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Autore: Alchbel    17/11/2012    1 recensioni
«Voglio tornare a casa», sbuffò improvvisamente Nick e ancora una volta tutta la sua famiglia gli fu addosso – non che contasse a molto in quella situazione.
«No, non che non vuoi. Sei spaventato ed infastidito e questo posso capirlo, ma non vuoi tornare a casa senza avere notizie di lei», lo corresse con pazienza Jeff, ma l’altro non gli diede ascolto e si avviò velocemente lungo il corridoio, senza voltarsi.
Il biondo sbuffò sonoramente e dopo aver detto velocemente a Joseph di aspettarli su quella sedia, senza muoversi, scattò in avanti per raggiungerlo prima che prendesse l’ascensore. Fece un balzo poco aggraziato per entrare in quella gabbia di ferro di pochi metri quadrati prima che le porte si chiudessero e ringraziò il cielo che non ci fosse nessun altro, perché probabilmente quella era l’unica occasione che aveva per fare in modo che Nick non fuggisse dalle parole che stava per dire.

Ancora una volta una Niff :D perché quei due sono il bene in qualsiasi situazione! Spero vi piaccia!
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Jeff Sterling, Kurt Hummel, Nick Duval | Coppie: Blaine/Kurt, Nick/Jeff
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A second chance

 

Nick sospirò per quella che doveva essere almeno la sesta volta, prima di alzarsi di nuovo in piedi e camminare innervosito lungo il corridoio bianco dell’ospedale. Jeff aveva provato a farlo calmare, aveva persino improvvisato una musichetta carina – di quelle che suo marito definiva stupide,  ma alle quali solitamente non sapeva resistere – ma non era servito a nulla.

«Perché papà cammina così tanto?», gli chiese Joseph, tirandolo leggermente per il cappotto nel tentativo di attirare la sua attenzione.

«È solo un po’ nervoso, Jos», lo rassicurò, amorevole, il biondo, prima di portare di nuovo l’attenzione su suo marito.

Quando anche il resto della famiglia Duval ebbe spostato con insistenza lo sguardo sul ragazzo, Jeff ritenne che fosse di nuovo tempo di intervenire. Si alzò e fece qualche passo verso di lui, sorridendogli e prendendolo per le spalle.

«Perché non provi a sederti?».

«Perché non ha funzionato nessuna delle volte in cui me l’hai chiesto», rispose veloce Nick, scansandosi e continuando a camminare.

«Vedrai che tra poco ci daranno notizie di lei…».

Il bruno avrebbe voluto ridere per quello che aveva appena sentito. Fulminò il marito con lo sguardo e gli diede modo di capire che cosa lo turbasse davvero – non che a Jeff servisse vederlo per capire il reale motivo di quel nervosismo, contro il quale, tra l’altro, sentiva di non poter fare nulla. Sospirò, lanciando un breve sguardo al resto delle persone accanto a loro e si chiese perché tutto dovesse essere così difficile.

«Voglio tornare a casa», sbuffò improvvisamente Nick e ancora una volta tutta la sua famiglia gli fu addosso – non che contasse a molto in quella situazione.

«No, non che non vuoi. Sei spaventato ed infastidito e questo posso capirlo, ma non vuoi tornare a casa senza avere notizie di lei», lo corresse con pazienza Jeff, ma l’altro non gli diede ascolto e si avviò velocemente lungo il corridoio, senza voltarsi.

Il biondo sbuffò sonoramente e dopo aver detto velocemente a Joseph di aspettarli su quella sedia, senza muoversi, scattò in avanti per raggiungerlo prima che prendesse l’ascensore. Fece un balzo poco aggraziato per entrare in quella gabbia di ferro di pochi metri quadrati prima che le porte si chiudessero e ringraziò il cielo che non ci fosse nessun altro, perché probabilmente quella era l’unica occasione che aveva per fare in modo che Nick non fuggisse dalle parole che stava per dire.

«Nick, stammi a sentire-».

«Come puoi biasimarmi?! Dopo tutto quello che ci ha fatto, come puoi proprio tu avere da ridire su quello che provo?».

«…Resta tua sorella, tesoro», gli ricordò debolmente Jeff.

«Sì, è mia sorella! Una sorella che non sopporta mio marito, che al nostro matrimonio si è ubriacata e ha gridato quanto fosse dannata la nostra unione, malato il nostro rapporto, falso il nostro amore! Che ogni volta che vede il nostro Jos assume quell’aria mista di disprezzo e pietà… perché dovrebbe importarmi di lei, se non la vedo da almeno 3 anni? Perché ora dovrei stare qui a fingere che vada tutto bene con lei?!»

«Perché resta un membro della tua famiglia e ha avuto un incidente. Questo viene prima di tutto, sempre».

«Anche se la sola cosa che otterrei sarebbe nuovo disprezzo?».

«Non scegliamo noi i parenti, Nicky, ma sono le persone più strette che abbiamo, la nostra famiglia. Non puoi sostituirla e spesso non se ne può fare a meno».

«Ti sbagli, tu sei la mia famiglia. Tu e Jos. Hai visto come ci guardano? Nessuno di loro dice apertamente quello che pensa, ma nessuno ha zittito Ashley ogni volta che ha gettato odio su di noi… perché devo essere io a fare il primo passo verso di loro? Perché non possono essere loro a rendersi conto dell’errore?».

La voce di Nick era spezzata, mentre l’ascensore era arrivata al pian terreno, ma nessuno dei due era sceso; Jeff cercava il suo sguardo, troppo basso per essere realmente intercettato.

«Ti manca…», sussurrò, mentre le porte si chiudevano di nuovo «So che ti manca lei e anche il rapporto spontaneo che avevi con il resto della tua famiglia. Non si tratta di chi deve fare il primo passo, Nick: dovete semplicemente venirvi in contro».

Il bruno incrociò finalmente gli occhi del marito, ma reggere quello sguardo che pareva conoscerlo così bene, così nel profondo, fu impossibile e in breve si sciolse in lacrime aggrappandosi disperatamente a Jeff. Il ragazzo lo strinse a sé con fare protettivo e gli accarezzò la schiena lentamente.

«Sssh… non è mai troppo tardi per queste cose…», lo rassicurò.

«Sarebbe tardi se dovesse succedergli qualcosa…» biascicò quello sulla camicia del biondo, soffocando con malagrazia i nuovi singhiozzi che salirono dalla gola.

«Andrà tutto bene, invece. Tutto bene».

Jeff lo strinse con più forza, come se quel gesto desse potere, veridicità alle sue parole e lo trascinò lentamente con sé quando furono di nuovo al piano in cui era stata ricoverata la sorella di Nick. Il bruno non disse nulla, assecondò i  gesti del marito fino a che questo non  lo fece poggiare sul sediolino di plastica da cui si era alzato pochi minuti prima; poi si accoccolò con la testa contro il suo petto e sospirò piano, incurante degli sguardi che certamente stavano trapassando la sua schiena.

«Dov’è Joseph?», chiese Jeff quando sentì l’altro rilassarsi contro di lui.

Il fatto che, a quella domanda, i vari membri della famiglia Duval si guardassero sorpresi tra loro non fu un buon segno. Lo sguardo del biondo perlustrò velocemente il corridoio, prima a destra e poi a sinistra, per poi rendersi conto che il loro bambino non c’era. Scattò in piedi, allarmando anche Nick e cominciò a chiamarlo a gran voce, l’ansia e la preoccupazione che martellavano nelle orecchie al ritmo del suo battito cardiaco.

«Come diavolo avete fatto a perdervi Jos?!», gridò il bruno verso gli altri, impallidendo.

«È vostro figlio, si suppone che dobbiate tenerlo d’occhio voi!», si lamentò suo fratello Henry.

«È anche tuo nipote, vostro nipote! Fa parte della nostra famiglia, come si può ignorare una cosa del genere?!», continuò a gridare Nick, sconvolto, mentre Jeff chiamava a gran voce il loro bambino.

«Deve essersi allontanato mentre eravamo via. Sono certo di avergli detto di restare seduto, ma non mi ha dato ascolto… Nick?».

Il ragazzo stava fissando il vuoto con occhi pieni di lacrime.

«È colpa mia, è colpa mia, Jeffie…», sussurrò con voce sottile.

«No, no, Nick. Non dire così ora. Innanzitutto respira: poi penseremo a come risolvere la situazione – non farti prendere dal panico, altrimenti non ne usciamo».

Lo aveva preso per le spalle, incatenando il proprio sguardo a quello del marito con una forza che puntualmente sorprendeva entrambi. Il bruno non tentò neanche di evitare quegli occhi, ma anzi attinse da essi la forza per non entrare in panico e calmarsi. Sospirò ancora con fiato tremante, ma annuì con convinzione.

«Deve… deve aver provato a seguirci…», ipotizzò, avviandosi di nuovo verso l’ascensore.

«Sarà sceso per le scale, però. Non prenderebbe mai l’ascensore da solo: non l’ha mai fatto..», convenne Jeff scendendo, seguito da Nick.

Quando furono al piano sottostante, in un attimo furono certi che Joseph si fosse fermato lì: erano nel corridoio del reparto maternità e ad entrambi venne immediatamente in mente il brillio che accendeva gli occhi di Jos ogni volta che vedeva un altro bambino. Si guardarono, come a conferma della loro intuizione – il suono di vagiti che intanto li raggiungeva da lontano – per poi camminare con un po’ più di calma, come se l’avessero davvero già trovato.

«Non puoi esserne certo, l’hai visto solo in una fotografia!»

«Ti dico che è lui, è Joseph!».

Quel nome fece scattare entrambi i genitori verso un corridoio sulla sinistra, da una camera del quale sporgeva la figura di un uomo con un bambino in braccio.

«Papà!», gridò il bambino, sporgendosi verso i due ragazzi, che gli corsero incontro finalmente del tutto sollevati.

«Jos! Ci hai fatto prendere uno spavento assurdo! Ti avrò detto mille volte che non devi allontanarti da solo!», esclamò Jeff.

«Grazie, grazie davvero signore! Eravamo preoccupatissimi!», disse riconoscente Nick verso l’uomo che lo teneva ancora in braccio, ma rimase senza fiato quanto, voltandosi, riconobbe i lineamenti ancora gentili di Kurt Hummel.

«Sapevo che era il vostro Joseph! Blaine, avevo ragione!», gridò vittorioso il ragazzo, facendo sbucare la testa ancora riccia del marito dalla stanza.

«Avevi ragione», sospirò con un sorriso il più basso, abbracciando con trasporto i suoi vecchi amici.

Nick prese poi in braccio il figlio e guardò Jeff con stupore e contentezza: tutto si sarebbe aspettato che incontrare lì i suoi compagni di liceo.

«É bello rivedervi, ragazzi», sorrise Jeff – e tutti avrebbero giurato che c'erano lacrime di gioia nei suoi occhi, anche se nessuno gliel'avrebbe fatto notare.

«Cosa ci fate qui?», chiese poi il bruno, curioso.

Lo sguardo che a quella domanda si lanciarono i due ragazzi fu inequivocabile – era lo stesso che aveva avuto anche lui quando il medico aveva annunciato che era nato il loro bambino.

«É nato oggi?!», esclamò diretto Jeff, saltellando sul posto, senza neanche aspettare che uno dei due confermasse la loro intuizione.

«Venite a vederla», sussurrò con le lacrime agli occhi Kurt, facendo loro strada nella stanza, dove una ragazza bruna reggeva tra le braccia una bambina – a giudicare dal lenzuolo rosa che l'avvolgeva.

«Lei è Natalie», disse Blaine, rivolgendosi alla ragazza «E questa è la nostra Julie» sussurrò poi con voce rotta, prendendo la piccola.

Era impossibile non commuoversi davanti a tale spettacolo e Jeff dovette fare uno sforzo enorme per non frignare come un bambino davanti ai suoi amici così felici e a quel batuffoletto rosa.

«Fatemi vedere la mia nipotina, fate largo!».

La voce di quello che in breve si scoprì essere Cooper Anderson interruppe la scena, richiamando a sé – ovviamente – l'attenzione. Blaine arrossì per l'esuberanza del fratello, mentre Kurt non perse di vista nessuno dei movimenti che fece nel prendere tre le braccia la piccola, dicendogli di fare attenzione ad ogni minima mossa che gli sembrasse azzardata. Dietro il ragazzo, comparvero anche i genitori di Kurt e suo fratello, accompagnato da una Rachel esuberante quasi quanto il maggiore degli Anderson.

«Congratulazioni ragazzi!», li abbraccio Burt, commosso e senza alcun problema a mostrarsi in quello stato.

Restarono a parlare ancora per qualche minuto prima che Nick si ricordasse improvvisamente della sorella, bloccandosi e trattenendo il fiato.

«Ragazzi, mi spiace salutarvi così, ma noi... dovremmo andare...».

«Ma sì, certo! Non vi abbiamo neanche chiesto per quale motivo siete in ospedale.», si scusò Kurt, a modo.

«Nessun problema... Mia sorella è stata... ricoverata. Ha avuto un incidente...».

Kurt su portò le mani alla bocca, improvvisamente preoccupato, mentre Blaine si avvicinò a Nick poggiandogli una mano sulla spalla.

«Amico, avresti dovuto dircelo da subito! Come sta?».

«La stavano operando, non dovrebbe essere nulla di grave… ma non ci hanno ancora fatto sapere nulla…», tento di rassicurarli per quello che sapeva Nick, prima di salutare tutti, promettendo che non si sarebbero più persi di vista e che avrebbe fatto sapere loro come stava sua sorella.

Quando i due ragazzi furono ancora una volta in ascensore col piccolo Joseph, Jeff sorrise verso suo marito, come a volergli far capire qualcosa senza parlare.

«Che c'è?», chiese invece il bruno, ignaro.

«I genitori di Blaine non c'erano», disse quello «Hanno perso la nascita di una nipote che probabilmente non sentiranno mai parte della famiglia. Blaine si sarà stancato di provare a parlare con loro, ma così ha perso una parte di sé... Tu sei ancora in tempo, Nick».

Quello lo guardò sorpreso da un simile discorso, ma non poté non riconoscere quanto fosse vero. Non voleva perdere la sua famiglia, non senza aver provato fino in fondo a stare con loro.

Quando furono davanti alla stanza della sorella, che intanto era uscita dalla sala operatoria in buone condizioni, esitò solo un istante prima di entrare insieme a suo marito e suo figlio. Si fermò al limitare del letto, separato rispetto al resto della famiglia, ma facendo in modo che tutti li notassero. Ashley si voltò lentamente verso di loro, guardandoli per qualche istante prima di lasciar comparire un leggero sorriso sulle sue labbra leggermente pallide.

Nick ricambiò quel gesto rilassandosi e stringendo forte la mano di Jeff da un lato e quella di Joseph dall'altro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Se vi state chiedendo se abbia preso la mano con i Niff… beh, sì, forse un po’ l’ho presa! Terza shot per il Niff!Month, stavolta con il prompt Daddy!Niff / preoccupazione / "innanzitutto respira: poi penseremo a come risolvere la situazione" e boh, mentre parlavo di loro sono intervenuti i Klaine – per salvarvi dall’angst suppongo – e non sono riuscita ad imper loro di presentarvi la piccola Julie – e vabbé, come impedire invece a Coop di rubare la scena anche solo per pochi minuti?

Coooomunque, lasciando i deliri di una povera pseudo-scrittrice da parte, spero che vi sia piaciuta anche questa shot :D

A presto!

 

Alch

 

   
 
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