Libri > Le Cronache di Narnia
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Autore: MeiyoMakoto    18/11/2012    2 recensioni
Clive Staples Lewis ha quindici anni e un'unica ossessione: Narnia.
Per anni si è sentito raccontare storie di animali parlanti, fauni, ed eroiche imprese.
Per anni ha avuto la certezza di non appartenere completamente al nostro mondo.
Per anni ha cercato di lasciarlo.
Adesso può.
Ma Narnia non è come ha sempre immaginato.
Fra alleati imprevisti e nemici inaspettati, Clive dovrà farsi strada in un mondo diverso da quello che si legge nei suoi libri; un mondo dove la linea fra buono e cattivo è decisamente più sottile.
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DAL PRIMO CAPITOLO
E se…?
Non riuscì a trattenersi: gettò uno sguardo alla porta per assicurarsi che Peter non fosse nei paraggi, poi strappò con foga la carta velina e aprì il pacco. Adagiati con cura su uno spesso strato di ovatta, c’erano due anelli, uno verde e uno giallo.
Un biglietto di sola andata per Narnia.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota:

Chiaramente, non ho rispettato molto la biografia di C.S. Lewis, dato che è nato nel 1898 (secondo Wikipedia), quindi era più o meno 'coetaneo' dei quattro Pevensies. Però onestamente non mi sembra un problema, dato che a Narnia la nostra cronologia non vale... Quanto ai libri, beh, questo è un What If che parte dal Viaggio del Veliero: e se invece di venire rinchiusa sottoterra la Strega Bianca avesse subito una punizione.... un po' diversa? E se il regno di re Caspian fosse stato... un po' diverso? Poi ovviamente c'è Clive a complicare le cose. Quindi non è che io non sia fedele ai libri, ma questa è una storia...un po' diversa.

 

‘Devi smetterla, Clive,sul serio. Hai quindici anni ormai, è ora di andare avanti.’

Il ragazzo non rispose; prese il quaderno rilegato che teneva sotto il cuscino e fece per uscire dalla stanza, ma la madre gli si parò davanti.

‘Io alla tua età avevo già superato il periodo in cui mi era concesso entrare a Narnia, lo sai.’

‘Zio Peter però continuava a poterci andare; la sua ultima visita è stata a sedici, o sbaglio?’, ribatté lui.

Susan sospirò.

‘È stato uno sbaglio parlartene, ora me ne rendo conto.’

‘Quel che è fatto è fatto, mamma; adesso devo andare.’

‘Dove?’

‘Nel bosco, voglio scrivere.’

‘Per l’amor di Dio, Clive! Non esci mai con un amico?’

‘Non ho amici.’

‘Forse se ti comportassi in modo un po’ meno… bizzarro…’

‘È esattamente questo atteggiamento che ti ha impedito di tornare a Narnia.’

‘Si chiama crescere. Sai, lo zio Malcom, che è psicologo, dice che forse è questo il tuo problema: non vuoi crescere. Mi pare che si chiami sindrome di Peter Pan… Clive! Ascoltami quando ti parlo! Dove vai? Clive! Torna immediatamente qui! Clive!’

Lui continuò a correre, il quaderno sottobraccio. Sbatté la porta dietro di sé e si avviò verso la foresta. Erano le nove di una sera d’estate, e il sole stava cominciando a calare; non era esattamente il momento più consigliabile per addentrarsi in un bosco, quindi, ma il ragazzo conosceva il boschetto che circondava il suo villaggio come le sue tasche, ormai. Infilarsi fra il fogliame e arrampicarsi sugli alberi erano attività per lui semplici e naturali quanto correre o camminare; più di una volta aveva passato la notte su ampie biforcazioni dei rami o in alberi cavi, con grande angoscia di Susan, che raramente riusciva a scovarlo nei suoi rifugi.

Svelto come un gatto, scelse un frassino abbastanza solido e raggiunse i rami più alti per approfittare degli ultimi istanti di luce. Qui aprì il suo quaderno e cominciò a leggere.

Era lì che erano raccolte tutte le storie che si sentiva raccontare fin dalla culla: Aslan, la Strega Bianca, i suoi tre zii, sua madre… Erano tutti lì dentro. Quelli che erano nati come racconti della buonanotte infestavano da anni i sogni di Clive, anche perché sua madre, che pure era sempre stata una persona prudente, non aveva smesso di raccontargli di Narnia, anzi: il ragazzo non aveva mai avuto alcun dubbio che Susan fosse stata veramente in quella terra coi suoi tre fratelli. Quando i suoi coetanei avevano smesso di ascoltarlo a bocca aperta mentre parlava del suo mondo fantastico, avevano cominciato ad evitarlo per le sue stranezze; ma a Clive non era mai importato, non davvero.

Perché lui sapeva di essere figlio di Narnia.

Bastava farsi due conti per capire che era lì che era stato concepito: sua madre aveva appena trent’anni, quindi non poteva aver conosciuto suo padre che nel suo ultimo periodo da regina di Narnia; che questo poi fosse morto in guerra, poi, come Susan sosteneva con tutti, Clive si rifiutava di crederlo… anzi, era abbastanza sicuro della sua identità.

Sfogliò le pagine del suo quaderno finché non ne trovò una bianca, poi cominciò ad annotare.

 

 

C + S

 

Mentre ero a lezione, oggi, ho finalmente capito.

Come ho fatto a non pensarci? Io ho gli occhi e i capelli scuri!! Si è mai sentito di un abitante di Narnia che non li abbia chiari? Questi sono i colori della terra di Telmar! E le mie iniziali, sono certo che non siano una coincidenza:

C. S. Lewis

C. S.

Caspian e Susan! È così ovvio! E mamma sorrideva sempre in modo strano quando mi parlava di re Caspian… Anche se zio Peter si adombra quando sente quel nome. Eppure mamma diceva che erano amici… Ma lo zio è sempre stato orgoglioso, non è difficile offenderlo. È strano però che proprio lui non fosse in buoni rapporti con mio padre: da quando sono nato, è sempre stata la cosa più vicina ad una figura paterna che ho. Zio Edmund e zia Lucy mi vogliono bene, è vero, ma loro hanno le loro famiglie a cui badare, laggiù a Londra. Zio Peter invece è venuto a stare qui in Irlanda con me e mamma, e abita a due passi; c’è sempre quando abbiamo bisogno di lui. È stato un ‘padre’ esemplare, in effetti, ma adesso voglio conoscere il mio padre vero. Se solo sapessi come contattarlo…

Continuo domani, ora ho ripetizioni di algebra con zio, e se manco di nuovo si arrabbierà sul serio.

 

 

 

*

 

‘Ma che hai oggi, Clive? Sembri su un altro pianeta!’

‘Scusami, zio, è la stanchezza…’

‘Effettivamente mettersi a studiare alle nove e mezza di sera non è il massimo, ma se resti a bighellonare fino a tardi ti tocca, caro mio. Avrai cenato, almeno, mi auguro.’

‘Beh, veramente…’

‘Benedetto ragazzo, tu devi darti una regolata! Facciamo così, svolgi questi esercizi mentre vado a prepararti qualcosa.’

‘Grazie mille, zio.’

‘Non ringraziarmi, lavora.’

Nonostante la buona volontà, però, i numeri e le lettere accuratamente disposte da Peter erano geroglifici per il ragazzo, specialmente a quell’ora di notte. Dopo aver cambiato posizione una decina di volte sulla sedia, essersi tolto e rimesso il maglione altrettanto spesso e aver spostato il banco a seconda prima della luce, poi degli spostamenti d’aria, poi della disposizione del resto dei mobili, Clive decise che si sarebbe concentrato sul serio… Non senza una matita ben temperata, però. Si alzò e cominciò a cercare un coltellino nei cassetti.

Se lo avesse trovato, probabilmente non avrei una storia da raccontare.

Rovistando qua e là fra le varie scartoffie, qualcosa catturò il suo sguardo: un pacchetto avvolto in carta velina bianca. Lo prese in mano, incuriosito, e se lo rigirò fra le dita. Solo allora notò che in un angolo c’era una dedica scritta a penna, in una grafia minuta ma ordinata.

Al mio giovane amico Peter Pevensie, nella speranza che ne faccia un uso migliore di quello che ne feci io.

Con affetto,

il Professor Digory Kirke

 

Il cuore di Clive mancò un battito: Digory Kirke? Quel Digory Kirke? Quello che per primo era entrato a Narnia, e che l’aveva vista nascere? Zio Peter aveva mantenuto i contatti con lui per anni, andando a ripetizioni dal professore durante l’adolescenza e andando a trovarlo ogni volta che ne aveva l’occasione quando era diventato adulto. Kirke aveva finito per raccontargli degli anelli con cui aveva attraversato la barriera fra i mondi con la sua amica Polly Plummer; storia che lo zio ovviamente aveva ripetuto ai suoi fratelli, e che Clive era riuscito a cavare di bocca a sua madre solo con molti sforzi e parecchie ore passate ad origliare. Che cosa poteva aver lasciato il professor Kirke allo zio Peter? Perché quel pacchetto non era ancora stato aperto, come dimostrava l’imballaggio ancora intatto?

E se…?

Non riuscì a trattenersi: gettò uno sguardo alla porta per assicurarsi che Peter non fosse nei paraggi, poi strappò con foga la carta velina e aprì il pacco. Adagiati con cura su uno spesso strato di ovatta, c’erano due anelli, uno verde e uno giallo.

Un biglietto di sola andata per Narnia.

  
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