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Autore: Mokusha    17/11/2012    6 recensioni
[Raccolta di OS, DallasBuyersClub!Verse]
Il freddo era una sensazione persistente, da quel giorno.
Non se ne andava mai.
OS 1 - Disfigured. Destroyed. Damned. Dead.
OS 2- The soul underneath the skin.
OS 3 - Little ray of sunshine
OS 4 - Take ne to church
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Raccolta | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Ok, diciamo che le foto di Jared/Rayon sul set di The Dallas Buyers Club mi hanno ispirata un tantino, ed ero in vena di analisi introspettive :3




La luce mi dà fastidio.
Mi ferisce gli occhi.
Respiro.
Sono ancora vivo.
Perchè?
Per quanto tempo ancora dovrò sopportare entrambe le facce della mia distruzione?
Sono consumato.
Deturpato.
Distrutto.

Fa freddo.
New Orleans è fredda.
Questa casa è fredda. Persino i miei pensieri sono freddi.
Il silenzio è freddo.
Sono solo.
Siamo soli.
Entrambi i miei me stesso stanno congelando nella solitudine.
Sto morendo.

Riesco a trascinarmi a fatica fino al lavabo. Lo specchio, vecchio, sporco e rovinato riflette il mio viso.
La mia condanna mi si legge in faccia.
AIDS.
Quattro lettere, che firmano la mia sentenza di morte.
Lenta. Silenziosa. Mi sta divorando.
Ho il volto scarno. Le ossa sambrano volermi bucare la pelle.

Il trucco non riesce più a nascondere come io stia marcendo.
Ma devo farlo.
Ancora.
Devo diventare lei.
Lei
è molto di più che una parrucca scura e trucco pesante. Molto di più di vestiti appariscenti e modi volgari.
Lei è la mia distruzione.
Lei ha divorato, consumato, distrutto tutto ciò che sono stato, ciò che non riesco più ad essere.
Lei è me.
Io sono lei.
Lei è lui.
E' come avere due anime, due vite.
E' convivere con due persone, contemporaneamente.
E' ossessivo, allucinante, devastante.
Ma lui ha bisogno di lei.
Io ho bisogno di lei.
La parrucca è sporca e aggrovigliata. La metto lo stesso. Poco importa. Ma non mi sento meglio. Lei se n'è già andata.
Mi lascia morire da solo.
Completamente solo.

Un attacco di tosse mi costringe a piegarmi su me stesso.
Sono così debole.
Così distrutto.

Le mie gambe non sono in grado di reggere il mio peso.
Cado.
Il pavimento è freddo. Sporco. Come la mia anima. Come il mio sangue. Come il mio cuore. Come la mia vita.
Mi trascino fino al letto. Le lenzuola sono vecchie, ruvide e umide. Me è giusto così. Io non ho mai meritato niente di bello.
Aspetto.
Aspetto la fine di tutto.
La fine di me stesso.
La fine della mia distruzione.
La fine dei miei peccati.
Tutto questo silenzio mi assorda fino a farmi perdere la condizione del tempo.
E quei colpi, disperati, alla mia porta, rimbombano tra i miei pensieri vuoti.
Sicuramente sarà un'allucinazione.
Il mio struggente bisogno di qualcuno.
Non riesco a muovermi. Non riesco a parlare.
I colpi continuano. I miei respiri continuano.

Qualcuno, fuori dalla porta, pronuncia il mio nome.
Il mio vero nome, non il nome di lei.
Solo una persona conosce il mio nome.
Solo una persona potrebbe essere qui, a vedermi morire.
Solo una persona mi ha dato affetto.
Non riesco a risponderle. Ma è tenace, e non si arrende. Continua a trafficare con la maniglia e la serratura. E' talmente disperata che finisce per riuscire ad entrare.
Si avvicina al mio letto, e mi guarda.
Sa perfettamente quello che sta per succedere.
Sa che non può salvarmi.
Ha gli occhi preoccupati. Non riesce a nascondere l'angoscia profonda che la sta tormentando. Non ci è mai riuscita.
Ma aveva accettato sia lei che me.
E nessuno l'aveva mai fatto.
Nessuno aveva mai voluto me.
Appoggia tutte le borse che ha in mano sul pavimento. Tira fuori una stufetta e la accende. Mi fa alzare dal letto, e mi sistema su una seggiola.
Si muove veloce, finchè toglie le lenzuola, e le sostituisce con alcune che hanno tutta l'aria di essere nuove, calde e pulite.
Mi spoglia. Mi infila un pigiama a righe, di quelli con la casacca. Io la lascio fare. Sento il suo cuore battere forte.
Mi toglie la parrucca, e mi riaccompagna a letto.
Mi copre, e si mette a frugare di nuovo nella sua borsa. Tira fuori una crema, e cominci a passarmela sulle mani, e sul viso, cercando di alleviare il dolore di quelle piaghe e ustioni che sono il marchio della mia malattia.

Bagna un fazzoletto con dell'acqua e me lo passa sulle labbra.
Riesco a stento a deglutire.
< < Posso tenerti per mano? > > mi domanda, in un sussurro.
Non riesco a parlare.
Vorrei piangere.
Vorrei urlare.
Ma sto morendo.
Per tutta risposta, muovo le dita della mano, e me la stringe subito.
Scoppia a piangere.
E' giovane, fragile, distrutta, e costretta a vedere il mio orrore.
Vorrei dire di non piangere.
Di stare tranquilla.
Cerco di stringerle la mano, e avverte la pressione delle mie dita.
Sorride, tra le lacrime.
< < Vorrei tenerti qui. > > dice < < Vorrei tenerti qui per sempre. Per tutto ciò che sei. Per chiunque tu sia stato. Ma non posso farlo. Perchè la tua sofferenza mi uccide. > >
Mi piazzicano gli occhi.
Sento una lacrima, lenta, salata, mandarmi a fuoco una guancia.
< < Sarai libero. > > sussurra. < < Promettimi che abbandonerai le tue colpe. Perdona te stesso. > >
I respiri stanno finendo.
< < Perdona lei. Perdona te stesso. > >
Annuisco, impercettibilmente.
Asciuga la mia lacrima.
Non sono solo.
E' il mio ultimo respiro.
< < Hai sempre avuto degli occhi così belli. > >

 




 

   
 
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