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Autore: Vandel    18/11/2012    1 recensioni
la storia di un militare che si ritrova a fronteggiare un'avventura ai limiti della fantascienza
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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5 EPILOGO

Come temevo! Il sibilo che avevo sentito indicava il foraggio di una gomma! Maledizione ero in mezzo al nulla con un apecar che aveva una ruota a terra.
Chiusi la portiera davanti e mi diressi dietro, dove, nella parte posteriore, un telo nascondeva un enorme oggetto. Tolsi il velo, lasciandolo scivolare, e appurai che la stele era ancora intatta. Figurarsi se qualcosa poteva distruggerla!
Avevo ricevuto l’incarico dal generale del campo di portare la stele in città, per poterla studiare con mezzi più tecnologici, come ricompensa, avrei ottenuto il definitivo trasferimento nel campo vicino al villaggio di Laura. Avevo persino imparato in una notte sola le basi della guida, tanto lì le strade erano tutte dritte e senza pericoli perché poco trafficate. Ora però ero proprio in mezzo al nulla, attorno a me solo colline vuote.
“Siamo rimasti solo io e te, ma a quanto pare non sei molto socievole” sorrisi, rendendomi conto che ero finito a parlare con un blocco di granito.
In un certo senso, qualcosa di magico però, quella cosa l’ aveva. Era come se la stele mi avesse chiamato per liberarla dalle grinfie di quel malvagio vecchietto, di cui, per troppo tempo era stata ospite.
Forse era veramente Dio.
Sorrisi a quell’assurda affermazione ed estrassi il telefono dalla tasca. Meglio chiamare un carroattrezzi alla svelta, visto che ci avrebbe impiegato minimo un ora per arrivare dalla città.
Un sussulto mi scosse da capo a piedi. Strano.
Stavo componendo il numero quando un altro sussulto, stavolta più potente, mi fece cadere di mano il cellulare.
Che mi stava succedendo?
Improvvisamente iniziai a tremare, ma non avevo freddo. L’ennesimo sussulto mi fece portare istintivamente una mano al cuore, come a voler frenare i suoi battiti a mille all’ora.
Il paesaggio intorno a me iniziava ad allontanarsi, fino quasi a perdersi all’orizzonte, diventando una macchia indistinta di colore nero. Era una sensazione assurda.
Persi le forze e rotolai a terra. Gli occhi iniziavano a chiudersi, in un sonno profondo e insensato.
Mentre i contorni delle cose venivano inghiottiti dal nero, riuscì a guardare l’apecar.
L’ultima cosa che ricordo fu la stele. Le lettere grigie sembravano quasi sorridere. Poi più nulla.
                                                                                 
                                                                                                      …

Un furgone nero, con i vetri oscurati, correva veloce per quella strada di campagna isolata, in mezzo alle colline. Due uomini guidavano quel veicolo, vestiti anch’essi di nero.
“Fermati! Guarda, siamo arrivati!” disse uno, bloccando quello alla guida che frenò bruscamente.
I due uscirono dal veicolo, mentre il sole tornava a baciare i loro pantaloni larghi e neri terminanti in due stivali grigi. Le loro casacche, dello stesso colore dei pantaloni e di tutto il resto, recavano sul petto un simbolo. Era un fiore a tre petali rovesciato all’interno di un cerchio.
Uno dei due si avvicinò al corpo di Federico e si tolse un guanto. Poi poggiò due dita sul collo del giovane.
“Cos’ha scelto questa volta?” domandò l’altro, appoggiandosi all’apecar.
“Arresto cardiaco” sentenziò l’altro, constatando la morte del ragazzo.
“Tsk, un classico!” ribatté il primo concludendo con “Vieni, aiutami a portarla dentro”.
I due si avvicinarono alla stele, quando il primo scostò l’altro vigorosamente, urlandogli contro: “Fermo, che fai? Vuoi forse toccarla!?”.
L’altro si riscosse, asciugandosi la fronte come avesse scampato un pericolo. “Hai ragione, grazie!” poi si rinfilò il guanto nella mano libera.
I due presero di forza il blocco di granito e lo trasportarono fino a dietro il furgone.
Uno di loro aprì la serratura che blindava le due ante di ferro, con una mano, e con un poderoso Click, la porta posteriore del furgone si aprì.
“Sbrighiamoci a caricarla, che voglio tornare in base per pranzo!” disse uno dei due ponendola dentro al furgone.
Poi i due uomini in nero ammirarono il contenuto del carico con un espressione soddisfatta.
Affianco a quella appena riposta, vi erano almeno altre venti stele, diverse di poco dalla prima. Anch’esse recanti quegli strani simboli argentati.
“Chissà perché si stanno svegliando tutte adesso!” disse uno dei due con tono riflessivo.
Poi l’altro chiuse le ante del retro del furgone, prima di rispondere: “Forse l’apocalisse è imminente!”.
I due uomini risalirono sul veicolo e ripartirono, lasciando il corpo di Federico a giacere sulla fredda terra. 

  
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