei dedicarla tuuuutta a Paddy-chan, che mi sopporta praticamente 7 giorni su 7 xD, che si deve sopportare tutti i mei "ricordi quel chap?" o "i personaggi lì erano OOC?" magari anche di capitoli scritti mesi fa ^^" E che dopo tutte le cazzate che dico tipo... ok, ne dico tante, quindi non credo si possano elencare purtroppo. Cmq, questa OS è dedicata tutta a te, Sis, per ringraziarti di tutto, e spero ti sia piaciuta ^^
Ma spero anche che sia piaciuta a tutti voi e... ok, passiamo alle due mie domandine sulla OS o qui non finiamo più xD
I personaggi sono OOC? Il finale è piaciuto?? Volevo abbandonare un po' quella solita malinconia che ormai tutte le mie storie hanno, quindi...
Va beh, vado.
Mi piacerebbe tanto avere vostri pareri sulla storia, non sapete quanto mi farebbe piacere sapere anche la vostra ^^
Grazie ancora per aver letto e, per chi segue "Akai Ito", dovrete aspettare solo fino al 25, non di più, I promise it ;)
Alla prossima!!

XXX,
Nana Kudo

   
 
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