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Autore: deliriums    18/11/2012    4 recensioni
Avevo solo dieci anni, ero una bambina, strana, diversa, cosa che non era accettata nella mia famiglia.
Da quando ero piccola ero considerata quasi folle, tutti sparlavano di me, tutti credevano che io parlassi da sola.
Io sapevo fare qualcosa che nessun altro essere umano sapeva fare, io vedevo al di là della realtà, guardavo lì dove nessuno provava a guardare, dove nessuno si era mai spinto oltre, vedevo spiriti vagare per la città, vedevo uomini volteggiare, ragazze cantare.
La gente considera diverso ciò che non è nella norma.
Genere: Drammatico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Niall Horan, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamo Alease.
Sono nata in una famiglia in cui le cose diverse non sono accettate.
Dove se hai un difetto quello può farti diventare strana.
Una psicopatica, una pazza.
E alla fine cominci a crederci anche tu.
Passi i giorni a chiederti perchè i tuoi genitori non ti rivolgono la parola, perchè ti guardano di nascosto come se avessero paura, perchè a volte parlano di te scuotendo la testa.
Ma non capisci che sono loro i pazzi finchè non ti ritrovi in un camioncino, finchè un uomo ti dice che sono stati proprio loro a farti portare via.
E cercano di calmarti mentre tu di dimeni.
Anche se così non combinerai nulla, ti ritroverai sola, in una specie di cella, rinchiusa, mentre la gente parla alle tue spalle, mentre i tuoi genitori fanno finta che tu non sei mai esistita.


Graffiai con un unghia il muro di quella cella completamente bianca.
Sette anni.
Erano passati sette anni da quando quegli infami dei miei genitori mi avevano fatto portare in questa prigione per pazzi.
Avevo solo dieci anni, ero una bambina, strana, diversa, cosa che non era accettata nella mia famiglia.
Da quando ero piccola ero considerata quasi folle, tutti sparlavano di me, tutti credevano che io parlassi da sola.
Io sapevo fare qualcosa che nessun altro essere umano sapeva fare, io vedevo al di là della realtà, guardavo lì dove nessuno provava a guardare, dove nessuno si era mai spinto oltre, vedevo spiriti vagare per la città, vedevo uomini volteggiare, ragazze cantare.
Vedevo ciò che a me sembrava così normale, ma ero così ingenua all'ora, non sapevo che la società non accettava la diversità, non mi accorgevo dei compagni che mi stavano alla larga mentre io mangiavo da sola parlando con chi loro non riuscivano a vedere, non mi accorgevo della maestra che alla fine del giorno scolastico si avvicinava ai miei genitori bisbigliandogli qualcosa mentre mi guardava, non mi accorgevo delle persone al parco che mi guardavano straniti, quasi schifati da una ragazzina pazza.
Solo ora, ormai diciassettenne, solo ora che sono sette anni che vivo in questo incubo, chiamato manicomio, mi rendo conto di cosa mi circonda.
Solo ora mi accorgo che non sono io quella sbagliata.
“E dai, non fare così.” alzai gli occhi al cielo stringendomi di più le ginocchia al seno, “Va' via, Harry.” mugugnai al riccio, pallido in viso, quasi trasparente, “Non voglio lasciarti sola.” “Sono sempre sola.” “Ora però ci sono io.” mi nascosi il viso fra le gambe, si poteva amare uno spettro? Perchè io ad Harry credo di amarlo, anche se veramente non so con precisione cosa sia l'amore, o cosa si prova realmente, ma sicuramente, quello fra i miei genitori non lo era, loro non erano capaci di amare.
“Stai bene?” sentii il suo respiro gelido sul collo ed alzai il volto incontrando i suoi occhi verdi tendenti sul grigio, annuii lentamente, “No..” lui quasi rise mostrando una lunga fila di denti bianchissimi e le sue solite fossette, mi lasciò un dolce bacio sulla guancia, “Non sto bene, Harry.” ripetei a bassa voce, si mise delicatamente fra me e il muro facendomi poggiare sul suo petto freddissimo, come la pelle di un vampiro.
Alzai il volto e lo guardai negli occhi, il suo viso era così puro, così stanco, sotto gli occhi c'erano due occhiaie che quasi illuminavano quel pallore bianco della pelle, i capelli ogni giorno erano uguali, ricci, spenti, il suo viso era spento, i suoi occhi erano spenti, le sue braccia erano deboli, era morto, ma dentro, dentro era più forte che mai, dentro non era mai morto.
“Credo di amarti.” sussurrai guardandolo negli occhi, lui sorrise per la seconda volta, “Non me l'avevi mai detto.” disse, accennai un sorriso e avvicinai il volto al suo per poi poggiare le mie labbra sulle sue, sussultai appena, sentendole così gelide, rigide.
E in un attimo le nostre lingue si accarezzavano a vicenda, mi sporsi più verso di lui facendogli poggiare la testa contro il muro e gli strinsi il polso con una mano.
“Sei così bella.” sussurrò staccandosi per poi riposare per un secondo le labbra sulle mie, “Sei così perfetta nella tua semplicità.” continuò poggiandomi una mano sulla guancia e accarezzandomela, ogni volta cercavo di non fargli capire quanto era.. scomodo, freddo, rigido, la cella era gelida, la notte tremavo dal freddo, indossavo solo una maglietta e dei pantaloni leggerissimi, d'inverno rischiavo di morire, se aggiungiamo il freddo del suo corpo potevo ben dire che sarei morta da un momento all'altro, ma non volevo farglielo capire, mi trattenevo dal tremare, non volevo che si allontanasse, che andasse via.
“Resta con me, per sempre.” dissi poggiando la guancia sulla sua spalla con il naso contro il suo collo, “Quanto vorrei poterlo fare..” sussurrò, alzai il volto di scatto guardandolo, “Cosa stai dicendo?” “Lo sai che non possiamo stare insieme, Alease.. non per sempre.” io mi accigliai, “Non è vero, perchè lo stai dicendo?” lui abbassò lo sguardo e sentii la sua mano accarezzarmi la schiena, “Perchè è impossibile, perchè quando sarai maggiorenne uscirai da qui, avrai un tutore, ti farai una tua vita, non voglio che la tua vita si rovini ancora, non voglio che tu sia rinchiusa ancora qui, non voglio che la gente ti creda pazza, devi conoscere un ragazzo vivo, devi vivere normalmente.” tutto quello non aveva senso, “E se io non volessi?” “Lo devi volere.” mi innervosii , “E se io non volessi essere uguale agli altri? Se preferissi essere diversa?” lui sospirò per poi alzarsi dal letto e avvicinarsi a me, “Lo so che dentro vorresti essere normale.” disse a bassa voce e stringendomi le braccia con le mani, “Non lo sai neanche tu cos'è normale e cosa no.” “So che io non sono normale, che sono morto, e so che tu non potresti vedermi.” rimasi un attimo in silenzio, “E se ti raggiungessi? Se potessi.. se fossi anche io mor..” non finii la frase che mi tappò violentemente la bocca e mi fissò quasi in collera, “Non dirlo nemmeno.” sibilò fra i denti, in quell'istante la porta della cella si aprì e dio mi staccai velocemente da Harry per non destare sospetti.
Il direttore del manicomio, o prigione per pazzi, mi squadrò da capo a piedi quasi schifato, poi si guardò dietro e fece cenno a qualcuno di entrare, un ragazzo sui venti anni, biondo, occhi celesti, carnagione chiara, piuttosto alto e vestito con quei soliti camici bianchi entrò nella stanza guardandosi intorno e poi posando lo sguardo su di me.
“Signor Horan, lei è Alease..” disse, pronunciando il mio nome con disprezzo per poi sussurrargli qualcosa all'orecchio, “Lui è Niall Horan, è uno psichiatra, sostituirà il tuo in questi giorni di malattia.” mi rivolse finalmente la parola il direttore, scambiò un ultima volta lo sguardo con il biondo e poi uscì dalla stanza sbattendo la porta.
Niall, se mi ricordo bene, si guardò intorno posando guardandomi a volte, mentre io lo seguivo con lo sguardo rivolgendo a tratti degli sguardi ad Harry che se ne stava appoggiato al muro scrutando il biondo che, ovviamente, non poteva vedere.
“Ciao.” mi salutò ad un certo punto il ragazzo facendomi spalancare gli occhi, mi allontanai di qualche passo appoggiandomi al muro vicino ad Harry che mi lasciò un bacio sulla guancia e sparì anche dalla mia vista.
Intanto Niall era rimasto a fissarmi aspettando una risposta ma ricevette solo silenzio, “Ti chiami Alease, vero?” silenzio, ancora.
Il mio precedente psichiatra mi ha sempre trattata male, insultandomi e picchiandomi, sussurrandomi nell'orecchio che ero una pazza, che ero un'errore.
“Il gatto ti ha morso la lingua?” sorrise, ma io, ancora una volta, rimasi impassibile.
Così il biondo si avvicinò a me ed io rimasi immobile mentre rabbrividivo, così ero abituata, se mi muovevo peggioravo solo la situazione.
Vedendomi tremare mi posò delicatamente una mano sul polso e per un secondo provai piacere a sentire un corpo caldo.
“Hai freddo?” chiese guardandomi negli occhi, senza che dissi nulla si tolse il camice, rimanendo in pantaloni e maglietta a maniche corte, e me lo poggiò sulle spalle, “Non è molto, non ho altro.” disse poi guardandomi quasi con pena, mi strinsi ancora di più in quel pezzo di stoffa, “Grazie..” bisbigliai con lo sguardo fisso sul pavimento.
“Ti va se ci sediamo?” chiese fissandomi con i suoi occhioni azzurri.
Ci sedemmo sul letto e lui prese la cartellina che prima teneva in mano.
“Dovrei.. dovrei farti alcune domande.” balbettò guardandomi, annuii senza alzare lo sguardo.
Che domande doveva farmi? Perchè sono pazza? Perchè non mi uccido? Perchè esisto?
“Mi hanno detto che.. diciamo.. dici di vedere i fantasmi.” continuò, non risposi, sospirai solo poggiando la schiena contro il muro, “Prendi alcuni medicinali?” rimasi un attimo in silenzio guardando il soffitto, “Si.” risposi semplicemente, poi aggiunsi “La mattina mi danno qualcosa da mangiare e poi mi dicono di prendere una pillola.. quando divento.. violenta, me ne fanno ingoiare un'altra.” quando mangiavo quelle cose era come se mi sentissi debolissima, così debole che non riuscivo a parlare e la maggior parte delle volte la rivomitavo.
“Non hai mai pensato che quello che vedi siano.. allucinazioni, per esempio?” girai la testa guardandolo accigliata, “Non sono allucinazioni, ne fantasie della mia testa, sono reali.” dissi con tono freddo, lui scrisse qualcosa sulla sua cartellina, “Cosa te lo fa pensare?” a che servivano tutte quelle domande? A farmi sembrare ancora più malata?
“Loro, loro me lo fanno pensare.” feci una smorfia, cosa poteva capirne lui.
“Sai riconoscere oggetti materiali e non?” “Si.” “E loro sono materiali?” ripensai al bacio con Harry, quello si che era materiale, la sua pelle, riuscivo a toccarla, riuscivo a sentirne la freddezza, potevo stringerlo in un abbraccio e potevo addormentarmi fra le sue braccia. “Si.” conclusi, lo sentii sospirare come rassegnato.
“E se ti chiedessi di presentarmene uno?” chiese, quasi ironico, “Ti risponderei che non riusciresti a vederlo.” “Perchè?” “Perchè non ne sei capace.” e poi silenzio.
“Potremmo provare.” disse ad un certo punto, rimanemmo un attimo a guardarci, “D'accordo..”.
Proprio in quel momento apparve Harry appoggiato al muro, stavolta a quello opposto, che, probabilmente, aveva sentito ogni singola parola.
Harry era rinchiuso in quella cella da secoli.
E non è una metafora.
A sette anni è stato portato qui il giorno dopo che la sorella fu stata violentata da due ragazzi e Harry per difenderla li ha picchiati finchè la cosa non è degenerata ed è finito per affogarli tutti e due nel lago.
Lo hanno tenuto rinchiuso qui dentro fino alla sua morte, a venti anni, morto per i medicinali che gli avevano dato e che su di lui non facevano nessun effetto per il fatto che lui non era matto, hanno finito per bruciargli il cervello.
La gente considera pazzo ciò che non è nella norma.
Neanche dopo la sua morte è potuto fuggire, è rimasto qui anno dopo anno, vedendo ogni ragazzo, ragazza, uomo, donna, bambino, essere rinchiuso in questa cella finchè io non sono stata la prima ad accorgersi della sua presenza.
“Lo vedi?” indicai Harry con un dito, il biondo si girò e scrutò il muro per un po' di tempo per poi rigirarsi e guardarmi spaesato, “No, infatti..” bisbigliai tornando a guardare il pavimento.
Lui si rigirò un attimo verso Harry poi guardò la cartellina senza dire nulla.
“Non ti sembra strano che tu sia l'unica che riesce a vederli?” chiese poi, “Che vuol dire?” “Che.. io vedo questo letto e tu anche lo vedi ed il resto del mondo lo vede, non pensi sia impossibile che tu veda una cosa che gli altri non vedono?” “La gente considera impossibile quello che non ha mai visto.. beh, per me nulla è impossibile. Siete voi ad essere stupidi.”.
Niall si alzò dal letto prendendo la cartellina mentre io lo seguivo con lo sguardo, “Dove vai?” chiesi quando fu vicino la porta, si rigirò sorridendomi, “Torno domani, non preoccuparti.” mi alzai facendo per togliermi il camice ma mi fermò, “Tienilo pure.” e uscì dalla stanza, il rumore del lucchetto e silenzio.
Mi risedetti sul letto stringendomi le gambe al petto e fissando il pavimento.
“Perchè non fingi di non vedermi?” mi sussurrò Harry sedendosi vicino a me, “Cosa?” chiesi alzando il volto e guardando i suoi occhi, “Perchè non fai finta che sia tutto normale? Fai finta di non vedermi, almeno quando c'è qualcuno.” lo guardai confusa, “A quale scopo?” “Almeno ti faranno uscire di qui prima.” sospirò poggiando la testa al muro, “Vuoi che me ne vada?” chiesi, non arrabbiata, affatto, triste.
“No.. voglio solo il tuo bene, e questo non è qui.” prima che rispondessi ci fu un attimo di silenzio, “Sei tu il mio bene, Harry.” lui sorrise poi mi prese delicatamente la mano e tutto il calore che avevo raggiunto morì al suo tocco, “Questo non è vero.. tu devi uscire da qui, devi scoprire il mondo e conoscere gente nuova, io sono anni che sono rinchiuso qui, non posso uscire neanche ora che sono morto.. Alease, te ne devi andare il prima possibile.” non risposi e sfuggii al suo sguardo posandolo sul muro dietro di lui.
Non potevo dirgli che non l'avrei mai fatto, che sarei rimasta con lui a qualunque costo, o me lo avrebbe impedito.
“Stringimi.” sussurrai guardandolo negli occhi, “Fa troppo freddo.”.

Passò quasi un anno.
Era inverno, vicino Natale.
Il mio diciottesimo compleanno sarebbe stato proprio il giorno della festività, il venticinque di Dicembre.
Harry cercava il più possibile di non farmi affezionare molto a lui sapendo che sarei andata via da lì raggiunta la maggiore età, l'unica cosa che non sapeva è che così soffrivo ancora di più.
“Ehi, Alease.” la porta si chiuse e Niall si sedette, come suo solito, sul letto vicino a me.
Ormai era diventato il mio psichiatra fisso, il direttore vedeva dei progressi, o almeno, credeva alle parole che gli diceva il biondo.
“Ciao, Niall.” salutai sorridendo, “Oggi non vedo l'ora di finire la visita, ho una bella notizia.” disse dondolandosi come un bambino e sorridendo, risi per il suo comportamento.
“Quale bella notizia?” chiesi mentre mi posava sulle spalle uno di quei cappotti che mi portava e che mi confiscavano la mattina, dopo un ceffone sulla guancia accusandomi di averlo rubato.
Ma, ovviamente, Niall non sapeva nulla di quello.
“Ora non posso dirtelo.” aprì la cartellina e fece scorrere lo sguardo sui fogli leggendo ciò che c'era scritto mentre io gli fissavo le labbra che serravano la penna mordicchiata dai denti.
“Non so più che domande farti.” disse più fra se e se continuando a leggere le scritte sul foglio.
“Allora perchè invece di parlare di quanto io sia malata non mi dici un po' su di te?” chiesi sorridendo e chiudendogli la cartellina, lui ricambiò il sorriso, “Che vuoi sapere?” ci pensai su, “Lo sai che non so quanti anni hai?” “Ventuno.” annuii lentamente, “Sei giovane per fare lo psichiatra professionista.” “Mia madre era psichiatra.” “Era?” “Già.. una specie di incidente con un paziente.” “Oh..” sussurrai dispiaciuta, “Fidanzato?” cambiai argomento, scosse la testa sorridendo, “Davvero? Strano.” commentai alzando un sopracciglio, “Perchè?” “Beh, di solito i ragazzi biondi con gli occhi azzurri arrappano.” scoppiò a ridere, “Sul serio? Beh, cercherò di sfruttarlo di più la prossima volta.” sorrisi e restammo un momento in silenzio, “Tu?” a quella domanda divenni seria, “Io?” “Si, sei fidanzata?” “Vivo qui da quasi otto anni ormai.” “Beh, avresti potuto conquistarti un medico.. o uno dei tuoi fantasmini.” disse ironico sorridendo, sospirai, “No..” scossi la testa sorridendo amara, “C'è qualcosa che non va?” chiese accarezzandomi la schiena e avvicinando il viso al mio.
Forzai uno sorriso alzando il volto e guardandolo negli occhi, “No, non preoccuparti.” e solo in quel momento mi accorsi che il suo viso era vicinissimo al mio e che i suoi occhi mi stavano letteralmente risucchiando.
Sentivo il suo respiro battermi sulle labbra finchè non fu interrotto da un bacio.
E per la prima volta sentivo qualcosa di caldo, così caldo che mi trasmise un piacere immenso.
E le sue labbra erano così morbide che non pensavo ce ne fossero di più dolci.
La sua lingua giocava con la mia e faceva di tutto per tenermi al caldo.
Posò le sue mani sulle mie guance e sussultai sentendo il cambio di temperatura, finchè tutto il mio corpo non fu sommerso da un calore e un piacere che non avevo mai sentito prima.
Schiusi gli occhi ancora con le labbra sulle sue e sentii un colpo allo stomaco vedendo Harry seduto per terra con la schiena al muro, una gamba sdraiata e una piagata con poggiata sopra il braccio, la testa bassa e facendo finta di niente strusciava il dito sul pavimento.
Strizzai gli occhi assaporando ancora per un secondo quel bacio, poi, con tutta la forza di volontà che avevo nel corpo, mi staccai.
Rimanemmo un attimo a guardarci, “Niall..” “Ssh..” mi interruppe posando il pollice sulle mie labbra e strusciandolo, “Devo darti la buona notizia.” aggiunse poi lasciandomi un altro bacio a fior di labbra.
“Il venticinque Dicembre è Natale ed il tuo diciottesimo compleanno..” iniziò, “.. dovrai uscire da qui e finalmente avere una tua vita, per questo.. ho chiesto di poter essere il tuo tutore.” concluse con un sorriso da far invidia alla stella più bella del cielo ed accarezzandomi le guance con i pollici.
Rimasi in silenzio, forse non stavo neanche respirando.
Una parte di me gridava di essere felice, avrei avuto una vita normale con un ragazzo che mi voleva bene.
L'altra gridava il nome di Harry.
Ma chi stava gridando più forte?
“Non vuoi?” chiese ad un certo punto Niall guardandomi negli occhi, ripresi a respirare, “C-certo.. è bellissimo, Niall.” dissi forzando un sorriso, lui mi strinse a se accarezzandomi i capelli.
“Ti verrò a prendere la mattina, ti porterò fuori di qui, te lo prometto.” aggiunse dandomi un bacio sulla fronte per poi uscire dalla stanza.
C'era un silenzio pesante intorno a me, una pressione che mi stava schiacciando a terra.
“Harry..” dissi a bassa voce con non so quale coraggio e guardandolo, lui alzò lo sguardo da terra e incastrò i suoi occhi nei miei, brillavano, luccicavano come non avevano mai fatto.
Mi alzai e lo andai ad abbracciare mandando a farsi benedire la temperatura del mio corpo, “Resto con te.” sussurrai posando la fronte contro la sua, “No, tu vai.” insistette lui posandomi le mani sui capelli e giocandoci con le dita, “Non posso lasciarti qui.” dissi cominciando a vederci sfocato, “Devi andartene, Alease.” insistette ancora e sapevo che lo avrebbe fatto in eterno se ce ne fosse stato bisogno, “Ma..” “Non c'è nessun ma, Alease, ci sei solo tu.” mi interruppe, strizzai gli occhi lasciando che una decina di lacrime mi bagnassero le guance, “E tu?” lui sorrise, “Resterò qui, come ho sempre fatto, anche prima del tuo arrivo.” incastrai le mie mani nei suoi ricci e gli lasciai un bacio a fior di labbra, quelle labbra che non sentivo dalla prima volta che ci siamo baciati, quelle labbra che pur essendo rigide e fredde mi completavano ad ogni loro tocco.
“Ti amo.” sussurrai, lui sorrise e notai una lacrima, la prima che avessi mai visto rigargli il viso.
“Ti amo. E anche se il mio cuore non batte più da molto tempo, credimi, quando ti vedo lo sento persino urlare.” risi fra le lacrime e pensai a quanto fosse stupido a dire certe cose in momenti come quelli.
Poi, finalmente, risentii le sue labbra sulle mie, sentii quell'emozione che con Niall non avevo provato, se con lui avevo provato piacere con Harry provavo qualcosa di umanamente non descrivibile, forse per il fatto che lui era surreale, forse proprio perchè lo eravamo tutti e due.

Mi chiamo Alease.
Sono cresciuta in un manicomio, un posto dove vieni considerato un rifiuto dell'umanità.
Ho imparato a far mettere in secondo luogo il giudizio degli altri.
Ho imparato che gli uomini possono essere così ignoranti da non comprendere neanche quello che fanno.
Ho visto cose che non avrei mai potuto vedere, mi sono innamorata di chi non avrei mai potuto innamorarmi.
Ho guardando oltre il possibile, ho sconfitto l'impossibile.
Ho imparato che la gente giudica, sempre.
Ho imparato che quando hai un difetto, un qualcosa che ti rende strana, diversa, la gente ti si rivolta contro e la usa come scusa per maltrattarti.
Ho imparato a vivere anche quando non ne avevo l'occasione.
Ho imparato che il mondo a volte è ingiusto.
Ho avuto più speranza di tutti gli uomini messi insieme.
E alla fine, ho vinto.


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Madness.
Quanto è bella 'sta ragazza?
Potrebbe persino battere Kristen Stewart.. mh, no, quello no.
Alloooora, questa storia mi è venuta in mente mescolando un paio di cose: shuttle island e uomini che odiano le donne
Shuttle island è un film con leonardo dicaprio, è una cosa.. asdfgh.
Parla di questo poliziotto che va a fare un'indagine in un manicomio dove è sparita una paziente, ma la storia non si basa su quello, diciamo che è complicatissimo da capire, lo devi seguire minuto per minuto ma è un film stupendo c:
E uomini che odiano le donne, che poi è un romanzo, parla di questa ragazza che è stata rinchiusa in un manicomio perchè a 12 anni ha cercato di dare fuoco a suo padre ecc, ecc.. anche quello è un film bellissimo, il romanzo non l'ho letto ma deve essere stupendo. Inoltre ci sono sedicimila scene di sesso ʘ‿ʘ
Invece il titolo è tratto dalla canzone dei miei amori prodigi -i muse-.
Diciamo che non è venuta proprio come me la immaginavo, è bella, però non batterà mai nothingness.. credo sia stata la storia più bella che abbia mai scritto :/
-Ma perchè finiscono tutte con 'ness'?-
La prossima one shot però potrebbe batterla.. anche se ne dubito fortemente.
Beh, ditemi cosa ne pensate c:
Buona domenica sera a tutte, belle!

  
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