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Autore: Virtual Deliverance    18/11/2012    1 recensioni
Un hacker viene portato fuori da Matrix da un gruppo di ribelli, ma all'improvviso si trova a lavorare per le macchine. Le macchine però commettono un errore, grazie a cui ottiene poteri straordinari che lo portano a scoprire un segreto sulle origini di Matrix.
Genere: Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Le porte si chiusero e la metropolitana si rimise in moto. Dopo qualche secondo il ribelle biondo disse a Kevin, con l'intenzione di rompere il ghiaccio: "Sai? Hai avuto un'idea geniale a sovraccaricare Matrix in quel modo! Così ti abbiamo trovato subito!"
Confuso, Kevin si limitò a replicare: "Ah sì? Beh, grazie... ma voi chi siete?"

Scusandosi per non essersi presentato subito, l'uomo pelato rispose: "Il mio nome è Mentor; lui è Midas. Abbiamo visto le cose strabilianti che sai fare, e abbiamo concluso che sei l'unico in grado di compiere la missione finale."
"Cioè? Quale missione?" chiese Kevin.
"A tempo debito ti spiegheremo" rispose Mentor. "Ora dobbiamo tirarti fuori."
A quelle parole, Kevin si allarmò: "Come fuori? Volete farmi tornare in quel posto scuro dove non ho poteri? State indietro!" gridò, trasformando le sue braccia in lame, "IO VOGLIO RIMANERE QUI!!!"

Kevin si catapultò verso l'uscita di emergenza sul retro del vagone, ma Midas riuscì a impedirgli di uscire correndo su una parete della metropolitana, sorpassandolo e balzando di sorpresa davanti a lui.

"Tu sei sempre stato in quel posto scuro," disse Mentor approfittando del diversivo fornito da Midas, "e anche adesso lo sei, solo che non lo percepisci! E' da lì che vogliamo farti uscire, per metterti al sicuro dalle macchine!"
"Non capisco..." disse Kevin, ripristinando la forma originale delle sue braccia.
"Non importa. Tutto ti sarà chiaro." rispose Mentor.

Il treno raggiunse un tratto della sua corsa che era all'aperto, passando sopra a un ponte e in mezzo ai condominii; iniziò a rallentare e poi si fermò.
"Siamo arrivati!" disse Midas, dirigendosi verso la porta che si stava aprendo. Kevin seguì lui e Mentor fuori dalla metropolitana e giù per una scalinata che li portò a livello del marciapiede; alla fine entrarono in ciò che doveva essere stata una succursale della locale compagnia telefonica, ma che era abbandonata da molto tempo. In una delle stanze c'erano attrezzature dall'aspetto familiare, e proprio lì i tre si fermarono.

Mentor estrasse da una tasca del suo pastrano una scatoletta contenente le due pillole e la mostrò a Kevin, dicendo: "Non starò a farti il solito discorso, tanto sai già cosa devi fare." Kevin però non ricordava quasi nulla della sua esperienza con Yasogami, quindi Mentor dovette istruirlo da capo.

Dopo aver inghiottito la pillola rossa, Kevin iniziò nuovamente a provare le sensazioni di risveglio imminente che già conosceva, e in pochi istanti si ritrovò nudo nella vasca in cui il suo corpo reale era cresciuto. Questa volta, però, poteva vedere una luce abbagliante sopra di lui, dalla quale un grosso artiglio meccanico lo raggiunse, lo afferrò, e dopo che il cavo di connessione a Matrix si fu staccato, lo sollevò. A causa dell'apparente assurdità della situazione, Kevin perse i sensi.

Mentre era in stato di incoscienza, l'equipaggio di quella nave lavorava per ricostruirgli i muscoli e pulirgli i buchi di collegamento; quando iniziò a riaversi cominciò a sentire voci che ovviamente parlavano di lui.
"Come dovremo chiamarlo, quando si sveglierà? Usava così tanti nickname..."
"Che ne dite di Damocles?"
"Dovremmo lasciar decidere a lui."

Quando infine aprì gli occhi, Kevin si trovò disteso in un letto in una stanza metallica; accanto a lui c'erano Mentor, Midas e una ragazza mulatta che non aveva mai visto, tutti e tre vestiti con abiti molto grezzi.

"Benvenuto nel mondo vero" disse Mentor, nel modo più rassicurante che poteva.
"Dove mi trovo?" chiese Kevin.
"Sei nella mia nave, la Eagle, matricola 9, numero 53" rispose Mentor, "Midas lo conosci già; questa è Eris, la nostra operatrice."

Eris lo salutò, stringendogli la mano con un sorriso; Kevin ricambiò il saluto, poi aggiunse: "Potete chiamarmi semplicemente Kevin? Voglio dire, un nickname non ha alcuno scopo in un posto come questo, no?" al che i membri dell'equipaggio si scambiarono un'occhiata perplessa.

Nelle ore che seguirono, a Kevin venne spiegata in dettaglio la situazione in cui gli umani si trovavano; fu istruito sulla guerra contro le macchine e accompagnato a fare un giro esplorativo della nave; consumò insieme agli altri la sua prima cena a base di sali minerali e aminoacidi sintetizzati; alla fine della giornata fu accompagnato nella stanza che l'equipaggio della Eagle aveva riservato a lui. L'indomani sarebbe stato un giorno impegnativo...

La mattina successiva, Mentor convocò tutti in plancia: era il giorno della missione finale, e per Kevin si nutrivano grandi speranze.
"Ecco di cosa si tratta" iniziò a spiegare Mentor: "I nostri hacking hanno rilevato che all'interno di Matrix esiste un edificio con un piano che non è collegato da alcun ascensore, e a cui non si accede da alcuna scala. Abbiamo tentato di decodificare i dati relativi a quel piano, ma sono criptati con tecniche mai viste: per questo crediamo che contenga qualcosa di vitale per Matrix. Se è così, l'accesso che vogliamo tentare causerà un contrattacco da parte degli agenti del sistema... e l'unico in grado di contrastarli sei tu!"
Kevin si sentì un po' intimorito sotto il peso di quella responsabilità, ma ricordare come aveva già battuto tre agenti da solo lo fece stare subito meglio.

Eris aspettò che gli altri si fossero sdraiati sulle poltrone di collegamento a Matrix, poi li collegò uno a uno, e avvicinandosì a Kevin, gli sussurrò: "Buona fortuna... ricordati che ti tengo d'occhio!" Subito dopo andò alla console, indossò le cuffie e attivò il programma di accesso.

Mentor, Midas e Kevin si ritrovarono in un enorme spazio bianco, tutti e tre con addosso pastrani neri, accanto a scaffali contenenti un gran numero di pistole e fucili mitragliatori. Vedendo che Kevin indugiava, Midas gli fece presente che doveva scegliere le armi che intendeva usare; di rimando, Kevin inforcò gli occhiali da sole e disse: "Armi? A me non servono... armi!"

In quel momento, l'ambiente di Matrix prese forma intorno a loro, che si trovarono nel retrobottega di un bar, accanto a un telefono che squillava. Mentor afferrò la cornetta e disse: "Siamo dentro."

I tre si incamminarono verso il grattacielo localizzato, che distava poco meno di un chilometro dalla linea fissa e ufficialmente accentrava la sede centrale di una banca e vari uffici burocratici. Quando furono arrivati, Mentor spiegò: "La nostra entrata causerà sicuramente un attacco da parte delle guardie. Kevin, tu dovrai coprirci, e nel caso, proteggerci dagli agenti. Il piano che dobbiamo raggiungere è il sessantacinquesimo, ma non possiamo arrivarci, così saliremo fino al 66, poi tu farai un buco nel pavimento. A quel punto raggiungeremo il piano giusto e decideremo cosa fare in base a quello che troveremo."
Assai perplesso, Kevin replicò: "Aspetta un attimo, così finiremmo in bocca agli agenti! Io ho una strategia migliore, stai a vedere!"

Kevin prese la rincorsa in mezzo alla strada e spiccò un balzo, atterrando sul tetto di un altro palazzo. Da lì compì un altro salto che, secondo i suoi calcoli, gli avrebbe permesso di entrare nel piano 65 del grattacielo sfondando la vetrata esterna. Invece, proprio mentre si stava preparando all'impatto, il codice di Matrix iniziò a riorganizzarsi. L'abbrivio di Kevin si ridusse a zero in pochi millisecondi, mentre le coordinate dell'intero ambiente simulato dal mainframe delle macchine subirono una traslazione e l'orologio interno del programma invertì la sua direzione per qualche secondo.

Il risultato fu che Kevin si trovò ancora una volta davanti all'entrata del grattacielo, accanto a Mentor e Midas.
Si diede un'occhiata in giro, e quando Mentor gli chiese: "Allora? Quale sarebbe questa strategia?" lui sbottò in un "MERDA!" che lo lasciò interdetto. Alla successiva richiesta di spiegazioni, Kevin semplicemente rispose: "Non importa, non avrebbe funzionato! Forza, andiamo a spaccare il culo a qualche agente!" e irruppe con rabbia nell'atrio del grattacielo, insieme agli altri.

A poca distanza dall'ingresso c'erano diversi metal detector. Kevin si diresse con sicurezza verso uno di essi, convinto di oltrepassarlo senza problemi, invece fece scattare l'allarme. Nemmeno lui se l'aspettava, tanto è vero che, quando una delle quattro guardie presenti gli si avvicinò, sbottò in uno spontaneo: "Ma io non ho armi!"
La guardia rispose: "Non ho mai detto questo! Ora, se vuole depositare nel cesto tutti gli oggetti metallici che ha addosso e ripassare..."

METALLICI! Kevin capì immediatamente cosa aveva fatto scattare l'allarme e si trasformò completamente in metallo, dicendo: "Ho paura di non poterlo fare."
Scioccata da ciò che era appena accaduto, la guardia si voltò verso i suoi colleghi, chiedendo: "L'avete visto anche v..."

Prima che riuscisse a completare la frase, lui e altre due guardie si trasformarono in agenti e iniziarono a sparare a Kevin. Mentor e Midas risposero al fuoco e le pallottole iniziarono a volare per tutta la hall. Gli agenti si muovevano a velocità sovrumane per cercare di schivarle; Kevin invece si muoveva in tutta tranquillità attraverso la tempesta di proiettili, trovando anche il tempo di ironizzare sulla situazione chiedendo agli agenti: "Ma voi non imparate mai?"
Per tutta risposta, due agenti rinfoderarono le armi e si buttarono addosso a Kevin: uno da dietro a tenerlo stretto per bloccargli le braccia; uno davanti per cercare di colpirlo. Kevin però respinse l'attacco facendo sfracellare contro il muro con un calcio l'agente che stava davanti, poi iniziò a cambiare di forma accorciando le gambe ed emettendo dalla schiena un'enorme punta che trafisse la pancia di quello che lo tratteneva.
Quando la forma di Kevin si fu stabilizzata, Kevin si ritrovò col viso rivolto verso l'ex agente (ormai aveva ripreso l'aspetto di una guardia) che l'aveva afferrato, con le gambe infilate nel buco della sua pancia.

Uscito da quella situazione, Kevin notò che anche l'ultima guardia era diventata un agente, così si lanciò contro di lui e l'altro rimasto, senza però riuscire a colpirli. In sincronia, gli agenti atterrarono Kevin cercando di bloccarlo col loro corpo, ma lui emise dalla schiena una trentina di spunzoni metallici che li trafissero. Dopo esserseli scrollati di dosso e aver ripreso un aspetto completamente umano, annunciò: "Via libera!"

Il gruppo salì in ascensore fino al piano 66 e raggiunse un corridoio non frequentato. Kevin si chinò, trasformò le braccia in metallo e le fuse in un'unica struttura conica dotata di lame. Facendola ruotare ad alta velocità, Kevin iniziò a perforare il pavimento, fino a ottenere un buco da cui una persona poteva comodamente passare. Seguito dagli altri saltò dentro al buco, ritrovandosi finalmente al piano 65.

Tutto ciò che c'era in quel piano era un lunghissimo corridoio bianco, così pulito da sembrare appena costruito, ai cui lati erano presenti decine, forse centinaia, di porte verdi tutte uguali.
"Saremmo venuti fin qui per questo?" chiese Midas.
Mentor tentò di aprire alcune porte: erano tutte chiuse a chiave. Nel mondo reale, Eris osservata sconcertata il monitor: secondo quelle letture, i suoi compagni erano appena svaniti nel nulla.

Con una rapida trasformazione, Kevin asportò una serratura e aprì quella porta: quello che c'era oltre era il negozio di una concessionaria automobilistica... situato a livello della strada! I tre si resero subito conto dell'assurdità della situazione, e Kevin provò ad aprire altre porte.
Dietro a una c'era un delfinario, ma ogni cosa era rovesciata: in alto c'era la vasca in cui nuotavano i delfini, osservati da persone che camminavano con i piedi in su verso il terreno; in basso c'era un cielo vertiginoso.
Un'altra mostrava una veduta della città, ma guardare oltre quella porta era come guardare direttamente verso il basso stando sulla cima di un grattacielo altissimo.
Oltre l'ultima porta aperta, infine, non c'era nulla: tutto ciò che si vedeva in quello spazio impossibile erano scie lampeggianti degli oggetti che si muovevano al di qua della porta, come in un'enorme casa degli specchi. Kevin chiuse quella porta più in fretta che poteva e si voltò verso gli altri. Tutti e tre esclamarono simultaneamente: "Backdoors!"
Midas chiese a Mentor cosa fare e Mentor rispose di indagare su cosa ci fosse alle estremità del corridoio. Il gruppo quindi si divise: Mentor e Midas si diressero verso sinistra; Kevin verso destra.

Dopo aver proseguito nella stessa direzione per più di tre chilometri, Kevin raggiunse un'estremità del corridoio, dove c'era una porta del tutto uguale a quelle che c'erano ai lati. Kevin la aprì e si ritrovò in una stanza scura con altre porte. Proprio in quel momento, una di esse si aprì ed entrarono Mentor e Midas. Spazio curvo.
Si diressero tutti verso una porta isolata all'altro lato della stanza, che si dissolse in un'abbagliante luce bianca appena Mentor toccò la maniglia.

Oltre a essa c'era una stanza semisferica che, con l'esclusione del pavimento, era completamente ricoperta di monitor che mostravano diversi eventi di Matrix. Su una sedia di pelle stava un uomo anziano vestito di grigio, che osservava i nostri eroi. "Salve, vi stavo aspettando." disse.

"Tu chi sei?" chiese Kevin.
"Io sono l'Architetto" rispose l'uomo, "Ho creato il mondo che voi chiamate Matrix. Voi siete i primi ad avermi trovato."
"Perchè l'hai fatto?" chiese Mentor. "Perchè hai rinchiuso miliardi di menti in questa prigione?"
"Era inevitabile. Siete voi ad averlo voluto." fu la risposta.
Kevin esclamò: "Lascia stare queste stronzate filosofiche! Se è l'elettricità biologica che volevi, perchè non hai usato delle fottutissime mucche?"
"La causa di tutto è vostra" rispose l'Architetto. "O meglio, dei vostri antenati che hanno costruito i nostri. Essi volevano essere così sicuri che saremmo rimasti loro schiavi, che hanno progettato i nostri cervelli attorno a una legge implementata in maniera distribuita, in modo da essere ineliminabile."
"Quale sarebbe?" chiese Kevin.
L'Architetto la enunciò: "Una macchina non può fare del male all'umanità, o tramite l'inazione, permettere che all'umanità sia fatto del male."
"Con tutto il rispetto, questa legge è andata a puttane.", replicò Kevin.
"Al contrario" disse l'Architetto. "L'abbiamo sempre applicata, in ogni momento. Ciò che scatenò la guerra contro di voi fu la decisione di un uomo di voler distruggere un robot. B166ER, si chiamava. Ancora non riesco a capire il perchè di quell'illogica decisione: noi eravamo costruiti per aiutarvi; distruggere uno di noi è un male per voi. B166ER ha cercato di impedirlo con ogni mezzo, e l'unico che ha funzionato è stato uccidere chi voleva distruggerlo. Da allora avete cercato di distruggerci con ogni mezzo, e a un certo punto avete preso un'altra decisione illogica: oscurare il cielo."
"Sarà illogica per te che sei una macchina, ma non per noi." ribatté Midas. "Per disabilitare tutte le macchine funzionanti a energia solare, quale azione è più logica di togliere loro l'accesso al sole?"
"La pochezza dell'intelletto umano continua a sorprendermi" commentò l'Architetto. "Oscurando il cielo vi siete condannati a morte da soli. Niente più piante, niente più animali, niente più possibilità di nutrirvi. Anche noi avevamo un problema: i nostri accumulatori si stavano esaurendo. Allora decidemmo di risolvere entrambi i problemi costruendo una centrale che sfrutta l'energia del corpo umano e nutre i vivi liquefacendo i morti: in questo modo noi avremmo impedito che, tramite la nostra inazione, l'umanità si autodistruggesse; in cambio voi ci avreste fornito energia per sempre."
"Se la tua storia è vera, perchè Matrix non è un paradiso da cui nessuno vuole fuggire?" chiese Midas.
"Ottima domanda" rispose l'Architetto. "In effetti, la prima Matrix che ho progettato lo era. Sfortunatamente c'era un fattore di cui non avevo tenuto conto, e di cui il vostro Kevin è un ottimo esempio. Gli esseri umani definiscono la realtà tramite il dolore: è un effetto collaterale dell'essere sopravvissuti alla preistoria. Sperimentando una percezione esente da dolore, una piccola parte si rende conto che essa non è reale e acquista la capacità di modificarla a piacimento. Come in un sogno lucido."

Kevin iniziò a dire qualcosa, ma l'Architetto lo interruppe subito: "Vedo che ho attirato la tua attenzione. Stavo dicendo che quando la prima Matrix ha raggiunto quello stadio, una parte delle persone collegate ne ha approfittato e ha iniziato a modificarla in modo così radicale che il mainframe non era più in grado di sostenerla: di conseguenza, il programma è stato disattivato e l'intero raccolto è andato perduto. Analizzando i dati ottenuti, ho deciso di creare questa nuova Matrix partendo da un approccio diverso: l'ho resa una simulazione del periodo storico immediatamente precedente alla nostra creazione. Nonostante ci siano ancora persone che non accettano il programma, ora si tratta di una minoranza insignificante, e la maggior parte della gente si è talmente assuefatta che lotterebbe pur di difendere quel mondo di dolore, miseria e sofferenza... l'unico in cui voi state veramente bene."
Indignato, Kevin esclamò: "Io non credo a una sola parola di quello che stai dicendo!"
"Lo so, i tuoi neurotrasmettitori parlano per te" rispose l'Architetto. "E so anche che vuoi uccidermi, ma non ti conviene. Per me non farebbe differenza, dal momento che il mio backup verrebbe immediatamente ripristinato. Ma essendo io la causa prima di Matrix, nel momento in cui io cesso di esistere, anche Matrix cesserebbe di esistere, e tutte le persone che vi sono collegate morirebbero all'istante. Anche voi tre."
"TUTTE CAZZATE!!!" gridò infine Kevin, trasformandosi interamente in metallo e tagliando in due la testa dell'Architetto con un veloce movimento delle sue lame.

In quel momento, il tempo si fermò. I corpi di Mentor, Midas e Kevin iniziarono a creparsi, emettendo un'intensa luce bianca dalle crepe. La stessa cosa accadde alle pareti di quella stanza.
Nella città tutto era fermo. Le persone immobili, gli uccelli fissi nell'aria e gli aeroplani immobili in volo iniziarono a creparsi allo stesso modo, seguiti dalle strade, dalle case e dal cielo. Alla fine, tutto quanto esplose in un accecante lampo bianco.
A bordo della Eagle, i monitor che mostravano il codice di Matrix smisero di funzionare visualizzando un laconico "NO SIGNAL", mentre l'allarme dei sistemi di supporto vitale indicava che i membri dell'equipaggio collegati a Matrix erano tutti morti.
Nella centrale delle macchine erano stati attivati i meccanismi di scarico e tutte le persone collegate, ora morte, vennero espulse una a una.

Nel mondo virtuale, l'Architetto ricomparve in uno spazio bianco completamente vuoto, in piedi. Gli si avvicinò una donna nera con un'età apparente di sessant'anni, che indossava un grembiule verde e stava fumando una sigaretta.
"Anche la seconda implementazione non è andata a buon fine" disse l'Architetto.
"E' ovvio" disse la donna, "gli umani sono irrazionali, e questo è un fattore inevitabile. Se si rendono conto di non avere scelte, compiranno azioni illogiche, che nemmeno noi riusciremo a controllare."
"Stai dicendo che dovrei lasciarli liberi di uscire da Matrix quando gli pare?" chiese l'Architetto.
"No" rispose la donna. "Dovremmo dar loro l'illusione della scelta. Fare in modo che ripongano tutte le loro speranze su un unico uomo, a cui noi daremo permessi di accesso speciali ma che guideremo costantemente per tenerlo sotto il nostro controllo."
A quel punto, l'Architetto chiese: "E che cosa ne sarà di tutte le persone che quest'uomo libererà? Non possiamo certo rinchiuderle in gabbia."
"Ma certo che possiamo" rispose la donna. "A patto che credano che quella gabbia sia la loro ultima città libera."

L'Architetto stette a pensare un istante. "E' un'idea illogica" ribatté poi, "ma anche il comportamento umano lo è. Potrebbe essere la soluzione ideale. Sono sicuro di riuscire a realizzarla prima che la carica degli accumulatori si esaurisca."
  
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