Film > Sherlock Holmes
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Autore: polutropaul    18/11/2012    2 recensioni
Avevano passato anni insieme.
Solo ora che non c'era più aveva capito che per lui valeva davvero.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Appoggiai il bastone e mi guardai intorno.
Holmes era in bilico sulla cascata, Moriarty davanti a lui, stretto; pochi centimetri: una scivolata e sarebbero precipitati entrambi.
Lottavano, si erano evidentemente fermati al mio arrivo.
Holmes mi guardò con le lacrime agli occhi, non riuscivo a capire se per il dolore o per che cos'altro. E d'altronde, come avrei potuto? Non ero mai riuscito a capirci nulla di lui, c'era sempre quel muro davanti ai suoi occhi, ai suoi pensieri, che lo rendeva così freddo e indifferente da chiedersi, spesso, se avesse effettivamente un cuore o una macchina al suo posto.
Mosse le labbra come per mormorarmi un addio; un addio che non mi aspettavo, o che forse non volevo aspettarmi. Lui che aveva sconfitto i più grandi criminali di tutto il Regno Unito, di tutta l'Europa, forse ... Lui era lì, abbracciato al suo più grande nemico sopra chissà quanti metri di vuoto, tentando in pochi secondi di trovare un'inutile via d'uscita. 
Quello che fece dopo, non riesco, o forse non voglio ricordarlo.
Corsi lì dove pochi istanti prima c'era Lui, Sherlock Holmes, il più grande investigatore della storia dell'Inghilterra, il mio maestro, il mio inquilino, il mio più grande amico. 
Ma ora non c'era più; rimanevano le sue impronte nel muschio umido, quell'odore di tabacco che lo caratterizzava, il suo cappello. Ma lui, lui non era più lì.
"Holmes" bisbigliai, sperando quasi di sentire la sua voce ironica alle mie spalle, un "Attento o potrebbe cadere" che non avrei mai sentito. Mai più, almeno.
Quella maledetta cascata.
Mi inginocchiai e mi misi a piangere come un bambino a cui è stato tolto il suo giocattolo preferito. Perchè a me potevano togliere di tutto, il lavoro, la casa ... ma non lui.
Non Holmes

I miei incubi furono fermati da una mano tremante sulla mia spalla. Non servì ad un gran che, però, quel risveglio improvviso: mi bastò aprire gli occhi per vedere dove mi trovavo.
Allora era davvero morto. Inevitabilmente iniziai a piangere, era l'unica cosa che riuscivo a fare in quel momento.
"Non vorrebbe vederla piangere." mi bisbigliò quel qualcuno all'orecchio. 
"E io non vorrei essere qui, o almeno non per lui."
Mi guardai intorno, neanche Mary era lì. Se n'era andata. Anche lei.
Mi avevano lasciato tutti. Le uniche due persone che importavano qualcosa per me se n'erano andate.
"Siamo qui riuniti per l'ultimo saluto al nostro carissimo amico Sherlock Holmes" Un brivido di orrore mi scosse: sapevo che non c'era, che non ci sarebbe più stato ma non volevo ammetterlo, e quelle parole tolsero l'ultimo barlume di speranza rimasto in me. Se la speranza era l'ultima a morire, era sepolta nella bara al posto del suo vero proprietario che, ironia della sorte, era sepolto sotto alle acque torride delle cascate del Reichenbach col suo peggior nemico.
No. Non ce la potevo fare. Mi alzai e, con il viso rigato di lacrime, uscii di corsa dalla chiesa facendomi strada tra la Londra in lutto che la affollava.
 
Ma l'odio che mi provocò quello che vidi appena uscito non l'avevo mai provato in tutta la mia vita. 
Moran, il braccio destro di Moriarty era lì, appoggiato alla facciata della chiesa col cappello sugli occhi. 
Come se non fosse successo niente, come se tutta quella gente fosse lì per niente. Lui non era per niente in lutto, lui da quella morte, da quelle morti, aveva perso e guadagnato allo stesso modo.
Istintivamente caricai la pistola; non sapevo perchè, un omicidio era l'ultima cosa che avrei voluto ora, ma il suo ... forse il suo no.
Mi parai davanti a lui, la pistola parata sul suo petto, la mano tremante e le lacrime agli occhi.
"Watson, carissimo!" Mi poggiò una mano sulla spalla sfoggiando un sorriso che a prima vista poteva sembrare quello di un perfetto gentiluomo; guardandolo meglio però si poteva cogliere quella malvagità, quell'odio represso che lo aveva portato ad essere quello che era ora. "E quelle lacrime? Ha fatto solo il suo dovere, lo sappiamo entrambi."
Era troppo. Gli tirai un pugno quasi involontariamente, senza accorgermi del male che, oltre a lui, stavo facendo a me stesso. In fondo quello era niente rispetto a tutto il resto.
"Fatti vedere ancora una volta qui e giuro, rivedrai presto quel bastardo del tuo caro amico." balbettai.
"In questo caso, dottore, stia certo che se lui ha fatto il suo mestiere, io non mi farò problemi a fare lo stesso. Con lei"
"L'aveva promesso anche il suo amico, mio caro, eppure guardi, sono qui!" Dissi puntandogli ora la pistola sulla fronte "E comunque non mi preoccuperei tanto di quanto ha da dire sulla mia fine, ma piuttosto sulla sua."
Con una mano sul naso sanguinante si mise a ridere nervosamente, di una risata che incuteva terrore, e, scaraventando a terra l'arma se ne andò.
I miei istinti omicidi erano al culmine; ripresi da terra la rivoltella e presi la mira per sparargli; dove non mi importava, volevo solo soffrisse come soffrivo io in quel momento. 
"Watson, lei ha totalmente perso il lume della ragione. Intende davvero rovinarsi la vita per quel verme? E' quello che avrebbe voluto Moriarty." Mycroft arrivò da dietro le mie spalle strappandomi dalle mani la pistola e abbracciandomi, accogliendo quello sfogo che trattenevo da tanto.
"Perchè, mi scusi, non pensa sia già abbastanza rovinata ora?" gli urlai tra un singhiozzo e l'altro "Non pensa che sarebbe uguale rovinarsi la via qui o in prigione?"
"No, Watson, non lo penso." mi rispose calmo, come una mamma che cerca di tranquillizzare il suo bambino dopo un brutto colpo "Se non lo uccide, verrà comunque preso per gli innumerevoli altri crimini che ha commesso, ma se lo facesse, invece, passerebbe lei per il criminale."
"Preferirei rovinare entrambi che vederlo girare felice per Londra e non avere le prove di incriminarlo in nessun modo."
"Sta diventando peggio di mio fratello, dannazione." Quell'ultima parola mi fece capire che non era poi così calmo come mi voleva far credere.
"Già, ed è l'unico modo che ho per ricordarmi di lui". 
Gli strappai dalle mani la pistola e mi avviai verso quell'appartamento che, ancora una volta, mi avrebbe fatto pensare a lui.

POV  Signora Hudson
Quei muri che per così tanti anni avevano ascoltato le pene di tanti cittadini, dal più povero operaio ai componenti di varie famiglie reali, quelle pareti che avevano assistito alla risoluzione di casi a detta di tutti impossibili, quei mobili che avevano accolto per tanto tempo le due persone, a modo loro, più straordinarie che io avessi mai conosciuto, quelle stanze sembravano ora sprigionare tutta la tristezza e la solitudine che avevano accumulato nella loro esistenza, quasi volessero partecipare al lutto opprimente che era parte integrante da più di sei mesi del carattere del, ora, unico inquilino che ospitavano.
L'unico modo in cui quest'ultimo pareva stare bene, qui, era quello di farsi del male. 
Il dottor Watson, l'unico che riusciva a far ragionare Sherlock Holmes, non mangiava, non dormiva.
Passava i suoi (eterni) giorni sdraiato in mezzo al suo soggiorno a pensare ai giorni passati col suo amico e compagno Sherlock, del quale, a quanto pare, non poteva fare a meno.
Beveva, beveva tantissimo, aveva finito tutte le scorte della casa di alcool di qualsiasi genere. Ma la cosa peggiore era quello che sarebbe arrivato dopo.
Un giorno entrai nel soggiorno per portare uno dei tanti telegrammi che riceveva e ai quali, puntualmente, non rispondeva, e lo trovai mentre frugava in un astuccio di pelle con una foga spaventosa. Lo bloccai appena vidi cosa conteneva. Era cocaina, droga, la stessa che Holmes usava nei suoi momenti di "noia" e l'ultima che pendavo di poter trovare in mano al dottore. Non si era nemmeno accorto della mia presenza, pover uomo, talmente era disfatto.
Riuscii a nasconderla nei miei alloggi, dove ero sicura non potesse cercare, ma al momento non pensai al fatto che era medico e che quindi se non la cocaina, la morfina o altre droghe sarebbe riuscito da solo a procurarsene. Ma me ne ricordai solo quando ne arrivò un pacco pieno destinato a lui stesso.
Non potevo vederlo così, dovevo fare qualcosa, si stava letteralmente consumando. La persona più buona del mondo, la mia salvezza quando si trattava di Holmes, la persona più sobria e ragionevole che conoscessi, dopo la morte del suo coinquilino era diventato una specie di mostro. 
Non riuscivo a gestire la situazione, in fondo era più forte e più giovane di me e, in quella situazione, decisamente pericoloso.
Mandai un telegramma all'unica persona che gli stava effettivamente vicina, Mycroft Holmes, spiegandogli la situazione, sperando che avesse più senno del fratello e che riuscisse ad aiutare John.
Fortunatamente le mie previsioni si rivelarono giuste e entro poche ore la sua figura imponente bussò alla mia porta.
Ci precipitammo nella sala, ma la situazione era decisamente precipitata. Dalla mattina stessa aveva finito due bottiglie di whisky e, con orrore, notai che il pacco di morfina che aveva ricevuto per "scopi medici" era dimezzato.
Lo trovammo privo di sensi, tramortito. Poche ore in quelle condizioni e, non ci voleva un medico per capirlo, non avremmo più potuto salvarlo. 
Mycroft si precipitò su di lui, per quanto il suo corpo glielo consentiva, e fece di tutto per rianimarlo. Il battico cardiaco era agli sgoccioli.
"Watson, si svegli! Dottor Watson!" iniziò a tirargli dei buffetti che poi si trasformarono in schiaffi. "Parli, per l'amor di Dio, almeno parli ..."
Finalmente socchiuse gli occhi, bisbigliando un "andate via" e cercando di nuovo la bottiglia o la siringa ipodermica. Era totalmente fatto. 
"John Watson, se si azzarda a bere una goccia d'alcool o a toccare quella dannata siringa, giuro che la ammazzo"
"Allora mi dia l'intera bottiglia" sbuffò e girò la testa verso la finestra, tastando il tappeto sperando di trovare qualcosa, qualsiasi cosa che potesse tirarlo su di morale. Ma tutto quello che poteva essere in qualche modo pericoloso per la sua già instabile salute era stato accuratamente nascosto.
"Non dica baggianate e si alzi." tuonò l'altro più preoccupato che altro. Lo prese per le ascelle e lo sollevò di peso, scrollandolo, ma era troppo debole e non riusciva neanche a tenere ritta la testa. 
"Sono uno schifo, mi guardi, non servo a niente." Possibile che tutto quell'odio verso se stesso e quella tristezza durassero da quasi un anno? Possibile, per un semplice amico? Mi si riempì la mente di pensieri che scacciai con disgusto. Aveva avuto una moglie fino all'anno prima, diamine. 
"Lei lo sa meglio di me che potrebbe evitarlo, che tutto quello schifo che vede se lo sta infliggendo da solo."
Mycroft mi pregò di uscire dalla sala, la situazione era ingestibile e aveva bisogno di stare da solo con Watson. Continuai comunque ad origliare e a guardare all'interno della sala attraverso il buco della serratura. Ma forse avrei fatto meglio ad andare via, e di corsa anche.
"Watson, lei ha tanti amici, tanta gente che le vuole bene, un lavoro stabile. Perchè deve rovinarsi la vita in questo modo?"
"L'unico amico di cui mi importava l'ho perso. L'unico che mi voleva bene non è qui. Del lavoro non mi importa niente. Di lei, della Signora, di Moran e di tutti quei dannati uomini felici qui fuori non mi importa niente. Non mi sto rovinando la vita, essendo che è già finita."
"Sta sbagliando di grosso. Io ho perso un fratello sa? Meno di un anno fa, circa quando lei ha perso quel suo amico. Il lutto c'è stato anche per me, mi creda, ma ho pensato che non era giusto continuare così."
"Lei ... lei non capisce." balbettò con le lacrime agli occhi. Se solo avesse potuto dirgli chiaramente cosa pensava ...
"Cosa non capisco, l'amore?" lo guardò in faccia, quella faccia che ora appariva stupita e spaventata. "Perchè è evidente, John."
Sienzio. Quel silenzio cupo e colmo di imbarazzo nel quale il primo pensiero è quasi sempre quello di scappare lontano, il più lontano possibile da quella conversazione.
Fu Watson però, questa volta, ad interromperlo. "Tanto lui non c'è, qui."
"E se ci fosse? E se ci stessimo sbagliando tutti e lui non fosse caduto da nessuna parte? Il corpo non è stato trovato, giusto?"
"L'ho visto con i miei occhi, Mycroft!" Sbraitò Watson, totalmente impreparato e stupito da quella domanda. "E poi se fosse vivo sarebbe venuto a prendermi, lo so."
"E se invece ci avesse ingannati tutti in qualche modo?" disse calmo Mycroft "Lo conosce forse meglio di me, mio caro, sa com'è fatto e di cosa è capace."
"Sa cosa c'è qui? Che lei sta delirando più di me. Arrivederci, Mycroft, non ho bisogno di riavere la speranza, o illusione, la chiami come vuole, tanto oramai è la stessa cosa."
Ma Mycroft non si muoveva. Insistette sulle probabilità che suo fratello non fosse morto e sinceramente mi sembrava solamente una cosa crudele illudere così il già disastrato dottore. Ma in ogni caso questi non gli dava ascolto, continuando a salutarlo come se fosse in procinto di andarsene.
E così fece, alla fine, esasperato.
Dopo ciò tornò tutto alla solita, noiosa routine, fatta di noia, alcool e siringhe ipodermiche.
 
POV Watson
 
Mi odiavo.
Odiavo le siringhe, l'alcool, la droga.
Eppure erano le uniche cose di cui non potevo fare a meno.
Era destino forse che tutti quelli con cui avevo a che fare, compreso me stesso, dovessero fare quella fine? Mio fratello era morto per l'alcool, Holmes aveva rischiato di finire all'altro mondo più di una volta per la droga. E io? Che stupido, io, pensavo di poter curare la gente quando il primo da curare ero io stesso.
Per quanto sarei potuto sopravvivere a quella dieta? Non potevo continuare a vivere così. 
No, il concetto era un altro, non potevo continuare a vivere.
Si, era chiaro, ero l'unico cretino in quella situazione, per fino Mycroft, suo fratello, ne era uscito.
Avevo sbagliato a non dire a Sherlock quello che davvero pensavo di lui, e ora che ragione c'era di continuare a pensarci?
Quella lontananza da lui, il fatto di non essersi mai davvero confidato con lui, i suoi sentimenti ... e quel parlare con lui anche adesso, come se fosse lì, e quel continuare a ripetere episodi accaduti in sua presenza mi portava solo ad un ulteriore stato di degrado. Di cui non avevo bisogno.
E quell'odio, quello schifo che provavo per me stesso si stava allargando al resto del mondo, compreso a lui, la persona che, invece, amavo di più. 
Chissà se ancora poteva sentirlo, chissà se quelle frasi puramente di circostanza tipo "Sarà comunque sempre tra noi" o "E' comunque vicino" usate per consolare i bambini erano effettivamente una cosa vera.
Lui che riusciva a leggere i pensieri della gente, lui che riusciva in pochi secondi a vedere la vita di colui che si trovava davanti, lui ... non credevo non potesse sentirmi ora.
"Perchè tu mi senti, vero? Eh? Prova a leggere ORA i miei pensieri. A cosa sto pensando, detective? A cosa penso da un anno? Penso ... penso solo a te che ... non ci sei." Le ultime parole non le sentii neanche io tra i singhiozzi, tra le poche lacrime che ancora mi restavano; quelle lacrime che sapevano di Rum e morfina ... avevo finito anche quelle. 
"Mi manchi, Holmes." Fu l'ultima cosa che riuscii a pronunciare.
Guardandomi in giro, sdraiato per terra in quel salotto deprimente senza di lui, trovai quella pistola che avevo usato per tutti quegli anni.
Cosa potevo farmene ora che non c'era più? Era l'unico modo per raggiungerlo? Forse si.
Mi alzai e mi avvicinai alla scrivania, barcollando come un ubriaco, e forse a dirla tutta lo ero davvero, e la presi.
Passai una buona mezz'ora ad osservarla, con le lacrime che scorrevano oramai involontariamente sul mio viso, pensando a tutte le volte in cui avevo usato.
Dal primo caso. 
"Ho un amico a cui serve un inquilino, John. E' un po' strano, ma è simpatico a modo suo. E poi l'appartamento è il più conveniente che tu possa trovare, qui. Lui è Sherlock Holmes"
La prima volta in cui lo sentii nominare.
Quel ragazzetto, quello scenziato pazzo che avevo visto quel giorno era davvero stato con me per tutti quegli anni? E dopo tutto quel tempo non ero ancora riuscito a capire quello che pensava, i suoi sentimenti mentre lui pochi istanti dopo avermi visto, con un solo sguardo, era riuscito a scriversi in testa il mio profilo psicologico e la sua storia. Era possibile tutto ciò? Aveva allora capito che lo amavo, lo amavo con tutto il cuore? E lui? Lui cosa pensava?
Ma, tutto sommato, perchè continuare a farsi domande quando poteva chiederglielo di persona? Forse ero impazzito, totalmente impazzito, ma la sua faccia che continuava a riapparire, quei suoi occhi così profondi ... avrei potuto perdermi in quegli occhi ... No, dovevo raggiungerlo. Ovunque egli fosse.
Un solo colpo, non ricordo dove, la mano tremava troppo.
Di quello che successe dopo, ho solo vaghi ricordi.
 
Non so quando riuscirò a pubblicare il secondo capitolo, prevedo del tempo di sequestro per colpa delle troppe ore passate davanti al computer in questi giorni ...
Beh, detto questo ... buona lettura e grazie ancora :)
-Gi
   
 
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